CAPITOLO XII: DELLA PURIFICAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Santa Matilde di Hackeborn

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Nella notte santa della Purificazione di Maria, quella divota sposa del
Signore, vide la gloriosa Vergine Madre che portava in braccio il regale
Infante Gesù rivestito di una tunica azzurra ornata di fiori d'oro. Sul
petto, intorno al collo ed alle braccia, Egli portava scritto il
dolcissimo nome di Gesù.
“O dolcissima Vergine, disse la Santa, adornaste dunque in questo modo il Figlio vostro quando lo presentaste al Tempio?”
“No,
rispose Maria; tuttavia lo presentai in dilettevole apparenza. Dal
momento della sua nascita, con indicibile gaudio aspettavo quel giorno
in cui potessi offrire a Dio Padre il Figlio suo, come l'Ostia
graditissima che fu l'unica causa per cui Dio accettò tutte le Ostie
offerte fino dal principio del mondo. Tali erano la mia divozione e la
mia gratitudine quando lo presentai, che se la divozione di tutti i
Santi si trovasse riunita nel cuore di un uomo solo, non potrebbe ancora
paragonarsi alla mia.
“Ma a quella parola di Simeone: Una spada trapasserà l'anima tua, tutto il mio gaudio si convertì in dolore.
“Quante
volte perciò, quando mi stringevo al seno il Figlio mio, quante volte,
nella dolcezza della mia divozione, chinavo la mia testa su la sua, e
versavo lagrime tanto abbondanti che il suo capo e il suo piccolo ed
amabile volto rimanevano interamente bagnati da queste lagrime di amore!
Molte volte pure gli ripetevo queste parole: “O salvezza e gioia
dell'anima mia!”
Metilde guardava l'amabile infante con un desiderio
sì ardente che la Madre del Re volle accontentarla e lo depositò nelle
sue braccia. Nel colmo della gioia, la Santa volle stringere sul proprio
cuore il divin Bambino, ma vano fu il suo sforzo, perché la visione era
tutta spirituale e il Bambino era già scomparso.
Mentre quella
divota Vergine intonava l'Antifona: Hac est quae nescivit, udì i cori
angelici che nell'aria con dolce armonia ne continuavano il canto;
durante tutto il salmo Benedixisti, gli Spiriti celesti cantarono a
vicenda quell' Antifona, dapprima gli Angeli, poi gli Arcangeli, i
Troni, le Dominazioni, le Potestà e le Virtù. Ma quando venne la volta
degli Angeli di fuoco, ossia dei Cherubini e dei Serafini, il canto
divenne talmente soave che nessun'armonia terrena potrebbe venirgli
comparata.
La Beata Vergine Maria stava in mezzo al coro col divino
Infante in braccio; ed ecco che dalla terra apparve uno splendore la cui
luce superava mille soli. La Vergine Madre sopra questo splendore
depositò il suo dolcissimo Figlio. Quella luce sfolgorante rappresentava
la Divinità; infatti, il Signore, quando era su la terra, Lui medesimo
porta va sé stesso, perché la sua Divinità reggeva la sua Umanità.
La
gloriosa Vergine portava sul capo un diadema regale sorretto da due
angeli, e vi si vedevano, come cesellate nell'oro e in gemme preziose,
le virtù ed i meriti, di tutti i Santi che furono servi divoti della
Vergine Santissima. Da questo diadema di Maria, a modo di splendide
perle, stillavano gocce di rugiada, figura della grazia che Dio diffonde
sopra tutti quelli che con pietà onorano la sua vergine Madre.
Davanti
a Maria stava l'Arcangelo Gabriele, con in mano uno scettro d'oro, nel
quale si leggeva in lettere d'oro: Ave gratia plena, Dominus tecum: Vi
saluto, o piena di grazia, il Signore è con voi. Questo fece intendere
alla Santa che Gabriele, nei cieli è onorato con una particolare
distinzione, perché per il primo rivolse alla Madre di Dio questa
meravigliosa salutazione.
La Beata Vergine stava ancora alla destra
del suo Figlio, con in mano un ciborio d'oro. Metilde pensava cosa mai
potesse contenere quel vaso d'oro, e la Vergine le disse: “Contiene il
liquore del divin Cuore, che voglio offrire al Figlio mio con tutto quel
lavoro che si compie nel suo e nel mio servizio”.
La Serva di
Cristo vide Simeone in piedi vicino all'altare, e dal cuore di lui
usciva un triplice raggio in forma di arcobaleno; da ciò intese che quel
profeta ebbe verso Dio un cuore umile, forte e fervente, tutto
desideroso dell'onore e della gloria del Signore. Ella gli disse:
“Ottenetemi un vero desiderio di essere liberata dal mio corpo e riunita
a Cristo”. Simeone rispose: “È cosa migliore e più perfetta rimettere a
Dio la tua volontà, e volere tutto ciò ch'egli vorrà”.
Infine, la
Santa supplicò la Beatissima Vergine che volesse intercedere presso il
Figlio suo per lei e per tutta la Comunità. La Vergine,
inginocchiandosi, subito ne assecondò il desiderio.
Compiuto poi il
Mattutino, Metilde mentre stava per intonare il Benedicamus insieme con
le altre suore incaricate del canto, pregò di nuovo la Santa Vergine che
lodasse suo Figlio a nome della Comunità. Allora la Regina dei cieli,
con la sua voce più dolce, modulò questa strofa:
Iesu, corona Virginum,
Amor, dulcedo et osculum:
Gesù, corona, Amore, dolcezza e bacio delle Vergini!
E tutti gli Angeli ed i Santi che erano nell'aria cantarono dicendo:
Te laudamus in saeculum,
Quem amor fecit Virginis Filium;
Vi lodiamo in eterno, Voi che l'amore fece Figlio della Vergine!
Una
luce sfolgorante parve illuminare tutto il coro, e Metilde intese che
la Beata Vergine effettivamente lodava suo Figlio per le suore ed
assieme con esse.
Tutto l'esercito degli Angeli e dei Santi con grande allegrezza risalì al cielo seguendo il Signore e cantando:
Hymnizate nunc superi
Pariterque resonate inferi:
Lodate e benedite l'Altissimo; o voi superni Spiriti, e voi parimenti della terra!