Contro Giuliano - libro quinto
Sant'Agostino d'Ippona

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Lamentele e insulti di Giuliano.
1. 1. L'ordine stesso delle cose mi chiede di passare ad esaminare il contenuto del tuo terzo libro, dopo avere risposto al primo ed al secondo. Con la mia salutare fatica, per quanto il Signore me lo permetterà, risponderò al tuo pestilenziale lavoro. Mi attengo naturalmente sempre allo stesso metodo di tralasciare tutto quello che non è pertinente con la nostra controversia, affinché i lettori di queste nostre opere non spendano più fatica e tempo nell'impresa di leggerle anziché nell'utilità dell'apprenderle. Che necessità c'è di spendere altre parole contro quelle abituali e vuote, che hai posto all'inizio del tuo libro, "sull'avversione che vantate di sostenere per amore della verità e sul ristretto numero dei saggi a cui vi rallegrate di piacere"? Questa infatti è la voce di tutti gli eretici, vecchi e nuovi, resa sporca e logora dall'uso stesso. Ciò nonostante, di simili panni è costretta a rivestirsi la vostra grande superbia, che si dilata e si gonfia tanto da strapparli nel tentativo di ostentarli nella maniera più deforme. Non è necessario respingere ancora una volta i tuoi calunniosi disprezzi con cui, dando l'impressione di colpire solo me personalmente, come un pazzo e come un cieco ti scagli e lanci offese contro tanti luminari della Chiesa Cattolica, pur tacendone i nomi. Credo di aver risposto tanto esaurientemente ai tuoi primi due libri, che nessuno mi chiederà di più.La vana scienza degli eretici.
1. 2. Esageri "la difficoltà di conoscere la Sacra Scrittura" asserendo che "essa è riservata a pochi eruditi. Conoscere, cioè, che Dio è creatore degli uomini e dell'universo, che è giusto, vero e pio, ed è il solo che arricchisce gli uomini con i suoi doni, e perciò l'unico e miglior motivo dell'impegno per il bene è, come tu dici, rendere onore a Dio". Eppure non gli rendi tanto onore perché neghi che egli sia il liberatore dei fanciulli per opera di Cristo Gesù, che significa Salvatore, ed affermi che essi sono lavati dal suo battesimo senza conseguire la salvezza, come se non avessero bisogno di Cristo medico. Questo perché Giuliano ha dato uno sguardo sagace alla vena dell'origine degli uomini e li ha dichiarati sani. Quanto sarebbe stato meglio se non avessi imparato niente anziché agitarti tronfio in questa cosiddetta scienza della legge, sotto la guida non della legge di Dio, ma della vostra vanità, per giungere a questa empia presunzione nemica della fede cristiana e dell'anima tua.Risposta alle accuse di Giuliano.
1. 3. "La vostra tesi, tu scrivi, è talmente deforme e vuota che attribuite a Dio l'iniquità, al diavolo la creazione degli uomini, al peccato la sostanza ed ai bambini la coscienza senza la scienza". Ti rispondo brevemente. La nostra tesi non è deforme poiché predica che il più bello tra i figli dell'uomo 1, è il Salvatore di tutti gli uomini e per questo anche dei bambini, e non è vuota poiché, non senza motivo, ma in conseguenza del peccato dice che l'uomo assomiglia ad un soffio ed i suoi giorni sono come ombra che passa 2. A Dio non attribuisce l'ingiustizia, ma la giustizia, poiché non ingiustamente i bambini sono colpiti da tali e tanti mali, come spessissimo vediamo. Al diavolo non attribuisce la creazione degli uomini, ma solo la deformazione della loro origine. Non attribuisce una sostanza al peccato, bensì l'atto ai primi uomini ed il contagio ai posteri. Non attribuisce ai fanciulli la coscienza senza la scienza perché, dove non c'è scienza, non c'è neppure coscienza. Colui nel quale tutti hanno peccato sa bene quello che ha fatto e che da lui ciascuno ha contratto il male.L'opposizione della moltitudine dei fedeli ai pelagiani.
1. 4. Tu invece prepari una moltitudine di idioti che chiami "uomini semplici, i quali, occupati in altri affari, non hanno ricevuto alcuna erudizione e si sono preoccupati di entrare nella Chiesa di Cristo con la sola fede, affinché non siano facilmente spaventati da astruse questioni. Ritenendo Dio vero Creatore degli uomini, senza esitazione siano convinti che è anche pio, verace e giusto, e, conservando questo giudizio sulla Trinità, abbraccino e lodino tutto quanto è consono a questo modo di pensare, cosicché nessuna argomentazione contraria riesca a smuoverli, ma detestino ogni autorità o alleanza che cerchi di convincerli del contrario". Se esamini attentamente queste tue parole, ti accorgerai che quella moltitudine è saldamente schierata contro di te. L'unica ragione, infatti, per cui anche la moltitudine di cristiani, dal cui giudizio inesperto tu ti appelli ai pochi vostri, che vorresti far credere dottissimi e prudentissimi, detesta la vostra innovazione sta nel fatto che essi ritengono Dio creatore degli uomini e giustissimo e guardano i tanti tormenti dei propri bambini con la convinzione che, essendo Dio creatore sommamente buono e giusto, la sua immagine non soffrirebbe alcun male in quella età, se non ci fosse stato il peccato originale. Supponiamo che qualcuno di loro, portando il proprio figlio, venga da te senza malizioso fragore, in un luogo dove nessun altro possa sentire e ti rimproverasse dicendo: Io con questa mente, questa intelligenza, questa ragione per cui sono fatto ad immagine di Dio, amo tanto il suo regno che ritengo grande pena per l'uomo l'esserne escluso per sempre. Tu che non sei uno della massa degli ignoranti, ma un vero amatore del regno di Dio tra i pochi veramente prudenti, con tanto più ardore quanto più t'infiamma l'ardentissima compagnia dei pochi, senza che la massa riesca a raffreddarti minimamente, risponderai a quell'uomo e gli dirai: Non solo non è una grande pena per l'immagine di Dio l'essere esclusi per sempre dal suo regno, ma non lo è affatto. Eppure sono convinto che non oserai dire questo neppure ad un uomo solo di cui non temi né la forza né la testimonianza. Qualunque cosa tu possa dire o tacere (come lo esigerebbe da te l'umano pudore più che la fede cristiana), egli ti mostrerà suo figlio dicendoti: Dio è giusto, quale male impedisce a questa innocente immagine di Dio l'ingresso nel suo regno, se non esiste il peccato che attraverso un solo uomo è entrato nel mondo 3? Non ti rimarrà alcuna sapienza, credo, che ti faccia sentire più dotto di quell'ignorante; ma quando la tua spudoratezza se ne sarà andata, resterai più infante di quell'infante.Ancora sulla questione del pudore.
2. 5. Terminato il preambolo con cui hai tolto di mezzo gli ignoranti con un semplice ammonimento, e ti sei preparato le eruditissime orecchie di pochi, vediamo cosa dobbiamo trattare. Non so quale idea geniale, che ti è sfuggita nel secondo libro, ti sia venuta in mente a proposito delle mie parole sulle membra vergognose, che, dopo il peccato, sono state coperte con cinture di foglie di fico, perché la natura razionale se ne vergognava. Invano allora hai tentato di confutare queste mie parole: "Per qual motivo da quelle membra dopo il peccato è nata una confusione, se non perché in esse si era prodotto un movimento sconveniente? 4". Cosa dunque hai escogitato, che ti piace tanto, da non ometterla neppure dopo avere terminato il libro in cui con tanta loquacità hai trattato la questione? Tu dici: "È scritto: ...e si fecero delle vesti 5", e ci ricordi che c'è l'altra traduzione: ...e si fecero delle cinture. "La veste, spieghi dopo, può intendersi come un indumento per tutto il corpo ed appartiene all'ufficio del pudore". Sono sorpreso che il traduttore letto da te, a meno che non si trattasse di un pelagiano, possa aver tradotto col termine vesti la parola greca perizomata. Se anche qui ci fosse il pudore, al cui ufficio, tu dici, appartengono le vesti, non avresti cercato affatto di convincerci che i primi uomini hanno imparato dal peccato come da un maestro l'ufficio del pudore e che in essi l'innocenza e la spudoratezza abitavano insieme come due alleate o amiche. A tuo dire, infatti, quando erano nudi e non si vergognavano, erano inverecondi ed aborrivano dal naturale senso del pudore. Da questa aberrazione li ha corretti il peccato e, in tal modo, il senso riprovevole della caduta è diventato in essi maestro di pudore. La cattiveria dunque ha trasformato in pudichi quelli che la giustizia aveva fatti impudichi. Questa tua tesi però è così indecentemente impudica e deformemente nuda che, con tutte le foglie di parole che riuscirai a cucire insieme, non potrai ricoprirla.Il racconto della Genesi.
2. 6. Mi deridi asserendo che ho imparato dai pittori che Adamo e sua moglie hanno coperto i loro genitali e poi mi comandi di ascoltare il detto di Orazio:I pittori ed i poeti hanno avuto sempre uguale potere di osare qualsiasi cosa
Non da un pittore di vuote figure, invece, ma dall'autore della Sacra Scrittura ho imparato che prima del peccato i primi uomini erano nudi e non si vergognavano. Non già perché la loro grande innocenza era tanto impudente, ma perché in essi non c'era ancora di che vergognarsi. Peccarono, si guardarono, arrossirono, si coprirono 7... E tu ancora vai dicendo: "Non sentirono nulla di indecente e di nuovo". Mi guardo bene dal pensare che questa tua impudenza te l'abbiano insegnata un Apostolo o un Profeta, ma neppure un pittore o un poeta. Quegli stessi che, secondo un detto elegante, hanno avuto sempre uguale potere di osare qualsiasi cosa, si vergognerebbero di inventare per ridere quello che tu non ti vergogni di discutere perché ci si creda. Nessun pittore oserebbe dipingere e nessun poeta oserebbe cantare due realtà viventi insieme, delle quali l'una è molto buona e l'altra è molto cattiva, l'innocenza voglio dire e la spudoratezza, come se fossero consone tra di loro e concordi. Nessuno di loro potrebbe tanto dubitare dei sensi umani da ritenere di avere in sé un uguale potere di osare anche questo, ma piuttosto un'insana leggerezza.I perizomata.
