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Venerdi, 19 aprile 2024 - San Leone IX Papa ( Letture di oggi)

Contro Giuliano - libro sesto

Sant'Agostino d'Ippona

Contro Giuliano - libro sesto
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La misera condizione dei bambini è la pena del peccato originale.

1. 1. Esaurita la risposta al terzo libro, si passi al quarto. Il Signore mi assista affinché sappia mostrarti non soltanto la verità, ma anche la carità. Chi le avrà entrambe non sarà né stolto né detrattore. Di questi due vizi hai chiacchierato molto all'inizio del suddetto libro. L'errore sarà dissipato dalla verità, il livore dalla carità. In questa tua disputa invece, parlando della stoltezza, ti sei servito di un testo della Scrittura dove si legge: Dio non ama se non colui che abita con la sapienza 1, per affermare che "la stoltezza è la madre di tutti i vizi". Ricerca ora attentamente se con la sapienza può coabitare l'incoscienza infantile, attraverso la quale il fanciullo deve necessariamente passare, seppure ci passa. Pensa al primo frutto che nasce dalla radice che tu lodi ed alla trasformazione ad esso necessaria perché sia amato da Dio, che non ama se non chi abita con la sapienza. Indubbiamente questo accade anche per i bambini predestinati, da cui Dio porta via ciò che odia affinché, liberati dalle vanità, possa amarli mentre abitano con la sapienza. Mi meraviglierei se osassi affermare che, qualora l'ultimo giorno li strappasse dalle mammelle 2, insieme alla sapienza essi abiteranno fuori del regno di Dio, al quale, secondo il tuo parere, "il bene di una natura inviolata ed innocente" impedisce di accedere, a meno che la grazia del vero Salvatore non li liberi e li redima dalla stoltezza di un adulatore. Per non parlare poi degli stolti per natura che, secondo la Scrittura, sono da piangersi molto più dei morti 3. La grazia di Dio, in verità, per mezzo del sangue del Mediatore li può liberare anche da un male così grave. Donde però hanno potuto piombare in tanto male se dal giudizio divino non era dovuta pena alcuna alla loro origine viziata?

L'origine di tanti mali è l'origine viziata.

1. 2. Giustamente hai rimproverato e con severità coloro "che hanno trascurato di conoscere le cose che avrebbero dovuto sapere o non esitano a biasimare quelle ignorate". Puoi forse dirlo di coloro che sono nati dementi? Essendo Dio giusto tuttavia, non potrai darne una spiegazione se i figli non contraggono colpa alcuna dai genitori. "Noi siamo diventati insani, tu dici, invidiandoti in un meriggio di aperta verità, senza ombra di ignoranza". Sicché, tu che non ci invidi, non vedi nei bambini tanti mali così gravi? Dio è buono, Dio è giusto e non esiste affatto una natura esterna del male che secondo i manichei è mescolata alla nostra: donde derivano allora agli uomini tanti mali, non dico nelle abitudini ma nella stessa mente con cui nascono, se l'umana origine è viziata ed il genere umano una massa dannata? Uomo privo di insania e alieno dagli stimoli dell'invidia, perché mai descrivi l'invidia in maniera tale che nella tua descrizione questo vizio appaia ad un tempo peccato e pena del peccato? L'invidia non è forse un peccato diabolico? Non è forse pena del peccato essa che "tormenta immediatamente lo stesso autore da cui nasce"? Queste sono tue parole. Eppure l'inveterata abitudine alla loquacità ti dà l'impressione di aver dimostrato con molto acume che "lo stesso vizio non può essere ad un tempo peccato e pena del peccato". Ma forse, poiché non sei invidioso, hai potuto appena scoprire nell'altro libro l'invidia cui dire queste cose e contraddirti nell'affermare che non hai invidia per me.

Il mondo sono gli uomini destinati alla condanna eterna.

2. 3. Terminata l'introduzione, nella quale come al solito ti sei affaticato a dimostrare quello che avevo gia detto prima, che cioè "Dio è il Creatore degli uomini", proponi le mie parole dove affermo "che chi nasce dalla concupiscenza della carne, nasce per il mondo e non per Dio; nasce invece per Dio solo quando rinasce dall'acqua e dallo spirito" 4. Raggiri queste mie parole in maniera tale da affermare che da esse si deve intendere che io ho dichiarato appartenere al diavolo tutto quanto appartiene al mondo, perché altrove avevo detto che "quelli che nascono dall'unione dei corpi, appartengono di diritto al diavolo", dicendo nel contempo che "sono sottratti al potere delle tenebre quando rinascono in Cristo". Rispondo alla tua calunnia. Vorresti far credere che ho attribuito il mondo al potere del diavolo, al punto da sostenere che il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi, è stato fatto dal diavolo o gli appartiene. Non dico affatto questo, anzi lo detesto, lo respingo e condanno chi lo dice. Ho detto qui "mondo" esattamente come il Signore quando diceva: Ecco viene il principe del mondo 5. Il Signore non ha inteso affatto dichiarare il diavolo principe del cielo e della terra e di tutto ciò che è stato fatto per opera del Verbo, vale a dire per opera dello stesso Cristo, per cui è stato scritto: E il mondo per mezzo di lui fu fatto 6, ma intese dare il significato espresso nelle parole: Il mondo giace tutto in potere del maligno 7, e nelle altre: Poiché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, il tronfio orgoglio della vita, non è dal Padre, ma è dal mondo 8. Non si può dire infatti che il cielo e la terra non sono dal Padre per mezzo del Figlio, oppure che gli Angeli, le stelle, gli alberi, gli animali, gli uomini non sono dal Padre per mezzo del Figlio per quanto attiene, naturalmente, alla loro intrinseca sostanza per cui sono uomini. Il diavolo però è il principe di questo mondo; il mondo giace in potere del maligno e così pure tutti gli uomini che sono rei di eterna condanna se non sono liberati, affinché, redenti dal sangue sparso per la redenzione dei peccatori, non appartengano più al principe dei peccatori. A questo mondo, dunque, del quale è principe colui di cui il Vincitore del mondo 9, ha detto: Ecco viene il principe del mondo e contro di me non può nulla 10, a questo mondo dunque nasce l'uomo fin quando non rinasce in colui che vince il mondo e nel quale nulla può trovare il principe del mondo.

Dal mondo Cristo scelse i suoi discepoli.

2. 4. Qual è dunque il mondo del quale il Salvatore e Vincitore del mondo dice: Il mondo non può odiare voi; odia invece me, perché io attesto che le sue opere sono malvage 11? Che forse le opere della terra, del mare, del cielo e delle stelle sono cattive? Ma questo mondo sono pure gli uomini. Da questo mondo non è liberato nessuno se non per la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro, che ha offerto la sua carne per la vita del mondo, cosa che certamente non avrebbe fatto se non avesse trovato il mondo nella morte. Qual è il mondo del quale diceva ai Giudei: Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo 12? Qual è il mondo infine dal quale Gesù ha scelto i suoi Apostoli perché non fossero più del mondo, e, non essendo più suoi, il mondo li odiasse? Così infatti parla il Salvatore e la Luce del mondo, così, ripeto, parla: Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri. Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me prima di voi. Se voi foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; invece, siccome non siete del mondo ma io vi ho scelti dal mondo, perciò il mondo vi odia 13. Se non avesse aggiunto: Io vi ho scelto dal mondo, si potrebbe pensare che abbia detto: Voi non siete del mondo, come di se stesso aveva detto: Io non sono di questo mondo. Egli infatti non era del mondo e non è stato scelto dal mondo perché non fosse del mondo. Quale cristiano avrebbe potuto dire questo? Il Figlio di Dio non è stato di questo mondo, infatti, neppure in rapporto al fatto che si è degnato di essere uomo. Cosa ne segue se non che in lui non c'è mai stato il peccato a causa del quale ogni uomo dapprima nasce per il mondo e non per Dio, e chi rinasce è scelto dal mondo perchè possa rinascere per Dio e non essere più del mondo? Proprio per questo il principe del mondo è cacciato fuori, come Gesù stesso attesta con le parole: È adesso la condanna di questo mondo; adesso il principe di questo mondo sarà cacciato fuori 14.

Tutto il mondo reso reo da Adamo viene riconciliato per mezzo di Cristo.

2. 5. A meno che la vostra sfrontatezza non vi spinga ad affermare che i bambini non sono scelti dal mondo quando sono lavati dal battesimo di Colui del quale è stato scritto: Dio era in Cristo quando riconciliava con sé il mondo. Se voi, affermando che i bambini non sono del mondo, negate che essi appartengono a questa riconciliazione, non so proprio con quale faccia viviate nel mondo. Se, al contrario, ammettiamo che essi sono scelti dal mondo quando vengono inseriti nel corpo di Cristo, è necessario che nascano per colui dal quale sono scelti perché rinascano. Nascono infatti per mezzo della concupiscenza della carne e rinascono per mezzo della grazia dello Spirito. Quella è del mondo, questa viene nel mondo affinché siano scelti dal mondo quelli che sono stati predestinati prima dell'inizio del mondo. L'Apostolo, dopo aver detto: Dio era in Cristo quando riconciliava con sé il mondo, ci spiega come faceva, aggiungendo le parole: Non imputando ad essi le loro colpe 15. Tutto il mondo dunque è reo a causa di Adamo. Dio non nega il potere formativo alla sua opera, avendo egli predisposto i semi, pur viziati dalla caduta paterna, ed il mondo, quando è riconciliato per opera di Cristo, è liberato dal mondo. Liberatore ne è Colui che viene nel mondo non per essere scelto dal mondo, ma per scegliere, con una scelta basata non sui meriti, ma sulla grazia, poiché il resto è stato salvato con una scelta della grazia 16.

La grazia battesimale nel pensiero di Giuliano.

3. 6. A questo punto citi le mie parole: "Solo la rigenerazione rimette il reato di questa concupiscenza e, per questo, la generazione lo contrae". Alle quali parole aggiungevo subito dopo: "quello che è stato generato dunque sia rigenerato affinché, non essendo possibile diversamente, allo stesso modo sia rimesso ciò che è stato contratto" 17. Ripetutamente ma inutilmente cerchi di nascondere che ritenete superfluo il battesimo nei bambini asserendo che "la grazia dei misteri di Cristo è ricca di molti doni". Vogliate o no, confessate che i bambini credono in Cristo attraverso il cuore e la bocca delle madri. Anche ad essi dunque debbono essere riferite le parole del Signore: Chi non crederà sarà condannato 18. Ma per quale motivo o per quale giustizia, se non contraggono alcun peccato originale? Tu dici: "Da questo li riconosce come suoi, perché, prima ancora dell'ossequio della volontà personale, con un aumento di benefici accresce quello che aveva dato ad essi in precedenza". Ma se riconosce costoro come suoi, vuol dire che non riconosce come suoi quelli a cui non fa questo dono. Siccome però essi pure appartengono a lui per la medesima ragione che li ha creati, perché non li riconosce ugualmente come suoi? Da questo punto di vista, voi non negate né il fato né la parzialità. Vogliate quindi insieme a noi confessare la grazia. Che altro possono avere se nulla appartiene ad essi? Nello stesso ed identico stato, l'uno è lasciato per un atto di giustizia, non per il fato; l'altro è preso in virtù della grazia, non per il merito.

Essere battezzato nella morte di Cristo significa morire al peccato.

3. 7. Assolutamente invano cercate di sostenere che con la rigenerazione i bambini non sono purificati neppure dal peccato originale. Non ha dimostrato questo chi ha detto: Tutti noi che fummo battezzati in Cristo Gesù, fummo battezzati nella sua morte 19. Dicendo tutti infatti, non ha escluso i bambini. Essere battezzati nella morte di Cristo, che altro può significare se non morire al peccato? Per questo in un altro passo sullo stesso argomento dichiara: Chi è morto, è morto al peccato una volta per sempre 20, che certamente è stato detto per la somiglianza della carne dominata dal peccato. Per questo c'è anche il grande mistero della sua croce dove: Il nostro vecchio uomo fu crocifisso con lui, affinché fosse distrutto il corpo dominato dal peccato 21. Se i bambini dunque sono battezzati in Cristo, lo sono nella sua morte e, se sono battezzati nella sua morte, certamente muoiono al peccato perché sono diventati con lui un essere solo nella somiglianza della sua morte. Chi è morto al peccato, è morto una volta per sempre; e chi vive, vive ormai per Iddio 22. Cos'altro può significare essere diventati un essere solo con lui nella somiglianza della sua morte se non quello che segue: Così voi pure consideratevi morti, sì, al peccato, ma vivi per Dio in Cristo Gesù 23? Diremo forse che Cristo è morto al peccato che non ha mai avuto? No. Purtuttavia, chi è morto al peccato, è morto una volta per sempre. La sua morte ha significato il nostro peccato, a causa del quale ci è venuta la morte. Morto alla sua morte, l'uomo è detto morto al peccato affinché non sia più oltre mortale. Quello che Cristo ha significato nella somiglianza della carne di peccato, noi lo operiamo per mezzo della sua grazia nella carne del peccato. E come egli, morendo nella somiglianza della carne del peccato, è dichiarato morto al peccato, così tutti quelli che sono battezzati in lui muoiono nella medesima realtà di cui quella era stata la somiglianza. Come nella sua vera carne c'è stata una vera morte, così nei veri peccati c'è una vera remissione.

Esegesi di Rom 5, 8-35: Cristo è morto anche per i bambini.

4. 8. Devi essere di certo molto testardo se tutto questo brano dell'Apostolo non riesce a correggerti dalla tua perversità. Quantunque tutto quello che ha detto, scrivendo ai Romani per raccomandare la grazia di Dio attraverso Cristo Gesù, abbia un'intima connessione, non ci è possibile citarlo per intero perché sarebbe troppo lungo. Ci limitiamo alla considerazione del passo dove dice: Dio dimostra il suo amore verso di noi per il fatto che Cristo è morto per noi quando eravamo ancora peccatori 24. Vorresti far credere che questo è stato detto facendo eccezione dei bambini. Ma ti domando: Se questi non debbono essere annoverati tra i peccatori, perché mai è morto per loro colui che è morto per i peccatori? Risponderai che, quantunque è morto per i peccatori, non è morto solo per i peccatori. Negli autori divini, però, non leggerai mai che Cristo è morto anche per quelli che non hanno avuto alcun peccato. Presta attenzione alle valide testimonianze che ti incalzano. Tu dici che Cristo è morto "anche" per i peccatori; io sostengo che Cristo è morto "soltanto" per i peccatori, affinché tu sia costretto a rispondere che, se i bambini non sono legati da nessun peccato, Cristo non è morto per essi. Dice infatti ai Corinzi: Siccome uno solo è morto per tutti, tutti di conseguenza sono morti, ed egli è morto per tutti 25. Non ti è permesso assolutamente negare che Gesù è morto solo per quelli che sono morti. Che intendi qui per "morti"? Forse quelli che sono usciti dal corpo? Ma chi è tanto insensato di pensarlo? "Morti", per i quali tutti il solo Cristo è morto, va inteso secondo il senso dell'altro brano: E voi che eravate morti per le vostre colpe e per l'incirconcisione della vostra carne, egli ha fatto rivivere con lui 26. Per questo aveva detto: Siccome uno solo è morto per tutti, tutti di conseguenza sono morti, per dimostrare che era impossibile che morisse se non per i morti. Proprio da questo ha dimostrato che tutti sono morti, perchè uno è morto per tutti. Te lo sbatto in faccia, te lo inculco, ti ci riempio, mentre lo rifiuti: accettalo, è salutare per te; non voglio che tu abbia a morire. Uno solo è morto per tutti, e tutti di conseguenza sono morti. Vedi come ha voluto essere logico per far comprendere che tutti erano morti, se è morto per tutti. Siccome non sono morti nel corpo, bisogna dire che sono morti nel peccato tutti quelli per i quali Cristo è morto. Nessuno lo neghi, nessuno lo metta in dubbio a meno che non neghi o dubiti di essere cristiano. Per la qual cosa, se i bambini non contraggono alcun peccato, non sono morti e, se non sono morti, non può essere morto per essi colui che non è morto se non per i morti. Sin dal tuo primo libro, però, hai già gridato contro di noi che "Cristo è morto anche per i bambini" 27. In nessuna maniera, pertanto, ti è permesso di negare che i bambini contraggono il peccato originale. Donde, infatti, è venuta loro la morte se non da esso? o per quale morte dei bambini è morto colui che non è morto se non per i morti? Tu stesso hai dichiarato che è morto anche per i bambini. Torna dunque insieme con me a quello che avevo cominciato a dire sulla lettera ai Romani.

Tutti muoiono per Adamo, tutti vivono per Cristo

4. 9. Dio dimostra il suo amore verso di noi, dice, per il fatto che Cristo è morto per noi quando eravamo ancora peccatori. Se Cristo è morto per noi quando eravamo peccatori, cioè quando eravamo morti, a maggior ragione ora che siamo stati riconciliati nel suo sangue, saremo salvi dall'ira divina per suo merito. Se infatti fummo riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo quando gli eravamo nemici, a più forte ragione ora, riconciliati ormai con lui, saremo salvi nella sua vita 28. È la stessa cosa che altrove suona: Dio era in Cristo quando riconciliava con sé il mondo 29. E qui continua: Ci gloriamo altresì in Dio per il Signore nostro Gesù Cristo. Non solo quindi siamo salvi, ma ci gloriamo pure e per mezzo di lui ora abbiamo la riconciliazione 30. Come se si ricercasse la causa per cui avviene questa riconciliazione per mezzo di un solo uomo mediatore, aggiunge: Per opera di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini perché tutti in lui peccarono 31. Cosa ha fatto dunque la legge? È stata forse capace di riportare la riconciliazione? No, perché fino alla Legge vi era nel mondo il peccato, il che significa che neppure la legge ha potuto portare via il peccato. Il peccato però non veniva imputato quando non c'era la Legge 32. Il peccato c'era, ma non veniva imputato perché non era conosciuto. Attraverso la Legge infatti, come dice in un altro passo, si conosce il peccato 33. Eppure la morte ha dominato da Adamo fino a Mosè perché neppure per mezzo di Mosè, cioè neppure per mezzo della sua legge è stato sottratto il regno della morte. Essa regnò anche su quelli che non peccarono. Per qual motivo dunque, se non avevano peccato? Eccolo: A somiglianza del peccato di Adamo, figura di colui che doveva venire 34. Da se stesso egli ha offerto ai posteri, sebbene questi non avessero peccati personali, una figura: sarebbero morti, a causa del contagio del progenitore, tutti coloro che sarebbero nati per mezzo della sua concupiscenza carnale. Ma il fallo non è pari al dono, aggiunge. Se infatti per il fallo di uno solo gli altri morirono, con quanta più abbondanza si riversò su tutti gli altri la grazia di Dio ed il dono conferito per merito di un solo uomo, Gesù Cristo 35. Sì, con molta più abbondanza, poiché quelli nei quali abbonda, muoiono nel tempo, ma sono destinati a vivere nell'eternità. Il dono infatti non è pareggiato a quell'uno che ha peccato: poiché il giudizio che tenne dietro a quel solo peccato si conchiuse con una condanna; ma l'opera di grazia che venne dopo le tante colpe si conchiuse con la giustificazione 36. Un solo peccato ha potuto trarlo alla condanna, ma la grazia non ha distrutto solo quel peccato, ma molti altri che vi si erano aggiunti. Se infatti per il fallo di uno solo, la morte regnò per opera di quel solo, molto più a ragione regneranno nella vita per opera del solo Gesù Cristo quelli che ricevono l'abbondanza della grazia ed il dono della giustizia 37. È stato posto in evidenza il valore superiore: coloro che regneranno senza fine, regneranno nella vita molto di più di quanto ha potuto regnare su di essi la morte, che aveva regnato per un tempo finito. E così, come per colpa di uno solo ricadde su tutti gli uomini una condanna, pure per l'opera di giustizia di uno solo perviene a tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita 38. Tutti nel primo caso e tutti nel secondo: nessuno è giunto alla morte se non per colpa di quello e nessuno è giunto alla vita se non per opera di questo. Difatti, come per la disobbedienza di un solo uomo gli altri furono costituiti peccatori, per l'obbedienza di uno solo gli altri sono costituiti giusti. La Legge, è vero, sopravvenne perché la colpa si manifestasse; ma dove abbondò il peccato sovrabbondò a sua volta la grazia, perché come il peccato regnò per mezzo della morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per opera di Gesù Cristo nostro Signore 39.

Se i bambini non muoiono al peccato, non sono battezzati in Cristo.

