Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Lo specchio della Beata Vergine Maria - Prefazione

Beato Corrado di Sassonia

Lo specchio della Beata Vergine Maria - Prefazione
font righe continue visite 438

Molto opportunamente questo piccolo trattato, rappresentando il pensiero dei nostri più grandi mistici intorno alla Madre di Dio, viene a far parte dei " Libri della Fede .
Il Dugento è il secolo classico della devozione alla Vergine. Tutti gli scrittori di quel tempo hanno innalzato a Maria le loro lodi più belle. Questa dolce devozione che incomincia fin dai tempi apostolici e si sviluppa con S. Epifania e S. Giovanni Damasceno, raggiunge il suo massimo splendore con S. Bernardo e S, Bonaventura.
E mentre la teologia compone i suoi profondi trattati intorno alla Vergine, la poesia Le innalza con lacopone e con Dante i suoi inni migliori, e le arti belle gareggiano nell'onorarLa con una candida selva di cattedrali ove il popolo accorre festante a mirare le sue sembianze divine effigiate da Cimabue, da Duccio e da Giotto.
Una non debole eco di tutto questo fervore mistico noi l’abbiamo in questo " Specchio " attribuito ormai definitivamente a Corrado di Sassonia.
Per molto tempo fu attribuito invece a S. Bonaventura. Ma già alcuni autori antichi, come Giovanni " de Turrecremata " e Antonio da Brescia con alcuni altri, lo attribuiscono a Corrado di Sassonia. E la loro opinione è convalidata dall’esame accurato dei codici e dallo studio attento dello Specchio.
Il tempo della sua composizione è il secolo XIII, come chiaramente ce lo indicano alcuni codici di quell’epoca e le seguenti espressioni che si leggono nel capitolo XIV : " La prima misericordia di Maria fu quella che ci offrì mentre ancora Essa viveva in questo mondo ; la seconda sua misericordia è quella che ci offre dal cielo già da oltre milleduecento anni ".
Se vogliamo sapere dove è stato scritto, i circa 140 codici dello " Specchio " distribuiti nelle varie biblioteche della Germania, dell'Austria, della Svizzera e della Danimarca ci rispondono che fu composto evidentemente in Germania.
Disgraziatamente però molti codici non fanno il nome dell'autore. Alcuni lo assegnano a Egidio Romano, altri al Beato Alberto Magno, altri ancora a S. Bonaventura : ma dai più è attribuito a Corrado di Sassonia.
La questione la risolve bene lo stesso “ Specchio ". Infatti nel capitolo XIII  l’autore dice: " Ma poiché di questa Regina ne ho parlato nel Sermone : " adstitit Regina ", qui dunque dobbiamo dire del suo ingresso ; “ donde appare che il nostro autore è quello stesso che ha scritto il Sermone citato. Ma questo Sermone che non è mai inserito nelle opere di S. Bonaventura appartiene senza alcun dubbio a Corrado di Sassonia, e forma il primo capitolo della sua opera “De Assumptione Beatae Mariae Virginis ". Anzi in quest'opera Corrado rimanda spesso il lettore al nostro " Specchio " ; e nell’uno e nell'altro scritto vengono ripetute le stesse sentenze e gli stessi passi scritturali e patristici.
Corrado, oriundo di Brunswick, città importante della vecchia Sassonia inferiore, discendeva dalla famiglia. Holzinger, come ce ne fa fede anche Giovanni " de Turrecremata “. Entrò assai presto nell’ordine minoritico, di cui divenne nella sua provincia il più splendido luminare, sia per dottrina che per pietà. Per questi meriti l’Ordine lo chiamò a dirigere i suoi confratelli, e a lui a varie riprese affidò le cariche di maggiore responsabilità. Nel 1245 ad Hildeseim, città della bassa Sassonia, lo troviamo Lettore, e nel medesimo anno Vicario Provinciale. Pure nello stesso anno, il giorno della natività di Maria, fu eletto Ministro della sua Provincia. La resse con senno e disciplina rigorosa per circa sedici anni. Abbandonata poi spontaneamente tale carica con dispiacere di tutti, tornò umile e semplice fraticello. E se da superiore aveva dimostrato eminenti doti di governo, nella sua volontaria rinunzia fu il modello di ogni virtù. Così facevano gli uomini di Dio, i quali passavano indifferentemente dagli onori del comando alle mansioni più umili, come S. Bonaventura, che amava alternare i suoi studi con le faccende della cucina e della pulizia del convento, unendosi, lui il grande Generale, con i conversi più rozzi.
