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Sabato, 27 aprile 2024 - Santa Zita ( Letture di oggi)

Contro Fausto Manicheo - Libro trentatreesimo

Sant'Agostino di Ippona

Contro Fausto Manicheo - Libro trentatreesimo
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I Manichei e la salvezza dei Patriarchi: discussione su Mt 8,11.

1. FAUSTO. " Sta scritto nel Vangelo: Molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli 1. Perché dunque voi non accettate i patriarchi? ". Lungi da noi invidiare un qualsiasi mortale che Dio, guardandolo con misericordia, abbia ricondotto dalla perdizione alla salvezza: però attribuiamo ciò alla clemenza di colui che ha avuto compassione, non al merito di colui la cui vita, non potresti negarlo, fu riprovevole. Per questo, ammettiamo pure che i padri dei Giudei, cioè Abramo, Isacco e Giacobbe (se la testimonianza di Cristo su di loro da voi addotta è autentica), sebbene furono viziosi in sommo grado (come indica forse Mosè loro pronipote, oppure un autore diverso che nella storia chiamata Genesi ne scrisse le vite, degne, secondo noi, di ogni disprezzo e ripugnanza) si trovino già nel regno dei cieli, in un luogo che mai avevano creduto né sperato, come appare assai chiaramente dai loro libri: purché tuttavia sia chiaro, anche per vostra ammissione, che poterono giungere a ciò che sta scritto di loro, se mai vi giunsero, dopo un lungo intervallo di tempo, essendo stati liberati dalla tetra punizione del carcere degli inferi, ove scontavano i meriti della loro vita, da Cristo nostro Signore per mezzo della sua mistica passione. Infatti, non perché il medesimo nostro Signore liberò dalla croce un certo ladrone e gli disse che in quello stesso giorno sarebbe stato con lui nel paradiso di suo Padre 2, qualcuno ne ha invidia o può essere così disumano da dispiacersi per la dimostrazione di tanta benevolenza. Tuttavia, non diremo certo che la vita e i costumi dei ladroni sono degni della nostra approvazione, per il fatto che Gesù concesse il perdono al ladrone, o perché perdonò ai pubblicani e alle prostitute i loro errori e disse che costoro precederanno nel regno dei cieli quelli che si comportano con superbia 3. Egli infatti, assolvendo dalle accuse dei Giudei una donna sorpresa nell'illegalità e in adulterio, le ordinò di smettere di peccare 4. Pertanto, se fece qualcosa di simile anche con Abramo, Isacco e Giacobbe, rendiamogli grazie: ci insegna che così agisce con le anime colui che fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti 5. Tuttavia, nella vostra opinione in materia una sola cosa mi infastidisce: perché mai ritenete che soltanto i padri dei Giudei, e non anche i patriarchi degli altri popoli, abbiano sperimentato qualche volta la grazia del nostro liberatore, soprattutto considerando che la Chiesa cristiana è composta più di figli loro che della discendenza di Abramo, Isacco e Giacobbe? Ma dici che quelli adorarono gli idoli, mentre questi Dio onnipotente, e che per tale motivo Gesù ebbe cura soltanto di loro. Il culto del Dio onnipotente fa dunque precipitare nel tartaro, e chi ha tributato culto al Padre ha bisogno dell'aiuto del Figlio? Ma vedrai tu. Per il momento, dicevo, ammettiamo pure che quelli furono condotti in cielo non perché lo meritassero, ma perché la divina clemenza vince la forza dei peccati.

Le frase di Gesù è un falso, perché Matteo e Luca si contraddicono.