4. 10. Concluderemo dunque, egli scrive, che dobbiamo restare nel peccato perché abbondi la grazia? È assurdo 40. Cosa ha portato la grazia se dobbiamo restare in peccato? Continua, per tanto, e dice: Noi, morti ormai al peccato, come potremo ancora vivere in esso? 41 Fa' bene attenzione ora e, per comprenderlo, ascolta diligentemente quello che segue. Dopo aver detto: Noi, morti ormai nel peccato, come potremo ancora vivere in esso? aggiunge: Non sapete forse che tutti noi che fummo battezzati in Cristo Gesù, fummo battezzati nella sua morte? 42 Vi sono compresi i bambini battezzati, oppure no? Se non ci sono, è falso dunque ciò che aveva detto: Tutti noi che fummo battezzati in Cristo Gesù, fummo battezzati nella sua morte, dal momento che i bambini non sono battezzati nella sua morte. Siccome però l'Apostolo dice la verità, nessuno dev'essere ritenuto escluso. Se l'espressione tutti noi si dovesse riferire ai soli adulti, che hanno già l'uso del libero arbitrio, invano vi spaventa la massima del Signore: Se non chi rinasce da acqua e spirito 43. Ecco una buona via d'uscita per voi: dite che anche questo è stato detto solo degli adulti e che in nessun modo i bambini sono inclusi in questa generalità. Perché quindi affaticarvi tanto sulla questione del battesimo, se cioè tante immagini di Dio innocenti abbiano la vita eterna oltre al regno di Dio oppure siano private della vita eterna e, di conseguenza, castigate con la morte eterna? Se poi non osate dire questo perché universalmente è stata proferita la massima: Nessuno, se non rinasce da acqua e Spirito, può entrare nel regno di Dio 44, vi schiaccerà la stessa universalità, avendo l'Apostolo affermato: Tutti noi che fummo battezzati in Cristo Gesù, fummo battezzati nella sua morte. Anche i bambini che sono battezzati in Cristo, quindi, muoiono al peccato perché sono battezzati nella sua morte. Trovano qui infatti una connessione queste cose che seguono, essendo stato detto prima: Noi, morti ormai al peccato, come potremo ancora vivere in esso? Come se gli fosse stato chiesto cosa significasse morire al peccato, l'Apostolo risponde: Non sapete forse che tutti noi che fummo battezzati in Cristo Gesù, fummo battezzati nella sua morte? dimostrando in tal modo il precedente interrogativo: Se siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere in esso? Affinché quelli che non ignoravano di essere stati battezzati nella morte di Cristo, quando sono stati battezzati in Cristo, si ricordassero di essere morti al peccato, poiché essere battezzati nella morte di Cristo null'altro significa che morire al peccato. Per esporre con maggior chiarezza questo concetto, egli aggiunge: Fummo, col battesimo, sepolti con lui nella morte, affinché come Cristo fu risuscitato da morte dalla potenza gloriosa del Padre, così noi pure vivessimo di una vita nuova. Se infatti siamo diventati un essere solo con lui nella somiglianza della morte, lo diventeremo altresì nella somiglianza della sua risurrezione; poiché, sappiamo bene, il nostro vecchio uomo fu crocifisso con lui, affinché fosse distrutto il corpo dominato dal peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato. Ora chi è morto è affrancato dal peccato. E se con Cristo siamo morti, crediamo che con lui parimenti vivremo, ben consci però che Cristo, una volta risuscitato dai morti, più non morrà, non avendo la morte più alcun dominio su di lui. Chi è morto, è morto al peccato una volta per sempre; e chi vive, vive ormai per Dio. Così voi pure consideratevi sì morti al peccato, ma vivi per Dio in Cristo Gesù 45. Se i bambini dunque non muoiono al peccato, senza dubbio non sono battezzati nella morte di Cristo, e se non sono battezzati nella sua morte, non sono battezzati neppure in Cristo. Tutti noi infatti, che fummo battezzati in Cristo Gesù, fummo battezzati nella sua morte. Essi però sono battezzati in Cristo e, di conseguenza, muoiono al peccato. A quale peccato, di grazia, se non a quello contratto nell'origine? Tacciamo le argomentazioni degli uomini perché: Il Signore conosce i disegni degli uomini, che essi sono fiato 46 e: Ha nascosto queste cose ai sapienti ed agli scaltri e le ha rivelate ai semplici 47. Se la fede cristiana non ti è gradita, confessalo apertamente: non potrai infatti trovarne un'altra. Un uomo solo è per la morte ed uno solo è per la vita. Quello è uomo soltanto, questo è Dio e uomo. Per mezzo di quello il mondo è diventato nemico di Dio; per mezzo di questo, scelto dal mondo, il mondo è stato riconciliato con Dio. Come infatti tutti muoiono in Adamo, così pure tutti in Cristo saranno richiamati in vita. E a quel modo che portammo l'immagine dell'uomo terrestre, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste 48. Chi tenterà di abbattere queste fondamenta della fede cristiana, sarà abbattuto lui, ma queste resteranno in piedi.

Non è facile spiegare il modo della trasmissione del peccato.

5. 11. È certamente vero quello che affermo nel mio libro, al quale tu ti opponi: "La colpa perdonata ai genitori si trasmette ai figli in una maniera straordinaria, ma si trasmette; e siccome la maniera non può essere facilmente compresa con la ragione, né può essere facilmente spiegata con le parole, gli infedeli non ci credono" 49. Con la menzogna fraintendi queste mie parole, come se avessi detto che non può essere compresa "con la ragione" né spiegata "con le parole", sottraendo il "facilmente" sia in rapporto a ragione che a parole. Ben diverso è dire: "non può essere", come dici tu e: "non può essere facilmente", come ho detto io. Che altro dimostri di essere qui se non un calunniatore? Purtuttavia, anche se non fosse possibile alcuna comprensione razionale o alcuna spiegazione con le parole, rimane sempre vero quello che si crede e si predica con sincera fede cattolica in tutta la Chiesa, la quale non esorcizzerebbe né soffierebbe sui figli dei fedeli se non li sottraesse al potere delle tenebre ed al principe della morte. Tutto questo l'ho posto nel mio libro al quale vuoi dare l'impressione di rispondere 50. Hai avuto paura di menzionarlo, quasi temendo di dover essere scacciato da tutto il mondo qualora avessi voluto opporti a questo esorcismo con cui viene allontanato dai bambini il principe del mondo. Inutilmente quindi ti dibatti in vuote argomentazioni, non contro di me, ma contro la nostra comune madre spirituale, che non diversamente ti ha partorito da come non vuoi che più oltre partorisca. Raccogliendo argomentazioni dalla giustizia di Dio contro la giustizia di Dio e dalla grazia di Dio contro la grazia di Dio, credi d'essere sufficientemente armato di acuti strali contro di essa. Allora soltanto però c'è vera giustizia da parte di Dio se il giogo pesante sui figli dell'uomo, dal giorno nel quale sono usciti dal seno della madre 51, non è ingiusto. Ma come può il grave giogo non essere ingiusto, se nei bambini non è presente alcun male che possa giustificare il grave giogo dal quale sono oppressi? Allora soltanto c'è vera grazia, se si dimostra con i fatti quello che si dice con le parole. Ma come può avvenire questo se la Chiesa esorcizza uno da cui non c'è nulla da scacciare, oppure lava uno in cui non c'è nulla da lavare?

La remissione della colpa della concupiscenza è oggetto di fede.

5. 12. Che forse tu o qualcuno dei tuoi seguaci non vi accorgereste di far discorsi vuoti se, con sana coscienza, riusciste a rendervi conto di quanto sia grande il male della concupiscenza (deve necessariamente rinascere chi nasce da essa, o deve necessariamente essere condannato chi non rinasce), oppure se riusciste a capire che cosa conferisca la grazia quando toglie il reato, che rendeva l'uomo originariamente reo, e gli restituisce la piena remissione dei peccati, benché rimanga la concupiscenza contro cui deve avere desideri lo spirito di chi è rinato, facendone buon uso in una battaglia minore o non facendone affatto uso in una battaglia maggiore? La consapevolezza di questo male la si ha quando viene combattuto o respinto. Il reato invece, che è perdonato solo con la rigenerazione, come non era avvertito quando era presente, così la sua assenza non è avvertita nella carne o nella mente, ma è soltanto creduta con la fede. In tal modo ti abbandoni all'oscurità di questo argomento e, quanto più aspramente, tanto più infedelmente combatti contro una verità che non può essere dimostrata dai sensi di uomini estremamente carnali.

Adulti e bambini muoiono al peccato nella morte di Cristo.

5. 13. Ma: Mutati in quanti aspetti vuoi, e riunisci tutto ciò di cui sei capace coll'ingegnosità e con l'astuzia 52. Tutti noi che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte 53. È vero dunque che noi siamo morti al peccato nella morte di Cristo, che fu senza peccato. Proprio per questo siamo morti tutti, grandi e piccini. Non quelli sì e questi no o questi sì e quelli no, ma tutti noi che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, lo siamo stati nella sua morte. Fummo, col battesimo, sepolti con lui nella morte, non esclusi i bambini, però, poiché: Tutti noi che siamo stati battezzati, siamo stati battezzati nella sua morte. Affinché, come Cristo fu risuscitato da morte dalla potenza gloriosa del Padre, così noi pure vivessimo di una vita nuova. Se infatti siamo diventati un essere solo con lui nella somiglianza della sua morte, lo diventeremo altresì nella somiglianza della sua risurrezione 54. Anche i bambini sono diventati un essere solo con lui nella somiglianza della sua morte. Questo infatti tocca a tutti noi che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, sapendo bene che il nostro uomo vecchio fu crocifisso con lui. Il vecchio uomo di chi, se non di tutti noi che fummo battezzati in Cristo? Includiamo anche i bambini, dunque, dal momento che non neghiamo che anch'essi sono stati battezzati in Cristo. Per qual motivo insieme con lui è stato crocifisso il nostro vecchio uomo? Paolo risponde: Affinché fosse distrutto il corpo dominato dal peccato e non fossimo più schiavi del peccato 55. A causa di questo corpo dominato dal peccato, Dio mandò il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato 56. Con quale impudenza, dunque, neghiamo che anche i bambini hanno un corpo dominato dal peccato, dal momento che le parole: Tutti noi che siamo stati battezzati in Cristo debbono essere riferite a tutti? Ora chi è morto, è affrancato dal peccato. E se con Cristo siamo morti, crediamo che con lui parimenti vivremo, ben consci però che Cristo, una volta risuscitato dai morti, più non morrà, non avendo la morte più alcun dominio su di lui. Chi è morto, è morto al peccato una volta per sempre; e chi vive, vive ormai per Dio. Così voi pure consideratevi morti sì al peccato, ma vivi per Dio in Cristo Gesù 57. A chi dice questo? Sei sveglio e stai attento? Certamente a tutti quelli a cui diceva: Se siamo morti in Cristo. E chi sono questi se non quelli ai quali aveva detto: Il nostro vecchio uomo fu crocifisso con lui, affinché fosse distrutto il corpo dominato dal peccato? oppure quelli ai quali aveva detto: Siamo diventati un essere solo con lui nella somiglianza della morte? oppure quelli ai quali aveva detto: Fummo sepolti, col battesimo, con lui nella morte? Per capire meglio a chi e di chi è stato detto questo, leggi le parole precedenti e troverai la risposta: Non sapete forse che tutti noi che fummo battezzati in Cristo Gesù, fummo battezzati nella sua morte? Cosa ha voluto dimostrare con questo? Leggi ancora un po' più sopra e vedrai: Noi, morti ormai al peccato, come potremo ancora vivere in esso? O ammettete, quindi, che nel battesimo i bambini sono morti al peccato e confessate che anch'essi avevano il peccato originale a cui morire, oppure dite apertamente che essi non sono stati battezzati nella morte di Cristo quando sono stati battezzati in Cristo, e rimproverate altresì l'Apostolo che dice: Tutti noi che fummo battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte 58.

Se Cristo è morto per tutti, anche i bambini sono morti.

5. 14. Non abbandono queste armi celesti che sconfiggono Celestio, ad esse affido la mia fede ed il mio parlare. Le vostre argomentazioni sono umane; le mie sono fortificazioni divine. Gli errori chi li comprende? 59 Per questo forse non sono più errori? Così pure chi può comprendere come il peccato originale, pur rimesso nei genitori rigenerati, si trasmette tuttavia ai figli e rimane in essi se non sono rigenerati? Ma per questo forse non è peccato? Se uno è morto per tutti vuol dire che tutti sono morti 60. Con quale animo, con quale bocca, con quale faccia negate che i bambini sono morti, e non negate che Cristo è morto per essi? Se Cristo non è morto per essi, perché sono battezzati? Tutti noi, infatti, che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte 61. Se Colui che è morto per tutti, è morto anche per essi, vuol dire che anch'essi sono morti insieme con tutti. E siccome sono morti nel peccato, quando rinascono da Dio muoiono anch'essi al peccato, affinché vivano per Dio. Se poi non riescono a spiegare come un vivo possa generare un morto - i genitori morti al peccato, ma viventi per Dio, generano i figli morti nel peccato, fino a che essi stessi muoiano al peccato con la rigenerazione, onde vivere per Dio - è forse falso perché non può essere spiegato a parole o lo può essere con molta difficoltà? Tu nega, se hai coraggio, che è nato morto colui per il quale non neghi che Cristo è morto. Uno solo infatti morì per tutti, tutti conseguentemente morirono. Sono parole apostoliche, sono nostre armi a cui tuttavia, se non vuoi opporti, comprendi che devi crederci senza esitazione anche se non comprendi. L'uomo che è morto secondo lo spirito infatti e genera secondo la carne, possiede entrambi i semi, quello immortale per il quale gode di essere vivo e quello mortale per il quale genera il figlio morto. Per farlo tornare in vita non sarebbe stata assolutamente necessaria la morte di Cristo, se non fosse nato morto. Uno solo morì per tutti, tutti conseguentemente morirono. Non lo svegliate certo da questa morte, se gridate che non sono morti. Al contrario impedite che vivano, quando con macchinazione di empi argomenti, contrastate nei genitori la fede, per la quale soltanto possono tornare a vivere.

L'esempio dell'olivo e dell'oleastro.

6. 15. Veniamo ora alla tua lunga e laboriosa disquisizione con cui hai cercato di respingere l'esempio dell'ulivo il cui seme degenera in oleastro 62, che ho creduto di addurre in grazia di una certa qual similitudine per meglio comprendere un argomento molto difficile. Sei partito dall'affermazione che "a nulla valgono gli esempi per quelle cose che non possono essere difese di per se stesse". Perché allora l'Apostolo, dopo aver posto la questione del come risorgono i morti e con quale corpo ritornino, ha cominciato a dimostrare con un esempio una cosa sconosciuta e mai sperimentata, aggiungendo: Insensato! Quello che tu semini, non riprende vita se prima non muore 63? Anche il mio esempio non è del tutto inadatto alla questione di cui stiamo trattando. Il frumento infatti è separato dalla paglia così come l'uomo è separato dal peccato, eppure da esso torna a nascere altro frumento insieme con la paglia.

Può diventare naturale nel figlio ciò che era accidentale nel padre?

6. 16. Cosa hai voluto dire a proposito del "coccodrillo che, a dire di Albino, è il solo tra gli animali a muovere le mandibole superiori", e a proposito del "fuoco che è morte per tutti, mentre è divertimento per la salamandra"? Questi esempi non tornano piuttosto a vostro svantaggio, dal momento che da essi appare come talora è possibile quello che in linea generale sembrava impossibile? Voi affermate infatti che in linea generale i genitori non possono trasmettere ai figli ciò che essi stessi non hanno. Ebbene, se si scoprisse che è possibile, sareste sconfessati, così come, quando si scopre il coccodrillo, è sconfessato senza ombra di dubbio chi riteneva che gli animali potessero muovere solo la mandibola inferiore, e così come, quando si dimostra ciò che si dice della salamandra, è sconfessato chi riteneva impossibile per gli animali vivere nel fuoco. Quando pertanto definisci che "le cose naturali non possono essere cambiate da un accidente", la tua definizione sarà completamente svuotata qualora si scoprisse qualcuno che, dopo essersi procurato un difetto da una caduta, generasse un figlio con lo stesso difetto, cosicché quello che nel padre era un semplice accidente, diventa naturale nel figlio. Così pure quando definisci che "i genitori non possono trasmettere ai figli ciò che essi non hanno", non sarà ugualmente distrutta questa tua definizione qualora ti fossero mostrati uomini nati con tutte le membra sanissime da genitori che avevano perduto alcune membra? Ebbene, noi abbiamo sentito dai nostri padri, che a loro volta asserivano di averlo conosciuto e visto, di un tale Fundanio, retore di Cartagine che, dopo essere diventato monocolo in un incidente, ha procreato un figlio monocolo. Con questo esempio è distrutta la tua tesi secondo la quale "le cose naturali non possono essere cambiate da un accidente". Quello che nel padre era accidente, è diventato naturale nel figlio. L'altra vostra tesi, secondo la quale "i genitori non possono trasmettere ai figli ciò che essi non hanno", viene distrutta dall'esempio dell'altro figlio di Fundanio, che, come avviene il più delle volte, è nato con due occhi da un monocolo. Abbiamo inoltre l'esempio di innumerevoli altri che nascono con tutti e due gli occhi da genitori ciechi. Trasmettendo ai figli ciò che non hanno, essi dimostrano che voi piuttosto siete più simili a loro che i loro figli, perché siete tanto ciechi nelle vostre definizioni.

Utilità del mistero che circonda le opere di Dio.

7. 17. Tra le tante chiacchiere che non riguardano la questione, hai detto una cosa pertinente che vorrebbe essere un'ammonizione per me, e cioè che "la bramosia del sapere suole apprezzare di meno ciò che si comprende e che proprio per questo Dio ha disposto che sulla terra fossero generate molte cose distinte da innumerevoli proprietà". Questo, in verità, è il vantaggio delle occulte opere di Dio perché non siano svilite le cose evidenti e non cessino di essere meravigliose quelle comprese. Proprio per questo la Scrittura afferma: come non sai in qual modo lo spirito entra nelle ossa in seno all'incinta, così ignori in che modo agisca Dio che fa tutto 64. Molto giustamente pertanto hai detto che le opere di Dio sono incomprensibili a motivo della bramosia del sapere, che suole apprezzare di meno le cose che può comprendere. Perché allora vuoi distruggere con l'umano pensiero quello che dell'agire divino riesci a capire con maggiore difficoltà? Io non ho detto, come calunniosamente affermi: "Non può essere assolutamente capita dalla ragione", ma "non può essere facilmente capita". Cosa hai dunque da ridire se Dio, contro l'umana bramosia del sapere, per cui, come tu stesso ci ammonisci, si sviliscono le cose comprese, ha voluto nascondere anche questo al pari di tante altre cose sicché l'umano raziocinio non possa né indagare né comprendere? Per questo forse credete di dovervi armare contro la Chiesa vostra madre, con le vostre meschine argomentazioni, come con pugnaletti parricidi, onde ricercare la forza occulta di quel mistero, per cui ella concepisce i figli destinati alla purificazione, quantunque nati da genitori già purificati, come per ricercare le ossa in seno all'incinta, non per toccarle ma per dilaniarle? Se non volessi evitare di stancare il lettore con l'eccessiva lungaggine del discorso, ti schiaccerei con l'esempio di mille specie di cose, la cui incomprensibile ragion d'essere si trascina contro le abituali vie della natura come attraverso oscuri deserti. Ti potrei mostrare la degenerazione dei semi, non verso un genere del tutto diverso - l'oleastro non è così diverso dall'ulivo quanto la vite -, bensì di una certa per così dire diversità simile, come per esempio la vite selvatica è dissimile dalla vite, ma tuttavia nasce dal suo seme. Perché non dovremmo credere che il Creatore ha voluto così, perché credessimo che anche il seme dell'uomo possa contrarre dai genitori un difetto, che in essi non era presente, e perché anche i battezzati ricorressero con i propri figli alla sua grazia in virtù della quale gli uomini sono sottratti al potere delle tenebre, così come anche il tuo santo padre è corso insieme con te, ignorando quanto saresti diventato ad essa ingrato?

Il sacramento della circoncisione, figura del battesimo.

7. 18. Da profondo scrutatore della natura, ne scopri i limiti e ne stabilisci le leggi dicendo: "Non può accadere che attraverso la natura si possa dimostrare che i genitori trasmettano una cosa di cui essi sono ritenuti privi. Se lo trasmettono vuol dire che non l'hanno perduto". Queste sono definizioni pelagiane che avresti già dovuto respingere dopo aver letto il nostro opuscolo a Marcellino 65, di religiosa memoria, come tu stesso ci ricordi. Pelagio per primo infatti ha detto che i genitori fedeli "non hanno potuto trasmettere ai posteri quello che essi non avevano". L'estrema falsità di quest'affermazione è posta in risalto da evidentissimi esempi, dei quali alcuni li ho ricordati sopra ed un altro sto per addurlo adesso. Che cosa conserva del prepuzio il circonciso? E da lui non nasce forse una creatura con il prepuzio? Non si trasmette forse nel suo seme ciò che nell'uomo non c'era più? Non c'è altro motivo per cui Dio ha comandato agli antichi Padri di far circoncidere i bambini entro l'ottavo giorno, se non quello di significare la rigenerazione che avviene in Cristo, che dopo il settimo giorno, dopo il sabato, cioè, giorno in cui è rimasto nel sepolcro consegnato per i nostri peccati, il giorno seguente, vale a dire l'ottavo giorno della settimana è risuscitato per la nostra giustificazione 66. Quale pur mediocre conoscitore della Sacra Scrittura ignora che il mistero della circoncisione è stato istituito quale figura del battesimo, avendo l'Apostolo chiaramente detto: È il Capo di ogni principato e di ogni potestà. In lui pure siete stati circoncisi d'una circoncisione non fatta per mano d'uomo, con lo spogliamento del corpo carnale: la circoncisione di Cristo. Sepolti con lui nel battesimo, in lui pure siete risorti per la fede nella forza di Dio, che ha risuscitato lui di tra i morti. E voi che eravate morti per le vostre colpe e per la incirconcisione della vostra carne, egli ha fatto rivivere con lui, dopo averci perdonate tutte le colpe 67. La circoncisione fatta a mano d'uomo ed ordinata ad Abramo è stata istituita prima come figura della circoncisione non fatta da mano d'uomo che ora avviene in Cristo.

Il bambino non ha colpe personali, ma solo quella originale.

7. 19. Non si può dire, infatti, che il prepuzio è una parte del corpo, mentre quanto si contrae con l'origine è un vizio e che, dopo che quello è stato tagliato, la sua forza non ha potuto essere sottratta dal seme, mentre questo vizio che non è un corpo, ma un accidente, dopo che è stato perdonato dalla misericordia, non ha potuto risiedere nel seme. Questo, ripeto, non lo può dire nessuno con tutta l'astuzia che si vuole, perché verrebbe schiacciato dall'autorità divina, secondo la quale quella parte del corpo è stata amputata proprio perché si venisse purificati da tale vizio. Se non si trovasse nel seme, infatti, non potrebbe mai arrivare ai bambini, dai quali dev'essere portata via con la circoncisione. Se non fosse arrivata invece non avrebbe avuto affatto bisogno di essere asportata con questa circoncisione del corpo. Siccome il bambino non ha alcun peccato personale, nessun altro peccato se non quello originale gli viene tolto con quel rimedio senza del quale verrebbe eliminato dal suo popolo. Essendo Dio giusto giudice, questo non potrebbe avvenire se non vi fosse una colpa che lo giustificasse. Non essendocene una personale, non rimane che quella dell'origine viziata.

Argomentazioni dalla circoncisione.