2. 7. "Se si accetta l'interpretazione di perizomata nel senso di 'cinture' - tu scrivi - si è portati a credere che sono stati coperti i fianchi e non le cosce". A proposito di queste tue parole innanzitutto mi rammarico del fatto che hai abusato tanto dell'ignoranza di quelli che non sanno il greco da non aver timore del giudizio di quelli che lo sanno. Solo per maggiore comodità è accaduto che la lingua latina ha usurpato come sua la parola perizomata che troviamo nei codici greci. Pertanto, quando affermi che con perizomata si intendono coperti i fianchi e non le cosce, credo che ti sia reso ridicolo a te stesso. Quale persona, ignorante o dotta, non sa quali parti del corpo ricopra il perizoma? Questo termine suole essere adoperato e valutato nella dote delle donne, e con esso non si copre se non la zona intorno ai lombi. Domanda ed impara quello che tuttavia non credo ignori. Anche se lo ignorassi, comunque, non credo vorrai sovvertire, non dico il linguaggio, ma il modo di vestire dell'uomo al punto di alzare il perizoma alle spalle o d'intendere che con esso sono stati coperti i fianchi dei primi uomini, lasciando scoperti i genitali e tutta la zona dei lombi con le cosce. Quale vantaggio può portare a te piuttosto che a me la quantità del corpo scoperta al disopra o al di sotto della parte in cui entrambi sentivano la legge delle membra in contrasto con la legge dello spirito 8 ed entrambi sentivano l'eccitazione per il reciproco sguardo che confondeva la cattiveria delle parti disobbedienti con la novità della loro disobbedienza? Quanto più l'eccitazione era turbolenta, tanto più verecondo diventava il coprire la parte che si sentiva stimolata, talvolta insieme con un'ampia zona circostante. Sia che la copertura scendeva dai fianchi, quindi, sia che scendeva dai lombi, erano coperte le parti vergognose, che non avrebbero causato vergogna se la legge del peccato non si fosse posta in aspro contrasto con la legge della mente. Dove il senso è chiaro, però, non dobbiamo aggiungere la nostra interpretazione al senso della Scrittura. Questo, infatti, non avverrebbe per umana ignoranza, ma per presunzione perversa. Col termine perizoma viene espresso molto chiaramente quali parti del corpo furono coperte subito dopo il peccato da Adamo e sua moglie, che, prima del peccato erano nudi, ma non si vergognavano. Vediamo cosa hanno coperto. È troppo da insipienti cercare ancora ed è troppo da impudenti negare ancora ciò che hanno sentito. A dispetto della tua ostinata opposizione, tu stesso sei convinto che per l'umano sentire non c'è altra risposta se non che quei primi uomini hanno coperto i genitali perché arrossivano per il movimento della concupiscenza. Questa è la verità anche se tu innalzi il perizoma ai fianchi, oppure se, lasciando scoperti i fianchi, sostieni che ivi essi non hanno sentito nulla di male, oppure se spogli con orrore le parti che tu stesso ritieni debbano essere maggiormente coperte.La disobbedienza della carne pena e causa del peccato.
3. 8. Riporti altre parole del mio libro dove affermo che "la disobbedienza della carne è stata con pieno merito ripagata all'uomo disobbediente, poiché sarebbe stato ingiusto che, chi aveva disobbedito al suo Signore, trovasse obbedienza nel suo servo, vale a dire nel suo corpo" 9, e vorresti dimostrare che questa ribellione della carne dev'essere piuttosto considerata lodevole se è pena del peccato. Come se fosse una persona che coscientemente affligge il peccatore, quale vendicatrice dei delitti e, da questo punto di vista, anche ministro di Dio, l'adorni con un pomposo discorso, quasi fosse un grande bene. Non pensi, però, che di questo passo potresti lodare gli angeli cattivi, che, pur essendo prevaricatori ed empi, Dio se ne serve per infliggere le meritate pene ai peccatori, come attesta la Scrittura: Sguinzagliò fra di loro il furore della sua ira; trasportò collera e angustia. Inviò messaggeri di male; spianò la via alla sua ira 10. Loda anche costoro, loda il loro principe Satana, perché anch'egli è stato vendicatore del peccato, quando l'Apostolo gli ha affidato l'uomo per mandarne in rovina la carne 11. Hai parlato abbastanza contro la grazia di Cristo e sei ormai idoneo a fare il panegirico a Satana ed ai suoi angeli, dei quali Dio giusto, che fa buon uso dei buoni e dei cattivi, si serve per punire gran numero di peccatori, ripagandoli secondo le loro opere e trasformando essi stessi in spiriti pessimi e dannati per punire i cattivi. Loda pertanto queste terribili potestà, attraverso le quali i mali sono puniti con i mali, tu che esalti la concupiscenza della carne, perché con la sua disobbedienza è stata ripagata la disobbedienza del peccatore. Loda l'iniquo re Saul perché anch'egli fu pena dei peccatori, avendo il Signore detto: Ti concedo un re nella mia ira 12. Loda pure il demonio, che il re stesso ha dovuto sopportare perché anche questi è stato pena del peccatore 13. Loda la cecità del cuore che c'è stata da parte di Israele. Non si passi sotto silenzio il perché è stato detto: ...finché l'insieme dei pagani non sia entrato 14, a meno che non vorrai negare che anche questa è stata una pena, e che sia stata non una pena qualunque, ma una grandissima pena, se fossi amante della luce interiore, lo dovresti gridare. Per i Giudei questa cecità è stata il grande male dell'incredulità e la grande causa del peccato che ha portato all'uccisione di Cristo. Se insisti a negare che questa cecità fu una pena, vuol dire che soffri dello stesso male, anche se non lo riconosci. Se poi ammetti che è stata una pena, ma non pena del peccato, devi ammettere che qualche cosa può essere peccato e pena. Ma se non è pena del peccato è una pena iniqua. In tal caso però ritieni Dio ingiusto, perché per suo comando o per suo permesso è stata inflitta una pena, o lo ritieni debole perché non ha allontanato la pena inflitta ad un innocente. Se poi, per evitare di sembrare cieco nel tuo cuore, sei costretto ad ammettere che è stata pena del peccato, cerca di capire quello che finora non hai voluto capire, che cioè la questione posta da te è ormai risolta. Il diavolo, i suoi angeli, i cattivi re, peccatori essi stessi, per la giustizia divina diventano supplizio ai peccatori. Come essi, però, non diventano degni di lode per il fatto che per loro mezzo viene inflitta una pena ai colpevoli, così la legge delle membra in contrasto con la legge della mente non è giustificata nel suo agire dal fatto che diventa pena giusta per chi ha agito ingiustamente. E come la cecità del cuore, che solo la luce di Dio può diradare, è peccato perché non si crede in Dio, è pena del peccato perché il cuore superbo viene punito con una idonea riprensione ed è causa di peccato perché per colpa del cuore accecato si commette del male, così la concupiscenza della carne, contro cui ha desideri lo spirito buono, è peccato perché in essa è insita la ribellione contro il dominio della mente, è pena del peccato perché è stata meritata dalla disobbedienza ed è causa di peccato nella defezione di chi vi acconsente o nel contagio di chi nasce.Pene che occorre tollerare, pene di cui occorre liberarsi.
3. 9. Quantunque ti sia fermato a lungo su questa questione, è fuor di ogni dubbio che è svanito completamente tutto quello che hai detto per questa tua cieca e sconsiderata opinione, secondo cui hai ritenuto che la concupiscenza della carne non solo non deve essere disprezzata, ma addirittura deve essere lodata perché l'abbiamo dichiarata pena del peccato. "Se la libidine è pena del peccato, è necessario lasciar perdere la castità, affinché non si dica che ribellandosi a Dio, essa abbia a svuotare la sentenza proferita da lui". Questa tua affermazione ed altre del genere che vai intrecciando come conseguenti o collegate ad essa possono essere paragonate parola per parola alla cecità del cuore. Se la cecità del cuore è pena del peccato, bisognerebbe lasciar perdere l'istruzione affinché non si dica che l'illuminazione dell'anima, ribelle a Dio, abbia a svuotare la sentenza proferita da lui. Se è decisamente assurdo fare una affermazione del genere anche se la cecità del cuore è pena del peccato, non meno assurda è la tua affermazione, anche se la libidine, la ribellione della carne cioè, è pena del peccato. Alla cecità del cuore deve opporsi la scienza ed alla libidine la continenza. Quella pena poi, che non è né errore né libidine, la deve sopportare la pazienza. Proprio per questo, quando con l'aiuto di Dio si vive della vera fede, Dio stesso è presente per illuminare la mente, per superare la concupiscenza e per sopportare le molestie. Viene compiuto tutto rettamente, infatti, quando vien compiuto per lui, vale a dire quando si ama Dio gratuitamente, amore che non possiamo avere se non da lui. In caso contrario, quando l'uomo si compiace molto di se stesso e confida nella sua virtù, se cade nelle grinfie della sua superbia, questo peccato tanto più si accresce quanto più le altre cupidigie diminuiscono, come se, rallegrandosi lodevolmente solo di essa, reprima le altre.Alcuni peccati sono anche pene del peccato.
