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Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Contro Fausto Manicheo - Libro dodicesimo

Sant'Agostino di Ippona

Contro Fausto Manicheo - Libro dodicesimo
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Perché Fausto respinge la testimonianza dei Profeti circa il Cristo?

1. FAUSTO. " Perché non accetti i profeti? ". Dimmi tu piuttosto se hai qualche motivo per il quale noi dovremmo accettare i profeti. " Per le testimonianze " - tu rispondi - " che hanno anticipato sulla figura di Cristo ". Io, a dire il vero, non ne ho trovata alcuna, pur avendo letto i loro scritti con molta attenzione ed interesse. Tuttavia, anche questa è la confessione di una fede debole, non credere a Cristo senza l'appoggio di una testimonianza e di un'argomentazione razionale. Voi stessi siete soliti insegnare che nulla deve essere indagato con troppa curiosità perché la fede cristiana è semplice e assoluta. Perché dunque ora voi distruggete la semplicità della fede, appoggiandola su indizi e testimonianze per giunta giudaiche? Se poi voi non accettate il primo modo di vedere e passate al secondo quale testimone può essere per voi più veritiero nei riguardi del figlio di Dio stesso, il quale, non attraverso un indovino o un interprete, ma con una voce sgorgata dal cielo, nel momento in cui lo inviava sulla terra, disse: Questo è il mio figlio dilettissimo, credete a lui 1. Ed egli, parlando di sé: Mi sono staccato dal Padre e son venuto in questo mondo 2. E molti altri interventi consimili ha fatto reagendo aspramente, ma ai quali i Giudei: Tu dai testimonianza di te, dicevano, ma la tua testimonianza non è vera. Ed egli a loro: Anche se do testimonianza di me la mia testimonianza è vera, perché non sono solo. Anche nella vostra legge è scritto: la testimonianza di due persone è vera. Io sono quello che da testimonianza di me e dà testimonianza di me il Padre che mi ha inviato 3. Non ha detto: I profeti. Oltre a ciò chiama a testimonianza anche le sue opere dicendo: Se non credete a me, credete alle mie opere 4; non ha detto: Se non credete a me, credete ai profeti. Pertanto noi non manchiamo di alcuna testimonianza nei riguardi del nostro Salvatore. Nei profeti cerchiamo semplicemente gli esempi di una vita onesta, prudenza e virtù. Ma avverto che, come ben sai, nulla di tutto questo ebbero gli indovini degli Ebrei. Quando ti ho chiesto perché ritenevi che si dovessero accettare i profeti, hai abilmente ed elegantemente passato sotto silenzio le loro opere limitandoti esclusivamente alle loro predizioni, dimenticandoti di quello che è scritto, che cioè non si deve mai cogliere l'uva dalle spine e i fichi da un cespuglio 5. Ho perciò risposto con rigore e precisione alla tua richiesta relativa alla ragione per la quale non accettiamo i profeti. Del resto dai libri dei nostri padri è stato abbondantemente dimostrato ch'essi non hanno predetto nulla a proposito di Cristo. Aggiungerò una mia considerazione: se gli indovini ebrei, pur conoscendo e predicando Cristo, vissero in modo così scapestrato, giustamente anche contro di loro si potrà dire ciò che contesta Paolo a proposito dei sapienti pagani: Pur conoscendo Dio, non lo glorificarono come Dio né lo ringraziarono, ma si smarrirono nei loro pensieri e fu ottenebrato il loro insipiente cuore 6. Vedi dunque che non è gran cosa conoscere grandi cose se la tua vita non è conforme alla loro altezza.