7. 20. Ecco quindi che il circonciso trasmette a chi nasce da lui qualcosa che non ha in se stesso. Cosa intendi dire quando affermi: "Attraverso la natura non si può dimostrare che gli uomini trasmettono una cosa di cui sono creduti privi"? Il prepuzio è una cosa buona, non una cosa cattiva, perché Dio l'ha fatto e tu stesso ne hai parlato a lungo trattando dell'oleastro. Ti rispondo che l'oleastro è una cosa buona in natura, ma nel linguaggio dei misteri significa un male. Alla stessa maniera i lupi, le volpi, il maiale insozzato nelle lordure del fango, il cane che torna a mangiare il suo vomito, in natura sono tutte cose buone e così le pecore: Dio infatti ha fatto ogni cosa molto buona 68. Nella Scrittura però i lupi rappresentano i cattivi e le pecore i buoni. Noi intendiamo riferirci non a ciò che sono, ma a ciò che significano, quando li prendiamo come esempi nelle nostre discussioni sui buoni e sui cattivi. Così pure il prepuzio in natura è senz'altro una cosa buona essendo una particella del corpo umano, che indubbiamente è una cosa buona, ma in figura significa male perché il bambino dev'essere circonciso entro l'ottavo giorno per Cristo, nel quale, secondo le parole dell'Apostolo, siamo stati circoncisi d'una circoncisione non fatta per mano d'uomo, che senza dubbio è stata prefigurata da quella fatta per mano d'uomo. Il prepuzio pertanto non è il peccato ma significa il peccato, principalmente quello originale perché per mezzo dello stesso membro hanno origine quelli che nascono e, a causa di quel peccato, siamo detti per natura figli dell'ira. Lo stesso membro infatti è chiamato propriamente natura. La circoncisione della carne perciò, oltre a smantellare senza ombra di dubbio la vostra generica asserzione che "attraverso la natura non può avvenire che i genitori trasmettano ai figli qualcosa di cui essi mancano", dimostra che il peccato originale, già rimesso ai genitori battezzati, rimane nei bambini finquando non sono battezzati, finquando cioè non sono purificati dalla spirituale circoncisione, appunto perché il prepuzio che significa il peccato, si trova in colui che nasce, anche se nel padre non c'era più. Convince altresì voi che è verissimo quello che negate, appunto perché, negando il peccato originale, non potete trovare una ragione per cui sotto un giudice giusto debba perire un fanciullo del quale è scritto: Sia eliminato dal suo popolo, se entro l'ottavo giorno non sarà circonciso 69.

Come la colpa rimessa nel padre passi nel figlio.

7. 21. Lasciamo da parte la selva degli oleastri ed i colli africani o italiani ricoperti di uliveti. Non interroghiamo neppure i contadini che potrebbero rispondere a me in un senso e a te in un altro, mentre noi non abbiamo la possibilità di fare una pratica e celere esperienza, se a questo scopo volessimo piantare un albero che produrrà l'ombra per i fieri nipoti 70. Abbiamo un ulivo non italiano, non africano, ma ebreo, al quale noi che eravamo oleastri, ci rallegriamo di essere stati innestati. A quell'ulivo è stata data la circoncisione, che senza tentennamenti risolve la presente questione. Il figlio ottiene il prepuzio che non è più presente in suo padre. Ne era privo ma lo ha trasmesso; lo aveva perso ma lo ha trasmesso; e il prepuzio significa il peccato. Può non esserci più nei genitori ma passare ugualmente ai figli. Lo attesti il fanciullo stesso e, in silenzio, dica: "Sarò eliminato dal mio popolo se entro l'ottavo giorno non sarò circonciso. Negando il peccato originale e, nello stesso tempo, professando che Dio è giusto, ditemi per favore in che cosa ho peccato". Siccome la vostra loquacità non risponde alcunché di ragionevole a questo fanciullo che tacitamente grida, insieme a noi vogliate unire la vostra voce a quella degli Apostoli. Sia esso facile, difficile o impossibile a scoprirsi, siamo liberi di ricercare quali contagi di peccato derivino dai genitori o se ve ne siano altri, ma non sta a noi attribuire alle parole dell'Apostolo: Per opera di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini 71, altro significato diverso da quello per cui crediamo che tutti noi per i quali Cristo è morto, siamo morti nel peccato del primo uomo e che muoiono al peccato tutti quelli che sono battezzati in Cristo.

Agostino non è solo a combattere i pelagiani.

8. 22. Riferendoti ad altre mie parole, che inserisci nella tua discussione come per controbatterle, dichiari che "io ho cercato di eccitare il popolino contro di te". Il motivo lo trovi nel fatto che ho detto: "La fede cristiana, che i novelli eretici hanno cominciato a contrastare, non mette in dubbio che coloro i quali vengono purificati dal lavacro di rigenerazione sono redenti dal potere del diavolo, mentre quelli che non sono stati ancora redenti dalla rigenerazione, compresi i piccoli nati da persone redente, rimangono prigionieri del potere delle tenebre fino a quando non siano anch'essi redenti dalla medesima grazia" 72. Per dimostrarlo con una testimonianza dell'Apostolo ho aggiunto: "Si estende a tutte le età il beneficio di cui parla l'Apostolo: Egli ci ha sottratto al potere delle tenebre e ci ha trasportato nel regno del suo figlio diletto73". Se questa argomentazione riesce a smuovere il popolino contro di te, non dovresti dedurne che detta fede cristiana si è tanto divulgata e radicata presso tutti da non poter sfuggire neppure alla coscienza popolare? Era necessario infatti che tutti i cristiani sapessero ciò che bisogna fare nei loro piccoli, per quanto attiene ai misteri cristiani. Perché allora affermi che: "dimentico del dibattito a due, mi sono rifugiato presso il popolino"? Chi ti ha promesso il mio dibattito? Dove, quando, in qual modo, con quali testimoni, con quali moderatori si è preferito, come tu dici: "Chiudere la guerra con la condizione offerta 74, affinché il nostro dibattito risolvesse la battaglia di tutti"? Ben lungi da me l'arrogarmi presso i cattolici quello che a te non riesce di arrogarti presso i pelagiani. Sono soltanto uno dei tanti che cerchiamo di confutare le vostre profane innovazioni, come meglio possiamo, nella misura del grado di fede che Dio ha concesso a ciascuno di noi 75. Prima ancora della mia nascita e prima della mia rinascita a Dio, molti luminari cattolici ci hanno preceduto nel respingere le vostre future tenebre. Di essi ho già parlato con la maggiore chiarezza possibile nei due libri precedenti. Sai a chi rivolgerti se trovi gusto ad insanire ulteriormente contro la Chiesa Cattolica.

Respinte le calunnie di Giuliano.

8. 23. Non voler deridere le membra di Cristo col nome di "lavoratori di bassa condizione": ricordati piuttosto che ciò che è stolto per il mondo, Dio lo scelse per confondere i sapienti 76. Che intendi dire affermando che "non appena avrai cominciato a mostrarti ad essi, diventeranno più duri verso di me"? Non mentire, ed essi non lo diventeranno. Non dico affatto, come calunniosamente affermi, che "sono patrimonio del diavolo" quelli che sono redenti dal sangue di Cristo. "Non attribuisco al diavolo nessun matrimonio" in quanto matrimonio, né lo considero "autore di genitali o eccitatore degli uomini solo a cose illecite", e neppure "fecondatore delle donne o creatore dei bambini". Se riferisci al popolo cose del genere che sono estranee a me, tu menti. Se qualcuno, credendoti, diventerà più duro contro di me, egli sarà stato ingannato, non formato. Coloro invece che ci conoscono entrambi e conoscono la fede cattolica non vogliono imparare nulla da te, ma, al contrario, se ne guardano affinché non sottragga loro quello che già conoscono. Tra di loro, infatti, ci sono molti che non solo per vie diverse dalla mia, ma anche prima di me, hanno imparato queste cose che il vostro nuovo errore cerca di combattere. Non avendoli pertanto fabbricati io questi compagni della verità cattolica, che voi negate, ma avendoli solo trovati, come posso essere per essi l'autore di quello che ritenete un errore?

Tutti sono morti, se Cristo è morto per tutti.

9. 24. "Spiegami, tu dici, in che modo il peccato può essere addebitato giustamente ad una persona che non ha voluto né potuto peccare?". Per quanto attiene all'azione della vita di ciascuno, altro è il compimento dei peccati ed altro è il contagio dei peccati altrui. Se vorreste evitare di torcere in senso erroneo la tesi giusta, sapreste ascoltare l'Apostolo che brevemente la spiega dicendo che è stato uno solo colui nel quale tutti hanno peccato. In quell'uno solo sono morti tutti, affinché un altro, uno solo, morisse per tutti. Uno solo morì per tutti, tutti conseguentemente morirono 77, e per essi Cristo è morto. Nega dunque che Cristo è morto anche per i bambini, affinché possa sottrarli al numero di coloro che sono morti, e cioè dal contagio dei peccati. "Come può avvenire, tu dici, che qualcosa che appartiene all'arbitrio della volontà si mescoli ai semi"? Se questo non può avvenire, evidentemente non c'è motivo per affermare che i bambini, non ancora usciti dal corpo, sono morti. Se Cristo però è morto anche per essi, vuol dire che anch'essi sono morti: Se uno è morto per tutti, tutti conseguentemente morirono. Capisci, Giuliano? Queste sono parole dell'Apostolo, non mie. Perché mi chiedi in qual modo sia avvenuto, dal momento che puoi constatare che in qualche modo è pur avvenuto, se in qualche modo tu credi all'Apostolo, che in nessun modo può aver mentito su Cristo e su quelli per i quali Cristo è morto?

Dio sa far buon uso dei buoni e dei cattivi.

9. 25. Qualcuno, perverso come voi, ma per un errore diverso, potrebbe dire di Dio quello che, voi dite, sentiamo per i fanciulli, e cioè: "Dio lavora attivamente per fare guadagnare il proprio nemico". Non cessa infatti di creare, nutrire, vestire quelli che sa sottomessi al diavolo non soltanto per un breve periodo di tempo, ma addirittura destinati ad ardere eternamente con lui, e non cessa di somministrare vita e salute ad essi che peccano con ostinatissima cattiveria. Dio fa questo però ben sapendo come far buon uso dei buoni e dei cattivi. A questo uso della divina maestà, con tutta l'arte della sua cattiveria, il diavolo non può sottrarre quelli che opprime ed inganna e neppure se stesso. Per questo non appartengono al diavolo coloro che sono sottratti al potere del diavolo: quelli invece che appartengono a lui, così come lui stesso, sono sotto il potere di Dio.

Non fu il diavolo a istituire l'unione sessuale.

9. 26. Quanto è sciocco dunque ciò che credi di avere detto con sottigliezza d'ingegno, quasi avessimo affermato che "tra il diavolo e Dio è stato stabilito questo patto: Dio rivendicherebbe a sé tutto quello che è asperso, ed il diavolo tutto quello che nasce, a condizione però che, tu specifichi, Dio, con la sua potenza assoggettata, fecondi l'unione stessa istituita dal diavolo". Il diavolo non ha istituito affatto l'unione che ci sarebbe stata ugualmente anche se nessuno avesse peccato, ma essa sarebbe stata tale che la tua protetta o non ci sarebbe stata affatto o non sarebbe stata inquieta. Dio, poi, feconda l'utero femminile, anche quello che partorisce vasi diabolici, non con una potenza assoggettata, ma con una forza libera e potentissima. Come agli uomini cattivi infatti, così ai semi viziati dall'origine, nei quali c'è la sostanza buona, creata da lui, Dio elargisce la crescita, la forma, la vita e la salute con gratuita bontà, senza alcuna necessità, con insuperabile capacità ed irreprensibile varietà. Essendo, dunque, entrambi sotto il potere di Dio, quello che è asperso, cioè, e quello che nasce, e non potendo neppure il diavolo dirsi estraneo al suo potere, come hai potuto introdurre la tua distinzione? Avresti preferito nascere o essere asperso? Non è forse meglio l'essere aspersi in cui è incluso anche l'essere nati? Non può essere asperso infatti chi non è nato. O tu propendi per l'uno o per l'altro con identica inclinazione? Se credi che sia meglio il nascere, arrechi offesa alla rinascita spirituale, a cui con sacrilego errore anteponi la generazione carnale. Non senza ragione crediamo che hai preferito dire non "quello che rinasce", ma "quello che è asperso": in considerazione, infatti, che attraverso i nostri sensi desideravi dimostrare che Dio ed il diavolo hanno fatto una specie di spartizione tra di loro, con l'aiuto di una parola hai reso più disprezzabile la parte di Dio. Potevi dire infatti "quello che rinasce"; "quello che è rigenerato"; ed infine "quello che è battezzato", parola, quest'ultima, che la consuetudine latina ha preso dal greco per indicare nient'altro che il sacramento di rigenerazione. Non hai voluto scegliere nessuna di queste parole, ma ne hai scelta una che rendesse disprezzabile quello che dicevi. Nessuno dei lettori, infatti, avrebbe potuto preferire il "nato" al "rinato" o al "battezzato", ma sarebbe stato facile, a tuo avviso, che si potesse preferire il "nato" all'"asperso". Se poi l'essere asperso, perché si possa portare l'immagine dell'uomo celeste, supera il nascere, perché si possa portare l'immagine dell'uomo terreno, di quanto il cielo dista dalla terra 78, la tua odiosa distinzione svanisce immediatamente. Non c'è da meravigliarsi che Dio rivendichi a sé l'immagine dell'uomo celeste, che si riceve con il sacro lavacro, e lasci al dominio del diavolo l'immagine dell'uomo terreno, sporco di macchie terrene, finché rinasca in Cristo per prendere l'immagine dell'uomo celeste.

I bambini prima del battesimo sono sotto il potere del diavolo.

9. 27. Se poi ritieni di ugual peso l'essere asperso ed il nascere - cosicché per questo si creda che i bambini non ancora rinati non si trovino sotto il potere del diavolo, perché Dio ed il diavolo non diano l'impressione di voler fare tra di loro una divisione in parti uguali, qualora Dio rivendichi per sé gli aspersi ed il diavolo i nati - ne segue indubbiamente, secondo questa interpretazione, che, siccome l'essere aspersi vale quanto il nascere, è superfluo l'essere aspersi dal momento che, avendo lo stesso valore, è sufficiente nascere. Vi siamo grati tuttavia che non la pensiate così. Voi infatti non ammettete al regno di Dio quelli che sono nati se prima non sono aspersi, ed in tal modo, nei fatti, ritenete che è molto meglio l'essere aspersi che il nascere. Vogliate, pertanto, rendere ragione a voi stessi per non credere che sia indegno che quelli che non sono ammessi al regno di Dio si trovino sotto il potere di chi è caduto dal regno di Dio, oppure che quelli che hanno la vita si trovino sotto il potere di chi ha perduto la vita. Che i bambini non abbiano la vita se non hanno Cristo (che senza dubbio non possono avere se non si rivestono di lui, secondo quanto è scritto: Quanti foste battezzati in Cristo, avete rivestito il Cristo 79), che i bambini dunque non abbiano la vita se non hanno Cristo, ce lo attesta con chiarezza Giovanni evangelista nella sua epistola: Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita 80. Giustamente quindi sono ritenuti morti se non hanno la vita quelli per i quali Cristo è morto affinché l'avessero. Uno solo infatti morì per tutti, tutti conseguentemente morirono 81, e quest'uno, come si legge nell'Epistola agli Ebrei, è morto per ridurre all'impotenza colui che della morte aveva il potere, cioè il diavolo 82. Che c'è di strano, dunque, se i bambini, finché rimangono morti, prima cioè di cominciare a possedere colui che è morto per i morti, si trovano sotto il potere di colui che ha il potere della morte?

I peccati dei genitori sono in qualche modo anche nostri.

10. 28. Enumeri verità su cui la fede cristiana veramente non ha dubbi. Tra di esse menzioni quelle che, nella quasi totalità, predichiamo anche noi e su cui siamo convinti non si debbano avere dubbi. Arriviamo perfino a ritenere vera la vostra affermazione, secondo cui, "senza la partecipazione del libero arbitrio, per l'uomo non ci può essere peccato". Non ci sarebbe neppure questo peccato che si contrae con l'origine senza la partecipazione del libero arbitrio, mediante il quale il primo uomo ha peccato e il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini 83. Le tue parole: "non si può essere soggetti a peccati altrui" ci interessano in quanto possono essere intese rettamente. Per ora non parlo del fatto che Davide ha peccato e che per questo peccato caddero tante migliaia di uomini 84, o dell'altro fatto che uno solo, disobbedendo al divieto, si rese colpevole della violazione dell'anatema e che la vendetta ricadde su chi non aveva commesso il peccato e neppure sapeva che era stato commesso 85. È un'altra questione ed ora non ci dobbiamo preoccupare di questo genere di peccati o di pene. I peccati dei progenitori in certo senso ci sono estranei ed in certo senso ci appartengono. Ci sono estranei per la proprietà dell'azione; ci appartengono per il contagio della propagazione. Se questo fosse falso, il giogo pesante sui figli dell'uomo, dal giorno nel quale sono usciti dal seno della madre 86, per nessun verso sarebbe giusto.

I bambini ereditano il male da un peccato altrui.

10. 29. Tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno raccolga, in ragione delle azioni compiute, ciò che ha meritato quando era nel corpo, o il bene o il male 87. Come puoi riferire ai bambini queste parole dell'Apostolo di cui fai menzione? Dovranno anch'essi presentarsi dinanzi al tribunale di Cristo oppure no? Se non si dovranno presentare, quale giovamento ti potranno portare queste parole che non riguardano la questione di cui stiamo trattando? Se poi dovranno presentarsi, come potranno raccogliere quello che hanno fatto, se non hanno fatto nulla? O, forse, si deve pensare che appartiene ad essi quello che credono o non credono attraverso il cuore e la bocca delle madri? Con le parole: Ciò che ha meritato quando era nel corpo, l'Apostolo intendeva riferirsi a tutti coloro che avevano una propria vita. Ma come può il bambino raccogliere il bene per entrare nel regno di Dio, se ciascuno raccoglie quello che ha fatto, a meno che non appartenga al bambino anche quello che ha fatto, ossia ha creduto per mezzo di altri? Come dunque appartiene al fanciullo ciò che ha creduto per raccogliere il bene, per conseguire cioè il regno di Dio, così, se non ha creduto, appartiene a lui raccogliere il giudizio di condanna, poiché è evangelica l'affermazione: Chi non crederà sarà condannato 88. Affermando che: Tutti noi dobbiamo comparire, affinché ciascuno raccolga, in ragione delle azioni compiute, ciò che ha meritato quando era col corpo, o il bene o il male 89, l'Apostolo non lascia una via di mezzo. Comprendi quindi quanto inopportunamente escludi che il bambino possa raccogliere il male dal peccato altrui, mentre ritieni che possa raccogliere il bene dal buon operato altrui, e non un bene qualunque, ma il regno di Dio. Estranea certamente è l'opera quando crede per mezzo di un altro ed estranea è stata l'opera quando ha peccato in un altro. Noi non dubitiamo che tutti i peccati sono purificati col Battesimo, ma ciascuno è purificato con la rinascita. Quello dunque che non lo sottrae se non la rigenerazione, non cessa di contrarlo la generazione.

Dio è il creatore di tutti gli uomini.

10. 30. Dicendo che "la concupiscenza non è sempre ribelle all'animo", riconosci senza dubbio che essa è ribelle. Perché allora ti ostini a negare il castigo a causa del quale sostieni una guerra contro di te? "Dio sia ritenuto il Creatore di quei bambini, tu dici, che siano degni delle sue mani", ed aggiungi: "di quelli innocenti, cioè". Non credi che potrà vincerti nella pietà e nella lode di Dio, colui che afferma che anche le opere belle e sane sono degne delle mani di Dio? Purtuttavia molti nascono deformi, malati, brutti e perfino mostruosi. Ciò nonostante tutta quella sostanza, tutte le sue parti, e tutto quello che in essa sostanzialmente esiste e vive, non può essere stata creata se non dalla mano di Dio buono e vero.

Il giogo che opprime il genere umano.

10. 31. Mi chiedi di dire "come il diavolo osa rivendicare a sé i bambini creati in Cristo, vale a dire nella sua potenza". Dimmi tu, piuttosto, se ti è possibile, come rivendica a sé, apertamente e non occultamente, i bambini vessati dagli spiriti immondi. Se dici che sono stati consegnati entrambi vediamo il castigo: dimmi allora la colpa. Entrambi vediamo la pena, ma tu sostieni che nessun demerito si contrae dai genitori, e poiché entrambi dichiariamo Dio giusto, mostrami nei bambini, se è possibile, una colpa degna di questa pena. O non riconosci che anche questo appartiene a quel giogo pesante che è sui figli dell'uomo dal giorno nel quale sono usciti dal seno della madre fino al giorno nel quale ritorneranno alla madre di tutti? Sotto tale giogo il genere umano è schiacciato tanto da varie pene, che diventa chiaro come gli uomini da figli dell'ira diventano figli della misericordia, quasi ricevendo in pegno che questo accadrà nel mondo futuro. In questo mondo, però, anche i figli della misericordia sono schiacciati dal grave giogo dal giorno della nascita fino a quello della morte. Talvolta i bambini, benché siano stati strappati dal potere delle tenebre, tra gli altri mali di questa vita vanno soggetti a queste vessazioni dei demoni, affinché non siano da essi portati al supplizio eterno.

Perché i bambini, che muoiono senza il battesimo, siano condannati.

