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Mercoledi, 15 maggio 2024 - Sant'Isidoro agricoltore ( Letture di oggi)

CAPITOLO XII: DELLA PURIFICAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Santa Matilde di Hackeborn

CAPITOLO XII: DELLA PURIFICAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
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Nella notte santa della Purificazione di Maria, quella divota sposa del Signore, vide la gloriosa Vergine Madre che portava in braccio il regale Infante Gesù rivestito di una tunica azzurra ornata di fiori d'oro. Sul petto, intorno al collo ed alle braccia, Egli portava scritto il dolcissimo nome di Gesù.
“O dolcissima Vergine, disse la Santa, adornaste dunque in questo modo il Figlio vostro quando lo presentaste al Tempio?”
“No, rispose Maria; tuttavia lo presentai in dilettevole apparenza. Dal momento della sua nascita, con indicibile gaudio aspettavo quel giorno in cui potessi offrire a Dio Padre il Figlio suo, come l'Ostia graditissima che fu l'unica causa per cui Dio accettò tutte le Ostie offerte fino dal principio del mondo. Tali erano la mia divozione e la mia gratitudine quando lo presentai, che se la divozione di tutti i Santi si trovasse riunita nel cuore di un uomo solo, non potrebbe ancora paragonarsi alla mia.
“Ma a quella parola di Simeone: Una spada trapasserà l'anima tua, tutto il mio gaudio si convertì in dolore.
“Quante volte perciò, quando mi stringevo al seno il Figlio mio, quante volte, nella dolcezza della mia divozione, chinavo la mia testa su la sua, e versavo lagrime tanto abbondanti che il suo capo e il suo piccolo ed amabile volto rimanevano interamente bagnati da queste lagrime di amore! Molte volte pure gli ripetevo queste parole: “O salvezza e gioia dell'anima mia!”

Metilde guardava l'amabile infante con un desiderio sì ardente che la Madre del Re volle accontentarla e lo depositò nelle sue braccia. Nel colmo della gioia, la Santa volle stringere sul proprio cuore il divin Bambino, ma vano fu il suo sforzo, perché la visione era tutta spirituale e il Bambino era già scomparso.

Mentre quella divota Vergine intonava l'Antifona: Hac est quae nescivit, udì i cori angelici che nell'aria con dolce armonia ne continuavano il canto; durante tutto il salmo Benedixisti, gli Spiriti celesti cantarono a vicenda quell' Antifona, dapprima gli Angeli, poi gli Arcangeli, i Troni, le Dominazioni, le Potestà e le Virtù. Ma quando venne la volta degli Angeli di fuoco, ossia dei Cherubini e dei Serafini, il canto divenne talmente soave che nessun'armonia terrena potrebbe venirgli comparata.
La Beata Vergine Maria stava in mezzo al coro col divino Infante in braccio; ed ecco che dalla terra apparve uno splendore la cui luce superava mille soli. La Vergine Madre sopra questo splendore depositò il suo dolcissimo Figlio. Quella luce sfolgorante rappresentava la Divinità; infatti, il Signore, quando era su la terra, Lui medesimo porta va sé stesso, perché la sua Divinità reggeva la sua Umanità.
La gloriosa Vergine portava sul capo un diadema regale sorretto da due angeli, e vi si vedevano, come cesellate nell'oro e in gemme preziose, le virtù ed i meriti, di tutti i Santi che furono servi divoti della Vergine Santissima. Da questo diadema di Maria, a modo di splendide perle, stillavano gocce di rugiada, figura della grazia che Dio diffonde sopra tutti quelli che con pietà onorano la sua vergine Madre.
Davanti a Maria stava l'Arcangelo Gabriele, con in mano uno scettro d'oro, nel quale si leggeva in lettere d'oro: Ave gratia plena, Dominus tecum: Vi saluto, o piena di grazia, il Signore è con voi. Questo fece intendere alla Santa che Gabriele, nei cieli è onorato con una particolare distinzione, perché per il primo rivolse alla Madre di Dio questa meravigliosa salutazione.
La Beata Vergine stava ancora alla destra del suo Figlio, con in mano un ciborio d'oro. Metilde pensava cosa mai potesse contenere quel vaso d'oro, e la Vergine le disse: “Contiene il liquore del divin Cuore, che voglio offrire al Figlio mio con tutto quel lavoro che si compie nel suo e nel mio servizio”.

La Serva di Cristo vide Simeone in piedi vicino all'altare, e dal cuore di lui usciva un triplice raggio in forma di arcobaleno; da ciò intese che quel profeta ebbe verso Dio un cuore umile, forte e fervente, tutto desideroso dell'onore e della gloria del Signore. Ella gli disse: “Ottenetemi un vero desiderio di essere liberata dal mio corpo e riunita a Cristo”. Simeone rispose: “È cosa migliore e più perfetta rimettere a Dio la tua volontà, e volere tutto ciò ch'egli vorrà”.
Infine, la Santa supplicò la Beatissima Vergine che volesse intercedere presso il Figlio suo per lei e per tutta la Comunità. La Vergine, inginocchiandosi, subito ne assecondò il desiderio.
Compiuto poi il Mattutino, Metilde mentre stava per intonare il Benedicamus insieme con le altre suore incaricate del canto, pregò di nuovo la Santa Vergine che lodasse suo Figlio a nome della Comunità. Allora la Regina dei cieli, con la sua voce più dolce, modulò questa strofa:

Iesu, corona Virginum,
Amor, dulcedo et osculum:


Gesù, corona, Amore, dolcezza e bacio delle Vergini!


E tutti gli Angeli ed i Santi che erano nell'aria cantarono dicendo:

Te laudamus in saeculum,
Quem amor fecit Virginis Filium;


Vi lodiamo in eterno, Voi che l'amore fece Figlio della Vergine!


Una luce sfolgorante parve illuminare tutto il coro, e Metilde intese che la Beata Vergine effettivamente lodava suo Figlio per le suore ed assieme con esse.
Tutto l'esercito degli Angeli e dei Santi con grande allegrezza risalì al cielo seguendo il Signore e cantando:

Hymnizate nunc superi
Pariterque resonate inferi:


Lodate e benedite l'Altissimo; o voi superni Spiriti, e voi parimenti della terra!