2. Tuttavia la divergenza tra gli scrittori ci rende dubbiosi e incerti sul fatto che Cristo abbia detto quelle parole. Infatti, nonostante due evangelisti, Matteo e Luca, narrino parimenti di un centurione che aveva un servo ammalato, a proposito del quale Gesù sembra aver affermato che in Israele non si era mai trovata una fede così grande come in quell'uomo, sebbene fosse un gentile e un pagano, perché aveva detto che non era degno che Gesù entrasse sotto il suo tetto, ma lo pregava solo di ordinare con una parola e il suo servo sarebbe guarito, tuttavia soltanto Matteo aggiunge che Gesù continuò dicendo: In verità vi dico, molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli e manderanno fuori nelle tenebre i figli del regno. Con i molti che dovevano venire intendeva i pagani, in riferimento al centurione, che era un Gentile e tuttavia si era trovata in lui una fede così grande; e chiamava " figli del regno " i Giudei, nei quali non si era trovata alcuna fede. Invece Luca, sebbene ritenne di dover inserire nel suo Vangelo, fra le opere mirabili di Cristo, anche questa, come imprescindibile e degna di essere ricordata, non fa lì alcuna menzione di Abramo, Isacco e Giacobbe. E se qualcuno afferma che lo tralasciò perché era già stato detto a sufficienza da Matteo, perché allora racconta il comportamento nei confronti del centurione e il suo servo, che ugualmente ci era già stato ben presentato con sollecitudine da Matteo? Siamo in presenza di un falso. Infatti, a proposito della stessa supplica per la venuta di Gesù, Matteo dice che il centurione si recò da lui di persona per chiedergli la guarigione, mentre Luca no, bensì che inviò da Gesù gli anziani dei Giudei i quali, affinché egli non fosse da lui rifiutato in quanto Gentile - costoro infatti vogliono che Gesù sia pienamente Giudeo - gli si presentarono per convincerlo, affermando che era degno di essere esaudito perché amava il suo popolo e gli aveva edificato una sinagoga. Come se al Figlio di Dio importasse qualcosa, se i Giudei avevano meritato l'edificazione della loro sinagoga 6 da parte di un centurione pagano! Tuttavia anche Luca non ha taciuto completamente queste parole, domandandosi, credo, se per caso non fossero autentiche: però cambia loro di posto, applicandole a una situazione assai diversa, ovvero quando Gesù dice ai suoi discepoli: Sforzatevi di entrare per la porta stretta: molti infatti cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa sarà entrato e avrà chiuso la porta, comincerete a bussare da fuori, dicendo: " Signore, aprici ". Ma rispondendo dirà: " Non vi conosco ". Allora comincerete a dire: " Abbiamo mangiato e bevuto alla tua presenza e hai insegnato nelle nostre piazze e sinagoghe ". E dirà: Non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti, operatori d'iniquità. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti entrare nel regno dei cieli mentre voi ne siete cacciati fuori. E verranno da oriente e da occidente, da mezzogiorno e da settentrione e siederanno a mensa nel regno di Dio 7. Questo fatto, che cioè saranno esclusi dal regno di Dio molti che avranno portato solo il nome di Cristo ma non ne avranno compiuto le opere, anche Matteo non omise di scriverlo 8, però in quel punto non fa alcuna menzione di Abramo, Isacco e Giacobbe. A sua volta, anche Luca scrisse del centurione e del suo servo, ma parimenti lì non attesta nulla su Abramo, Isacco e Giacobbe: cosicché, visto che non si può sapere con certezza dove questa frase fu detta, nulla impedisce di credere che non fu detta affatto.

In ogni caso, le vite dei Patriarchi furono deprecabili e prive di merito.

3. A ragione, dunque, noi non prestiamo mai ascolto senza giudizio e criterio a simili scritture, così discordi e diverse, ma esaminando tutto e comparando una cosa con l'altra ponderiamo se Cristo possa aver detto qualcosa oppure no. Infatti i vostri antenati hanno inserito nei discorsi di nostro Signore molte affermazioni che, segnate col suo nome, non si accordano con la sua fede, soprattutto perché, come già spesso abbiamo dimostrato, non furono scritte né da lui né dai suoi apostoli, ma furono raccolte molto tempo dopo la loro morte non so da quali semi-Giudei, essi stessi in disaccordo tra loro, sulla base di dicerie e opinioni: costoro tuttavia, attribuendo tutte queste cose al nome degli apostoli del Signore o di quelli che degli apostoli sembravano essere stati i seguaci, mentirono, affermando di aver scritto i loro errori e le loro falsità in accordo con essi. Ma vedrai tu. Per ora, come ho detto, non vorrei discutere troppo con te su questo testo, poiché mi basta come difesa ciò che ho posto in precedenza e che neppure a voi è lecito negare, ovvero che prima della venuta di nostro Signore tutti i patriarchi e i profeti di Israele giacquero nelle tenebre del tartaro secondo i loro meriti: se anche un giorno, liberati da Cristo, furono da lì ricondotti alla luce, cosa c'entra questo con l'avversione per la loro vita? Noi infatti detestiamo e rifiutiamo non ciò che furono, cioè uomini, ma come furono, cioè malvagi, e non ciò che sono adesso, ovvero purificati, bensì ciò che furono talvolta, ovvero impuri. Quindi per il momento questo passo, comunque voi vogliate considerarlo, non ci è di impedimento, perché se è autentico vi si mostra la misericordia di Cristo e la sua bontà, se invece è falso, l'accusa ricade su quelli che l'hanno scritto: in ambedue i casi noi siamo al sicuro, come sempre.