10. 32. Me lo hai già detto una volta e ti ho risposto 90, ma neppure adesso debbo sorvolare, che cioè "quando Dio concede ai bambini di nulla meritevoli in proprio, né in bene né in male, la gloria della rigenerazione, c'insegna che essi appartengono alla sua cura, al suo diritto e al suo potere per il fatto stesso che previene la loro volontà con la larghezza del suo ineffabile beneficio". In che cosa hanno dunque peccato quegli innumerevoli esseri che, pur creati ugualmente innocenti e puri, e pur fatti a sua immagine, Dio li priva di questo dono e non previene con la larghezza del suo ineffabile beneficio la volontà di costoro, separando tante sue immagini dal suo regno? Se per essi questo non costituirà un male, vuol dire che tante innocenti immagini di Dio non ameranno il suo regno. Se invece lo ameranno, e lo ameranno tanto quanto debbono amare il suo regno gl'innocenti creati da lui a sua immagine, non sentiranno alcun tormento per questa stessa separazione? Dovunque essi si trovino, infine, comunque essi si trovino sotto Dio giudice, che non è mosso dal fato né è corrotto da parzialità di persone, essi non si troveranno nella felicità del suo regno, nel quale troveranno posto gli altri che parimenti non hanno meritato alcunché né di bene né di male. Ma se non avessero meritato niente di male, mai sarebbero stati privati, in identiche condizioni, della comunione di tanto bene. In quei vasi d'ira dunque, secondo l'Apostolo, come spesso abbiamo ripetuto, Dio manifesta le ricchezze della sua gloria verso i vasi della misericordia 91, perché non si glorino come di meriti della propria vita, dal momento che non ignorano che ad essi poteva venir concesso giustamente quello che hanno visto concesso ai compagni della propria morte.

Interpretazione di un testo paolino.

10. 33. Se vuoi pensare rettamente, sappi che vale anche per i bambini ciò che l'Apostolo ha detto di Dio Padre: Egli ci ha sottratti dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo Figlio diletto 92, e così pure le altre parole: Eravamo anche noi per natura figli dell'ira, alla stessa guisa degli altri 93. Sono sottratti dal potere delle tenebre infatti, ed erano figli dell'ira tutti coloro che muoiono al peccato. Tutti quelli poi che sono battezzati nella morte di Cristo, muoiono al peccato per vivere in Dio. Sono tutti battezzati nella sua morte, infatti, quelli che sono battezzati in Cristo. Siccome anche i bambini sono battezzati in Cristo, anch'essi muoiono al peccato e sono sottratti dal potere delle tenebre, laddove per natura erano figli dell'ira. Quanto poi alla tua pretesa che, dove l'Apostolo dice: "Per natura figli dell'ira, si possa intendere: Interamente figli dell'ira", non dovresti per caso trovare un'ammonizione nel fatto che l'antica fede cattolica è schierata contro di voi? Non si trova infatti nessun codice latino, a meno che voi non cominciate a correggerli o piuttosto a cambiarli, dove non sia scritto: per natura. Di questa espressione gli antichi interpreti non si sarebbero certamente curati, se non ci fosse stata anche l'antichità di questa fede, alla quale ora ha tentato di opporsi la vostra innovazione.

L'opposizione della moltitudine dei fedeli verso i pelagiani.

11. 34. Da uomo superiore non vuoi far parte del gregge popolare. Ancora una volta, infatti, respingi la tesi del popolo, dopo tanti argomenti con i quali, dandone ragione, avevi cercato di eccitarlo contro di me con maggior violenza di quanto era stato eccitato contro di te. Nonostante tutto, però, ripensando alle tue discussioni, ti sei accorto che con tali argomenti non hai potuto e non puoi far nulla presso il popolo saldamente fondato sull'antica verità della fede cattolica. Per questo motivo ancora una volta rivolgi contro di esso la faccia ostinata per disprezzarlo e, deridendolo, ne descrivi le singole parti di cui è composto, mentre non a torto la moltitudine dei cristiani è adiratissima contro di voi. Tra gli altri accenni agli "uditori scolastici" ed affermi che essi esclameranno contro di me: "O tempi! o Costumi!" 94. Hai paura tuttavia del giudizio del popolo in mezzo al quale hai potuto trovare dei sostenitori tanto rumorosi che mi spaventassero con l'esclamazione di Cicerone, quasi credessi che "i genitali derivano da una parte diversa da quella donde viene il resto del corpo". Mentre rispondo a costoro: Non dico questo, egli mente; accuso la libidine, non le membra; condanno il vizio, non la natura; costui che mi calunnia presso di voi osa recitare le lodi della libidine nella Chiesa di Cristo, dinanzi al Maestro assiso in cielo. Qualora studiasse con voi, nessun maestro gli proporrebbe di recitare tali lodi onde evitare di offendere il pudore di tutti voi. Non rivolgeranno forse a te le altre parole di Cicerone che ben ti si addicono: "Dalla mia parte combatte il pudore, dalla tua l'impudenza; dalla mia parte la continenza, dalla tua la libidine" 95?

La libidine può essere da tutti tenuta a freno.

11. 35. Non so quali convertiti alla fede cattolica o ad essa tornati, rimproveri come disertori del vostro domma. Hai dato tuttavia l'impressione di temerli tanto da non osare proferire i loro nomi, perché non accadesse che, sentendo da te i loro falsi crimini, ti rinfacciassero i tuoi, se non veri, certamente più credibili. Chiunque essi siano, se umanamente sensati, non lo avrebbero fatto e ti avrebbero perdonato secondo il detto dell'Apostolo: Non rendete male per male 96. Tu però non voler almeno disdegnare di ascoltare l'ammonizione di colui, dai cui scritti ti è piaciuto esclamare: "O tempi, o costumi!". Sappi almeno ascoltare costui che ti dice: "Sii lontano dalla scorrettezza del linguaggio, quanto sei lontano dalla turpitudine delle cose (supposto che lo sia); e non voler rinfacciare agli altri quelle cose che, pur se ti vengon dette falsamente, ti fanno arrossire". I lettori sappiano che hai detto contro non so chi tali cose, quali non ci risulta affatto in alcuni che sappiamo hanno lasciato l'eresia pelagiana col proposito della castità. A me però nulla interessa dei tuoi uomini o delle tue donne, che tu inganni al punto da farmi dire che "la libidine non può essere frenata neppure in un corpo corroso". Anzi, proprio perché sono convinto che essa può e dev'essere frenata, la ritengo cattiva. Chi nega che sia cattiva veda in qual modo possegga un bene, che lei contrasta, e, volendo o nolendo, deve ammettere che la libidine dev'essere frenata. Ritengo che la libidine può essere frenata non soltanto dai vecchi, ma anche dai giovani, e mi meraviglio grandemente che essa possa essere lodata dai continenti.

Giuliano architetto dell'eresia pelagiana.

11. 36. Chi di noi ha mai detto che "questo male, che i bambini contraggono con l'origine, può esistere o è potuto esistere senza la sostanza nella quale inerisce"? Come se lo dicessimo, vai alla ricerca di giudici dialettici e disprezzi il popolo quasi che ti avessi portato dinanzi ad esso giudice, dal quale non possono essere giudicate quelle cose che, se tu non le avessi imparate, la macchina del domma pelagiano sarebbe rimasta senza l'architetto necessario. Se vuoi avere la vita, non amare la sapienza della parola, con cui la croce di Cristo viene svuotata di ogni efficacia 97. Già nel precedente libro ho esposto in che modo le qualità, sia quelle buone che le cattive, passano da una sostanza all'altra non trasferendosi ma qualificandosi. Se disprezzi il giudizio del popolo, guarda quei giudici, forniti di abbondantissima autorità nella Chiesa di Cristo, che ti ho presentato nei miei primi due libri.

Il Pontefice Zosimo accusato di prevaricazione.

12. 37. Quale motivo ti spinge, per restare nella tua perversità, ad accusare di prevaricazione Zosimo, di venerata memoria, vescovo della Sede Apostolica? Egli non si è allontanato dal suo predecessore Innocenzo, che hai avuto paura di nominare. Hai preferito Zosimo perché in un primo tempo aveva usato maggiore dolcezza con Celestio, che si era detto disposto, qualora nel vostro modo di pensare ci fosse stato qualcosa di spiacevole, a correggersi e ad aderire alle lettere di Innocenzo.

I dissensi nella chiesa di Roma alla morte di Zosimo.

12. 38. Ricordati in verità con quanta insolenza ci obietti il dissenso del popolo romano nella elezione del vescovo. Secondo te gli uomini l'hanno fatto di propria volontà? Se dici di no, come difendi il libero arbitrio? Se dici di sì, come lo chiami "vendetta di Dio", e abbandoni il tuo domma, mentre pretendi di far credere che sei stato vendicato da Dio? O ti sei deciso alfine ad ammettere ciò che negavi con ostinatissima testardaggine, che, cioè, per un occulto giudizio di Dio può accadere che nella stessa volontà degli uomini c'è qualcosa che è, ad un tempo peccato e pena del peccato? Se nel tuo pensiero non ci fosse stata un'idea del genere, non avresti mai chiamato "vendetta di Dio" l'azione degli uomini. Quando, tanti anni fa, una cosa simile accadde al beato Damaso e ad Ursicino, la Chiesa Romana non aveva ancora condannato i pelagiani..

Continuità nel pensiero agostiniano circa il peccato originale.

12. 39. Tu dici che "anch'io ho mutato il mio pensiero perché all'inizio della mia conversione la pensavo come te". T'inganni o sei ingannato, o perché stai calunniando quello che dico adesso, o perché non hai capito o piuttosto non hai letto quello che ho scritto allora. Dall'inizio della conversione ho sempre creduto, come credo tuttora, che per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e attraverso il peccato la morte, e che essa è passata a tutti gli uomini perché tutti hanno peccato in lui 98. Ci sono dei libri che ho scritto subito dopo la mia conversione, quando ero ancora laico. Anche se allora non ero erudito nella Sacra Scrittura come lo sarei stato più tardi, tuttavia, su questa questione non pensavo e, se la discussione richiedeva il mio parere, non dicevo nulla di diverso da quello che tutta la Chiesa impara ed insegna dall'antichità: a causa del peccato originale il genere umano era caduto in queste immense ed evidenti miserie nelle quali l'uomo somiglia ad un soffio, i suoi giorni sono come ombra che passa 99, e ogni uomo è costituito da un puro soffio 100; da esse non ci libera se non Colui che ha detto: La verità vi farà liberi 101; e: Io sono la verità 102 e: Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete realmente liberi 103. Dalla vanità non ci può liberare se non la verità, secondo la grazia, però, non secondo il debito; per la misericordia, non per il merito. Come a causa del giudizio infatti siamo stati sottomessi alla vanità, così in virtù della misericordia siamo liberati dalla verità, e dobbiamo confessare che gli stessi nostri meriti non sono che doni di Dio.

La grazia battesimale rinnova l'uomo perfettamente.

13. 40. Veniamo ora alla calunnia con cui mi accusi di aver detto che "i battezzati sono purificati solo in parte". Cosa che, a tuo parere, appare meglio in alcune mie frasi che nella tua discussione proponi alla nostra considerazione. Grazie! Eccole: "La concupiscenza della carne non dev'essere imputata al matrimonio, ma tollerata. Non è un bene infatti proveniente dalla natura del matrimonio, ma un male sopravvenutogli dall'antico peccato. Proprio per questo accade che neppure dal matrimonio regolare e legittimo dei figli di Dio vengono generati dei figli di Dio, ma dei figli di questo mondo, perché gli stessi genitori, anche quando sono stati rigenerati, generano non in quanto sono figli di Dio ma in quanto sono ancora figli del mondo. Il Signore infatti dice: I figli di questo mondo generano e sono generati 104. "Pertanto, in quanto siamo ancora figli di questo mondo, il nostro uomo esteriore si corrompe e da esso sono generati i figli di questo mondo; in quanto siamo figli di Dio invece, l'uomo interiore si rinnova di giorno in giorno 105. Benché lo stesso uomo esteriore sia stato santificato per mezzo del battesimo ed abbia ricevuto la speranza della futura incorruttibilità, per la quale ben a ragione è chiamato tempio di Dio 106, tutto questo è stato detto non soltanto per la presente santificazione, ma anche per quella speranza di cui sta scritto: Anche noi, che già possediamo le primizie dello spirito, noi pure gemiamo dentro di noi, anelando alla redenzione del nostro corpo 107. Se, a dire dell'Apostolo, aspettiamo la redenzione del nostro corpo, evidentemente ciò che si aspetta ancora si spera e non ancora lo si possiede" 108. In queste mie parole non c'è nulla che un battezzato non possa riconoscere in se stesso, quando, insieme all'Apostolo, dice: Noi pure gemiamo dentro di noi. Per la medesima ragione in un altro passo l'Apostolo scrive: Sì, mentre siamo in questa tenda sospiriamo oppressi 109. A questo concetto si riferiscono le parole del libro della Sapienza: Il corpo corruttibile pesa sull'anima e la dimora terrena opprime una mente presa da molte ansie 110. Come se già vivessi immortale tra gli Angeli, deridi le parole di debolezza o di mortalità e, parlando non secondo il senso inteso da me, ma secondo il tuo inganno, mi fai dire che "la grazia non rende l'uomo perfettamente nuovo". Non dico questo. Presta attenzione a ciò che dico: la grazia rende l'uomo perfettamente nuovo, dal momento che conduce all'immortalità del corpo e alla piena felicità. Anche adesso essa rinnova perfettamente l'uomo per quanto attiene alla liberazione da tutti i peccati, ma non per quanto attiene alla liberazione da tutti i peccati, e non per quanto attiene alla liberazione da tutti i mali e da tutta la corruzione della mortalità, per la quale ora il corpo appesantisce l'anima. Ecco di conseguenza il gemito che l'Apostolo fa suo quando dice: Anche noi gemiamo dentro di noi. Ma anche a quella perfezione che ora è soltanto sperata, si arriva attraverso lo stesso battesimo che si riceve ora. Non tutti i figli del mondo, però, sono figli del diavolo, anche se tutti i figli del diavolo sono figli del mondo. Ci sono dei figli di Dio che sono ancora figli del mondo e per questo si uniscono in matrimonio. Dalla carne però non generano i figli di Dio poiché anche essi per poter essere figli di Dio non da sangue, né da volere della carne, né da volere d'uomo, ma Dio sono nati 111. Attraverso il battesimo, dunque, la santificazione viene concessa anche al corpo, ma da esso non è portata via la corruzione che ora appesantisce anche l'anima. Per questo, anche se i corpi sono casti, quando le membra non obbediscono alle voglie del peccato e cominciano di conseguenza ad appartenere al tempio di Dio, in tutta questa edificazione c'è tuttavia qualcosa che la grazia deve perfezionare, durante tutto il tempo in cui la carne ha voglie contro lo spirito, per provocare i movimenti peccaminosi che debbono essere frenati, e lo spirito ha desideri contro la carne 112, perché la santità possa perseverare.

Con la mortificazione si progredisce nella santità.

14. 41. Chi non sa che tu, egregio dottore, c'inculchi che "la carne ha la concupiscenza appunto perché l'anima ha desideri secondo la carne"? Senza l'anima infatti non può esserci alcuna concupiscenza della carne. Avere desideri è proprio della natura vivente e sensitiva, sicché non manchi la concupiscenza, che deve essere frenata anche dalla castità degli evirati. Siccome la libidine agisce meno violentemente quando non trova la materia su cui operare, negli evirati probabilmente essa sarà meno laboriosa, ma è presente ugualmente ed è pudicamente repressa affinché l'incentivo al coito, quantunque inefficace, non giunga alla turpitudine che, ci consta, ha portato alla punizione della spada vendicatrice l'eunuco di Valentiniano, il giovane Calligono, riconosciuto colpevole dalla confessione della meretrice. Il libro dell'Ecclesiastico infatti non potrebbe addurre la similitudine: Egli vede con i suoi occhi e geme, come geme un eunuco che abbraccia una vergine 113, se gli eunuchi non fossero mossi dal piacere della concupiscenza carnale, benché destituita degli effetti della carne. Con i desideri che ha secondo lo spirito, pertanto, l'anima contrasta quelli che ha secondo la carne e, parimenti, con le voglie che ha secondo la carne, contrasta quelle che ha secondo lo spirito. Per questo è scritto: La carne ha voglie contro lo spirito e lo spirito contro la carne, e per questo motivo ancora è stato detto dell'anima: Si rinnova di giorno in giorno 114. Essa infatti non cessa di avanzare nella santità quando fa diminuire sempre più le cupidigie della carne, negando ad esse il consenso. A coloro che erano già stati battezzati infatti l'Apostolo diceva: Mortificate dunque le vostre membra terrene 115, e menzionava la fornicazione, la passione peccaminosa, la cupidigia di possedere. Come può dunque il battezzato mortificare la fornicazione che non commette più e che, secondo te "non ha niente da mortificare"? Come può, ripeto, obbedire all'Apostolo che dice: Mortificate la fornicazione, se non quando sconfigge i suoi desideri ai quali nega il consenso? Anche se non mancano, essi diminuiscono ogni giorno di più in quelli che avanzano nel bene ed evitano del tutto ogni fornicazione, sia nel consenso che nelle azioni. Nel tempio di Dio questo avviene quando, con l'aiuto divino, si compie ciò che Dio comanda. Le opere dello spirito sono innalzate, quelle della carne mortificate. Vivendo secondo la carne morrete certamente, scrive l'Apostolo, uccidendo invece con lo spirito le opere del corpo avrete la vita 116, e affinché sapessero che era solo la grazia di Dio ad operare questo, l'Apostolo aggiunge subito dopo: Sono infatti quanti vengono mossi dallo Spirito di Dio i veri figli di Dio 117. Proprio per questo tutti quelli che sono mossi dallo Spirito di Dio, con lo spirito mortificano le opere della carne.

Il battezzato costruisce in se stesso il tempio di Dio.

14. 42. I battezzati dunque hanno il loro da fare in se stessi, nel tempio di Dio cioè, che viene edificato in questo tempo per essere dedicato alla fine dei tempi. Viene edificato dopo la prigionia, come è indicato dal titolo del Salmo, dopo la cacciata del nemico che li aveva fatti prigionieri. Nella successione dei Salmi, cosa che può sembrare strana, viene prima il Salmo della dedicazione della casa e poi quello della edificazione. Il Salmo della dedicazione, però, viene prima perché canta la dedicazione di quella casa di cui l'Architetto dice: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere 118. Il Salmo posteriore invece, mentre veniva edificata la casa dopo la prigionia, ha profetizzato la Chiesa. Comincia così: Cantate al Signore un cantico nuovo, cantate al Signore, tutta la terra 119. Nessuno sia tanto stolto da ritenere che ogni battezzato sia già perfetto perché è scritto: Il tempio di Dio è santo, e tale tempio siete voi 120, oppure: E non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi per averlo ricevuto da Dio? 121, ed ancora un altro passo: Noi siamo il tempio del Dio vivo 122, e via dicendo con altre frasi del genere. È chiamato così, infatti, ma mentre viene edificato le nostre membra terrene sono mortificate. Benché già morti al peccato, infatti, viviamo per Dio. C'è tuttavia in noi qualcosa che bisogna mortificare affinché il peccato non regni nel nostro corpo mortale piegandoci alle sue voglie 123, dalle quali la piena e perfetta remissione dei peccati ci ha liberati affinché non fossimo ad esse soggetti. Esse però sono rimaste dentro di noi perché contro di esse si combatte la guerra dei casti. Una di esse è la concupiscenza di cui fa buon uso il coniuge casto. Anche quando è usata bene però, da un male nasce un bene non immune da male, al quale è necessaria la rinascita perché sia liberato dal male. Quello che Dio crea e l'uomo genera, infatti, è indubbiamente un bene in quanto uomo, ma non è immune dal male perché soltanto la rigenerazione scioglie dal male, che la generazione ha contratto dal primo e grande peccato.

Il corpo diviene tempio di Dio con il dono della grazia battesimale.

14. 43. Vorresti far apparire incredibile che "nel ventre di una donna battezzata, il cui corpo è tempio di Dio, si possa formare un uomo soggetto al diavolo, finché per opera di Dio non rinasca in Dio". Ma non desta maggior meraviglia che Dio operi anche dove non abita? Non dimora infatti nel corpo soggetto al peccato 124 e tuttavia forma l'uomo nel ventre di una peccatrice. Pervade infatti e penetra tutto per la sua purezza e niente di lurido lo raggiunge 125. E, cosa ancor più mirabile, talvolta adotta come figlio uno che plasma nel ventre di una donna pessima, mentre altre volte rifiuta di accettare come figlio uno che plasma nel ventre di una sua figlia. Quello infatti, per non so qual ventura, arriva al battesimo; questo invece, per una morte improvvisa, non vi perviene. E così Dio, nel cui potere sono tutte le cose, rende partecipe della comunione di Cristo uno che è nato nella casa del diavolo, mentre esclude dal suo regno uno che ha plasmato nel suo tempio. Se poi lo vuole, perché non rende efficace il suo volere? Non può valere infatti ciò che siete soliti dire degli adulti: Dio vuole, il bambino non vuole. Dove non c'è l'immobilità del fato, né la temerità della fortuna, né la dignità della persona, cosa resta se non la profondità della misericordia e della verità? Dalla considerazione dei due uomini, l'uno per il quale il peccato è entrato nel mondo e l'altro che porta via il peccato dal mondo, possiamo tentare di capire, in una materia incomprensibile, come tutti i figli della concupiscenza, dovunque nascano, sono meritatamente soggetti al pesante gravame dei figli di Adamo, e come tra di essi tutti i figli della grazia, dovunque nascano, senza alcun merito raggiungono il soave giogo dei figli di Dio. Segue pertanto la sua condizione chi, pur plasmato in un altro corpo, che è il tempio di Dio, non è plasmato così da essere anch'egli tempio di Dio solo perché è plasmato in un tempio di Dio. Che il corpo della madre era un tempio di Dio è stato un beneficio della grazia, non della natura; della grazia conferita nella rigenerazione e non nella concezione. Se, infatti, chi è concepito appartenesse al corpo della madre, così da essere reputato come una sua parte, il bambino la cui madre è battezzata, in un immediato pericolo di morte, non avrebbe bisogno di essere battezzato mentre si trova ancora nel seno materno. Qualora venga battezzato dopo la nascita, nessuno lo riterrà battezzato due volte. Non appartiene al corpo della madre quanto si trovava nel corpo materno; era plasmato nel tempio di Dio, non era tempio di Dio. Così, nel seno di una donna fedele è plasmato un infedele, ed in lui i genitori trasmettono l'infedeltà che non avevano quando è nato da essi, ma che essi stessi avevano quando sono nati allo stesso modo. Trasmettono dunque ciò che in essi non c'è più, in virtù del seme spirituale per il quale sono stati rigenerati, ma che era presente nel seme carnale col quale hanno generato il figlio.