Ma nel 1272 il Capitolo di Magdeburgo lo volle nuovamente a capo della Provincia : e Corrado nuovamente obbedì. Purtroppo ancora per poco i frati dovevano averlo loro Superiore, poiché sette anni più tardi — nel 1279 — mentre si recava al Capitolo di Assisi, giunto a Bologna cadeva infermo e ed ivi moriva.
Di lui et restano molte opere ascetiche, mistiche, teologiche e predicabili : un libro " Super quattuor Sententias ", un libro " Super Orationem Dominicam “ un libro di "Sermones de tempore ", un libro di “ Sermones pro Quadragesima ", un libro di "Sermones de Sanctis", un libro “ De Salutatione Angelica ", e un Commentario di alcuni libri della Bibbia.
Dopo le classiche omelie del Dottore mellifluo sul Vangelo dell’Annunciazione  tutti gli scrittori prendono come norma e base ai loro lavori Mariani la salutazione angelica e su quella intessono l’aurea tela dei loro mistici ragionamenti.
Anche il nostro autore compone il suo "Specchio " sulla trama evangelica dell'Ave e ne trae fuori un trattato perfetto, armonico in tutte le sue parti tanto da sembrare perfino un po' compassato. Illustra tutte le virtù ed i privilegi di Maria con tale candore ed evidenza da formare un fedelissimo specchio di tutta la sua vita, nel quale ci esorta a modellare la nostra, eccitandoci soavemente all’imitazione.
Fra i vari Specchi, che si composero in quel tempo, questo occupa il primo posto. Infatti ebbe nel Medio Evo una larghissima diffusione : su questo libretto si sono formate innumerevoli anime di devoti, di asceti, di mistici, di predicatori, e di apostoli. Ce lo dimostrano i suoi 150 codici e l'uso frequente e le molteplici citazioni degli scrittori. Ben a ragione dunque rappresenta il pensiero cattolico sulla Vergine del quale è una magnifica sintesi.
Si potrebbe anche definire una piccola somma, Mariana teologico-mistica, poiché riproduce tutte le più belle sentenze dei Padri sulla Vergine, corredandole con moltissime prove scritturali. Queste sentenze vengono amorevolmente raccolte dall'autore e poi commentate con una. tale sicurezza dottrinale e pietà da rivelarlo uno dei più profondi mistici di tutti i tempi.
Il metodo d'esposizione e la forma sono quelli soliti della sua età, cioè scolastici, schematici, propri del trattato teologico, sebbene l’autore riesca a renderli vivi e leggiadri con un'arte tutta sua.
In 18 capitoli egli ci da una esposizione dell'Ave piena di fervore e di sapienza che commuove tanto che noi insieme con lui recitiamo devotamente la preghiera con cui si chiude ogni Capitolo e che è sintesi e conclusione pratica della materia trattata.
Qualche menda? La potremmo trovare nell'uso frequente dell'assonanza e della rima (proprio di molti scrittori da S. Agostino in poi), in qualche ripetizione, inevitabile del resto in un lavoro ove una medesima virtù viene a varie riprese illustrata sotto diverso aspetto per parla maggiormente in evidenza. Anche alcune spiegazioni scritturali e certe riflessioni troppo sottili a noi moderni sembrano un po' stiracchiate e curiose ; ciò che non era per i nostri padri meno ipercritici e più fervorosi.
Io mi sono ingegnato di riprodurre nella traduzione il più fedelmente possibile non solo il pensiero ma anche la forma dell’autore, ed ho voluto conservare la parola latina quando, come nel Capitolo II, la traduzione sarebbe stata senza senso ed avrebbe troppo notevolmente diminuito la forza dell’espressione.
Questo " Specchio “ dunque, che ci dà la sostanza di tutto l'insegnamento patristica sulla Vergine, ha tutto il diritto di essere maggiormente conosciuto. Ed io reputerei non inutile la mia fatica se la preziosa operetta del frate sassone riuscisse a sostituire tanti libercoli moderni che non hanno altro pregio se non quello di essere brutte copiature e raffazzonati centoni.
Gustiamo direttamente il pensiero dei grandi scrittori; anche qui torniamo alle fonti ; e sarà tanto di guadagnato per sicurezza di dottrina e fervore di sentita pietà.