Agostino: i meriti dei Patriarchi.

4. AGOSTINO. Come fai ad essere al sicuro, o misero? Come sei al sicuro, tu che affermi di detestare i patriarchi perché impuri e ancora vai piangendo il lamento su un dio impuro? Hai concesso senza dubbio che, dopo la venuta del Signore, a quei patriarchi sia stata offerta la purificazione e donato il riposo della beatitudine: il vostro dio, invece, anche dopo la venuta del Salvatore giace ancora nelle tenebre, ancora è immerso in turpitudine di ogni genere, ancora si rotola in ogni sorta di impurità. Così, non solo la vita di quegli uomini fu migliore del vostro dio, ma anche la loro stessa morte fu più felice. In quali sedi poi si trovassero i giusti che uscirono da questa vita prima che Cristo venisse nella carne, e se la passione di Cristo abbia trasferito in una condizione migliore anch'essi, che non solo avevano creduto che egli sarebbe venuto, avrebbe patito e sarebbe risorto, ma avevano anche preannunziato ciò come conveniva con spirito profetico, si deve ricercarlo nelle sacre Scritture, se in qualche modo si può ricercarlo con chiarezza: non vanno certo seguite in materia le opinioni temerarie di uomini qualsiasi, e meno che mai le perversioni dell'eresia tanto esecrabile di gente così aberrante dalla verità. Invano Fausto in questo modo tortuoso si ripromette che, dopo questa vita, possa essere concesso qualcosa a chi non abbia meritato di ottenerlo in questa vita. È bene per voi, finché vivete qui, abbandonare codesto errore e conoscere e custodire la verità della fede cattolica. Altrimenti, ciò che l'ingiusto si ripromette sarà ben lungi, quando comincerà ad avvenire ciò che Dio gli ha minacciato.

La fede di Abramo.

5. Sulla vita dei patriarchi, ho già risposto non poco, quanto ho ritenuto sufficiente, a quest'uomo maledico: non è certo a loro in quanto corretti con la morte o giustificati dopo la sua passione che il Signore dava testimonianza, quando avvertiva i Giudei che, se fossero stati figli di Abramo, avrebbero compiuto le opere di Abramo, e che lo stesso Abramo aveva desiderato vedere il suo giorno e, vedutolo, se ne era rallegrato, e che era nel seno di lui, cioè in non so quale luogo misterioso, grande e nascosto 9, di serena felicità, che gli angeli avevano condotto quel povero tribolato e disprezzato dal ricco superbo 10. E che dirò dell'apostolo Paolo? È forse ad Abramo giustificato dopo la morte che anch'egli si riferisce, quando loda il fatto che credette a Dio prima di essere circonciso e che ciò gli venne attribuito come giustizia 11? E assegna a questo un tale valore, da dire che noi, che non siamo discendenza carnale di Abramo, siamo divenuti suoi figli unicamente perché seguiamo le orme di quella sua fede.

L'ininterrotta tradizione nella Chiesa attesta l'autenticità degli scritti apostolici.