Il battesimo libera l'uomo perfettamente.

14. 44. Anche se col sacro battesimo è santificato il corpo, è santificato nel senso che, per la remissione dei peccati, non solo non è soggetto a tutti i peccati passati, ma neppure alla stessa concupiscenza insita nella carne, a cui è necessario che ogni uomo nasca soggetto ed a cui l'uomo morirà soggetto qualora non rinasca. Dove mi hai sentito dire o dove hai letto che "nel battesimo l'uomo non è rinnovato, ma quasi rinnovato; non è liberato, ma quasi liberato; non è salvato, ma quasi salvato"? Lungi da me l'aver dichiarato inefficace la grazia di quel lavacro, nel quale sono rinato da acqua e Spirito Santo, e per il quale sono stato liberato dal reato di tutti i peccati, sia quelli contratti dalla nascita, sia quelli contratti con una vita cattiva. Da essa sono stato liberato perché impari a non entrare in tentazione, attratto e allettato dalla mia concupiscenza, e sappia in qual modo essere esaudito quando, insieme ai miei compagni ripeto: Rimetti a noi i nostri debiti 126; da essa sarò liberato per sempre, lo spero, quando nelle mie membra non ci sarà alcuna legge in contrasto con la legge della mia mente 127. Non io dunque rendo inefficace la grazia di Dio. Tu piuttosto, come suo nemico, dài l'impressione di aver voluto cercare un vuoto orgoglio introducendo nella disputa Epicuro, il quale affermava che gli dèi non avevano un corpo, ma una sembianza di corpo; non avevano il sangue, ma una sembianza di sangue 128. In questa circostanza, trattando della letteratura filosofica, decisamente non pertinente alla nostra questione, hai delirato con tanta più inettitudine, quanta più dottrina hai cercato di sfoggiare. Chi di noi ha mai detto che "tutto ciò che si fa in questo mondo è colpevole"; se lo stesso Cristo ha praticato tante opere buone, ma per sottrarci a questo mondo cattivo?

Dopo il battesimo restano le concupiscenze della carne.

15. 45. È gia abbastanza che io noti con quanta diligenza e congruenza esponi la testimonianza dell'Apostolo che dice: Sono stati salvati dalla speranza fino a ...redenzione del nostro corpo 129. Tu sostieni che "quella risurrezione non rimette i peccati a nessuno ma solo purifica i meriti dei singoli, rende cioè a ciascuno secondo le sue opere". Non dici però secondo quali opere proprie renda il regno di Dio ai bambini. Nessun peccato, in verità, viene perdonato nel regno, ma se nessun peccato sarà rimesso in quell'ultimo giudizio, credo che il Signore non avrebbe detto di certi peccati: Non ci sarà perdono, né in questo mondo né nel mondo futuro 130, perdono che sperava di ottenere il ladrone che diceva: Ricordati di me quando sarai nel tuo regno 131. Siccome però qui si tratta di una questione quanto mai profonda, non bisogna pronunciarsi con troppa facilità. Per quale motivo, nel suo regno, Dio non rimette nessun peccato ai suoi figli se non perché non trova niente da perdonare? Non vi potranno essere peccati infatti laddove lo spirito, non dico non acconsente alla concupiscenza della carne, ma addirittura non ha desideri contro la carne, per il fatto che neppure questa ha desideri contro di esso. Tutto questo ci sarà per quella ineffabile salvezza perfetta, che ora non abbiamo nel battesimo, nel quale, è vero, sono perdonati tutti i peccati, ma rimangono i mali della concupiscenza della carne, contro cui, dopo il battesimo, se progrediscono, esercitano gloriose battaglie gli sposati e lotte ancor più gloriose i casti. Lo ammetti tu stesso 132, ma non so per quale sfortuna, quando parli a favore della verità, non ascolti neppure te stesso.

Giuliano ammette che il corpo dev'essere domato con la disciplina.

15. 46. Descrivendo la somma felicità della risurrezione, dici che "ivi nessuno dei giusti rende livido il suo corpo, o lo sottopone a schiavitù e che nessuno può umiliare la propria anima sui duri giacigli e nello squallore delle sue membra". Rispondimi: perché compie tali cose uno che nel battesimo ha perduto tutti i mali? Perché osa rendere livido il tempio di Dio? Le sue membra non sono forse membra del tempio di Dio? Perché invita la presenza di Dio, invoca la sua misericordia o placa la sua ira non con l'odore soave, ma con il livore e lo squallore dello stesso tempio di Dio? O forse non rifletti e non comprendi che colpendo tanto duramente il suo corpo, se non ci fosse nulla da mortificare che dispiace a Dio, rischierebbe di recargli una grave offesa colpendo inutilmente il suo tempio? Perché tentenni, perché esiti a confessare più apertamente? Quel male certamente, quello colpisce nella sua carne colui del quale tu predichi il livore e lo squallore per cui l'Apostolo diceva: So infatti che il bene non dimora in me, vale a dire nella mia carne 133. Perché escludi che questa possa essere la voce di un battezzato dal momento che, nelle lividure del corpo e nello squallore delle membra, riconosci il suo operato? I santi non ricevono le lividure dai flagelli di Dio o dai nemici, ma se le infliggono da se medesimi con la continenza. E per qual motivo se non perché lo spirito sollecita i desideri della carne? Non lo hai sperimentato anche tu? Nel descrivere infatti la felicità della vita futura hai detto: "Nessuno offre una lieta sfrontatezza ai rimproveri, le guance agli schiaffi e le spalle alle sferzate. Nessuno si sforzerà di ottenere la forza dalla debolezza e la frugalità non si scontrerà con l'indigenza o la magnanimità con l'afflizione". Perché non hai voluto dire: la castità con la concupiscenza della carne, ma ti sei affrettato a chiudere il periodo dicendo "e neppure la pazienza si scontrerà con il dolore"? Ti sei limitato a ricordare solo quello che, sopravvenendo dall'esterno, è tollerato con fortezza, ma non hai ricordato quello che, agitandosi dall'interno, è represso dalla castità. O forse ci rimproveri di lentezza mentale perché non abbiamo capito che volevi intendere proprio questo, quando, più sopra, parlavi delle lividure del corpo, della fatica e dello squallore delle membra? Quando uno, infatti, è tribolato non da un nemico ma da se stesso, vuol dire che si trova in lui il nemico che dev'essere sconfitto.

I fedeli combattono contro le concupiscenze.

15. 47. Ricordati pure che non hai spiegato come mai l'Apostolo ha detto: Aspettando l'adozione 134, dal momento che nel lavacro del battesimo era già stato adottato. Di nuovo ripeti che "nessuno odia la sua carne". Chi lo nega? Continui tuttavia a sostenere che la carne dev'essere calpestata con il rigore della disciplina. Ancora una volta parli a favore della verità, ma non vuoi ascoltare te stesso. Perché la carne dovrebbe essere calpestata dai fedeli, se nel battesimo nulla è rimasto che abbia voglie contro lo spirito? Perché, dico, il tempio di Dio calpesta se stesso, se dentro non c'è nulla che resista allo Spirito di Dio? Non solo non sarebbe presente, ma non ci contrasterebbe con tanta veemenza, se il reato che ci teneva stretti non fosse stato sciolto per la remissione dei peccati. È sciolta dunque dal perdono perché ci tratteneva nella pena; è calpestata dalla continenza perché non vinca nella lotta. Viene frenata perché non frapponga ostacoli, finché sarà così sanata da non esserci più. Nel battesimo sono rimessi tutti i peccati, quelli contratti dall'origine e quelli aggiunti scientemente o per ignoranza. Ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza, adescato e sedotto. La concupiscenza poi, come se avesse concepito, partorisce il peccato 135. Quando l'apostolo Giacomo dice queste parole, il parto è distinto dalla partoriente. La partoriente è la concupiscenza, il parto è il peccato. La concupiscenza non partorisce se prima non ha concepito e non concepisce se prima non è stata sedotta, se prima cioè non ottiene il consenso della volontà per commettere il male. Contro di essa poi si combatte perché non concepisca e partorisca il peccato. Dopo che nel battesimo quindi, perdonati tutti i peccati, vale a dire tutti i parti della concupiscenza, se anche questa è stata distrutta del tutto, perché i santi, onde evitare che concepisca ulteriormente, combattono contro di essa con le "lividure del corpo, lo squallore delle membra ed il maltrattamento della carne"? Queste sono parole tue! Perché, ripeto, i santi combattono contro di essa con le lividure, lo squallore, il maltrattamento del tempio di Dio, se la concupiscenza è stata già portata via nel battesimo? Rimane, dunque: se non ci manca la sensazione con cui avvertiamo la sua presenza, vuol dire con il lavacro di rigenerazione, non viene a mancare.

La concupiscenza è il vincolo di morte tratto da Adamo.

15. 48. Chi mai può essere tanto imprudente e impudente, tanto sfacciato, ostinato, caparbio e tanto insano e demente, che, pur conoscendo che i peccati sono un male, nega che è male la concupiscenza del peccato, anche se lo spirito si affatica contro di essa per non permetterle di concepire e partorire il peccato? Un male così grande, come potrebbe non trattenerci nella morte per il solo fatto che è presente e come potrebbe non condurci all'ultima morte se il suo vincolo non fosse stato sciolto nella remissione di tutti i peccati che si ha nel battesimo? Proprio per questo il laccio stretto dal primo Adamo non può essere sciolto se non dal secondo Adamo. Proprio per questo vincolo di morte, ripeto, troviamo i bambini morti, non per questa morte notissima che separa l'anima dal corpo, ma per quella morte che legava tutti coloro per i quali Cristo è morto. Sappiamo infatti, dice l'Apostolo - e dobbiamo ripeterlo spesso - che uno solo morì per tutti, tutti conseguentemente morirono; e per tutti morì, affinché coloro che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che morì e risuscitò per essi 136. Per lui dunque sono vivi quelli per i quali chi aveva la vita è morto perché vivessero. Più chiaramente, sono liberi dal vincolo della morte coloro per i quali è morto chi è libero tra i morti 137. Ancor più chiaramente, sono stati liberati dal peccato coloro per i quali è morto colui che mai era stato soggetto al peccato. Anche se è morto una sola volta, tuttavia muore singolarmente per ciascuno, quando, in qualsiasi età uno è battezzato nella sua morte. In altre parole, la morte di colui che fu senza peccato porta giovamento a chi era morto nel peccato, quando, battezzato nella sua morte, anch'egli morirà al peccato.

Il battezzato è libero da ogni colpa, non da ogni male.

16. 49. Inserisci la testimonianza dell'Apostolo dove dice: Non illudetevi! Né gl'impudichi, né gl'idolatri 138 ecc., e dopo aver ricordato costoro, conclude che essi non avranno l'eredità del regno di Dio. Queste colpe però le compiono coloro che acconsentono alle sollecitazioni della concupiscenza, che tu esalti, verso qualsiasi cosa cattiva o turpe. Le parole successive: Appunto questo eravate..., ma vi mondaste, ma foste santificati 139, vogliono dire che essi sono stati mutati in meglio, non nel senso che erano privi di tutte le passioni, cosa impossibile in questa vita, ma nel senso che non acconsentivano ad esse, cosa del tutto possibile in una vita retta. In tal modo avrebbero potuto conoscere di essere stati liberati da quel vincolo cui erano soggetti, cosa che non può avvenire se non in virtù della rigenerazione. Al contrario, sbagli di molto quando pensi che "se la concupiscenza è un male, non la dovrebbe avere il battezzato". È libero da tutti i peccati, non da tutti i mali. Con maggiore chiarezza si può dire: È libero dal reato di tutti i mali, ma non da tutti i mali. Che forse non ha la corruzione del corpo? O non è un male che appesantisce l'anima? O credi che ha sbagliato chi ha detto: Il corpo corruttibile pesa sull'anima 140? Che forse non ha il male dell'ignoranza, per la quale gl'ignoranti commettono molti mali? O credi che sia un male di poco conto quello per cui l'uomo non percepisce le cose proprie dello spirito di Dio? Dei battezzati infatti l'Apostolo scrive: L'uomo terreno non accoglie le cose proprie dello Spirito di Dio; per lui infatti sono stoltezza e non le può intendere, perché solo in modo spirituale si apprezzano 141, e poco più avanti aggiunge: Ecco, fratelli, non potrei parlare a voi come ad uomini spirituali ma come a carnali, come a bimbi nel Cristo. Vi diedi a bere latte non cibi solidi che non avreste ancora potuto sopportare. Anzi, neppure al presente potete sopportarli, perché siete ancora carnali. Dacché infatti ci sono tra voi gelosie e contese, non siete forse carnali, cioé non vi comportate forse alla maniera di uomini? 142 Vedi quanti mali fa derivare dall'ignoranza. E queste cose non le diceva dei catecumeni, credo. Come avrebbero potuto essere bambini in Cristo, se non erano ancora rinati? Se ancora non sei convinto, ascolta ciò che l'Apostolo dice un po' più avanti: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito Santo abita in voi? 143 Avrai forse ancora dubbi o negherai ancora che non avrebbero potuto essere tempio di Dio, nel quale abita lo Spirito di Dio, se non fossero stati battezzati? Rifletti almeno sulle parole che l'Apostolo ha rivolto ad essi: Siete stati forse battezzati nel nome di Paolo? 144 Nel lavacro di rigenerazione, dunque, non erano liberi dal grande male dell'ignoranza, anche se indubbiamente erano liberi da tutti i peccati. Proprio per questo male dell'ignoranza, per il tempio di Dio nel quale abitava lo Spirito di Dio erano stoltezza le cose dello Spirito di Dio. Progredendo di giorno in giorno e avanzando per la strada sulla quale erano giunti, il male dell'ignoranza sarebbe diminuito sempre di più con l'avvento della sacra dottrina. Riteniamo pure che nel corso della vita questo male non solo diminuisca ma possa anche esaurirsi del tutto. Dopo il battesimo tuttavia. O forse nel battesimo? Chi dubita invece che in questa vita la concupiscenza possa diminuire, ma non scomparire del tutto?

Con il battesimo viene lavata ogni colpa.

16. 50. Nel sacro fonte è distrutto tutto il passato reato di questi mali, che sono rimessi in coloro che rinascono e diminuiscono in coloro che progrediscono. L'ignoranza diminuisce per la luce della verità che risplende sempre di più; la concupiscenza diminuisce per l'ardore della carità che si infiamma sempre di più. Di questi due beni, niente viene da noi. Non abbiamo infatti ricevuto lo spirito di questo mondo, ma lo spirito che viene da Dio per conoscere le cose che ci sono state donate da Dio 145. Da questo punto di vista la concupiscenza è peggiore dell'ignoranza, poiché l'ignoranza senza la concupiscenza pecca di meno, mentre la concupiscenza senza l'ignoranza pecca più gravemente. Ignorare il male, non sempre è peccato; desiderare il male invece è sempre peccato. Talvolta il bene stesso può essere ignorato con un certo vantaggio per essere opportunamente conosciuto. In nessuna maniera, al contrario, può accadere che, tramite la concupiscenza carnale, si desideri il bene dell'uomo. La stessa prole infatti è voluta dalla volontà dell'animo, non dal piacere del corpo, quantunque non sia possibile deporre il seme senza il piacere del corpo. Stiamo trattando di questa concupiscenza, per la quale la carne ha voglie contro lo spirito, e non di quella buona per la quale lo spirito ha desideri contro la carne 146, e con la quale si desidera la continenza, con cui poter vincere la concupiscenza. Se il piacere della carne non è mai un bene per l'uomo, con questa concupiscenza della carne non si desidera mai un bene per l'uomo. Qualora poi, come hai notato in qualche parte, "ti piace la setta di Dinomaco, che unisce il piacere all'onestà" 147, per il fatto che anche alcuni filosofi di questo mondo, che sembravano più onesti, hanno dichiarato buono Scilleo, composto di natura umana e animale; qualora dunque, secondo la tua opinione, segui questo mostro, a noi è sufficiente che tu ammetta la possibilità di un piacere lecito e di un piacere illecito. La concupiscenza è cattiva proprio perché è attratta indifferentemente dall'uno o dall'altro, a meno che non si ponga un freno al piacere illecito con il piacere lecito. Questo male non è deposto nel battesimo, ma i battezzati, già liberi dal suo vincolo per la grazia della rigenerazione, lo vincono salutarmente perché non attragga alle cose illecite. Che poi nel tempo della risurrezione non sia più presente nel corpo vivente e senza dolore, è un premio per quelli che hanno combattuto fedelmente contro di esso, i quali, dopo essere guariti dalla malattia, saranno rivestiti di una felicissima immortalità. In coloro però che non risorgeranno alla vita, la sua mancanza non sarà felice ma dolorosa, non perché qualcuno sarà da essa purificato, ma perché dai mali non saranno eccitati verso i piaceri ma spinti verso i tormenti.

Il reato della concupiscenza rende responsabile l'uomo dall'origine.

17. 51. Vediamo ora quell'eccellentissimo tuo acume con cui hai creduto di respingere la mia affermazione che "la concupiscenza della carne viene rimessa nel battesimo, non nel senso che cessi di esistere, ma nel senso che non è imputata come peccato", ossia, "anche se il suo reato è stato cancellato, essa tuttavia rimane" 148. Da uomo acutissimo, argomenti contro queste mie parole come se avessi detto che nel battesimo la concupiscenza stessa è liberata dal reato. Siccome ho detto: "anche se il suo reato è stato cancellato", tu intendi "il suo", come se si riferisse a ciò per cui la concupiscenza è rea, cosicché, assolto il reato, essa stessa rimarrebbe assolta. Se avessi pensato questo non avrei di certo detto che la concupiscenza è cattiva, ma che era cattiva. Per questo, secondo la tua mirabile intelligenza, quando senti che in qualcuno è stato assolto il reato di omicidio, pensi che non l'uomo ma l'omicidio è stato assolto dal reato. Chi può intendere questo se non chi non si vergogna di lodare quello contro cui è costretto a combattere? Come puoi vantarti ed esultare nel rimproverare questa tesi che non è mia, ma tua? Tu dici cose che dovrebbero essere dette contro coloro che affermano che attraverso il battesimo la concupiscenza della carne viene santificata e diviene fedele in quelli in cui, pur rigenerati, tuttavia rimane. A te piuttosto che la dichiari buona, converrebbe dire, come lo dite dei bambini, che "al suo bene naturale si aggiunge il bene della santificazione" ed in tal modo la concupiscenza della carne diventa figlia di Dio. Noi, invece, che la dichiariamo cattiva e diciamo che essa rimane nei battezzati, anche se il suo reato, non quello per cui essa era colpevole - la concupiscenza infatti non è una persona - ma quello per cui essa rendeva colpevole l'uomo nella sua origine, è stato perdonato e svuotato. Ben lungi da noi affermare che viene santificata la concupiscenza contro cui i rigenerati, se non hanno ricevuto invano la grazia di Dio, debbono lottare in una guerra intestina come contro un nemico, e debbono desiderare e bramare la liberazione da quella peste.

I mali che rimangono nel battezzato.

17. 52. Se poi dici che nei battezzati non rimane alcun male, solo perché non si creda che gli stessi mali siano stati battezzati e santificati, rifletti sulle innumerevoli assurdità che ne seguono. Se nel battesimo si deve ritenere battezzato e santificato tutto ciò che c'è nell'uomo, bisogna concludere che è battezzato e santificato anche ciò che si trova negli intestini e nella vescica e che viene espulso per mezzo della digestione. Bisogna concludere altresì che è battezzato e santificato l'uomo che si trova nell'utero di una madre, che è costretta a ricevere il sacramento durante la sua gravidanza e, di conseguenza, il nascituro non ha più la necessità di essere battezzato. Bisogna concludere infine che sono santificate anche le febbri quando vengono battezzati i malati e, di conseguenza, sono santificate e battezzate le stesse opere del diavolo, come nel caso fosse stata battezzata prima di essere curata quella donna che il diavolo aveva legato alla sua malattia per diciotto anni 149. Che dire poi dei mali dell'anima? Pensa che grande male è ritenere stoltezza le cose che sono dello Spirito di Dio! Eppure avevano questo male quelli che l'Apostolo alimentava con il latte e non con il cibo. O forse, per il fatto che nel battesimo non è stato portato via, dirai che è stato battezzato e santificato anche il male tanto grande di quella stoltezza? Alla stessa maniera, anche se nel battesimo sono stati perdonati indistintamente tutti i peccati, la concupiscenza che rimane per essere contrastata e sanata, non solo non è santificata ma piuttosto è svuotata, affinché non tenga soggetti alla morte eterna quelli che sono stati santificati. Anche quelli, in verità, che venivano alimentati non con cibo solido ma con latte, ed erano ancora animali che non percepivano le cose dello spirito poiché avevano ancora la stoltezza, qualora fossero usciti dal corpo in quell'età della mente, non della carne, in cui gli uomini nuovi erano chiamati bambini in Cristo, non sarebbero stati responsabili di nessun reato per quella stoltezza. Il beneficio loro concesso nella rigenerazione, infatti, era precisamente questo: il reato di tutti i mali, dei quali avrebbero dovuto spogliarsi o con la morte o col progresso, sarebbe stato immediatamente tolto con la remissione di tutti i peccati, ma non con la guarigione da tutte le malattie. Questo reato, però, mantiene necessariamente legato chi è generato secondo la carne, poiché non è rimesso se non a chi rinasce secondo lo spirito. Dalla morte di una giustissima condanna il genere umano è liberato da un solo Mediatore tra Dio e gli uomini, e non è liberato soltanto dalla morte del corpo, ma altresì dalla morte per cui sono morti tutti quelli per i quali uno è morto. Poiché uno solo morì per tutti, conseguentemente morirono tutti.

La concupiscenza non è una sostanza ma un vizio.