3. 10. Ponendo da parte la bramosia di vincere, rifletti attentamente su quanto asserisci di aver letto in altri miei opuscoli e che invano hai cercato di confutare, sull'esistenza cioè di "taluni peccati che sono anche pena dei peccati" 15; constaterai che è verissimo secondo quanto è stato detto della cecità del cuore. Cosa hai ottenuto, di grazia, citando la testimonianza dell'Apostolo in cui diceva che alcuni Dio "li diede allora in balia della loro mentalità pervertita ed essi compirono cose indegne"? Cosa hai ottenuto citando queste parole con cui dimostravo quello che hai letto in un'altra mia disputa? L'hai visto come un'iperbole, figura che si usa quando l'oratore, per commuovere gli animi, esagera la verità delle cose. Ma ti prendi la briga di farci vedere dove l'Apostolo ha parlato così. "Inveendo contro i crimini degli empi, tu dici, li ha aggravati con i nomi delle pene e, dimostrando quanto orrore la turpitudine creasse nel suo animo, abitacolo di tutte le virtù, disse che quelli gli sembravano dannati più che rei". Le sue parole però, e non quelle che tu gli fai dire, dimostrano che essi sono dannati e rei, rei non solo per le colpe commesse in passato, per le quali sono stati condannati, ma altresì rei donde sono stati condannati. Li dichiara infatti rei quando dice: Avevano reso culto e servizio alle creature in cambio del Creatore, che sia benedetto per sempre. Amen 16. E li dichiara condannati per questo reato quando continua: Per questo Dio li diede in balia di passioni vergognose 17. Tu senti per questo e subito ti domandi invano come si debba intendere Dio li diede in balia, affaticandoti molto per dimostrare che egli li ha dati in balia abbandonandoli. In qualunque modo l'abbia dati in balia, e "per questo" li ha dati in balia, "per questo" li ha abbandonati: puoi vederne le conseguenze, qualunque o comunque lo intenda. L'Apostolo si è preoccupato di spiegare quale grave pena sia l'essere dati da Dio in balia di passioni vergognose, o con l'abbandono o in qualunque altro modo, spiegabile o non spiegabile, con cui ha agito egli che è sommamente buono e ineffabilmente giusto. Infatti le loro donne tramutarono i rapporti conformi a natura con rapporti contro natura; del pari anche gli uomini abbandonarono i rapporti naturali con la donna e si accesero di brame gli uni verso gli altri, facendo, maschi con maschi, cose infami e ricevendo in loro stessi la giusta paga dovuta alla loro aberrazione 18. Cosa più evidente? Cosa più aperta? Cosa più manifesta? Afferma che hanno ricevuto la mutua paga, condannati così a compiere tanti mali! La stessa condanna, tuttavia, è un reato, dal quale sono avviluppati in maniera più inestricabile. Sono peccato certamente e pena di precedenti peccati. E, cosa ancor più mirabile, afferma che era necessario che essi ricevessero questa mutua paga. Identico significato hanno le precedenti parole dell'Apostolo che pure hai citato: ...sostituirono la gloria di Dio immortale con immagini di uomini mortali, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Per questo Dio li diede, secondo le voglie dei loro cuori, in balia dell'impurità 19, eccetera. Anche qui puoi vedere senza alcuna ambiguità la ragione per cui essi furono dati in balia. Dopo avere specificato il male compiuto in precedenza, infatti, aggiunge: Per questo Dio li diede, secondo le voglie dei loro cuori, in balia 20... Di conseguenza, essa è pena del precedente peccato e tuttavia è anch'essa peccato, come spiegano le parole che seguono.Esegesi di Rom 1, 24.
3. 11. Nella tua argomentazione contraria, credi di avere trovato la soluzione della questione perché l'Apostolo dice che essi sono stati dati in balia delle loro passioni. "Già bruciavano infatti per la voglia del disordine", tu dici ed aggiungi: "Come si può credere che siano caduti in tali misfatti per la potenza di Dio che li dava in balia?". Cosa è stato fatto di più, ti chiedo, o perché ha detto: Dio li diede in balia delle voglie del loro cuore, dal momento che, in certo senso, già erano in balia delle cattive voglie del loro cuore? Ritieni forse logico che se uno ha desideri cattivi nel cuore, già di fatto acconsente anche a porli in atto? Proprio per questo, altro è avere cattivi desideri nel cuore ed altro è essere dato in balia di essi, perché acconsentendovi si sia posseduti da essi, cosa che avviene quando, a giudizio di Dio, si è abbandonati in loro balia. Invano altrimenti sarebbe stato detto: Non seguire le tue brame 21, se già ciascuno è reo quando le sente tumultuanti mentre tentano di spingerlo al male, pur non acconsentendovi se non è abbandonato in loro balia e se quando vive in grazia esercita gloriose lotte. Che te ne pare di chi osserva queste parole: Se per la tua anima concedi licenza alle sue voglie - quali altre se non quelle cattive? -, queste ti renderanno godimento per i tuoi nemici 22. Che forse è già reo chi ha simili voglie nell'animo, a cui non deve acconsentire per non tornare in possesso del diavolo e dei suoi angeli, che sono nostri nemici e ci odiano?La cecità del cuore è anche pena del peccato.
3. 12. Quando dunque si dice che l'uomo viene dato in balia dei suoi desideri, egli diventa reo perché, abbandonato da Dio, cede ed acconsente ad essi ed allora è vinto, è preso, è attratto, è posseduto. Si rimane infatti schiavi di chi ci ha vinto 23. La pena del precedente peccato, quindi, diventa per lui peccato conseguente. Non è forse peccato e pena del peccato quando leggiamo: Dio ha mandato in mezzo a loro uno spirito di smarrimento; essi fanno smarrire l'Egitto in ogni sua impresa, come un ubriaco si smarrisce nel suo vomito 24? Non è forse peccato e pena del peccato quando il Profeta dice a Dio: Perché ci fai deviare dalle tue vie ed hai indurito il nostro cuore, così che non ti si tema? 25 Non è peccato e pena del peccato quando ripete ancora a Dio: Ecco tu sei adirato perché abbiamo peccato; siamo stati ribelli e siamo divenuti tutti come una cosa impura 26? Non è forse peccato e pena del peccato quando leggiamo che i popoli sconfitti da Giosuè sono stati eccitati dal Signore perché si scontrassero con Israele e fossero sterminati? Non è forse peccato e pena del peccato quando Roboamo non ha ascoltato il popolo che ben lo consigliava 27, perché, come dice la Scrittura: Ciò accadde per disposizione del Signore, perché si attuasse la parola che il Signore aveva detto di lui per mezzo del Profeta 28? Non è forse peccato e pena del peccato quando troviamo scritto che Amasia re di Giuda non ha voluto ascoltare Ioash re di Israele che lo pregava di non andare in guerra? Così infatti leggiamo: Amasia non diede ascolto; ciò del resto era disegno di Dio, il quale voleva metterli in potere di Ioash, poiché essi erano andati in cerca delle divinità di Edom 29. Potremmo citare molti altri passi, nei quali appare con molta evidenza che, per un occulto decreto di Dio, si produce una perversità nel cuore perché non si senta più la verità e si pecchi e lo stesso peccato diventi anche pena del precedente peccato. Credere alla menzogna, infatti, e non alla verità è già di per sé un peccato. E questo deriva dalla cecità del cuore, che, per occulto, ma giusto giudizio di Dio, si manifesta come pena di un altro peccato. È la stessa cosa ciò che l'Apostolo scrive ai Tessalonicesi: Poiché non hanno accolto l'amore per la verità che li avrebbe salvati, Dio manda loro una potenza seduttrice che li farà aderire alla menzogna 30. Ecco che la pena del peccato, è peccato. Entrambi sono evidenti: brevemente è stato detto, chiaramente è stato detto, ed è stato detto da colui le cui parole hai cercato invano di rendere favorevoli alla tua tesi.Esempi di peccati che sono anche pene di peccati.
3. 13. "Quando si dice che gli uomini sono dati in balia delle loro voglie, si deve intendere che essi sono spinti verso il peccato perché abbandonati dalla divina pazienza, non dalla divina potenza". Cosa vuoi dire con queste parole? Quasi che l'Apostolo non le abbia messe insieme, la pazienza e la potenza quando scrive: E che dunque se Dio, volendo mostrare la sua ira e manifestare la sua potenza, ha tollerato con immensa pazienza vasi provocanti la sua ira, pronti per la perdizione 31... A quale delle due credi che si riferiscano le parole: Se il profeta si lascia sedurre ed annunzia qualcosa, sono io, il Signore, che lo avrò sedotto; stenderò contro di lui la mano e lo sterminerò in mezzo al mio popolo Israele 32? Alla pazienza o alla potenza? Qualunque scelga, o anche entrambe, vedi che profetizzare il falso è peccato ed è pena del peccato. Dirai forse che le parole: Sono io, il Signore, che avrò sedotto il profeta, debbano intendersi come se fosse scritto: "...io l'ho lasciato, affinché, sedotto in misura dei suoi demeriti andasse errando"? Fa' come vuoi, ma rimane il fatto che egli è punito a causa del peccato per continuare a peccare profetizzando il falso. Ascolta il profeta Michea: Ho visto Dio seduto sul trono, mentre tutto l'esercito del cielo stava in piedi vicino a lui, a destra ed a sinistra. Il Signore parlò: Chi vuol sedurre Achab, re d'Israele, perché salga e cada a Ramat di Galaad? E l'uno rispondeva in un modo, l'altro in un altro. Finalmente uscì lo spirito, il quale, in piedi al cospetto del Signore, disse: Lo voglio sedurre! Il Signore gli domandò: Come farai? Quegli rispose: Uscirò per diventare uno spirito menzognero in bocca ai suoi profeti. Gli confermò: Tu lo sedurrai, e lo vincerai. Esci ed agisci in tal modo 33. Cosa dirai di fronte a queste parole? Lo stesso re ha peccato credendo ai falsi profeti. Questa era anche la pena del peccato perché Dio giudicava e dava via libera agli angeli cattivi, come lo possiamo meglio capire nelle parole del Salmo: E sguinzagliò il furore della sua ira, inviando messaggeri del male 34. Forse sbagliando, giudicando o agendo ingiustamente o temerariamente? No: ma non invano gli è stato detto: Il tuo giudizio come il grande abisso 35. Non invano l'Apostolo esclama: O abisso insondabile della sapienza e della scienza di Dio! Quanto impenetrabili sono i suoi decreti e inesplorabili le sue vie! Chi infatti ha mai conosciuto il pensiero del Signore? Chi ne fu mai consigliere? Chi lo ha prevenuto con i suoi doni, da non aver diritto al contraccambio? 36 Non sceglie nessuno che già sia degno ma, scegliendolo, lo rende degno; tuttavia non punisce nessuno che non sia degno di castigo.Gli eletti sono i chiamati secondo il proposito.