6. Ma che potrò fare con voi, che l'iniquità ha reso così sordi contro le testimonianze delle Scritture al punto che, qualunque cosa si adduca da lì contro di voi, osate affermare che non fu detta dall'Apostolo, ma fu scritta a suo nome da un non so quale falsario? A tal punto la dottrina dei demoni che predicate è chiaramente estranea alla dottrina cristiana, che in nessun modo potete difenderla sotto il nome di dottrina cristiana, se non dicendo che gli scritti degli apostoli sono falsi! O nemici disgraziati dell'anima vostra! Quali scritti avranno mai un qualche peso di autorità, se non ne avranno quelli evangelici e quelli apostolici? Sull'autore di quale libro ci sarà mai certezza, se è incerto se siano degli apostoli gli scritti che la Chiesa dice e conserva come degli apostoli, essa che fu dagli stessi apostoli diffusa e annunziata in mezzo a tutti i popoli con tanta perfezione? E sarà invece certo che gli apostoli abbiano scritto ciò che è proclamato dagli eretici contrari a questa Chiesa, da essi attribuito ai nomi dei loro fondatori, vissuti tanto tempo dopo gli apostoli? Come se anche nella letteratura secolare non siano esistiti autori certissimi, al cui nome in seguito vennero attribuite molte opere che furono ripudiate, o perché non si adattavano affatto a quelle autentiche, o perché al tempo in cui essi scrissero non furono conosciute e non meritarono di essere trasmesse e raccomandate ai posteri dagli autori stessi o dai loro intimi! Alcuni libri trasmessi sotto il nome del nobilissimo medico Ippocrate, per non parlare di altri, non sono forse stati rigettati dai medici come non autorevoli? Né ad essi giovò qualche somiglianza di argomenti e di parole poiché, paragonati con le opere di Ippocrate notoriamente autentiche, furono ritenuti inferiori: anche per il fatto che non li si riconobbe come autenticamente suoi a partire dalla stessa epoca degli altri. Ma i libri in base ai quali si paragonano e si rigettano quelli che ci giungono inopinatamente, come consta che siano di Ippocrate? Come - se qualcuno lo nega non va nemmeno confutato, bensì deriso - se non per il fatto che ce li ha tramandati una catena di successioni dal tempo di Ippocrate stesso sino ad oggi e via di seguito, così che è da folli dubitarne? Come sanno gli uomini che certi libri sono di Platone, Aristotele, Varrone, Cicerone e di altri simili autori, se non per l'attestazione continua delle epoche successive? Molti hanno molto composto a proposito delle scritture ecclesiastiche, non però con autorità canonica, ma con l'intento di essere utili o di apprendere. Come consta che un'opera è di qualcuno, se non perché nell'epoca in cui uno la scrisse la rese nota a quanti poté e la pubblicò, e di lì la sua conoscenza è arrivata ininterrottamente ad altri ed altri ancora e sempre con più vasta conferma ai posteri, sino ai nostri giorni, cosicché, se ci chiedono di chi è un certo libro, non esitiamo su ciò che dobbiamo rispondere? Ma perché volgersi a un passato così lontano? Ecco, abbiamo degli scritti nelle mani: se un po' di tempo dopo il termine della nostra vita qualcuno negherà che alcuni siano di Fausto e altri miei, come si convincerà, se non per il fatto che coloro che adesso li conoscono ne trasmettono notizia anche ai più lontani nel tempo mediante successioni ininterrotte di posteri? Stando così le cose, chi mai, se non colui che si è pervertito acconsentendo alla malizia e all'inganno dei demoni menzogneri, è a tal punto accecato dal furore da affermare che la Chiesa degli apostoli, una concordia di fratelli così fidata e numerosa, non poté meritare che i loro scritti passassero con fedeltà ai posteri, quando con certissima successione sono state conservate le loro cattedre sino ai vescovi di oggi, e questa stessa cosa accade con tanta facilità agli scritti di uomini qualsivoglia, sia fuori della Chiesa sia nella Chiesa stessa?

Le divergenze tra Matteo e Luca si spiegano con i diversi metodi della narrazione storica.