18. 53. Solo perché ho nominato la parola qualità, ti è piaciuto discutere molto a lungo sulla differenza delle qualità. Scrivevo: "La concupiscenza non rimane al pari di una sostanza come un corpo o uno spirito, ma è semplicemente l'affezione di una cattiva qualità, quale per esempio una malattia" 150. Non ti accorgi che non è per nulla pertinente alla nostra questione? Per prima cosa infatti mi accusi di "aver cambiato parere" e, dimenticando tutto il mio primo libro, "di aver detto che la libidine è una sostanza". Per la verità, se ripasserai e sviscererai tutto il mio libro, non troverai neppure una volta che abbia detto che la libidine è una sostanza. Alcuni filosofi hanno affermato che essa è la parte viziosa dell'anima; ed una parte dell'anima sarebbe sì una sostanza perché, per l'appunto, l'anima è una sostanza. Io però dico che la libidine è il vizio stesso per cui l'anima o una parte di essa è viziosa, sicché, una volta sanato il vizio, la sostanza rimane assolutamente integra. Ma anche i suddetti filosofi, credo, con linguaggio metaforico, hanno chiamato "libidine" la parte viziosa dell'anima, in cui si trova il vizio che si chiama libidine, alla stessa maniera per cui si dice "la casa" per indicare tutti quelli che sono in casa.

La qualità secondo le Categorie di Aristotele.

18. 54. Dopo di questo, usando maldestramente gli acutissimi strali dei dialettici e cercando di spaventarci con maggiore altezzosità, hai ferito a morte la tua setta. Dividendo, definendo o descrivendo le differenze delle qualità, tra le altre cose dici: "La terza specie di qualità è l'affezione e la qualità affezionale. L'affezione si pone tra le qualità perché costituisce il principio delle qualità, a cui si crede accedano o da cui recedano temporaneamente le passioni dell'anima o del corpo. La qualità affezionale invece, derivata da cause maggiori, inerisce a tutti coloro a cui perviene, in modo tale da poter essere separata solo con grandi sforzi o non poter essere separata affatto". Questa tua spiegazione è sufficiente per quelli che sanno. Siccome però non sono da disprezzare i lettori dei nostri libri, che non conoscono questa disciplina, cercherò di illustrare con degli esempi ciò che non è chiaro. Per quanto riguarda l'anima, l'affezione è il temere; la qualità affezionale è l'essere timido. Così altro è l'essere adirato ed altro l'essere iracondo; altro è l'essere ubriaco ed altro l'essere ubriacone. Nel primo caso abbiamo delle affezioni, nel secondo delle qualità affezionali. Per quanto riguarda il corpo, una cosa è l'impallidire ed una cosa è l'essere pallido; una cosa è l'arrossire ed un'altra l'essere rosso; e via dicendo, tenendo presente che per parecchie di esse mancano parole di uso corrente. Dicendo pertanto: "la qualità affezionale, derivata da cause maggiori, inerisce in modo tale da non poter essere separata affatto", quando cioè in rapporto ad essa un'anima è dichiarata cattiva, o meglio, quando un uomo è dichiarato cattivo, hai forse timore che non ci possa essere la volontà buona o che non possa far nulla? Non credi che un uomo miserando, chiunque sia o sia stato, ha certamente esclamato contro questa qualità: Il volere è alla mia portata, ma il praticarlo no 151? Vogliate riconoscere che almeno qui c'è il gemito necessario di queste parole: Chi mi libererà da questo corpo fonte di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore 152.

Dall'origine corrotta si è ingenerato nell'uomo il vizio, come una malattia.

18. 55. Per la qual cosa, quantunque ti avvolga con veste dialettica agli occhi della gente inesperta, sarai spogliato dall'evidenza della verità. Affermo che il vizio per cui la carne ha voglie contro lo spirito, è stato ingenerato da un'origine viziata, come la cattiva salute; che di questo male fanno buon uso i casti coniugi quando lo usano per generare figli e che nel buon uso di esso si può lodare colui che lo usa ma non il male in se stesso. Non è innocente infatti il male ma l'uomo che fa in modo che il suo male di cui fa buon uso, non gli possa nuocere. Così la morte, quantunque sia un castigo per il peccatore, con l'avvento di un uso buono diventa merito per il martire. Nel battesimo cristiano si riceve un perfetto rinnovamento ed un perfetto risanamento da quei nostri mali per i quali eravamo rei, ma non da quei mali contro cui dobbiamo combattere per non essere rei, essendo anch'essi in noi e non essendo a noi estranei, ma nostri. Al vizio del bere, che di per sé è cattivo e che gli uomini hanno acquistato e non contratto con la nascita, dopo il battesimo si oppone resistenza perché non conduca ai mali abituali. Si resiste tuttavia al male, quando, con l'aiuto della continenza, si nega alla concupiscenza ciò che si desidera per abitudine. Per questo motivo anche il conflitto contro questa concupiscenza dei genitali, ingenerata in noi dal peccato originale, si rivela più ardua per la vedova anziché per la vergine, ed ancor più arduo per la meretrice quando desidera esser casta, anziché per una donna che è sempre stata casta. La volontà lavorerà con tanto più ardore per vincerla, quanto maggiori sono state le forze che ad essa ha prestato l'abitudine. Da questo e con questo male dell'uomo nasce l'uomo. Esso è tanto grande ed è tanto legato alla condanna dell'uomo ed alla separazione dal regno di Dio, che, pur se si contrae da genitori rigenerati, può essere cancellato solo con la rigenerazione, com'era avvenuto nei genitori stessi, e solo con questo rimedio la minaccia della morte può essere allontanata dalla prole com'era stata allontanata dai genitori. La qualità del male non passa da sostanza come da luogo a luogo, così da lasciare il posto dove si trovava e continuare ad essere in altro luogo ciò che era prima, ma per l'azione di un certo contagio sarà un'altra cosa dello stesso genere, come suole accadere talvolta ai figli, dal corpo malato dei genitori.

La concupiscenza non è un senso.

18. 56. Cosa hai voluto intendere quando, a tuo dire, "hai chiuso la palestra di Aristotele per ritornare alle sacre Scritture"? Tu dici: "la concupiscenza dunque, è una sensazione e non una cattiva qualità; di conseguenza, quando diminuisce la concupiscenza, diminuisce anche la sensazione". Attraverso il desiderio della castità e della continenza, non diminuisce forse di giorno in giorno la concupiscenza della carne? Vorrei che mi dicessi se non diventa sempre più sano dalla malattia della fornicazione chi si diletta sempre meno di fornicare, quantunque abbia imputato in se stesso questo male con una sola conversione e, dopo aver ricevuto il lavacro della rigenerazione, non vi sia più ricaduto. Vorrei ancora che mi dicessi se, dopo un'inveterata abitudine al bere, un battezzato che non si ubriaca più, non diventa ogni giorno più sano di quanto era prima, moderando sempre più la voglia di trangugiare vino. È la sensazione dunque, e non la concupiscenza, che ci fa avvertire di averne di più o di meno. Nei patimenti del corpo la sensazione non è il dolore, ma attraverso la sensazione avvertiamo il dolore. Così pure la sensazione non è la malattia, ma attraverso la sensazione avvertiamo la malattia. Pertanto, se colui che rinunciando alla fornicazione ed al vino si astiene da opere del genere e diventa buono, e per una buona qualità si diventa buoni, non gli si può forse giustamente dire: Ecco, sei guarito, non peccare più 153? o non può egli giustamente essere chiamato casto e sobrio? Se poi con la crescita della concupiscenza buona, con cui debella la voglia di fornicare e di bere, diventa diverso da ciò che era al momento della recente conversione, e se diventa tanto diverso che la voglia del peccato lo muove sempre meno, sicché contro quei mali egli combatte non tutte le battaglie che combatteva prima, ma molte di meno, non per la diminuizione del valore ma dei nemici, non per la defezione della battaglia ma per l'aumento della vittoria, avrai per caso qualche dubbio a dichiararlo migliore? E per quel motivo, se non perché la buona qualità è cresciuta mentre la cattiva è diminuita? Si è accresciuto ciò per cui ha cominciato ad essere buono ed è diminuito ciò per cui era cattivo, e tutto questo lo ha fatto dopo il battesimo, non durante il battesimo. Anche se c'è stata la piena remissione dei peccati, è rimasta tuttavia una lotta con cui bisogna attentamente guardarsi e istantemente combattere contro la caterva dei cattivi desideri che tumultuano dentro di noi, affinché si possa progredire verso il meglio. Per questo motivo giustamente viene detto ai battezzati: Mortificate dunque le vostre membra terrene 154; e: Uccidendo invece con lo spirito le opere della carne avrete la vita 155, ed ancora: Vi siete spogliati del vecchio uomo 156. Queste parole sono dette con grande aderenza alla verità e senza alcun rimprovero al battesimo.

Il languore, con il quale la carne desidera contro lo spirito.

18. 57. Se non vuoi essere litigioso, credo che ormai comprenda come debbono essere intese rettamente le parole del Profeta, che tu cerchi di esporre in maniera diversa. Dapprima egli dice: Diventa propizio verso tutte le tue iniquità 157, cosa che avviene nella remissione di tutti i peccati, e poi aggiunge: Che guarisce tutti i tuoi mali 158, lasciando intendere che questi sono i mali contro cui, senza intermissione, i santi combattono le lotte interiori, fino a quando essi non siano sanati o diminuiti il più possibile in questa vita. Non si può dire infatti che non esiste la malattia, per cui la carne ha voglie contro lo spirito, perché la virtù della castità rimane invitta. Se non ci fosse la malattia, lo spirito non avrebbe desideri contro la carne. Per questo però lo spirito ha desideri contro di essa, perché, se non può avere la sanità di non combattere, ottenga quella di non acconsentire. Quello di cui trattiamo, quindi, e di cui sentiamo la resistenza dentro di noi, o è una natura estranea che dev'essere separata, o è la nostra che deve essere sanata. Se diciamo che è una natura estranea che deve essere separata, favoriamo i manichei. Riconosciamo dunque che la nostra natura deve essere sanata, ed eviteremo insieme i manichei ed i pelagiani.

Il diavolo ha corrotto, non creato la sostanza.

19. 58. "Questa ferita inferta dal diavolo al genere umano costringe chiunque nasce per mezzo di essa ad essergli soggetto, come se raccogliesse di diritto il frutto del suo albero" 159. Ti sei proposto di respingere queste parole del mio libro, che tu travisi come se avessi detto che "il diavolo è l'autore della natura umana ed il creatore della sostanza stessa di cui l'uomo è costituito", quasi che si possa chiamare sostanza la ferita che si trova nel corpo. Se credi che abbia dichiarato il diavolo creatore della sostanza solo perché, nella similitudine da me usata, l'ho chiamato albero, che senza dubbio è una sostanza, perché ti dimostri o fingi di essere tanto ignorante da non sapere che dalle sostanze si possono usare similitudini per realtà che non sono sostanze? A meno che dialetticamente non vorrai calunniare lo stesso nostro Signore che ha detto: Ogni albero buono fa frutti buoni, ma l'albero guasto fa frutti cattivi 160. Chi mai, se non chi non sa quel che dice, potrebbe dichiarare sostanze la malizia o la bontà, le opere buone o cattive, che sono significate con i frutti di quegli alberi? Chi, in verità, consapevole di quello che dice, potrà negare che gli alberi ed i loro frutti sono sostanze? Con queste cose dunque che sono sostanze, vediamo che sono state usate similitudini per realtà che non sono sostanze. Anche ammettendo che l'albero buono o cattivo voglia significare non la bontà o la malizia dell'uomo, ma l'uomo stesso nel quale risiedono tali qualità, vale a dire la bontà nell'uomo buono e la malizia in quello cattivo, cosicché l'albero, l'uomo cioè, è da ritenersi una sostanza, nessuno, se non un ignorante, può chiamare sostanze i loro frutti, che null'altro possono significare se non le loro opere, anche se nessuno, neppure uno stupido, può negare che tutti i frutti degli alberi da cui è stata tratta la similitudine, sono sostanze. Per una realtà quindi che non è sostanza, si può usare una similitudine dalla sostanza. Proprio per questo, per significare il vizio che il diavolo ha inferto al genere umano come una ferita, quantunque in nessun modo sia una sostanza, ho tratto una similitudine dalla sostanza e l'ho chiamato albero. Allo stesso modo ho chiamato frutto il vizio con cui nasce l'uomo, che voi negate ma che la verità pone in evidenza, ed a causa del quale l'uomo perderà eternamente il regno di Dio, se non rinasce in virtù della verità che libera.

La bontà divina non abbandona la natura condannata.

19. 59. Di conseguenza, ho detto che il diavolo è il corruttore, non il creatore della sostanza. Avendogliene Dio giusto dato il potere, infliggendo una ferita ha sottomesso a sé quello che non aveva creato. Al suo potere, tuttavia, non può sottrarre né se stesso né ciò che gli è assoggettato. Proprio perché la prima è condannata, è stata istituita una seconda nascita. Pur condannata, tuttavia ad essa è manifestata la bontà di Dio perché da un seme maledetto vien formata una natura razionale. Dalla medesima immensa bontà è apertamente nutrita una miriade di uomini cattivi, che vegetano in virtù della nascosta opera di Dio. Se questa bontà dell'opera di Dio venisse sottratta alla formazione ed allo sviluppo del seme, ed alla vita di tutti i viventi, non solo non ci sarebbero le generazioni, ma anche le cose generate finirebbero nel nulla. Dal momento che solo una stolta empietà può rimproverare Dio, vivificatore di tutti, che fa vivere gli uomini condannabili per la loro viziosa volontà, perché dovremmo ritenere incompatibile con la sua opera, che, da lui Creatore, nascano uomini condannabili per la loro origine viziata, oppure che in virtù del Mediatore, per un atto gratuito di misericordia non meritato, i rigenerati, scelti prima della costituzione del mondo, con scelta gratuita e non per merito di opere passate presenti o future, siano liberati da una condanna dovuta? Altrimenti la grazia non sarebbe più grazia 161. La qual cosa appare soprattutto nei piccoli, le cui opere non possono essere passate perché non fanno nulla e neppure future, se muoiono in quella età.

La concupiscenza, pur cessando come colpa, resta attiva.

19. 60. Riconosco di aver detto: "Allo stesso modo che i peccati passano come atto, ma rimangono come reato, così, al contrario, può avvenire che la concupiscenza passi come reato, ma rimanga come atto" 162. Il tuo errore dice che è falso; la verità invece conferma che è vero. Incapace di controbatterlo, come prima cosa cerchi di confondere le idee degli inesperti con sofistiche oscurità, affermando che "non ti riesce di pensare in quale dialettica abbia trovato la reciprocità di tutti i contrari". Se volessi offrire una spiegazione di questa tua affermazione e volessi farla comprendere a chi non ha mai studiato queste cose, probabilmente ci vorrebbe tutto il libro. Per il momento è sufficiente ciò che hai detto: "in nessuna dialettica si può trovare la reciprocità di tutti i contrari". Dal tenore delle tue risposte si deduce che non è possibile per tutti, ma è possibile per alcuni. Tra di essi ho trovato il mio. Se avessi detto che tra nessun contrario c'è reciprocità, ed avessi dimostrato che i contrari posti da me non possono essere reciproci perché non esistono contrari reciproci, avrei dovuto dimostrarti che per alcuni contrari era possibile la reciprocità e che tra di essi c'erano quelli posti da me. Dicendo però che "non c'è reciprocità tra tutti i contrari" e non che "tra nessun contrario c'è reciprocità", di fatto ammetti che tra alcuni esiste la reciprocità. In alcuni contrari dunque esiste la reciprocità. A me quindi resta solo da dimostrare che tra di essi ci sono anche i contrari posti da me e cioè: se è vero che i peccati passano come atto, ma rimangono come reato, allo stesso modo è vero che la concupiscenza passa come reato, ma rimane come atto. Volendo dimostrare che non era possibile, hai detto una cosa che non ho detto. Io ho parlato infatti della concupiscenza che nelle membra contrasta la legge della mente 163, anche se il suo reato è passato con la remissione di tutti i peccati, esattamente come, al contrario, un sacrificio fatto agli idoli e non ripetuto, passa come atto, ma rimane come reato fino a che non venga rimesso dalla misericordia. Sacrificare agli idoli è tale che il suo atto passa non appena è stato compiuto, ma, passato l'atto, il suo reato rimane per essere cancellato dal perdono. La concupiscenza, invece, è tale che rimane nell'uomo che lotta contro di essa con l'aiuto della continenza, anche se il reato, contratto con la generazione, è già passato con la rigenerazione. Rimane in atto non già distraendo ed allettando la mente e, col suo consenso, concependo e partorendo il peccato, bensì muovendo i cattivi desideri a cui la mente deve resistere. Il movimento stesso è il suo atto anche se l'effetto manca perché la mente non vi acconsente. Nell'uomo, infatti, al di fuori di questo atto, ossia di questo movimento, esiste un male da cui deriva appunto questo movimento che chiamiamo desiderio. Non sempre però c'è questo desiderio contro cui combattere. Se talvolta non c'è, quando nulla è desiderato con concupiscenza né dall'anima di chi pensa né dai sensi del corpo, può accadere che sia insita una cattiva qualità che non sia mossa da alcuna tentazione, così come la timidezza è insita nel timido anche quando non ha alcun timore. Quando poi c'è qualcosa da desiderare, ma nessun desiderio cattivo è di fatto eccitato, neppure contro la volontà, allora si ha la piena salute. Questo vizio dunque non potrebbe tener legato l'uomo se non con il reato, quantunque sia stato procreato dal buon uso dello stesso male da parte di casti coniugi. Questo reato, anche se il male rimane, è cancellato nella remissione di tutti i peccati, in virtù della grazia di Dio per la quale siamo liberati da tutti i mali, poiché il Signore non solo è benigno verso tutte le nostre iniquità, ma risana tutte le nostre malattie. Ricorda pertanto ciò che lo stesso Liberatore e Salvatore ha risposto a chi gli aveva chiesto di uscire da Gerusalemme: Ecco, io scaccio i demoni ed opero guarigioni oggi e domani e il terzo giorno sarà la mia fine 164. Leggi il Vangelo e vedi dopo quanto tempo Cristo ha patito ed è risuscitato. Ha mentito forse? Affatto. Ha voluto semplicemente significare qualcosa che stiamo trattando tra di noi in questa disputa. La cacciata dei demoni significa la remissione dei peccati; il compimento delle guarigioni il progresso che si compie dopo il battesimo; la consumazione del terzo giorno, che ci ha mostrato anche con l'immortalità della sua carne, significa la felicità dei gaudii incorruttibili.

L'azione cattiva passa, ma rimane il vizio.

19. 61. Come esempio di ciò di cui parlavi hai addotto un sacrificio sacrilego ed hai detto: "tutto quanto appartiene a questo genere può essere dimostrato da questo solo: se uno ha sacrificato agli idoli una volta soltanto, finché non ottenga il perdono, può essere oppresso dall'empietà del male commesso e rimane il reato dopo che è finita l'azione. Non può mai accadere però che rimanga l'azione ma passi il reato, vale a dire non può accadere che uno continui a sacrificare agli idoli, ma sia libero dalla profanazione". Molto giustamente dici questo riguardo ai sacrifici offerti agli idoli. L'atto, infatti, è l'opera che si compie nell'azione stessa e non sarà più. Se la si compie un'altra volta si avrà un altro atto. L'empietà, invece, per la quale si compiono queste azioni, rimane fin quando non si rinuncia agli idoli e si crede in Dio. L'aver sacrificato agli idoli infatti, è un fatto transitorio, non un vizio permanente; l'empietà invece per la quale è stato offerto il sacrificio, siccome rimane anche dopo l'azione, può essere paragonato alla concupiscenza per la quale è stato commesso un adulterio. Tolto l'errore però, per cui l'empietà era creduta pietà, può forse dilettare qualcuno sacrificare agli idoli, o può essere sollecitato verso di esso il desiderio di qualcuno? In nessun modo, dunque, è simile quello che hai creduto di presentare come tale. In nessun modo, dico, il sacrificio transitorio è simile alla concupiscenza permanente, che, con gli stimoli dei cattivi desideri ai quali resiste la castità, non cessa di tormentare l'uomo che non commette più quelle cose che si è soliti commettere quando si acconsente ad essa, e che, con piena cognizione di fede, sa di non doverne più commettere. Né la concupiscenza si esaurisce con la conoscenza al punto da non esistere più, ma è frenata dalla continenza, affinché non giunga dove vorrebbe. Per la qual cosa, come l'immolazione fatta agli dèi non rimane come atto perché è già passato e non rimane nella volontà perché l'errore che l'aveva causato è già stato distrutto, ma ne rimane tuttavia il reato fin quando non venga cancellato nel lavacro di rigenerazione, con la remissione di tutti i peccati; così, al contrario, quantunque il reato della cattiva concupiscenza sia stato cancellato nello stesso battesimo, essa tuttavia rimane fino a quando non sarà sanata con l'opera della medicina da Colui che apporta la salvezza dopo aver cacciato i demoni.

Nessuna ingiustizia resta impunita se non quella espiata dal sangue del Mediatore.