GIOVANNI TOZZETTI

PROLOGO

Poiché, come dice il beato Girolamo, (Epist. 9 ad Paul. et Eustoch) " ridonda a gloria di Dio tutto quella che degnamente si compie per la sua Madre ", desiderando a lode e gloria, di nostro Signor Gesù Cristo dir qualcosa in lode e gloria della sua gloriosissima Madre, ho deciso di scegliere come materia la sua dolcissima annunciazione. Ma certamente per quest'opera temo che sia affatto sproporzionata la mia insufficienza per la eccessiva incomprensibilità di tanta materia, per la eccessiva meschinità della mia scienza, per la eccessiva aridezza della mia lingua, per la eccessiva indegnità della mia vita, e per l’eccessivo onore e onorabilità di Maria.
Chi infatti può dubitare che non sia incomprensibile quella materia di cui S. Girolamo non dubita di asserire quanto segue : “ Tutto ciò che la natura non ha e l’uso non conosce, la ragione ignora, la mente umana non comprende, tutto ciò che il cielo teme, la terra ammira e ogni creatura celeste venera, tutto questo è ciò che fu divinamente annunziato da Gabriele a Maria e da Gesù Cristo adempiuto. Per questa ragione mi stimo indegno di parlare di sì grande mistero (Loc. cit. n. 5). — Similmente, come può escogitare lodi degne di Maria la mia tenuissima scienza e la mia oscurissima mente, quando in queste viene meno perfino quell'Anselmo che ha una intelligenza tanto illuminata ? Dice infatti cosi : " La mia lingua viene meno, perché la mente è incapace, o Signora. Signora, il mio cuore è pronto a ringraziarti per tanti benefizi, ma non sono poi capace di trovare espressioni degne ed è disdicevole proferirne delle indegne . (Orat. 52 in initio) Anche il beato Agostino, parlando a Maria, dice : “ Che dirò di te io povero di ingegno, quando da che potrò dire di te è inferiore alla lode che merita la tua dignità ? " (Serm. 208 de Sanctis). Similmente, come potrà non venire meno la mia lingua sì rozza, e il mio modo aridissimo di esporre le lodi di Maria, quando in queste viene meno anche quell'Agostino dalla lingua sì eloquente ? Dice infatti : " Che cosa narreremo in lode di Maria noi tanto piccini e si buoni a poco, quando ogni nostro membro anche se si cambiasse in tante lingue, non potrebbe esser sufficiente a lodarla ? " (Loc. cit. n. 4). — Similmente, non essendo bella la lode in bocca al peccatore(Eccl. 15, 9), come io misero peccatore, come io omiciattolo di indegnissima vita, oserò cantare le lodi Maria, quando in queste odo trepidare quel Girolamo dalla degnissima vita ? Così infatti dice : " Temo molto, ami temo moltissimo di esser trovato se non proprio audace almeno indegno laudatore, mentre desidero esser utile al vostro profitto. Veramente, non avendo né santità né facondia, come posso degnamente lodare la beata e gloriosa Vergine ? " (loc. cit. n. 4, 5.). — Similmente, a che aggiungere un po’ di acqua al mare? a che sovrapporre ad un monte una piccola pietra ? Ma certamente, non essendo Maria abbastanza esaltata da tutte le lodi divine ed angeliche, che cosa potrà aggiungere alle sue lodi la nostra e specialmente la mia piccolezza ? Finalmente il beato Girolamo parlando di lei, dice : " Per dire il vero, tutto quello che si può dire con umane parole è inferiore alla lode celaste, poiché è celebrata e lodata con maggior eccellenza dagli encomi divini ed angelici. Dai profeti in vero è preannunziata dai patriarchi con figure e allegorie presignata, dagli evangelisti mostrata e segnalata, dall’angelo con venerazione cortesissimamente salutata “ (Loc. cit. n. 5).
La considerazione di tutte queste cose deve giustamente muovere il pio lettore e il pio uditore a perdonarmi per ciò che in questo scritto vi sarà di insufficienza e di imperizia. Come infatti potrei io così insufficiente trovare cose che siano degne delle lodi di tanta Vergine e gradita a suoi devoti, quando in lodarla trova difficoltà il suo glorioso elogiatore e devoto S. Bernardo? Dice in vero cosi: "Non vi è altra cosa che più mi diletti e in pari tempo più mi atterrisca che parlare della gloria della Vergine Madre “ (Serm 4 in Assump. B. V. M. n. 5). E soggiungendone la ragione, dice : “Tutte le creature la circondano, l'onorano, l’accolgono con tanto devoto affetto che, sebbene facciano a gara a parlare di lei, pure tutto ciò che dicono di questa cosa indicibile, per questo stesso che lo dicono, diviene meno gradito, meno piacevole, meno accetto ". Tuttavia mi esorta e mi consola il beato Girolamo col dire : " Sebbene nessuno si possa a questo trovare idoneo, pure non deve nessuno cessare di lodarla con tutte le forze, anche se peccatore” (Loc. cit. n. 6). Anche il beato Agostino parlando del modo con cui il Figlio di Dio, “ apportò nell’incarnarsi alla sua Madre la fecondità e non le tolse col nascere l'integrità, dopo poco così conchiude dicendo : “ Un tanto dono di Dio non può essere da noi narrato perché a parlar della sua grandezza siamo troppo piccoli, eppure siamo costretti alla lode, per non restare ingrati tacendo " (Serm. 215 n. 3). E certamente la vedova poverella che offrì due spiccioli (Luc. 21, 2) a Dio gratissimi, non per questo fu dispensata dall’offerta perché non aveva da offrire di più. Per questa io povero di ingegno, anzi poverissimo tanto di scienza che di eloquenza, ho presunto di offrire ad onore di tanta regina questo esiguo dono, affinché in questo scritto come in un oscuro specchio i più semplici amanti di tale regina possano almeno un po' contemplare quale e quanta ella sia. E poiché questo scritto a somiglianza di un rosso specchio rappresenta qualche cosa della vita, della grazia e della gloria di Maria, perciò non senza ragione si può chiamare specchio di Maria.
Or su, dunque, o mia benignissima Signora, Maria, accetta con placido volto il piccolo dono che ti offre il tuo povero amico. Te infatti con questo regaluccio, Te con questo opuscolo della tua annunciazione io saluto, con i ginocchi piegati, col capo inclinato. Te col cuore e con la bocca io saluto e salutandoti dico : Ave, Maria.