I Profeti hanno annunziato Cristo ponendosi all'altezza della loro dignità

2. AGOSTINO. Evidentemente con tutte queste parole Fausto ha voluto indurci a credere che i profeti ebrei nulla avrebbero previsto a proposito di Cristo e che anche nel caso che avessero fatto delle previsioni al riguardo le loro testimonianze non ci gioverebbero ed essi non sarebbero vissuti all'altezza di quelle testimonianze. Noi perciò dimostreremo sia che i profeti hanno fatto delle predizioni riguardanti Cristo, sia che tali predizioni hanno molto contribuito a confermare la nostra fede, sia che i profeti stessi sono vissuti in modo congruente ed all'altezza della loro dignità profetica. In questa discussione tripartita sarebbe troppo lungo trattare quello che io considero il primo punto in modo da trarre da tutti quei libri testimonianze atte a dimostrare che Cristo fu realmente predetto. Schiaccerò tuttavia col grande peso dell'autorità la leggerezza di quest'uomo. Egli non accetta i profeti ebrei, ma professa tuttavia di accettare gli apostoli. Orbene ascoltiamo cosa dice della loro capacità profetica l'apostolo Paolo a proposito del quale Fausto, essendosi chiesto, come interrogato da un estraneo, se lo accettasse, aveva risposto " e in sommo grado " 7: Paolo servo di Gesù Cristo, chiamato a fare l'apostolo, consacrato al Vangelo di Dio, che Dio stesso aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, Vangelo riguardante il figlio suo, creato secondo la carne dalla stirpe di Davide 8. Che vuole di più? A meno che non voglia che questo si intenda riferito ad altri profeti, non ai nostri di nazionalità ebraica. Comunque, quali che siano questi altri profeti, il Vangelo risulta promesso in riferimento a quel figlio di Dio creato secondo la carne dalla stirpe di Davide, Vangelo al quale l'Apostolo si dice consacrato. Alla perfidia di costoro si opponga il fatto che secondo questo Vangelo crediamo al figlio di Dio, creato della stirpe di Davide secondo la carne. Facciamo tuttavia loro conoscere prove più manifeste della evidentissima testimonianza fornita dai profeti ebrei attraverso quell'apostolo la cui autorità è in grado di spezzare il loro orgoglio.

A proposito dei testi di san Paolo: che dice Cristo di Mosè e dei Profeti?

3. Dico la verità in Cristo, non mento e lo testimonia anche la mia coscienza nello Spirito Santo. Ho una grande tristezza e un continuo dolore al cuore. Vorrei io stesso essere maledetto da Cristo per i miei fratelli, miei congiunti secondo la carne, che sono Israeliti ai quali appartengono l'adozione filiale, la gloria, i Testamenti, la legge, il culto, le promesse. Loro sono i Padri dai quali discende secondo la carne anche Cristo che è sopra tutto Dio benedetto nei secoli 9. Che cosa si può dire di più ampio, che cosa dichiarare di più esplicito, che cosa raccomandare di più santo? Qual è l'adozione degli Israeliti se non quella compiuta attraverso il Figlio di Dio? Di qui ciò che l'Apostolo dice ai Galati: Quando venne la pienezza del tempo Dio inviò suo figlio creato da donna sotto la legge per redimere quelli che erano sotto la legge e perché noi ricevessimo l'adozione di figli 10. E qual è la loro gloria se non soprattutto quella di cui parla Paolo nella stessa Lettera ai Romani: Che c'è di più grande per un Giudeo? E qual è l'utilità della circoncisione? Molto in ogni senso. Prima di tutto perché furono loro affidate le promesse di Dio 11. Cerchino costoro quali sono le promesse di Dio affidate ai Giudei e ce ne mostrino altre diverse da quelle dei profeti ebrei. Inoltre perché ha detto che i Testamenti riguardano soprattutto gli Israeliti se non perché fu dato anche a loro sia il Vecchio Testamento sia il Nuovo figurato nel Vecchio? Quanto alla costituzione della legge che Dio dette agli Israeliti costoro sogliono attaccarla con rabbia, mista ad ignoranza, non comprendendo di esserne dispensati, poiché Dio non vuole più che noi siamo sotto la legge, ma sotto la grazia. Cedano dunque all'autorità degli apostoli che lodando e raccomandando l'eccellenza degli Ebrei, enumera fra i loro pregi anche la costituzione della legge che loro appartiene. Se fosse un male non sarebbe mai contenuta nelle loro lodi. Se il loro elogio non contenesse anche Cristo, il Signore direbbe: Se crederete a Mosè crederete anche a me; egli infatti ha scritto di me 12. Né dopo la risurrezione gli darebbe testimonianza dicendo: Occorreva che si compisse tutto ciò che è scritto di me nella legge di Mosè nei Profeti e nei Salmi 13.