19. 62. Dal momento che tu stesso ammetti che di un peccato fatto e trascorso rimane il reato, a meno che non sia distrutto nel sacro fonte, rispondimi per favore: cos'è questo reato e dove si trova se l'uomo si è già corretto e vive rettamente, ma non è stato ancora liberato dalla remissione dei peccati? È un soggetto questo reato, una sostanza, cioè, al pari di uno spirito o di un corpo, oppure si trova nel soggetto come la febbre o una ferita nel corpo, o l'avarizia e l'errore nell'anima? Dirai che si trova nel soggetto: non dirai certamente che il reato è una sostanza. Ebbene, in quale soggetto credi che si trovi? Ma perché chiederti una risposta, e non riportare piuttosto le tue parole? Dici infatti: "Compiuta l'azione, il reato rimane nella coscienza di chi ha mancato fino a quando non venga perdonato". Si trova dunque nel soggetto, nell'animo cioè di colui che ricorda di aver peccato e che è angustiato dal rimorso di coscienza fino a quando non sia sicuro della remissione del peccato. Cosa accadrebbe se dimenticasse di aver peccato e se la sua coscienza non fosse tormentata? Dove si troverebbe quel reato che, passato il peccato, come tu stesso hai detto, rimane fino a quando non venga perdonato? Non si trova certamente nel corpo, perché non è di quel genere di accidenti che sono appropriati al corpo; non si trova nell'anima, perché la dimenticanza ne ha cancellato il ricordo, eppure c'è. Dov'è dunque se l'uomo vive ormai rettamente e non commette più tali azioni e dal momento che non si può neppure dire che il reato dei peccati che si ricordano rimane, mentre quello dei peccati dimenticati non rimane? Esso tuttavia rimane fino a quando non viene perdonato. Dove rimane dunque se non nelle occulte leggi di Dio, scritte in certo modo nella mente degli Angeli affinché nessuna iniquità resti impunita, se non quella che ha espiato il sangue del Mediatore, col cui segno di Croce viene consacrata l'acqua del battesimo, perché in essa sia cancellato il reato scritto come su un chirografo a conoscenza delle Potestà spirituali, destinate ad esigere la pena dei peccati? A questo chirografo 165 nascono soggetti tutti coloro che in carne nascono dalla carne secondo la carne e sono destinati ad essere liberati dal sangue di Colui che, pur nato in carne dalla carne, non è nato secondo la carne ma secondo lo spirito. È nato infatti per opera dello Spirito Santo dalla vergine Maria. Per opera dello Spirito Santo, cioè, affinché in lui non ci fosse la carne di peccato, e dalla vergine Maria affinché in lui ci fosse la somiglianza della carne di peccato. Per questo motivo non è stato soggetto a quel chirografo e da esso ha potuto liberare tutti quelli che erano ad esso soggetti. Né si può dire che non c'è un male, quando in un uomo la parte superiore serve turpemente l'inferiore, o quando l'inferiore resiste tenacemente alla superiore, anche se questa non si lascia vincere. Se questo male un uomo l'avesse sofferto da un altro che lo contrasta dall'esterno, per il fatto che non si trova in lui, sarebbe senz'altro punito senza di lui. Siccome però si trova dentro di lui, o viene punito insieme a lui, o, dopo essere stato liberato dal suo reato, persevera nella lotta contro lo spirito in modo tale da non trascinare l'uomo, non più colpevole, ad alcun tormento dopo la morte, da non alienarlo dal regno di Dio, e da non farlo tenere legato da alcuna condanna. Per essere liberati del tutto non dobbiamo credere che debba separarsi da noi come una natura estranea, ma, essendo una malattia della nostra natura, dev'essere risanata in noi.

Il peccato originale è comune a tutti gli uomini.

20. 63. "A causa di questo vizio, come ho scritto nel libro che tu contesti, la natura umana viene condannata. Per lo stesso motivo per cui è condannata, essa è assoggettata al diavolo condannato, perché anch'egli è uno spirito immondo, certamente buono in quanto spirito, ma cattivo in quanto immondo, giacché è spirito per natura ed è immondo per vizio: delle due cose, quella viene da Dio e questo da lui stesso. Di conseguenza tiene soggetti a sé gli uomini, sia gli adulti che i bambini, non per la loro umanità ma per la loro impurità" 166. Dopo aver citato queste parole dal mio libro hai creduto di opporti ad esse dicendo: "la regola che si segue per il diavolo dev'essere seguita anche per l'uomo cattivo, affinché nessuno sia condannato se non per i vizi della propria volontà. Proprio per questo non vi può essere il peccato originale, altrimenti non può essere approvata l'opera di chi ha creato buono anche il diavolo". Non pensi però che Dio non ha creato il diavolo da un altro diavolo e neppure da un angelo, sia pure buono, che avesse tuttavia nelle membra una legge in contrasto con la legge della mente, per la quale e con la quale tutti gli uomini nascono dagli uomini. Questo argomento avrebbe potuto esserti di aiuto se il diavolo generasse i figli al pari dell'uomo e noi negassimo che essi siano soggetti al peccato paterno. Ora, in verità, altro è colui che era omicida fin da principio, perché, con la seduzione della donna, ha ucciso l'uomo fin dall'inizio della sua formazione e, non essendo per il libero arbitrio rimasto nella verità 167, cadendo, l'ha precipitato giù; ed altro è che per opera di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini, perché in lui tutti peccarono 168, dove con evidenza viene espresso che, oltre i peccati personali di ciascuno, c'è un peccato originale comune a tutti.

L'uomo cattivo poté essere sottomesso al diavolo cattivo.

20. 64. "Chi si meraviglia perché una creatura di Dio è soggetta al diavolo, non si meravigli; una creatura di Dio, infatti, è assoggettata ad una creatura di Dio, quella più piccola a quella più grande" 169. Perché hai citato queste mie parole senza aggiungere quelle seguenti, nelle quali dimostravo in che senso ho detto: "la più piccola alla più grande", l'umana cioè all'angelica, se non perché fosse compreso di meno il mio intento, per trovare un posto a te, dove, come al solito potessi spargere davanti agli inesperti la nebbia dalle categorie di Aristotele, cosicché, non sapendo cosa dire, pensassero che, nascosto in mezzo ad essa, effettivamente dicessi qualche cosa? A tal punto infatti è arrivata la vostra eresia che i vostri seguaci gemono perché nella Chiesa non si trovano giudici dialettici della scuola dei peripatetici o degli stoici, da cui possiate essere assolti. Che c'entra, cosa vuol dire, per qual motivo hai detto che "più grande e più piccola" appartengono ad una specie della quantità? Ma "la quantità, aggiungi, non solo non è capace dei contrari, cosa comune con la qualità e agli altri predicamenti, ma non ha neppure un contrario, cosa comune con la definizione della sostanza: il bene ed il male invece sono contrari". Non avresti detto mai tali cose se avessi ritenuto che i lettori o gli uditori dei tuoi libri avrebbero compreso quello che dici. Sicché l'uomo immondo non avrebbe dovuto essere assoggettato all'angelo immondo perché la quantità per cui l'angelo è più grande dell'uomo, non solo non è capace dei contrari ma non ha neppure il contrario, quasi che l'uomo avrebbe dovuto essere assoggettato al diavolo solo se si fosse scoperto che era a lui contrario, e che i cattivi non avrebbero dovuto essere assoggettati ai cattivi perché i buoni ai cattivi sembrano contrari e non i cattivi ai cattivi? Cosa si può pensare di più sciocco? Cosa si può dire di più inetto? Che forse il servo non è assoggettato al padrone, il buono al buono, il cattivo al cattivo, il cattivo al buono e il buono al cattivo? Che forse la moglie non è assoggettata al marito, la buona al buono, la cattiva al cattivo, la cattiva al buono o la buona al cattivo? Che importa alla forza o alla ragione con cui una cosa è assoggettata ad un'altra, se questa o quella possa o non possa ricevere o avere il contrario? Non avresti di certo sparso sconsideratamente queste parole, se avessi meditato la sapienza contraria alla stoltezza che ti suggerisce tali cose.

Per castigo del peccato la natura umana fu sottomessa al nemico.

20. 65. Intanto, qual è la tua argomentazione? "Se una cosa ordinata convenientemente appartiene a Dio, tu dici, e la cosa che appartiene a Dio è buona, ne segue che l'essere soggetto al diavolo è un bene, perché in tal modo si osserva un ordine stabilito da Dio. Ne segue altresì che ribellarsi al diavolo è un male perché come risultato si ha un turbamento dell'ordine stabilito da Dio". Potresti dire che i contadini si oppongono a Dio e turbano il suo ordine quando tolgono dai campi le spine ed i cardi, che il Signore ha fatto nascere come pena per i peccatori 170? Che diresti se, secondo questo tuo ragionamento, dicessimo: Se una cosa ordinata convenientemente appartiene a Dio e la cosa che appartiene a Dio è buona, per i cattivi è un bene trovarsi nella geenna, giacché per mezzo di essa si osserva un ordine stabilito da Dio? Perché poi aggiungi: "ne segue che ribellarsi al diavolo è un male, poiché come risultato si ha un turbamento dell'ordine stabilito da Dio?" Chi mai si ribella al diavolo se non è stato liberato dal suo potere per mezzo del sangue del Mediatore? Sarebbe stato meglio non avere un nemico, anziché vincerlo. Ma siccome a causa del peccato la natura umana si è trovata soggetta al nemico, l'uomo, per poter lottare contro di esso, dapprima è sottratto al suo potere e poi, più tardi, se la vita in questa carne è più lunga, viene aiutato nella lotta per poter vincere. Alla fine, vittorioso, troverà la beatitudine, regnerà e dirà: Dove sono i tuoi contagi o morte? 171, oppure, come dice l'Apostolo: Dov'è o morte la tua vittoria, dov'è o morte il tuo pungiglione? 172.

Giuliano grida contro la verità a favore dei manichei.

21. 66. Hai ritenuto altresì doveroso citare alcune frasi dai libri dei manichei per paragonare con esse il mio pensiero. Sai bene però che con la fede e con le parole non solo detesto e condanno la mescolanza delle due nature, di quella buona e di quella cattiva, da cui deriva tutta l'immaginosa insania manichea, ma, opponendomi e resistendo a te, dimostro che sei tu a suffragare la loro dottrina. Quando la verità grida contro di essi che i mali non possono derivare che dai beni, non sei forse tu che per essi ed insieme ad essi reclami a gran voce contro la verità: "L'opera del diavolo non può passare attraverso l'opera di Dio; la radice del male non può essere collocata nel dono di Dio; il retto ordine delle cose non permette che dal bene possa derivare il male o dal giusto l'iniquo; da una cosa che è immune da peccato non può derivare una colpa" 173? Da tutte queste tue espressioni si deduce che il male non deriva dal bene e, di conseguenza, non rimane altra possibilità se non che il male non può derivare che dal male. Come puoi dunque, quasi fossi un avversario, accusare chicchessia di manicheismo, dal momento che sei talmente radicato dalla loro parte che non possono essere sconfitti senza che anche tu lo sia insieme ad essi? Quest'argomento l'ho trattato molto a lungo nel mio primo libro e più brevemente nel quinto, per cui basta averlo qui accennato.

L'origine dei mali nei bambini.

21. 67. Quanto la vostra comune eresia favorisca i manichei l'ho frequentemente dimostrato, ma neppure qui lo debbo tralasciare. I manichei enumerano i mali che si manifestano nei bambini, che anche Cicerone tiene presenti nei libri Sulla Repubblica, da cui ho già riportato le sue parole 174. Ricordando quei mali, egli dice che "l'uomo è stato gettato tra queste calamità non da una natura madre, ma da una matrigna". Ad essi si aggiungono anche quegli svariati mali, fino all'ossessione diabolica, che vediamo colpire se non tutti, certamente molti bambini. Concludono quindi dicendo: se Dio è giusto e onnipotente, per quale motivo la sua immagine nei bambini soffre tanti mali, se non perché è vera la mescolanza delle due nature, come noi affermiamo, di quella buona cioè e di quella cattiva? La verità cattolica li redarguisce professando il peccato originale, per il quale il genere umano è diventato lo zimbello dei demoni, e la discendenza dei mortali è stata destinata ad una faticosa miseria. Certamente non sarebbe stato così, se la natura umana per mezzo del libero arbitrio fosse rimasta nello stato in cui era stata creata all'inizio. Negando il peccato originale, invece, siete costretti a dichiarare impotente o ingiusto Dio, sotto il cui potere, la sua immagine nei bambini, senza un demerito per peccati propri od originali, viene colpita da tanti mali; non si può dire infatti che per mezzo di essi si esercita la virtù, come giustamente lo si può dire dei buoni adulti, che hanno l'uso della ragione. Siccome però non potete dire che Dio è impotente o ingiusto, i manichei vedranno rafforzato contro di voi il proprio necessario errore sulla mescolanza delle due sostanze nemiche tra loro. Non è vero, dunque, come tu dici, che "nessuna erba dei lavandai mi purifica dall'infezione manichea". Con tali insolenti parole offendi il lavacro di rigenerazione che ho ricevuto nel seno della cattolica Madre. In voi piuttosto si è insinuato il malizioso veleno dell'antico serpente a tal punto da infamare i cattolici con l'orrore del nome manicheo ed aiutare i manichei con la perversità nel vostro errore.

Eva corrotta dal serpente nell'animo, non nel corpo.

22. 68. Scrivendo a Marcellino, in un altro mio libro dicevo che "i figli della donna che ha creduto al serpente ed è stata corrotta dalla libidine non sono liberati se non dal Figlio della Vergine, che ha creduto all'Angelo ed è stata fecondata senza libidine" 175. Hai citato queste parole e le hai interpretate come se avessi detto che il serpente si è unito ad Eva con unione corporale, così come i manichei, delirando, affermano che si è unito alla donna il principe delle tenebre e padre della stessa. Non ho detto questo del serpente. Contro l'Apostolo però puoi forse negare che la mente della donna è stata corrotta dal serpente? O non lo senti quando dice: E temo che, come il serpente con la sua astuzia sedusse Eva, così le vostre menti non si lascino corrompere, traviando dalla sincerità e dalla purezza da serbare per Cristo 176? Da questa corruzione del serpente, come avviene quando i cattivi discorsi corrompono i costumi 177, la libidine del peccato è giunta alla mente della donna, e, dopo che anche l'uomo fu corrotto dalla prevaricazione, è passata nella carne, per cui arrossirono e coprirono le parti delicate, non perché c'era stata l'unione corporale del diavolo, ma perché la grazia di Dio se n'era andata.

La fede cattolica sulla concupiscenza e sul peccato originale.

22. 69. Con tutta la tua disputa non hai affatto "schiacciato, come ti vanti, la mia affermazione sul male della concupiscenza carnale e sul peccato originale", pur restando la lode del matrimonio che fa buon uso di un male che non ha fatto, ma ha trovato. Per la verità non hai schiacciato neppure i manichei, che piuttosto hai aiutato massimamente tu, come ho dimostrato, insieme a tutti i tuoi compagni della novità pelagiana e dell'errore. Nel primo libro di quest'opera, con amplissima e certissima verità, ho dato una risposta su talune testimonianze prese dai trattati cattolici di San Basilio di Cesarea e di San Giovanni di Costantinopoli, che, a vostro dire, sarebbero concordi con il vostro modo di pensare. Ti facevo notare come, non comprendendo alcune loro parole, avete combattutto con straordinaria cecità contro il loro domma che è il domma cattolico. Nel secondo libro ho discusso abbastanza 178 per dimostrare che non si tratta, come tu accusi, di una "cospirazione di uomini perduti" 179, bensì di un pio e fedele consesso di santi ed eruditi Padri della Chiesa cattolica che, aderendo ad un'antichissima verità cattolica, resistono alla vostra eretica novità. Di conseguenza, il mormorio del popolo che, a vostro dire, è il solo argomento che sappiamo opporvi, non è affatto il solo, poiché poggia sull'autorità di tanti Dottori; esso poi è giustificato perché il popolo non vuole che distruggiate la notissima salvezza dei bambini, riposta in Cristo.

Esegesi di Rom 7, 14 ss.

23. 70. Riguardo alle parole dell'Apostolo: So infatti che il bene non dimora in me, vale a dire nella mia carne... 180 ecc., fino a: Ah me infelice! Chi mi libererà da questo corpo fonte di morte? 181, tu sostieni che le ho interpretate "in maniera diversa da come deve essere interpretato tutto il capitolo". Senza saperlo, mi attribuisci molto. Non sono infatti né il primo né il solo ad intendere questo passo che distrugge la vostra tesi come dev'essere inteso secondo verità. In un primo tempo anzi l'avevo inteso diversamente, o meglio non l'avevo compreso affatto, come testimoniano alcuni miei scritti di quel tempo 182. Mi sembrava infatti che l'Apostolo non avesse potuto dire di se stesso, che era spirituale: ma io sono carnale 183, e che era tenuto prigioniero dalla legge del peccato esistente nelle sue membra. Ritenevo che queste parole non si potessero riferire se non a quelli che la concupiscenza teneva tanto soggiogati a se stessa da spingerli a fare tutto ciò che essa voleva. Mi sembrava una pazzia attribuire una cosa del genere all'Apostolo, se si pensa che una innumerevole schiera di santi con lo spirito si oppone alla carne per non portare a compimento le sue voglie. Più tardi mi sono arreso ad interpretazioni migliori e più chiare o piuttosto alla verità stessa che bisogna professare, e nelle parole dell'Apostolo ho visto il gemito dei santi che combattono contro la concupiscenza della carne. Essi, pur essendo spirituali nella mente, trovandosi ancora immersi in questo corpo corruttibile che appesantisce l'anima 184, sono giustamente ritenuti carnali, ma saranno spirituali anche nel corpo, quando, dopo aver seminato un corpo in condizione terrena, si risorge in un corpo spirituale 185. Per ora sono ancora ritenuti prigionieri sotto la legge del peccato nella parte che soggiace ai movimenti dei desideri a cui non acconsentono. E così è avvenuto che queste cose le ho intese come l'hanno intese Ilario, Gregorio, Ambrogio e tutti gli altri illustri e santi Dottori della Chiesa, i quali hanno capito che lo stesso Apostolo ha dovuto lottare strenuamente contro le concupiscenze carnali, che non voleva ma che tuttavia aveva, ed hanno capito altresì che con quelle sue parole l'Apostolo ha dato una testimonianza del suo conflitto 186. Anche tu, d'altronde, hai ammesso che i santi debbono esercitare gloriose lotte contro quei movimenti, innanzitutto per debellarli perché non abbiano il sopravvento, e poi per sanarli perché siano estinti del tutto 187. Se combattiamo insieme, riconosciamo insieme le parole di chi combatte. In tal modo non viviamo noi, ma Cristo vive in noi, purché in questa lotta contro la concupiscenza e nel conseguimento della vittoria fino alla distruzione totale dei nostri nemici, abbiamo fiducia in lui e non in noi. Egli infatti divenne per noi sapienza e insieme giustizia e santificazione e redenzione, affinché, come sta scritto: Colui che si gloria, si glori nel Signore 188.

Chi possiede lo Spirito di Cristo lotta contro la carne.

23. 71. Non è contraddittorio pertanto dire: Non più io vivo, ma Cristo vive in me 189 e nello stesso tempo: So bene che il bene non dimora in me, vale a dire nella mia carne 190. Solo in quanto Cristo vive in lui, egli supera ed espugna il fatto che nella sua carne non c'è il bene ma il male. Nessuno spirito infatti potrebbe opporsi alla sua carne se in lui non abitasse lo spirito di Cristo. Ben lungi quindi l'affermare, come vai insinuando, che "l'Apostolo ha scritto queste cose per dimostrarsi renitente ad essere condotto verso qualche sgualdrina dalle mani del pestifero piacere". Ha detto infatti: Non sono più io che lo compio 191, per dimostrare che la concupiscenza della carne provoca l'impulso della libidine, senza il consenso del peccato.

L'Apostolo non parlava della superbia dei giudei.

23. 72. Perché tenti inutilmente di "applicare queste parole all'orgoglio dei Giudei, quasi che l'Apostolo li abbia trasfigurati in se stesso perché disprezzavano i doni di Dio, come se non fossero loro necessari"? Questo è il vostro sospetto. Ma volesse il cielo che dei doni di Cristo pensassi almeno che valgono qualcosa per farti vincere la concupiscenza. Tu affermi che i Giudei disprezzavano quei doni perché "egli perdonava i peccati che avrebbero evitato di commettere seguendo l'ammonimento della legge". Quasi che la remissione dei peccati conferisse all'uomo il beneficio che la carne non avesse più concupiscenza contro lo spirito 192, donde sono derivate le parole: So che il bene non dimora in me, vale a dire nella mia carne 193, e tutte le altre parole simili. Non recedi dal vostro domma secondo cui la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore è ordinata alla sola remissione dei peccati e non all'aiuto per evitare i peccati e vincere i desideri della carne, riversando l'amore di Dio nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo elargitoci 194. Non pensi neppure che chi dice: Sento nelle mie membra un'altra legge in conflitto con la legge della mia ragione 195, dichiara altresì di non poter essere liberato se non dalla grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, di non essere giudeo e di non affaticarsi perché ha peccato, ma perché non pecchi più.

L'Apostolo si dice spirituale e carnale.

23. 73. Tu dici che "l'Apostolo esagera la forza dell'abitudine". Rispondimi allora: il battesimo non combatte forse contro questa forza? Se dici di no, contraddici l'esperienza di tutti i cristiani. Se, al contrario, ammetti che combatte, perché nelle parole dell'Apostolo non riconosci la voce di chi combatte? "Per mezzo di una legge buona e di un comandamento santo, continui, l'animo dei cattivi si era inferocito perché, mancando la volontà propria, nessuna istruzione aveva potuto ispirare la virtù". O acuto pensatore! O illustre espositore delle parole divine! Che ne fai delle parole: Non faccio il bene che voglio 196 e: Volere il bene è alla mia portata 197; e: Compio ciò che non voglio 198; e: Io mi diletto, seguendo l'uomo interiore, della legge di Dio 199? Ascolti queste parole e poi dici che la virtù è mancata perché mancava la volontà. Che dici se lì c'era non solo la volontà ma anche la virtù, per non acconsentire alla concupiscenza della carne, che con i suoi moti serviva la legge del peccato? Pur non cedendo ad esse e non offrendo le sue membra quali armi di ingiustizia al servizio del peccato 200, mentre nella sua carne sentiva qualcosa che in opposizione alla sua volontà aveva voglie contro lo spirito e nello stesso tempo con lo spirito nutriva desideri contro la carne, con sincerissima voce di castità poteva dire: Io stesso con la ragione servo la legge di Dio e con la carne la legge del peccato 201. La legge dunque è santa e santo e giusto e buono è il precetto. Una cosa buona sarebbe allora diventata la mia morte? No, di certo. Piuttosto il peccato, per apparire tale, per mostrarsi all'estremo peccaminoso, mi causò la morte servendosi di una cosa buona 202. Queste parole dell'Apostolo, da te citate, si comprendono bene se vengono riferite alla sua vita passata, quando era ancora sotto la legge e non sotto la grazia. Usa infatti anche il verbo al passato quando dice: Io non conobbi il peccato se non per mezzo della legge 203. E realmente non avrei conosciuto la concupiscenza 204 ...ha prodotto in me ogni sorta di voglie 205 ...un tempo, senza la legge io vivevo 206 (quando non poteva ancora avere l'uso della ragione); ma quando venne il precetto, il peccato prese vita ed io morii 207;...il peccato, cogliendo occasione dal precetto, mi sedusse e per mezzo di esso mi uccise 208 ...mi causò la morte servendosi di una cosa buona 209. Con tutte queste espressioni voleva significare il tempo in cui viveva sotto la legge e, non avendo ancora l'aiuto della grazia, era sconfitto dalle concupiscenze carnali. Quando invece dice: La legge è spirituale, ma io sono carnale 210, dimostra quello che soffriva nel conflitto. Non dice infatti "fui" oppure "ero" carnale, bensì sono carnale. Ancor più apertamente distingue i tempi quando dice: E non sono più io che opero il male bensì il peccato che abita in me 211. Non era lui che operava il movimento dei cattivi desideri, a cui egli non prestava il suo consenso per commettere il peccato. Col nome del peccato che dimorava in lui indicava la concupiscenza stessa, giacché essa è derivata dal peccato e, attraendo e allettando chi vi acconsente, concepisce e partorisce il peccato. Le rimanenti parole fino a: io con la ragione servo la legge di Dio e con la carne la legge del peccato 212, si riferiscono a lui già costituito in grazia, ma ancora in lotta contro la concupiscenza, mentre non acconsentiva al peccato, ma sperimentava i desideri del peccato a cui resisteva.