4. 14. "L'Apostolo ha detto - tu scrivi - che la bontà di Dio ti spinge al pentimento". È vero e lo possiamo constatare. Spinge al pentimento, però, colui che ha predestinato, anche se questi, per quanto attiene a lui, con la sua ostinatezza ed il suo cuore impenitente, accumuli sul suo corpo l'ira per il giorno dell'ira, quando si manifesterà il giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere 37. Per quanta pazienza si possa mostrare, chi mai potrà fare penitenza, se Dio non lo concede? Hai forse dimenticato quello che lo stesso Dottore ha detto: ...Nel caso che Dio conceda loro di convertirsi alla perfetta conoscenza della verità e rinsavire lontano dal laccio del diavolo 38...? Ma il suo giudizio è come il grande abisso. Qualora noi permettessimo che chi dipende da noi commetta dei delitti in nostra presenza, saremmo di certo responsabili insieme a lui. Eppure, quanti delitti Dio permette che avvengano sotto i suoi occhi, che in nessuna maniera permetterebbe se non lo volesse? È giusto tuttavia ed è buono. Poiché egli porta pazienza verso di noi, non volendo che alcuno perisca ma che tutti si volgano a penitenza 39, il Signore conosce chi sono suoi 40, e fa cooperare tutto al bene di coloro che sono stati eletti secondo il suo eterno disegno. Non tutti quelli che sono stati chiamati, infatti, lo sono stati secondo il suo disegno. Molti sono i chiamati, pochi gli eletti 41. Gli eletti, dunque, sono stati chiamati secondo il suo disegno. Per questo l'Apostolo scrive: Egli ci salvò e ci chiamò con una vocazione santa, non in considerazione delle opere nostre, ma conformemente ad un suo piano di grazia, preparato per noi in Cristo Gesù avanti i tempi eterni 42. Ed infine, dopo aver detto: Dio fa cooperare tutto al bene di coloro che sono stati eletti secondo il suo eterno disegno, continua: Poiché quelli che egli conobbe in antecedenza li ha predestinati a riprodurre l'immagine del Figlio suo onde egli sia primogenito tra un gran numero di fratelli: e quelli che ha predestinati, li ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha altresì glorificati 43. Tutti costoro sono stati chiamati secondo il disegno di Dio. Sono stati dunque eletti prima della fondazione del mondo 44 da Colui che chiama all'esistenza ciò che non esiste 45. Sono stati scelti, ma conformemente ad un suo piano di grazia. Per questo motivo anche di Israele lo stesso Dottore scrive: Un resto eletto per grazia 46. E affinché non si creda che sono stati scelti prima della fondazione del mondo, in previsione delle loro opere, l'Apostolo aggiunge: E se lo è per grazia, non lo è allora in base alle opere: altrimenti la grazia non sarebbe più grazia 47. Tra questi eletti e predestinati anche quelli che hanno menato una vita pessima, sono indotti alla penitenza dalla misericordia di Dio, per la cui pazienza non è stato ad essi impedito in questa vita di commettere il male affinché a loro ed ai loro coeredi fosse chiaro da quale profondo abisso di male la grazia di Dio possa liberare. In qualsiasi età morirà, nessuno di loro perirà. È impossibile infatti che uno di questi predestinati possa finire la sua vita senza il sacramento del Mediatore. Proprio per essi il Signore ha detto: La volontà di colui che mi ha mandato è che io non perda nulla di quanto mi ha dato 48. Gli altri mortali invece, che non sono di questo numero e che provengono dalla stessa massa donde provengono costoro, ma sono diventati vasi d'ira, nascono per la loro utilità. Dio infatti non crea nessuno di essi alla cieca o per caso e neppure ignora il bene che può ricavarne, dal momento che già opera in essi un bene creando la natura umana ed adornandone il mondo presente. Non spinge nessuno di essi alla penitenza salutare e spirituale, per la quale l'uomo in Cristo si riconcilia a Dio, in rapporto alla costanza più o meno sufficiente data ad essi. Benché tutti provengano dalla stessa massa di perdizione e di condanna e, con la loro ostinatezza ed il loro cuore impenitente, accumulano sul loro capo l'ira per il giorno dell'ira, quando sarà reso a ciascuno secondo le sue opere. Dio, per la sua misericordiosa bontà, spinge alcuni alla penitenza, mentre gli altri, secondo la sua giusta determinazione, non li spinge. Ha, infatti, il potere di spingere ed attrarre, avendo il Signore stesso affermato: Nessuno può venire a me se il Padre non lo abbia attratto 49. Non ha forse spinto alla penitenza il re Achab, sacrilego ed empio, o, per lo meno, non ha donato pazienza e longanimità al re già sedotto ed ingannato ad opera di uno spirito falso? In lui, forse, dopo essere stato sedotto non ha trovato immediato compimento la sentenza con la morte 50? Chi può dire che non ha peccato prestando fede ad uno spirito menzognero? Chi può dire che questo peccato non è stato la pena del peccato derivante dal giudizio di Dio, che per porlo in atto ha scelto uno spirito malvagio, mandandolo o lasciandolo libero di agire? Chi può dire qualcosa del genere, se non chi dice quello che vuole e si rifiuta di ascoltare il vero?Dio permette il male per i suoi giusti fini.
4. 15. È possibile mai che qualcuno, ascoltando le parole del Salmo: Non abbandonarmi, o Signore, a come mi desidera il malvagio 51, possa essere talmente insensato da dire che l'uomo chiede a Dio di non essere paziente con lui, dal momento che "Dio non abbandona l'uomo al compimento del male, se non dimostrando una paziente bontà quando lo commette"? Che vogliamo dire con le parole che diciamo ogni giorno: Non indurci in tentazione 52, se non che non siamo abbandonati alle nostre passioni? Ciascuno invece è tentato dalla propria concupiscenza, adescato e sedotto 53. Chiediamo forse a Dio che la sua bontà non sia paziente con noi? Non invochiamo dunque la sua misericordia, ma provochiamo la sua ira. Quale persona sana può pensare tali cose? Quale pazzo, anzi, può dire cose del genere? Dio dunque abbandona alle passioni dell'ignominia perché si facciano cose sconvenienti. Egli però abbandona secondo una convenienza: gli stessi peccati sono pena dei peccati passati e sono meritevoli di pene future. Così è stato abbandonato Achab alla menzogna dei falsi profeti e Roboamo al falso consiglio 54. Per vie meravigliose e ineffabili compie tutto questo chi conosce che i suoi giusti disegni operano non solo nel corpo, ma anche nell'anima dell'uomo. Non rende cattive le volontà, ma si serve di esse come vuole, giacché non può volere nulla d'iniquo. Esaudisce quando è benevolo e non esaudisce quando è adirato, o viceversa esaudisce quando è adirato e non esaudisce quando è benevolo. Perdona quando è benevolo e non perdona quando è adirato, o viceversa perdona quando è adirato e non perdona quando è benevolo. E in tutto rimane sempre giusto e buono. Chi è all'altezza di questo compito? 55 Quale uomo, appesantito dal peso del corpo corruttibile, può avere la capacità di comprendere i suoi imperscrutabili ed impenetrabili disegni, anche se è in possesso del pegno dello Spirito Santo?La concupiscenza è un disordine perché la parte inferiore dell'uomo lotta contro la parte superiore.
4. 16. Da uomo intelligente ed acuto dichiari che "la libidine è giusta ed è degna di lode, se con la sua ribellione punisce chi si è ribellato a Dio". Se riflettessi con maggior prudenza, ti renderesti subito conto che è male ciò per cui la parte inferiore dell'uomo è in contrasto con quella superiore e migliore. L'iniquo tuttavia è giustamente punito dal male della sua carne, così come il re cattivo è stato punito dalla cattiveria dello spirito maligno. O pensi di lodare anche lo stesso spirito maligno? Orsù, coraggio! Cosa aspetti? Quale nemico della gratuita bontà di Dio, ti si addice essere il lodatore dello spirito della menzogna. Non farai fatica a trovare cosa dire. Hai già pronte le sue lodi: basta applicare a lui le parole usate per lodare la libidine, parole che, a tuo dire, sono conseguenze della mia opinione secondo la quale è "ingiusto che chi aveva disobbedito al suo Signore, trovasse obbedienza nel suo schiavo, vale a dire, nel suo corpo" 56. Negandola e deridendola come falsa, hai voluto come dimostrare l'assurdità che ne seguiva: se è così, sarebbe da lodare la libidine quale vendicatrice del peccato. Non potrai certo negare che lo spirito maligno, portando con l'inganno la morte all'empio re come egli meritava, è stato il vendicatore dell'iniquità. Lo ripeto anche qui; era ingiusto che, chi non aveva creduto al Dio vero, non fosse ingannato dal falso. Loda dunque la giustizia di questa falsità e ripeti quello che hai detto a lode della libidine: "Nulla può essere più lodevole del castigare la cattiveria del male commesso e del vendicare l'offesa fatta a Dio, poiché in tal modo, per assumere l'ufficio del vendicatore, non ha avuto contatto con il peccato". Secondo la tua acutissima visione, tutte queste cose sono dette giustamente in lode di quello spirito immondo. In questa controversia dunque, non ti resta che lodare lo spirito della menzogna o smettere di lodare la libidine recalcitrante. La questione dell'anima. 4. 17. Perché ti rifugi nella oscurissima questione dell'anima ? Nel paradiso, in verità, dall'anima ha cominciato ad innalzarsi la superbia e da essa è derivato il consenso alla trasgressione del comando per cui il serpente disse: Diventerete come dèi 57. Quel peccato l'ha commesso tutto l'uomo. La carne allora è divenuta carne di peccato e i suoi vizi sono sanati soltanto dalla somiglianza della carne del peccato. L'anima ed il corpo di chi nasce saranno puniti insieme entrambi, a meno che non si ottenga la purificazione con la seconda nascita. Pertanto essi o derivano dall'uomo entrambi viziati, oppure l'una si corrompe nell'altro come in un vaso viziato, dove è racchiusa l'occulta giustizia della legge divina. Quale delle due possibilità sia la vera, vorrei apprenderla anziché insegnarla, affiché non corra il rischio d'insegnare una cosa che non so. Tuttavia so con certezza che delle due sarà vera quella che la fede vera, antica e cattolica, che crede e professa il peccato originale, non mi avrà dimostrato falsa. Non si neghi questa fede; ciò che non sappiamo dell'anima, lo possiamo apprendere dalla riflessione, oppure lo possiamo tranquillamente ignorare come tante altre cose in questa vita senza detrimento alcuno per la salvezza. Nei grandi e nei piccoli è necessario curare maggiormente con quale aiuto l'anima si possa salvare anziché per quale motivo sia stata viziata. Se si negherà che è stata viziata, non sarà neppure sanata.La stoltezza, causa del male.