7. " Ma i loro scritti ", dice, " si trovano l'un l'altro in contraddizione ". Maligni quali siete, voi leggete con cattiva intenzione; stolti, non comprendete; ciechi, non vedete. Come avrebbe potuto essere tanto difficile leggere con attenzione questi scritti e trovare una grande e salutare corrispondenza tra gli scrittori, se la contesa non vi avesse pervertito e vi avesse assistito la pietà? Chi mai infatti, leggendo due storici che scrivono di uno stesso argomento, ha pensato che ambedue, o uno dei due, abbia ingannato o sia stato ingannato, perché uno ha detto ciò che l'altro ha omesso, o perché uno ha compendiato in breve una cosa, mantenendo integro e intatto solamente il contenuto, mentre l'altro ha trattato tutto punto per punto, in modo da rendere noto non solo ciò che è accaduto, ma anche come è accaduto? È quel che ha fatto Fausto, che ha voluto criticare la veridicità del Vangelo perché Matteo ha detto qualcosa che Luca, narrando il medesimo evento, ha omesso di dire: quasi che Luca negasse che Cristo abbia detto ciò che Matteo ha scritto che disse. Al riguardo non c'è stata mai alcuna disputa e un'obiezione simile può venire solo da gente del tutto dissennata, che non vuole o non può prendere in esame alcuna di queste cose. Certamente, ricorre come domanda tra i fedeli, e come obiezione tra gli infedeli - quelli però poco eruditi e assai litigiosi, a meno che una volta ammoniti non ritornino in sé - per quale motivo Matteo disse: Gli si avvicinò un centurione che lo pregava dicendo, mentre Luca disse che il centurione inviò a lui gli anziani dei Giudei per chiedergli di guarire il suo servo ammalato, e che quando Gesù si avvicinò alla sua casa mandò avanti altri, dicendo tramite loro che non era degno che Gesù entrasse in casa sua e che non era degno di andare di persona da Gesù. In che modo, dunque, secondo Matteo gli si avvicinò e lo pregava dicendo: Il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente 12? Qui si capisce che Matteo ha riassunto in breve il medesimo autentico e integro racconto, dicendo che il centurione si avvicinò a Gesù, senza però dire se si avvicinò di persona o tramite altri, e senza esplicitare se quanto gli disse a proposito del suo servo, lo disse da se stesso o attraverso altri. E allora? La consuetudine umana non è forse piena di espressioni di tal fatta, come quando affermiamo " si è avvicinato molto a qualcosa " anche di uno che non diciamo ancora essere arrivato? Non affermiamo forse assai spesso che lo stesso arrivare, al quale sembra quasi che non si possa aggiungere più nulla, avviene anche per mezzo di altri, usando frequentemente espressioni del tipo " ha intentato una causa, è arrivato davanti al giudice ", oppure " è arrivato da questo o da quel potente ", quando i più fanno ciò tramite amicizie, senza aver visto affatto colui presso il quale si dice che sono arrivati? Per questo nel linguaggio comune si chiamano " arrivati " quegli uomini che, con l'arte dell'intrigo, da soli o tramite altri, giungono a toccare gli animi in qualche modo inaccessibili dei potenti. E che dunque? Quando leggiamo, dimentichiamo il modo in cui siamo soliti parlare? O forse la Scrittura di Dio avrebbe dovuto parlare con noi in modo diverso dal nostro costume? Ecco ciò che risponderei sull'uso comune del linguaggio a gente ostinata e turbolenta.

Matteo ha insistito sul significato del fatto, Luca sul modo in cui si è svolto.