I Manichei si ostinano ad accettare un falso Cristo e a respingerne uno vero.

4. Ma poiché i Manichei predicano un Cristo che non è quello che predicavano gli apostoli, ma uno loro proprio, impostore e frutto di impostura, i seguaci della sua falsità coerentemente mentono anch'essi, salvo a pretendere che si creda loro quando si dichiarano discepoli di un impostore. Capita loro quello che l'Apostolo dice dei Giudei infedeli: Quando si legge Mosè un velo è sopra il loro cuore. Né si toglie il velo, a causa del quale non comprendono Mosè se non passando a Cristo non come essi se lo sono immaginato, ma come lo profetarono i Padri ebrei. Così infatti dice lo stesso Apostolo: Quando tu passi al Signore si toglie il velo 14. Né c'è da meravigliarsi che essi non credano a Cristo che, già risorto, dice: Occorreva che si compisse tutto ciò che è scritto di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei salmi. Lo stesso Cristo narra che cosa Abramo aveva detto a un ricco privo di misericordia che, essendo tormentato negli inferi, chiedeva che fosse inviato qualcuno ai suoi fratelli per istruirli a non venire in quel luogo di tormenti. Questo infatti gli fu detto: Hanno Mosè e i Profeti: li ascoltino. Avendo egli detto che avrebbero creduto solo nel caso che qualcuno fosse risuscitato dai morti, fu correttamente risposto: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti avrebbero creduto 15. Costoro perciò, che non ascoltano Mosè e i Profeti, non solo non credono a Cristo risorto dai morti, ma neppure credono alla sua risurrezione. Come possono infatti credere che sia risuscitato dal momento che credono che non sia mai morto? Come possono credere che sia morto non credendo che avesse un corpo mortale?

Vero Dio è il nostro che annunciarono i Profeti né è indispensabile una ulteriore fede in Mane e nell'Apostolo Paolo.


5. Per quel che ci riguarda noi non crediamo tanto ai sostenitori di un Cristo impostore, quanto di un Cristo che non è mai esistito. Noi abbiamo infatti un Cristo vero e verace preannunciato dai profeti, predicato dagli apostoli e che traggono dalla Legge e dai Profeti le testimonianze della sua predicazione, come mostrano in innumerevoli passi. Questo concetto è stato sintetizzato in modo estremamente sintetico e aderente alla verità con le parole: Ora senza la legge la giustizia di Dio è stata manifestata e confermata dalla Legge e dai Profeti 16. E quali profeti, se non gli israeliti, dei quali dichiarò con estrema chiarezza il possesso e dei Testamenti e della struttura della legge e delle promesse 17? Promesse riferite a chi se non a Cristo? È ciò che egli determina più brevemente in un altro passo quando parla di Cristo dicendo: Quante che siano le promesse di Dio, sono tutte in Cristo 18. Paolo mi dice anche che la costituzione della legge appartiene agli Israeliti. Mi dice anche: Fine della legge è infatti Cristo, a giustizia per ogni credente 19. Parlando di Cristo dice anche questo: Quale che sia il numero delle promesse di Dio, sono tutte in lui. E tu mi dici che i profeti israeliti non hanno predetto nulla su Cristo! Che cosa resta se non che io scelga se credere a Mani, che va narrando contro Paolo una favola vana e lunga, o all'ammonizione di Paolo che mi dice: Se qualcuno vi annuncia un Vangelo diverso da quello che vi annunzio io, sia anatema 20.

Considerato che tutti i popoli vengon benedetti in Cristo, figlio di Abramo, nostro sarà il vero Cristo.