4. 18. Non sono riuscito ad immaginare perché citando le parole dell'Apostolo: Ed il loro cuore insensato si offuscò 58, hai aggiunto: "Si noti come egli dichiari l'insipienza causa di tutti i mali". Non è abbastanza chiaro che l'Apostolo abbia inteso dire questo. Ma non contesto: dimmi piuttosto perché tu l'hai detto. Forse perché a torto i bambini sono detti insipienti, dal momento che non possono ancora essere partecipi della sapienza e, per questo motivo, vuoi far credere che in essi non c'è alcun male, come sarebbe logico, se davvero l'insipienza fosse causa di tutti i mali? Occorrerebbe una disputa sottilissima e limatissima per sapere se i primi uomini siano stati resi superbi dall'insipienza o insipienti dalla superbia, ma, per quanto riguarda la questione che si agita tra di noi, chi ignora che fra tutti gli uomini, chiunque diventi sapiente, lo diventa dalla insipienza? A meno che qualcuno dei messaggeri del Mediatore per una sua grande ed insolita grazia, sia potuto passare alla sapienza direttamente dall'infanzia e non dall'insipienza. Qualora però voi sostenete che ciò possa avvenire per natura senza la fede nel Mediatore, state spandendo l'occulto veleno della vostra eresia. È chiaro infatti che vi adoperate tanto per difendere e lodare solo la natura per dimostrare che Cristo è morto inutilmente 59, mentre noi affermiamo che la fede in lui operante per mezzo della carità 60 viene in aiuto anche a coloro che sono insipienti per natura. Ci sono infatti di quelli che nascono con tanta ottusità da rassomigliare più agli animali che agli uomini. Per spiegare la loro grande ottusità, che in essi sembra connaturale, negando il peccato originale, non potete trovare alcun demerito. Attraverso l'umana esperienza chi non riesce quotidianamente a constatare che il fanciullo dapprima non sa nulla, e man mano, con la crescita, comincia a conoscere cose inutili per giungere, se è del numero dei sapienti, alla retta conoscenza delle cose, arrivando in tal modo dalla infanzia alla sapienza attraverso l'insipienza? Proprio per questo voi vedete che nei bambini la natura umana a cui, quasi fosse sana, con le vostre lodi negate il Salvatore, prima produce il frutto dell'insipienza e poi quello della sapienza, ma non volete vedere il difetto della sua origine, o, il che è peggio, lo vedete e lo negate.Agostino accusato di contraddizione.
5. 19. Dopo aver citato altre mie parole, calunniandomi scrivi che mi contraddico perché da una parte affermo che "l'uomo ribelle è stato ripagato con un corpo ribelle e dall'altra dichiaro che alcune membra del corpo, espressamente nominate, sono al pieno servizio della nostra volontà" 61. Sì, l'ho detto. Escludevo però i genitali, che io chiamavo col nome di corpo. Il corpo obbedisce alla volontà nel movimento delle altre membra, mentre non obbedisce nel movimento dei genitali. Le mie parole pertanto non sono contraddittorie, quantunque debbano tollerare te contrario o perché non comprendi o perché non lasci che gli altri comprendano. Se una parte del corpo non potesse essere chiamata col nome di corpo, l'Apostolo non avrebbe detto: La moglie non può liberamente disporre del proprio corpo, ma il marito; e parimenti neanche il marito può disporre del proprio corpo, ma la moglie 62. Evidentemente egli chiama col nome di corpo le membra che distinguono il sesso e con le quali si attua l'unione. Chi può mai dire che l'uomo non può disporre del suo corpo, se nelle parole dell'Apostolo tu intendi tutto il corpo formato da tutte le membra? Per questo anch'io, al pari dell'Apostolo, ho chiamato col nome di corpo i soli genitali, che il senso comune sa bene di poter muovere non liberamente come il piede o la mano, ma dietro la spinta della libidine. Proprio questo senso comune ride di te, che, spargendo sconvenienti nebulosità in cose manifeste, fai in modo che la necessità c'induca a parlare più a lungo di queste cose vergognose, mentre la rettitudine c'indurrebbe ad usare circonlocuzioni. Chi legge le mie parole che hai cercato di confutare, vede la tua insidia e capisce molto bene cosa intendevo dire nel passo in questione, e questo mi basta.Contraddizioni di Giuliano.
5. 20. Tu però, che hai detto che io mi contraddico nelle mie parole - che sia del tutto falso lo vedrà chiunque, dopo aver ascoltato te, le rileggerà e richiamerà alla mente che l'Apostolo ha chiamato col nome di corpo i soli genitali -, tu dunque, che hai accusato di contraddizione le mie parole e mi hai offeso, dimmi come puoi restare coerente senza contraddirti, dal momento che dapprima hai scritto: "Quando si arriva al momento della seminazione dei figli, le membra create a questo scopo si sottomettono al cenno della volontà, e, a meno che altri impedimenti derivanti da malattia o intemperanza non lo impediscano, obbediscono al comando dello spirito"; e più tardi invece: "Questo genere di movimento, che deve essere incluso tra i molti il cui ordine e la cui disposizione sono ignoti, non richiede il comando ma solo il consenso della volontà". In parte ti sei arreso alla evidenza della verità, ma sei stato costretto ad annullare quanto avevi detto prima. Come è possibile, infatti, che le membra di cui parliamo, secondo la tua prima affermazione, "si sottomettono al cenno della volontà e obbediscono allo spirito", se poi, secondo la tua seconda affermazione, esse "al pari della fame, della sete, della digestione, richiedono non il comando ma il consenso della volontà"? Ti sei molto affaticato a cercare queste parole, che vanno più contro di te che contro di me: che se avessi avuto un po' di pudore, non ti sarebbe stata necessaria alcuna fatica in questo problema. Che giova dichiarare di "vergognarti e di avere quasi orrore di parlare di tali cose ma di esserne costretto dalla necessità", se poi non hai rossore di lasciare scritta una tua affermazione contro cui tu stesso, turbato dall'evidenza della verità, immediatamente dopo hai proferito una contraria? Per la verità il solo accenno alla tua vergogna è già di per se stesso spudorato. Mi piace, però, perché parla contro di te. Sei uno, infatti, che non arrossisce nel lodare la libidine, e dichiara di arrossire nel disputare sui movimenti della libidine!La volontà e il movimento delle membra.
5. 21. Cosa c'era di così grande da capire se, dopo aver affermato: "Il corpo ha in suo potere muovere le membra", ho aggiunto "purché esso sia sano e libero da altri impedimenti"? Il sonno, infatti, quando contro voglia ci opprime, e la stanchezza sono per davvero impedimenti che ostacolano l'agilità delle membra. Tu dici: "Le membra non potrebbero seguire il nostro volere se la loro attitudine non lo consentisse". Evidentemente, nel dire questo, non hai notato che in precedenza avevo per l'appunto detto: "per essere mosse ad azioni a sé consentanee ". È naturale quindi che, se volessimo piegarle dove la loro natura non consente, esse non ci seguirebbero nel compiere azioni ad esse non consentanee. Tuttavia, quando le muoviamo con la volontà ed esse obbediscono, non abbiamo bisogno dell'aiuto della libidine. Quando vogliamo smettere di muoverle, lo facciamo subito, senza che esse siano eccitate contro la nostra volontà dagli stimoli della libidine.I mali sopportati dalla pazienza e quelli frenati dalla continenza.
5. 22. Dicendo che "anche i genitali obbediscono alla volontà dello spirito", parli di una nuova libidine o, meglio, di una antichissima, quale avrebbe potuto esserci nel paradiso se non ci fosse stato il peccato. Ma a che pro trattare di questo con te se, con le parole che seguono, ritratti tutto, dicendo che "i genitali non sono mossi dal comando dell'anima, ma aspettano piuttosto il suo consenso"? Non puoi neppure paragonare questa libidine alla fame o alle altre nostre molestie. Nessuno ha fame, ha sete o digerisce a comando. Quelle di rifocillare o vuotare il corpo, sono esigenze necessarie che bisogna soddisfare affinché il corpo non abbia a deperire o morire. Forse il corpo deperisce o muore se non si acconsente alla libidine? Sappi distinguere quindi i mali che sopportiamo con la pazienza da quelli che freniamo con la continenza. Anche quelli, infatti, sono mali di cui abbiamo potuto fare esperienza in questo corpo di morte. Chi mai potrà dire con certezza o spiegare a sufficienza con quale e quanta tranquilla potestà avremmo potuto dominare anche i movimenti con cui mangiamo o digeriamo in quella felicità del paradiso ? Ben lontano da noi il pensare che avrebbe potuto esservi qualcosa per cui, dall'interno o dall'esterno, il dolore tormentasse, la fatica stancasse, il pudore confondesse, la passione bruciasse, il freddo facesse rabbrividire, o l'orrore spaventasse i nostri sensi.La forza del canto nell'eccitare e nel sedare le passioni.
5. 23. Per qual motivo credi che codesta tua bellissima serva, della quale a me rincresce il parlarne con frequenza, sia pure per disprezzarla, mentre a te non rincresce affatto esaltarla, "diventi più rispettata perché per eccitarla maggiormente la servono anche le altre parti del corpo, quali gli occhi per vedere e desiderare o le altre membra con baci ed abbracci"? Hai trovato pure il modo di assoggettarle le orecchie ed hai innalzato il suo antichissimo ma pur sempre gloriosissimo epitaffio, ricordando lo scritto di Tullio nell'esposizione dei suoi Consigli: Dopo che alcuni giovanotti ubriachi ed eccitati, come succede, anche dal suono dei flauti, avevano infranto le porte di una donna casta, si racconta che Pitagora pregò il flautista di suonare un canto lento. Non appena quello cominciò ad eseguirlo, la furente esuberanza di quei giovani si calmò sia per la lentezza del movimento sia per la gravità del canto 63. Nota con quanta maggior congruenza, ho detto che in certo senso appartiene al suo diritto l'essere servito dagli altri sensi per portare a termine la sua opera o per rilassarsi dalla sua commozione. Ho detto questo perché, come tu stesso hai confessato, "ad essa si può acconsentire più che comandare". Se fosse al servizio del volere dell'uomo, essa non potrebbe "essere eccitata da altri stimoli, spezzata o moderata da un suono", come tu stesso affermi. Le donne poi, che tu credi immuni da questo movimento, benché possano sottostare alla concupiscenza dell'uomo anche quando non sentono la propria, con quanta veemenza sentano il suo impeto, a cui si oppone il decoro e l'onestà delle caste, lo si chieda a Giuseppe 64. Quale uomo di Chiesa, avresti dovuto essere ammonito dalla musica ecclesiastica più che dalla pitagorica e sapere ciò che la cetra di Davide ha prodotto su Saul, allorché egli era tormentato dallo spirito cattivo ed il suono di quella cetra toccata dal santo l'ha fatto rinsavire 65. Non giudicare buona la concupiscenza della carne per il fatto che talvolta vien frenata dalla musica!La Chiesa significata dal paradiso terrestre.