Non viene accusata la natura della carne, ma la sua concupiscenza.

23. 74. Nessuno di noi accusa la sostanza del corpo, nessuno la natura della carne. Inutilmente quindi giustifichi ciò che noi non incolpiamo. Non neghiamo tuttavia che dentro di noi ci sono le cattive concupiscenze alle quali non acconsentiamo se viviamo bene. Le dobbiamo castigare, frenare, sconfiggere, vincere: esse però ci sono e non sono estranee a noi. Non sono nostri beni ma nostri mali. Né, come affermano i manichei, esisteranno fuori di noi, ma, una volta sanate, non esisteranno più, come afferma la verità cattolica.

L'esegesi di Rom 15, 12 fatta dai pelagiani.

24. 75. Solo la tua straordinaria sfacciataggine, solo la tua demenza, direi, può respingere la fondatissima fede espressa nelle parole dell'Apostolo: Per opera di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini, perché tutti peccarono in lui 213. Invano cerchi di cavar fuori un senso nuovo e distorto in contrasto con quello vero, affermando che in quella frase è stato detto: Perché tutti peccarono in lui, come se si dicesse: "E per questo motivo tutti peccarono", così come era stato detto: Per questo motivo (in quo) il più giovane corregge la sua vita 214. Praticamente vorresti dire che non si deve intendere nel senso che tutti gli uomini hanno peccato all'inizio in un solo uomo, uniti insieme come in una massa, ma che hanno peccato proprio perché quel primo uomo aveva peccato, vale a dire, hanno peccato imitandolo e non perché sono stati generati da lui. L'espressione "in lui" col senso di "e per questo motivo", non si adatta a questo significato. Si pecca infatti per il motivo che ciascuno si propone nel peccare, o in qualsiasi altro modo si presenti un'occasione di peccato. Chi può mai essere tanto insensato da dire che quest'uomo ha commesso omicidio perché, nel Paradiso, Adamo ha mangiato il frutto dell'albero proibito, mentre sappiamo che in una rapina ha ucciso un altro uomo, non pensando affatto ad Adamo, ma semplicemente perché si potesse appropriare dell'oro che portava? In ugual modo tutti gli altri peccati che ciascuno commette personalmente hanno un motivo per il quale sono commessi, anche se nessuno ricorda il peccato commesso da quel primo uomo né se lo propone come esempio nel peccare. Di conseguenza non si può neppure dire che Caino, che pur aveva conosciuto suo padre, ha peccato perché aveva peccato Adamo. Ci è noto infatti il motivo per cui ha ucciso il fratello: non di certo perché Adamo aveva commesso una colpa, ma semplicemente perché era invidioso del bene di suo fratello.

L'Apostolo non parla di imitazione.

24. 76. In definitiva, neppure le testimonianze che hai addotte suffragano questa vostra interpretazione. L'interpretazione di per questo motivo il più giovane corregge il suo cammino, è giusta perché segue la frase: osservando le tue parole. Il giovane corregge il suo cammino perché medita le parole di Dio come bisogna meditarle; meditandole le osserva ed osservandole vive rettamente. La causa per cui corregge il suo cammino dunque sta precisamente nell'osservare la parola di Dio. Anche le parole del beatissimo Stefano: Mosè si diede alla fuga per queste parole 215, si intendono bene nel senso di "proprio a causa di queste parole" perché egli le sentì, ne ebbe paura, le meditò per fuggire: esse furono la causa del suo fuggire. In tutte queste espressioni è stato forse detto qualcosa che possa rapportarsi ad una imitazione, per cui l'uno imita l'altro senza pensarlo affatto, cosicché in nessun modo si possa dire che ha peccato perché ha peccato un altro, in cui non era presente in origine, ed a cui non ha pensato affatto quando ha commesso il suo peccato personale?

Il primo e il secondo Adamo.

24. 77. "Se Paolo parlava della trasmissione del peccato originale, tu affermi, in nessun caso avrebbe detto con maggior congruenza: Il peccato si è trasmesso perché tutti sono stati generati dal piacere dei coniugi; ma avrebbe aggiunto: Si è trasmesso in quelli che hanno avuto origine dalla carne corrotta del primo uomo". Non ti rendi conto però che allo stesso modo ti si può dire: Se l'Apostolo parlava della imitazione del peccato, in nessun caso avrebbe detto con maggiore congruenza: Il peccato si è trasmesso perché vi era stato in precedenza il peccato del primo uomo; ma avrebbe aggiunto: Si è trasmesso perché tutti hanno peccato ad imitazione di quell'uno solo. Se in questa circostanza l'Apostolo avesse parlato secondo il tuo o il mio arbitrio, si sarebbe espresso in una di queste due maniere. Ma siccome non ha detto né quello che dici tu né quello che dico io, vorresti forse che nelle sue parole non si intenda né il peccato originale dei cattolici, né il peccato d'imitazione dei pelagiani? Penso che non voglia questo. Metti da parte dunque quelle cose che possono essere dette con la stessa forza dall'una e dall'altra parte e, se non ti dispiace esaminare senza contese ciò che l'Apostolo ha detto, considera cosa faceva per poterlo dire. Scoprirai che attraverso un solo uomo l'ira di Dio è arrivata sul genere umano ed attraverso un solo uomo arriva la riconciliazione con Dio di quelli che gratuitamente sono liberati dalla condanna di tutto il genere umano. Quello è il primo Adamo, fatto dalla terra, questo è il secondo Adamo fatto da una donna. Lì per mezzo del Verbo è stata creata la carne; qui il Verbo stesso si è fatto carne, affinché per la sua morte potessimo vivere noi che eravamo morti perché l'avevamo lasciato. Ma Dio, scrive l'Apostolo, dimostra il suo amore verso di noi per il fatto che Cristo è morto quando si era ancora peccatori. A maggior ragione quindi ora che siamo stati riconciliati nel suo sangue saremo salvi dall'ira divina per suo merito 216.

A causa di un solo uomo l'ira di Dio sul genere umano.

24. 78. Di quest'ira egli dice: Eravamo così per natura figli dell'ira, alla stessa maniera degli altri 217. Di essa il profeta Geremia dice: Maledetto il giorno in cui sono nato 218, ed il santo Giobbe: Perisca il giorno nel quale fui generato 219, ed ancora in un altro passo: L'uomo, nato da una donna, ha una vita breve e piena di affanni. Come un fiore sboccia e appassisce; fugge come l'ombra e non si arresta; sopra di lui tieni gli occhi aperti e lo citi in giudizio con te. Chi mai potrà uscire puro dall'immondizia? Nessuno, anche se la sua vita sarà di un solo giorno 220. Il libro dell'Ecclesiastico di quest'ira dice: Ogni uomo s'invecchia come una veste; c'è un decreto da sempre: morrai 221! ed ancora: Dalla donna ha avuto origine il peccato e per essa tutti moriamo 222; ed ancora: Un gravame ha assegnato Dio e un giogo pesante è sui figli dell'uomo, dal giorno nel quale sono usciti dal seno della madre fino al giorno nel quale ritorneranno alla madre di tutti 223. Sempre di quest'ira l'Ecclesiaste aggiunge: O vanità delle vanità, tutto è vanità. Che vantaggio ricava l'uomo da tutta la pena per cui fatica sotto il sole? 224 e l'Apostolo ribatte: Ogni creatura è stata sottomessa alla vanità 225. Per quest'ira il Salmo piange: Ecco, di due palmi hai fatto i miei giorni e la mia vita è nulla dinanzi a te. Sì, ogni uomo è costituito da un puro soffio 226, ed un altro Salmo: I loro anni sono come cose da nulla: al mattino sono come erba che cresce; al mattino fiorisce e ricresce; a sera avvizzisce e si affloscia. Infatti siamo consunti dalla tua ira e siamo atterriti dalla tua destra. Hai posto le nostre colpe davanti a te, i nostri segreti nella luce del tuo volto. Perché tutti i nostri giorni sono svaniti per il tuo furore, abbiamo compiuto i nostri anni come un sospiro 227.

Nessuno è liberato dall'ira di Dio se non per mezzo di Cristo.

24. 79. Nessuno potrà essere liberato da quest'ira se dal Mediatore non sarà riconciliato con Dio. Proprio per questo motivo lo stesso Mediatore dice: Chi si rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma la collera di Dio incombe su di lui 228. Bada che non ha detto "incomberà", ma incombe su di lui. Gli adulti, dunque, per mezzo della propria mente e della propria bocca e i bambini per mezzo di quella degli altri credono e professano di dover essere riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, affinché l'ira di Dio non incomba su di essi, che sono stati resi colpevoli anche a causa dell'origine viziata. Parlando di essa Paolo scrive: Cristo è morto per noi quando si era ancora peccatori. A maggior ragione quindi ora che siamo stati riconciliati nel suo sangue saremo salvi dall'ira divina per suo merito. Se infatti fummo riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo quando gli eravamo nemici, a più forte ragione ora, riconciliati ormai con lui, saremo salvi nella sua vita. E non solo siamo riconciliati, ci gloriamo altresì in Dio per il Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione. È vero, per opera di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini, perché tutti peccarono in lui 229. Ci è manifesto quindi cosa faceva l'Apostolo per dire questo. Andate ora voi e sottraete i bambini a questa riconciliazione che avviene per mezzo della morte del figlio di Dio, che è venuto nel mondo senza peccato, cosicché l'ira di Dio rimanga su di essi a causa di colui per il quale il peccato entrò nel mondo. Come si può parlare di imitazione quando leggiamo: Il giudizio che tenne dietro a quel solo peccato si conchiuse con una condanna, ma l'opera di grazia che venne dopo le tante colpe si conchiuse con la giustificazione 230? Perché abbiamo la grazia della giustificazione dopo le tante colpe, se non perché oltre a quel primo peccato di origine ha trovato da distruggere molti altri che se n'erano aggiunti? Diversamente, anche la condanna avrebbe dovuto derivare dalle molte colpe che gli uomini avevano commesso ad imitazione del primo, così come da essi era arrivata la giustificazione dopo le tante colpe, perdonate le quali, essi respiravano in grazia. Ma siccome era sufficiente solo quello perché ci fosse la condanna, mentre alla grazia non era sufficiente distruggere solo quello perché ci fosse la giustificazione con la remissione di tutti i peccati, è stato scritto: Il giudizio che tenne dietro a quel solo peccato si conchiuse con una condanna ma l'opera di grazia che venne dopo le tante colpe si conchiuse con la giustificazione. Come i bambini, pur non potendo ancora imitare Cristo, possono appartenere alla sua grazia spirituale, così, senza l'imitazione del primo uomo, sono legati da lui attraverso il contagio della generazione carnale. Se poi pretendi che siano estranei a peccato del primo uomo perché non lo hanno imitato con la propria volontà, per la medesima ragione dovrai dire che sono estranei alla giustizia di Cristo perché neppure lui hanno imitato con la propria volontà.

Tutti muoiono in Adamo, tutti sono vivificati in Cristo.

24. 80. Riguardo poi al fatto che non vuoi dare al molti, detto in un secondo tempo, il senso di tutti, detto in precedenza, ritenendo che "sia stata usata la parola "molti" per non indicare "tutti"", potrai dire la stessa cosa del seme di Abramo a cui erano state promesse tutte le genti 231. Potrai dire infatti che non è vero che gli sono state promesse tutte le genti perché di lui in un altro passo si dice: Ti ho fatto padre di molte genti 232. Un sano intelletto tuttavia ci dimostra che la Scrittura ha parlato così perché il "tutti" può non significare "molti", come quando diciamo "tutti" i Vangeli ed indichiamo un piccolo numero soltanto, quattro per la precisione. Così pure "molti" talvolta può non significare "tutti" come quando diciamo che "molti" credono in Cristo, e tuttavia non "tutti" credono. Non tutti aderiscono alla fede 233, dice infatti l'Apostolo. Nelle espressioni invece: Saranno benedette, per la tua discendenza, tutte le nazioni, e: Padre di molte nazioni, è dimostrato che "tutte" e "molte" hanno lo stesso valore. Così, quando è stato detto che per opera di un solo uomo il peccato è entrato in tutti e, dopo, che la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori, "tutti" e "molti" hanno lo stesso valore. Parimenti nelle espressioni: Per l'opera di giustizia di uno solo perviene a tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita, e: Per l'obbedienza di uno solo molti sono stati costituiti giusti 234, senza alcuna eccezione, a "molti" bisogna dare il significato di "tutti", non perché tutti sono giustificati in Cristo, ma perché tutti quelli che sono giustificati non possono essere giustificati se non in Cristo. Possiamo in tal modo affermare che in una casa tutti entrano per una sola porta, non nel senso che tutti entrano in quella casa, ma nel senso che quelli che vi entrano non possono entrarvi se non per quella porta. Tutti quindi alla morte per opera di Adamo, tutti alla vita per opera di Cristo. Difatti: Come tutti muoiono in Adamo, così pure tutti in Cristo saranno richiamati in vita 235, vale a dire che dall'origine del genere umano nessuno va alla morte se non per opera di Adamo, e che per opera di Adamo non si può andare se non alla morte, e viceversa nessuno va alla vita se non attraverso Cristo e attraverso Cristo non si può andare se non alla vita.

I pelagiani son nemici della religione cristiana.

24. 81. Voi invece, volendo intendere che non "tutti", ma soltanto "molti" sono stati condannati per opera di Adamo o sono stati liberati per opera di Cristo, con la vostra orrenda perversità vi rendete nemici della religione cristiana. Qualora fosse possibile ad alcuni salvarsi senza Cristo, oppure essere giustificati senza Cristo, egli sarebbe morto inutilmente. Ci sarebbe stata infatti, come voi dite, un'altra via nella natura, nel libero arbitrio, nella legge naturale o in quella scritta, attraverso cui avrebbero potuto salvarsi ed essere giustificati quelli che lo avessero voluto. Chi mai avrebbe potuto escludere dal regno di Dio le giuste immagini di Dio, se non un ingiusto? Potrai forse affermare che attraverso Cristo si entra più facilmente. Non si potrebbe dire ugualmente della legge: la giustizia si ha per la legge, ma più facilmente per Cristo? L'Apostolo tuttavia ha detto: Se la giustizia si ottiene mediante la legge, Cristo allora è morto inutilmente 236. Oltre all'unico Mediatore tra Dio e gli uomini, un uomo, Cristo Gesù 237, non c'è sulla terra altra persona per la cui opera è necessario che siamo salvati 238. È stato scritto: Tutti in Cristo saranno richiamati in vita, proprio perché in lui, risuscitandolo dai morti 239, Dio ha fissato la fede per tutti. Il vostro domma invece, con la predicazione della natura innocente, della potenza del libero arbitrio, della legge naturale o di quella data da Mosè, cerca di persuadere che per avere la salvezza eterna, quantunque se ne senta il bisogno, non è necessario passare attraverso Cristo. Questo perché il sacramento della sua morte e risurrezione (ammesso pure che lo crediate), rende la via più comoda, ma non esclude che ve ne possa essere un'altra. Pensando quanto i cristiani vi debbano detestare per questo motivo, rinunciate al vostro errore anche se noi stiamo zitti.

La testimonianza di Ezech 18, 2 nella questione del peccato originale.

25. 82. Come estremo e fortissimo baluardo della tua causa hai voluto che ci fosse la testimonianza del profeta Ezechiele, nella quale asseriva che non avrebbe più dovuto esservi il proverbio: I padri mangiano uva acerba e i figli ne hanno i denti allegati, e che i figli non avrebbero dovuto morire per le colpe dei padri, né i padri per quelle dei figli, ma ognuno avrebbe dovuto morire per i peccati propri 240. Non capisci che qui si ha la promessa del Nuovo Testamento e della eredità spirituale, che si riferisce all'altro secolo. Il compito della grazia del Redentore è quello di cancellare il "paterno chirografo" 241 e far sì che ognuno renda conto di se medesimo. Del resto, chi può numerare le innumerevoli testimonianze della Sacra Scrittura, nelle quali i peccati dei padri obbligano i figli? Per qual motivo Cam ha commesso il peccato e la vendetta è stata scaricata su suo figlio Canaan? 242 Perché mai per il peccato di Salomone, il figlio fu punito con la diminuzione del regno? 243 Perché la punizione dei peccati di Acab, re d'Israele, è stata differita ai suoi posteri? 244 Perché mai si legge nei Libri sacri: Che punisce la colpa dei padri sui figli di coloro che mi odiano 245..., che punisce la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione 246, espressione con la quale si può intendere un numero indefinito di anni? Sono false queste cose? Chi lo può dire se non un apertissimo nemico della Sacra Scrittura? La generazione carnale, però, anche quella del popolo di Dio che appartiene al Vecchio Testamento, che genera per la schiavitù 247, obbliga i figli con i peccati dei genitori. La generazione spirituale invece, al pari dell'eredità, ha mutato con la promessa dei premi la minaccia dei castighi. Prevedendolo nello spirito, i Profeti hanno detto queste cose. In modo più chiaro si è espresso Geremia: In quei giorni non si dirà più: I padri mangiarono l'uva acerba e i denti dei figli ne restarono allegati! Perché certamente ognuno morirà per la sua iniquità, ad ogni uomo che mangi l'uva acerba si allegheranno i denti 248. È chiaro dunque che, nel linguaggio profetico, questo viene preannunciato come lo stesso Nuovo Testamento: dapprima era occulto e poi è stato rivelato per mezzo di Cristo. Ora, affinché le cose che ho ricordate e le numerose altre dette circa i peccati dei genitori che colpiscono i figli, tutte scritte secondo verità e che sembrano contrastare la suddetta profezia, non ci impressionassero, il Profeta stesso scioglie la fastidiosa questione aggiungendo immediatamente dopo: Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali con la casa d'Israele io concluderò una nuova Alleanza. Non come l'Alleanza che conclusi con i loro Padri 249. In questo Nuovo Testamento, pertanto, dopo che il chirografo è stato cancellato dal sangue del Testatore, l'uomo, con la rinascita, comincia a non essere più soggetto al debito dei genitori, ai quali per nascita era obbligato. Lo stesso Mediatore infatti dice: Non chiamate nessuno padre sulla terra 250, perché troviamo una nuova nascita con cui non succediamo ai nostri padri, ma viviamo sempre con il Padre.

Conclusione dell'intera opera.

26. 83. Se non vuoi essere testardo, o Giuliano, puoi constatare che ho risposto a tutto ed ho confutato tutto quello che hai ritenuto di dover discutere nei tuoi quattro libri, per dimostrare che non si deve credere al peccato originale e che non si può incolpare la concupiscenza senza condannare allo stesso tempo il matrimonio. Ti ho dimostrato che all'antico debito paterno non è obbligato soltanto colui che ha cambiato alleanza e padre: adottato egli stesso per grazia, ha trovato un solo coerede per natura. Ti ho dimostrato inoltre che, dopo la morte, la concupiscenza della carne non porta la morte solo a colui che nella morte di Cristo ha trovato la morte, con cui morire al peccato e sfuggire alla morte per cui era nato nel peccato. Uno solo infatti morì per tutti, tutti conseguentemente morirono 251. È morto per tutti e non ci può essere nessuno che possa vivere senza che per lui sia morto colui che, essendo vivo, è morto per i morti. Negando queste cose, contrastandole, cercando di svellere le fondamenta della fede cattolica, tu spezzi gli stessi nervi della fede cristiana e della vera pietà, e poi hai il coraggio di affermare che hai iniziato una guerra contro gli empi, proprio mentre stai indossando le armi dell'empietà contro la madre che ti ha generato spiritualmente. Hai l'ardire di "aggregarti alla schiera dei Santi Patriarchi, dei Profeti, degli Apostoli, dei Martiri, dei Sacerdoti". Eppure i Patriarchi ti dicono che anche per i bambini sono stati offerti sacrifici per i peccati 252, poiché non è immune da peccato neppure il fanciullo di un solo giorno 253. I Profeti ti dicono: Siamo stati concepiti nelle iniquità 254, e gli Apostoli: Non sapete forse che tutti noi che fummo battezzati in Cristo Gesù, fummo battezzati nella sua morte? 255. Così voi pure consideratevi sì morti al peccato, ma vivi per Dio in Cristo Gesù 256. A loro volta i Martiri ti ripetono che, dopo essere nati secondo la carne da Adamo, con la prima nascita hanno contratto il contagio dell'antica morte, cosicché nel battesimo ai bambini vengono rimessi non i peccati personali, ma quelli di altri 257. I Sacerdoti infine ti dicono che, essendo stati formati dal piacere della carne, subiscono il contagio della colpa, prima ancora di ricevere il dono di questa vita 258. Ed hai la presunzione di associarti a costoro proprio mentre stai cercando di sconfessarne la fede! Hai il coraggio di affermare che saresti sconfitto da una associazione di manichei proprio tu, che li rendi invincibili, a meno che anche tu non sia sconfitto insieme ad essi. T'inganni, figlio, miserevolmente t'inganni, ed anche destabilmente t'inganni! Quando avrai deposta l'animosità che ti tiene avvinto, potrai possedere la verità da cui esser vinto.