8. Coloro che indagano queste cose con animo non litigioso, ma pacato e fedele, si avvicinino a Gesù non con la carne ma con il cuore, non con la presenza del corpo ma con la potenza della fede, come quel centurione, e allora comprenderanno meglio ciò che Matteo ha detto. A costoro infatti si dice nel Salmo: Avvicinatevi a lui e sarete illuminati e il vostro volto non arrossirà 13. Per questo il centurione, la cui fede Cristo tanto lodò, si era avvicinato a lui più degli stessi tramite i quali inviò le sue parole. Un caso simile è quando il Signore disse: Qualcuno mi ha toccato, allorché una donna che soffriva di perdite di sangue fu sanata toccando l'orlo della sua veste. Ai suoi discepoli sembrava strano che dicesse: Chi mi ha toccato? e: Qualcuno mi ha toccato, mentre la folla lo premeva. E quindi gli risposero: La folla ti stringe, e dici " Chi mi ha toccato? " 14. Quelli lo premevano, ma essa lo toccò: ugualmente, quelli erano stati inviati a Cristo, ma il centurione gli si avvicinò di più. Dunque Matteo ha mantenuto un modo di esprimersi tuttora non inusitato e ha comunicato qualcosa di misterioso; Luca invece ha mostrato come questo stesso fatto si è svolto, per costringerci ad accorgerci del modo in cui Matteo lo ha espresso. Vorrei proprio che qualcuno di questi millantatori, che in mala fede obiettano al Vangelo questioncelle simili come fossero di grande portata, raccontasse egli stesso una cosa per due volte, non per dire il falso o per ingannare, ma con l'intenzione di comunicarla ed esporla con esattezza, e che le sue parole fossero raccolte con lo stilo e gli venissero lette ad alta voce: si vedrà se non abbia detto qualcosa in più o in meno, o con un ordine invertito non solo nelle parole ma anche nei fatti, o se non abbia aggiunto qualcosa di sua iniziativa, come se un altro avesse detto qualcosa che egli non gli aveva sentito dire ma sapeva chiaramente che avrebbe voluto e pensato di dirla; o se non abbia compendiato in breve la verità del racconto di qualcuno, il cui contenuto aveva prima esplicato per esteso, quasi punto per punto; e se c'è dell'altro che possa essere ricondotto a regole certe, si noterà come, nei distinti racconti di uno stesso fatto forniti da due persone, o in due racconti di uno stesso fatto forniti da una sola persona, avvenga che si ritrovino molte cose diverse e tuttavia non opposte, e molte cose variate, ma non contraddittorie. Così si sciolgono tutte le difficoltà con cui questi infelici si legano il collo, per conservare nell'intimo lo spirito del loro errore e non accettare dall'esterno quello della salvezza.

Esortazione finale: i Manichei seguano l'autorità delle Scritture o almeno la retta ragione.

9. Dopo aver confutato tutte le calunnie di Fausto, almeno quelle contenute nei suoi Capitoli, alle quali, credo, ho risposto in quest'opera a sufficienza e con ampiezza, nella misura in cui il Signore si è degnato di aiutarmi, voglio brevemente ammonire voi che siete prigionieri di quell'errore tanto nefando e esecrabile: se volete seguire l'autorità delle Scritture, fra tutte la preferibile, seguite quella che custodita, raccomandata e glorificata in tutto il mondo, è giunta dai tempi della presenza dello stesso Cristo sino a questi tempi, attraverso l'amministrazione degli apostoli e le successioni sicure dei vescovi dalle loro sedi. Lì infatti vedrete anche rivelarsi le oscurità e compiersi le predizioni del Vecchio Testamento. Se invece è la ragione che vi muove, pensate in primo luogo a chi siete, a quanto poco siete capaci di comprendere la natura non dico di Dio, ma dell'anima vostra, la quale va compresa, come voi dite di volere o di aver voluto, per mezzo di una ragione certissima e non di una vanissima credulità: poiché questo non lo potete affatto, - senza dubbio, infatti, finché sarete così come siete, non lo potrete in alcun modo -, pensate o credete almeno a ciò che per natura è insito in ogni mente umana, se non è guastato dalla depravazione di un'opinione perversa: che cioè la natura e la sostanza di Dio è totalmente immutabile e totalmente incorruttibile. E d'un tratto cesserete di essere Manichei, per poter essere un giorno cattolici. Amen.

Note:

1 - Mt 8, 11.

2 - Cf. Lc 23, 43.

3 - Cf. Mt 21, 31.

4 - Cf. Gv 8, 3-11.

5 - Cf. Mt 5, 45.

6 - Cf. Mt 8, 5-13; Lc 7, 2-10.

7 - Lc 13, 24-29.

8 - Cf. Mt 7, 21.

9 - Cf. Gv 8, 39. 56.

10 - Lc 16, 23.

11 - Cf. Rm 4, 3.

12 - Mt 8, 5-13; Lc 7, 2-10.

13 - Sal 33, 6.

14 - Lc 8, 43-46.