6. 24. "Quanto giustamente Geremia, insieme al coro dei Profeti e dei Santi, ha esclamato: Chi cambierà il mio corpo in una fonte di acqua e i miei occhi in una sorgente di lacrime? 66"; perché potesse piangere i peccati del popolo stesso! Dici queste parole strepitando perché la Chiesa di Cristo scaccia i maestri dell'errore pelagiano. Se davvero volessi piangere salutarmente, piangeresti per essere implicato in quell'errore, e con quelle lacrime ti purificheresti da codesta nuova peste. O forse ignori, dimentichi o rifiuti di pensare che la Chiesa santa, una e cattolica è stata indicata anche col nome di Paradiso? Perché vi meravigliate di essere estromessi da questo paradiso quando volete introdurre la legge, che nelle nostre membra contrasta con la legge della mente, nell'altro paradiso da cui siamo stati estromessi ed in cui non potremo tornare se in questo paradiso non l'avremo sconfitto? Se questa concupiscenza infatti che tu difendi non contrastasse la legge della mente, nessun santo si impegnerebbe nella lotta contro di essa. Tu stesso invece hai confessato che contro di essa, che tu proteggi, i santi hanno esercitato "gloriose lotte". Questa è la legge in conflitto con la legge della mente in questo corpo fonte di morte, dalla quale l'Apostolo affermava di essere liberato dalla grazia di Dio, per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro 67. Comprendi una buona volta con quante lacrime debbono essere pianti questi nemici della grazia e con quanta attenzione debbono essere evitati perché non portino con sé altri alla rovina? Con la vostra innovazione, infatti, cosa comune a tutti gli eretici, accrescete "la cattiveria di questo tempo già decadente". Siete la rovina dei costumi, voi che cercate di sovvertire le fondamenta stesse della fede, sulle quali si debbono edificare i costumi; "siete la morte del pudore" se non vi vergognate di lodare le cose contro cui combatte il pudore. Questo piuttosto deve sentire la Chiesa che è detta vergine, perché possa guardarsi da voi; questo le matrone, questo le sacre vergini, questo tutta la pudicizia cristiana. Non dicono infatti con i manichei, come osi insinuare, "che nella loro carne è insita una necessità del male", coeterno a Dio e a lui consustanziale, ma insieme all'Apostolo dicono semplicemente: Vedo nelle mie membra una legge che ripugna alla legge della mia mente 68, legge che viene sottoposta al potere dell'anima in virtù della grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro, per essere castigata in questo corpo fonte di morte, per essere sciolta nella morte del corpo e per essere sanata nella risurrezione del corpo e nella morte della morte. Esse attuano la santa professione non solo nell'abito esteriore, ma nell'anima e nel corpo, e l'attuano non restando prive della concupiscenza della carne, cosa impossibile quaggiù, ma superandola, cosa possibile quaggiù. Ascoltino questo, dunque, perché possano guardarsi da voi fino a quando non saranno libere da essa. Se provassi a chiedere a tutti i santi, quasi immaginando un auditorio nel quale ambiscano recitare due attori, se essi preferiscano ascoltare quello che loda o piuttosto quello che disprezza la libidine, cosa credi che sceglieranno la lotta dei continenti, il pudore degli sposati, la castità di tutti? Credi forse che allontaneranno dalle loro orecchie il disprezzo della libidine per ascoltare volentieri la lode di essa? Non si può credere che il pudore sia sparito fino a tal punto che tu possa esporre quest'infamia se non in un auditorio presieduto dal maestro Celestio o Pelagio, circondati dai loro discepoli.La concupiscenza è un vizio, non un'energia indomabile.
7. 25. A questo punto passi a considerare le altre mie parole, ove ho affermato: "Quando quei primi uomini sentirono nella propria carne questo movimento sconveniente proprio perché ribelle, e si vergognarono della propria nudità, coprirono quelle membra con foglie di fico, affinché ciò che si muoveva contro la loro volontà fosse almeno coperto dalla scelta del loro pudore; e perché si vergognavano di un piacere sconveniente, ricoprendolo, si compisse ciò che era conveniente" 69. Dopo aver citato queste mie parole, con vuota euforia mi avverti che l'hai già confutato nel secondo libro e nella prima parte di questo terzo a cui sto ora rispondendo. Siccome ho detto che "il movimento della libidine è sconveniente proprio perché ribelle", vorresti far credere che io abbia detto che "non è soggetta né al corpo né allo spirito, ma è sempre indomita per la sua virtù selvaggia". Per la verità non ho mai detto infatti che è una virtù, ma un vizio. Se non si eccita con la concupiscenza, perché mai la castità dovrebbe combatterla con la continenza? Dove vanno a finire quelle "gloriose lotte" dei santi che tu stesso hai affermato di combattere contro di essa? Per quanto attiene alla castità, dunque, sul fatto che essa si salva reprimendo, sconfiggendo e frenando la libidine, evitando di lasciarla scivolare verso alcunché di illecito, dici la stessa cosa che dico io. Che sia buona la libidine, però, che deve essere repressa, sconfitta e frenata affinché non attragga verso l'illecito con la sua incessante bramosia, lo dici tu, non io. Chi di noi dica il vero lo giudichino i casti, che daranno retta non alla tua lingua ma alla loro esperienza; lo giudichi pure l'Apostolo quando dice: Vedo nelle mie membra un'altra legge in contrasto con la legge della mia mente 70.Il diavolo non è il creatore, ma il corruttore della natura.
7. 26. "I paterniani e gli stessi venustiani 71 - tu dici - eretici molto simili ai manichei, sostengono che il corpo umano dai fianchi fino ai piedi è stato fatto dal diavolo; le parti superiori invece le ha collocate Dio come su di un piedistallo. Dall'uomo, essi aggiungono, null'altro si richiede se non di serbare monda l'anima che, a loro dire, risiede nello stomaco e nella testa. A lui nulla importa, essi dicono, se la zona pubica si macchia di ogni genere di lordura. E così, per servire turpemente la libidine, le attribuiscono sempre il titolo della propria potestà". Affine a questa opinione, tu dici, è ciò che ho detto nel mio libro: "per un senso di pudore è stato coperto ciò che si muoveva contro la volontà; perché la libidine, non servendo la volontà per suo diritto accende il corpo". Credi davvero di poter sfuggire alla forza della verità associandoci con la calunnia a compagni di falsità? Le cose che ho poste nel mio libro, a cui volesse il cielo avessi preferito credere anziché resistere, sono ben lontane dalle tesi paterniane e venustiane. Secondo la fede cattolica, infatti, attribuisco a Dio, sommo e verace, la creazione di tutto l'uomo, di tutta l'anima e di tutto il corpo, mentre dico che il diavolo non ha creato la natura umana o una parte di essa, ma l'ha solo viziata. Contro questa piaga diabolica, che dovrà essere sanata con l'aiuto di Dio, dobbiamo combattere fin quando non ne saremo completamente liberati. Per quanto puro possa essere in questa vita, l'uomo non potrà mai serbare del tutto monda l'anima per la quale il corpo vive, se asseconderà la concupiscenza della carne nel perpetrare delitti o altre lordure. Per quanto attiene a codesta tua calunnia, hai forse da dire qualcosa contro queste mie parole? Se questo è poco, sono pronto a condannare e ad anatematizzare le cose che hai detto pensano i paterniani e i venustiani. Aggiungo anche i manichei; e gli uni e gli altri, al pari di tutti gli eretici, li maledico, li condanno, li anatematizzo, li detesto. Che vuoi di più? Lascia stare le calunnie e combatti con le ragioni, non con le frodi. Rispondimi piuttosto: donde viene ciò a cui, se non si resiste, nessuna castità si salva? Non è certamente una natura o una sostanza, come sostengono i venustiani e i manichei: se non è un vizio della natura, che cosa è? S'innalza, lo reprimo; insiste, lo tengo a freno; contrasta, lo sconfiggo. In tutta l'anima e in tutto il corpo ritengo Dio Creatore della pace: chi ha dunque seminato in me questa guerra? O Apostolo, risolvi tu la questione e rispondi: Per opera di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini, perché tutti in lui peccarono 72. Giuliano non vuole. O glorioso Apostolo, rispondi anche a lui: Se qualcuno vi annuncia un Vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema 73!Si vuol sapere se la concupiscenza sia un bene o un male.
7. 27. "Se concedo - come tu dici - che il male della libidine è invincibile, mi professerò difensore della turpitudine; se invece riconosco di aver detto che è un male naturale, ma che ha la possibilità di essere sconfitto, vale a dire che ce se ne può guardare", immediatamente ti rallegrerai per la seconda parte della tua tesi. "Dal momento che sono in grado di vincere il male della concupiscenza, tu scrivi, gli uomini possono evitare tutti i peccati. Se la libidine infatti è un male naturale e la si vince con l'amore della virtù, a maggior ragione potranno essere sconfitti gli altri vizi che dipendono solo dalla volontà". Spesso ed in mille modi ho risposto a questi vostri argomenti. Finché viviamo quaggiù, dove la carne ha voglie contro lo spirito e lo spirito contro la carne 74, per quanto possiamo essere superiori in questo conflitto e non offriamo le nostre membra quali armi di ingiustizia al servizio del peccato, piegandoci alle sue voglie 75, tuttavia, per tacere dei sensi del corpo, nelle stesse cose lecite a causa degli eccessi della sopravvenuta voluttà, ed ancor più nei movimenti e nei sentimenti dei nostri pensieri se diciamo di non aver peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi 76. Invano, dunque, esulti per la seconda parte della tua tesi, a meno che, con sacrilega presunzione, tu non voglia ripudiare l'affermazione dell'apostolo Giovanni. Circa la nostra questione, anch'io dico che la libidine è un male naturale, poiché con essa nascono tutti gli uomini; tu dici molto di più affermando che con essa è stato creato il primo uomo. Che la libidine debba essere vinta e che per vincerla è necessario resisterle e contrastarla lo dico io e lo dici anche tu, perché non abbia a sentire da me le parole che tu stesso mi hai rivolto: "Sarai difensore della turpitudine, se negherai che la libidine dev'essere sconfitta", e certamente non sarà sconfitta se contro di essa non si fa alcuna guerra. Poiché entrambi diciamo che la libidine è naturale e che essa può essere vinta, la nostra controversia verte solo sul fatto se vinciamo un bene o un male. Quanto sei assurdo! Vuoi sconfiggere come nemico la libidine e non vuoi chiudere la questione riconoscendola come male, cosicché, il diavolo, se non ti vince con l'avversità della concupiscenza, ti vince con la perversità della tua dottrina.La libidine è un vizio, non la natura dell'uomo.
7. 28. Non ancora ti svegli per capire che non è la nostra natura ma solo un vizio quello contro cui combattiamo con la virtù? Non vinciamo infatti un bene col bene, ma un male col bene. Pensa con chi vince, con chi è vinta. Quando la libidine vince, infatti, è il diavolo che vince; quando la libidine è vinta, è il diavolo che è vinto. Nemico della libidine, quindi, è ciò che la libidine vince e ciò da cui è vinta; suo autore invece è colui col quale vince o è vinta. Apri gli occhi, ti scongiuro, e guarda le cose che sono tanto evidenti. Non c'è battaglia senza un male. Quando si combatte, infatti, il bene combatte contro il male o il male contro il male. Se poi due beni si combattono fra di loro, la battaglia stessa è un grande male. Così nel corpo, quando succede che le sue componenti, l'umido e il secco, il caldo e il freddo, benché siano in se stesse contrarie, non hanno tra di loro il giusto equilibrio, vengono fuori le indisposizioni e le malattie. Chi oserà affermare che qualcuno di essi non è un bene, dal momento che tutte le creature di Dio sono un bene e, nell'inno dei tre fanciulli, il caldo e il freddo benedicono il Signore 77? Quantunque tra di loro contrarie, queste componenti conservano un equilibrio per il buon andamento delle cose. Quando, invece, nel nostro corpo entrano in discordia e si combattono reciprocamente, la salute viene turbata. Tutto questo e la morte stessa provengono dalla propagazione di quella colpa. Nessuno, infatti, oserà dire che li avremmo sofferti in quella felicità del paradiso, se non ci fosse stato il peccato. Una cosa però sono le qualità del corpo che, pur tra loro contrarie, se sono temperate, possiamo stare in buona salute; mentre pur buone nel loro diverso genere, diventano causa di malattia se entrano in discordia; ed altra cosa sono le passioni dell'anima, che sono dette della carne appunto perché l'anima ha voglie secondo la carne, allorquando queste voglie sono tali che lo spirito, vale a dire la parte migliore e superiore dell'anima le deve contrastare. Questi vizi non hanno bisogno di nessun medico del corpo, ma vengono curati solo dalla grazia medicatrice di Cristo, prima perché siano liberati dal reato, poi perché non vincano nella lotta, ed infine perché, sanati in ogni parte, spariscano del tutto. Pertanto, siccome è male desiderare cose cattive, ed è bene desiderare cose buone e, siccome finché si vive quaggiù, questa guerra non dà tregua perché la carne ha voglie contro lo spirito e lo spirito contro la carne; chi mi libererà da questo corpo fonte di morte se non la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro? Abbiamo in orrore il vostro domma, perché troppo nemico della grazia di Cristo.Almeno nell'attuale concupiscenza si deve ammettere un vizio originale.
7. 29. Da uomo fortissimo, se non direttore, certo esortatore e predicatore delle guerre notturne, dichiari che è "flaccida e fiacca l'opinione secondo cui si crede che nel paradiso i genitali potevano essere mossi ad arbitrio della volontà". Da uomo casto, a te pare che l'animo sia tanto più effeminato quanto più ha potere sul corpo. Noi non discutiamo con voi sulla presenza o l'assenza della libidine, né offendiamo l'amore che vi vediamo nutrire per essa, ma vogliate sottometterla al comando della volontà, almeno in quel luogo di felicità. Togliete da lì l'evidentissima guerra che si ha quando lo spirito si oppone alla sua sollecitazione e togliete pure quella sozza tranquillità che si ha quando la mente si adatta al dominio di essa. Certamente ora non la vedete così come è stata all'inizio. Se non vi muove la ragione, sia almeno il pudore a costringervi a riconoscere in essa, quale è ora, il peccato originale; essa ci porterà alla perdizione se la serviamo e che contrastiamo appunto per non servirla. Ecco ciò che lodi e non temi, che ti si possa rimproverare di spingere gli uomini alle nefandezze, non contrastando la concupiscenza che tu presenti come un bene naturale. Qual giovamento ti porta dare l'impressione di riprovarne l'eccesso, quando ne approvi il movimento? Solo allora infatti oltrepassa il limite lecito quando si acconsente al movimento. Essa è tuttavia cattiva anche quando non le si acconsente, perché si resiste a un male affinché non muoia il bene della castità qualora non lo si contrastasse. Dichiarandola naturalmente buona, con astuzia insinui che si deve sempre acconsentire ad essa, affinché non ci si opponga con insano impegno ad un bene naturale. In tal modo potrebbe facilmente rivelarsi vera la vostra tesi secondo cui l'uomo, se vuole, può essere senza peccato. Non c'è motivo infatti di fare ciò che non è lecito, dal momento che è lecito tutto ciò che piace, poiché è buono tutto ciò che piace secondo natura. Quando ci sono, dunque, si goda dei piaceri e, quando non ci sono, ci si diletti dei pensieri, come riteneva Epicuro. Non ci saranno peccati e non ci si priverà di alcun bene. Non si opponga resistenza ai movimenti naturali secondo i dettami di qualsivoglia dottrina, ma, come ha detto Ortensio: Allora si segua la natura, quando senza il maestro si percepirà quello che la natura desidera 78. Essa che è buona, infatti, non può desiderare il male né ad essa che è buona si può negare alcun bene. Si faccia dunque tutto quello che la libidine buona desidera affinché non diventi cattivo chi si oppone ad un bene.La dottrina pelagiana combattuta in quest'opera.
7. 30. Io non dico questo, mi obietterai, ed è ingiusto che mi faccia pensare cose che non dico. Ebbene, non fare quello che non vuoi si faccia a te e non dire che "invitiamo a piacevoli furti coloro a cui ricordiamo le parole dell'Apostolo: So infatti che il bene non dimora in me, vale a dire nella mia carne 79". Anche se non pongono quaggiù in atto il bene che vogliono, quello cioè di non avere la libidine, compiono tuttavia il bene non andando dietro alle sue voglie 80. Se credete di insegnare la castità quando predicate: "Non lasciatevi vincere dal bene, ma trionfate col bene sul bene", quanto a maggior ragione la insegniamo noi quando predichiamo: Non lasciatevi vincere dal male, ma trionfate sul male col bene 81. Comprendi quanto è ingiusto non credere che noi sconfiggiamo quello che disprezziamo, mentre non vuoi che si creda che tu goda di quello che lodi. Come è possibile che non possano essere casti i nemici della libidine, se lo possono essere anche i suoi amici? Negando il peccato originale e togliendo ai piccoli il salvatore Gesù, voi volete introdurre nel paradiso, prima del peccato, la legge del peccato, che contrasta alla legge della mente. Questo confutiamo in voi in quest'opera. Non vogliamo essere giudici di cose che non vediamo in voi, né sentiamo da voi, e non ci importa cosa facciano di nascosto quelli che apertamente lodano la libidine.La bontà del matrimonio è distinta dal male della concupiscenza.
8. 31. Dopo aver citato altre mie parole, hai creduto di poter confutare la mia distinzione tra il matrimonio e la concupiscenza dei primi uomini che presentavo in questi termini: "Quello che in seguito hanno fatto per la propagazione è il bene del matrimonio; quello che prima avevano coperto per la vergogna, invece, è il male della concupiscenza" 82. Hai pensato di confutare questa affermazione dicendo: "Non è possibile che una cosa buona non abbia la lode insieme all'altra cosa senza di cui non può esistere". Praticamente vorresti accomunare nella lode il matrimonio e la concupiscenza. Osserva un po' come questa tua tesi, che pare definitiva, va a rotoli. Tutte le cose create da Dio, innanzitutto, non possono essere immuni da mali, ma non per questo detti mali possono essere accomunati ai beni nella lode. Se è impossibile poi che una cosa buona non abbia la lode insieme all'altra cosa senza di cui non può esistere, ne segue che è impossibile che una cosa cattiva non abbia il disprezzo insieme all'altra cosa senza di cui non può esistere. Disprezziamo dunque le opere di Dio così come disprezziamo i mali che non possono esistere senza di quelle. Nessun male infatti esiste se non in un'opera di Dio, né può esistere altrove fuori di essa. Per non andare lontano, disprezza le membra umane come disprezzi l'adulterio, che non può aversi senza di esse. Se rifiuti di farlo per non apparire manifestamente insano anche a te stesso, devi ammettere che il bene del matrimonio può non avere la lode insieme alla libidine, di cui ora non può fare a meno, così come qualsiasi male può non avere il disprezzo insieme all'opera di Dio, senza di cui non può mai esistere. Dimostrata falsa e vuota la tua asserzione, saranno false e vuote tutte le conseguenze che ne hai dedotte.Il piacere della carne può essere vinto.
8. 32. Non ho mai detto che "il piacere della carne è invincibile", come calunniosamente mi fai abitualmente dire. Entrambi affermiamo che esso può e dev'essere vinto. Tu però parli di un bene che si oppone ad un bene, io invece di un male che si oppone ad un bene. Tu dici che può essere vinto con le proprie forze, io invece che può esserlo solo con la grazia del Salvatore, cosicché sia vinto non da un'altra riprovevole voglia, bensì dall'amore di Dio che si è riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo elargitoci 83, e non per mezzo delle nostre forze.Giuliano di nuovo si appella all'insegnamento dei filosofi.
8. 33. "Inutilmente ti affanni - mi dici - di aver dimostrato qualcosa sulla testimonianza dell'Apostolo, circa la vergogna di quei primi uomini ed il nascondimento delle parti delicate". Tu infatti chiami "meno decenti" quelle parti che egli dichiara disoneste, ma su questo abbiamo già ampiamente discusso 84. Inutilmente ritorni ancora una volta a Balbo ed alla letteratura dei filosofi 85, quasi che Balbo ti restituisca la parola quando non puoi trovare altro da dire sulla vergogna di quei primi uomini. Volesse il cielo che almeno ti arrendessi a talune opinioni veritiere dei filosofi e le ascoltassi a cuore aperto! Essi hanno chiamato lusinga ed esca del male i piaceri, e parte viziosa dell'anima la libidine. Balbo ha detto che nel nostro corpo gli organi della digestione sono alieni dai sensi. Questo è vero in quanto il cibo che digeriamo non alletta i nostri sensi, ma li disgusta. Proprio per questo la parte attraverso cui il cibo viene espulso è naturalmente occultata dalle altre parti sporgenti, così come avveniva anche quando erano nudi ma non si vergognavano. Subito dopo il peccato, i primi uomini hanno coperto non le membra nascoste, ma quelle poste allo scoperto. Quanto più la vista di esse offriva diletto anziché paura, e quanto più eccitava la tua protetta, tanto più diventava compito del pudore il coprirle.L'intenzione e l'opera degli sposi cristiani.
8. 34. Se non agisci per inganno, non hai compreso affatto quello che ho detto "sulla claudicazione ed il raggiungimento" 86. Con "raggiungimento" non ho inteso significare l'uomo che nasce dall'unione coniugale, come pensi o fingi di pensare, ma semplicemente il bene che è insito nel fine del matrimonio, anche se da esso non nasce nessuno. Compito dell'uomo è porre il seme, compito della donna riceverlo. Qui termina l'opera dei coniugi. Fin qui, io ho detto, non è possibile arrivare senza zoppicare, vale a dire, senza la libidine. Che il feto sia concepito e possa nascere è opera di Dio, non dell'uomo. Con questo intento e con questa volontà, tuttavia, il matrimonio compie anche il bene che appartiene alla sua opera. Ma poiché lo stesso feto nasce per la condanna finché non rinasce, il matrimonio cristiano, non per opera propria, come il camminare, ma per il fine della volontà arriva a generare coloro che dovranno essere rigenerati. Per questo in esso c'è la vera castità, quella cioè che piace a Dio. Senza la fede, infatti, è impossibile piacere a Dio 87.Lo scopo dell'unione coniugale non è il piacere della carne, ma la volontà della prole.
9. 35. Dopo di questo arrivi al punto dove ho parlato della testimonianza dell'Apostolo: Ciascuno sappia possedere il proprio corpo - la propria consorte cioè - non seguendo la spinta della concupiscenza come i pagani che non conoscono Dio 88. Commentando queste parole scrivevo: "Non è stata proibita l'unione coniugale, l'accoppiamento cioè onesto e lecito, ma solo che la sua finalità sia il piacere della carne e non la volontà della prole. Quello che non può essere compiuto senza la libidine, lo si compia, ma non per la libidine" 89. A questo punto tu esclami: "O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! 90 che, al di fuori della futura retribuzione delle opere, ha voluto che per larga parte il libero arbitrio esercitasse una forma di giudizio. Molto giustamente, infatti, il buono e il cattivo sono lasciati a se stessi affinché il buono possa godere di se stesso ed il cattivo possa patire di se stesso". La tua esclamazione esula dalla questione da cui ti senti pressato e col tuo grido non riesci a sollevare il peso da cui sei oppresso, tenendo stretto tra i denti il vostro domma secondo il quale, per decreto divino, è lasciato a se stesso anche l'uomo buono così che non gli sia necessaria la grazia di Dio, come se fosse capace di agire da solo. Ma non è così. Quelli invero che sono lasciati a se stessi ed agiscono da sé non sono buoni perché non sono figli di Dio. Sono infatti quanti vengono mossi dallo Spirito di Dio i veri figli di Dio 91. Voglio sperare che in questa affermazione riconoscerai il domma dell'Apostolo dal quale è sconfitto il vostro domma.Peccati e pene di peccati.
9. 36. In te tuttavia c'è una contraddizione che non posso passare sotto silenzio. Ricordi quanto a lungo hai parlato contro una chiarissima verità dedotta dall'Apostolo, dicendo: "In nessun modo può avvenire che una cosa sia ad un tempo peccato e pena del peccato"? Perché mai ora, dimentico di tanta tua loquacità, esalti la profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio, che, "al di fuori della futura retribuzione delle opere, ha voluto che per larga parte il libero arbitrio esercitasse una forma di giudizio? Molto giustamente infatti - secondo le tue parole - il buono e il cattivo sono lasciati a se stessi affinché il buono possa godere di se stesso per l'opera buona, ed il cattivo possa patire di se stesso per l'opera cattiva". Per lui senza dubbio questo è peccato perché compie il male, ed è pena del peccato perché ne soffre in se stesso, cosicché per gran parte il giudizio, col quale il bene viene retribuito col bene ed il male col male, compete al libero arbitrio in virtù del quale il buono, agendo rettamente, gode di se stesso e il cattivo, peccando, soffre di se stesso. Ti rendi conto come, con vuota iattanza, vai ventilando le tue armi sterili e spuntate e ti esponi senza difesa alle ferite o addirittura sei tu stesso a ferirti? E poi dici che le mie parole sono contraddittorie perché ho detto, certamente non come tu mi calunni, che "l'unione dei corpi è stata scoperta dal diavolo", dal momento che anche se nessuno avesse peccato, non altrimenti i figli sarebbero nati se non con l'unione dei due sessi. Io invece ho detto che "la disobbedienza della carne, che nel corpo ci si presenta in contrasto con lo spirito, è stata causata dalla ferita del diavolo". Ho detto inoltre che "questa legge del peccato in contrasto con la legge della mente è stata da Dio inflitta per vendetta e che perciò è pena del peccato". Affermi che queste parole sono contraddittorie: quasi che sia impossibile che un unico ed identico male sia inflitto ai peccatori dalla cattiveria del diavolo e dalla giustizia di Dio. Eppure lo stesso diavolo è ostile all'uomo per la sua cattiveria ed anche perché dal decreto divino gli è stato permesso di nuocere ai peccatori. Sotto questo aspetto non sono contraddittorie neppure le parole della Scrittura che dicono: Dio non ha fatto la morte 92, e: La vita e la morte sono da Dio 93. Ingannatore dell'uomo, il diavolo è causa della morte che Dio ha introdotto non quale suo primo autore, ma quale vendicatore del peccato. Abbastanza lucidamente in verità, tu stesso hai risolto questa questione affermando che l'uomo cattivo è stato lasciato a se stesso, cosicché l'essere a se stesso supplizio deriva dal giudizio di Dio e dal libero arbitrio, e che non è contraddittorio il fatto che della pena egli ne è l'autore e Dio il vendicatore.Confusione tra volontà e voluttà
9. 37. Tu però abusi delle menti più deboli. Non voglio dire infatti che anche tu non capisci fino a non distinguere queste due parole, e che con maligna furbizia o tenebrosa cecità le confonda, volontà, cioè, e voluttà. Come per i sordastri questi nomi suonano identici, così credi di poter convincere i cuori sordastri che esse hanno lo stesso significato. Da qui credi o vuoi che si creda che le mie tesi sono contraddittorie, quasi che riprovi quello che prima approvavo o abbracci quello che prima respingevo. Ascolta dunque la mia chiara opinione, e comprendila o almeno lascia che gli altri la comprendano, evitando di spargere dinanzi alla serenità di una sincerissima verità la caligine di una nebulosa disputa. Come è cosa buona fare buon uso delle cose cattive, così è cosa onesta fare buon uso delle cose disoneste. Per questo l'Apostolo ha dichiarato disoneste le stesse membra 94, non per la bellezza dell'opera divina, ma per la sozzura della libidine. Né i casti sono spinti dalla necessità agli stupri: per non essere spinti a commettere cose disoneste, resistono alla disonesta libidine, senza la quale tuttavia non possono onestamente procreare i figli. Così accade che per i coniugi casti c'è la volontà nella procreazione e la necessità nella libidine. Da un fatto disonesto, quindi, si ha l'onestà della procreazione quando la castità non ama ma tollera la libidine dell'unione.La procreazione non dev'essere fatta per il piacere.
9. 38. Volentieri sei solito ricordare frasi di autori pagani che credi possano esserti di giovamento. Per quanto ti è possibile, rifletti con cuore sincero su quello che il poeta ha cantato di Catone:Per la città è padre, per la città marito;
amante della giustizia, rigido custode dell'onestà,
buono in tutto; in nessuna azione di Catone
si insinuò e trovò parte alcuna l'innata voluttà 95.
Che uomo sia stato Catone e se fu vera virtù e vera onestà quella lodata in lui, è un'altra questione. A qualsiasi finalità abbia riferito i suoi doveri, è certo che non senza voluttà ha procreato i figli. Purtuttavia in nessuna azione di Catone si è insinuata o ha trovato parte alcuna l'innata voluttà, poiché quello che non faceva senza voluttà, non lo faceva per la voluttà. Se è vero quello che si dice di lui, pur ignorando Dio, possedeva il suo corpo senza seguire la spinta della concupiscenza. E tu non vuoi capire le parole dell'Apostolo: Ciascuno sappia possedere il proprio corpo, non seguendo la spinta della concupiscenza, come i pagani che non conoscono Dio 96.