6. A questo punto forse potrebbero dire: Facci vedere dov'è il Cristo preannunciato dai profeti israeliti; come se fosse modesta l'autorità in base alla quale gli apostoli dicono ciò che leggiamo nei testi dei profeti ebrei e che si è compiuto in Cristo o che il Signore stesso attesta essere stato scritto di lui. Per conseguenza chiunque non è in grado di mostrare questo, è egli stesso debole di comprendonio: non mentono né gli apostoli, né Cristo, né i sacri codici. Pertanto per non esagerare col numero delle prove ne ricorderei almeno una, quella esposta coerentemente dall'Apostolo nel medesimo passo: La parola di Dio non può venir meno. Non infatti tutti quelli che vengono da Israele sono Israeliti né coloro che sono della stirpe di Abramo sono tutti suoi figli, ma in Isacco sarà la tua discendenza. Ciò significa che non questi che sono figli della carne sono figli di Dio, ma i figli della promessa sono considerati come discendenti 21. Che cosa risponderanno di fronte a queste testimonianze, dal momento che in un altro passo ad Abramo viene detto apertamente a proposito di questa stirpe: Nella tua discendenza saranno benedetti tutti i popoli 22? Poniamo il caso che fra noi discutessimo del tempo in cui l'Apostolo trattava questo tema dicendo: Le promesse furono fatte ad Abramo e alla sua discendenza, ma non dice e alle discendenze come se si trattasse di molti, ma fa riferimento a uno solo, alla tua discendenza che è Cristo 23. Forse qualcuno senza arroganza potrebbe non credere a questo volendo prima vedere tutti i Gentili credere in Cristo che è dichiarato della stirpe di Abramo. Ora però noi vediamo realizzato ciò che da tanto tempo è stato preannunciato. Tutti i Gentili sono benedetti nella discendenza di Abramo al quale era stato detto mille anni prima: Nella tua discendenza saranno benedetti tutti i popoli. Chi potrebbe tanto ostinatamente delirare sino al punto di cercare di introdurre un altro Cristo che non sia della stirpe di Abramo o di ritenere che le Profezie degli Ebrei, che hanno come progenitore Abramo, non abbiano preannunziato nulla di codesto vero Cristo?

Molte e di vario genere sono le profezie su Cristo, ma tutte si riferiscono alla stessa persona.


7. Chi sarebbe in grado, non dico con una breve risposta, quali sono quelle cui siamo costretti in quest'opera, ma con un qualsiasi volume di ampia estensione, di ricordare tutte le predizioni dei profeti ebrei sul Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo, ove si consideri che tutto ciò che è scritto in quei libri o riguarda Lui o è per Lui? Ma per esercitare chi indaga e per la gioia di chi riesce a pervenire a delle scoperte, molte più verità, attraverso il filtro delle allegorie e degli enigmi, vengono o suggerite nei vocaboli o espresse attraverso una narrazione. A dire il vero se nelle Scritture alcuni dati non fossero manifesti, non si comprenderebbe il senso del testo in grado di illuminare i tratti oscuri. Tuttavia se alcune fra le parti del testo avvolte dalle figure vengono considerate in un solo insieme, quasi che facessero parte di un contesto, queste accordano le loro voci nel chiamare Cristo a testimone in modo tale da provocare il rossore di chiunque sia affetto da ottusa sordità.

I sette giorni della creazione raffigurano le sette età del mondo, Adamo ed Eva sono figure del Cristo.

8. In sei giorni, secondo la Genesi, Dio portò a termine tutte le sue opere e nel settimo si riposò 24. Le opere di Dio identificano su questa base le sei età che il genere umano dovrà percorrere nel corso dei secoli. La prima va da Adamo a Noè, la seconda da Noè ad Abramo, la terza da Abramo fino a Davide, la quarta da Davide alla trasmigrazione in Babilonia, la quinta giunge all'umile avvento del Signore Nostro Gesù Cristo, la sesta è quella che si vive oggi nell'attesa che l'Eccelso si presenti per giudicare. La settima è quella in cui i santi riposeranno, non però in questa vita, ma nell'altra, quella nella quale il ricco, tormentato negli inferi, vide il povero che riposava 25, dove non c'è tramonto perché tutto è perfetto. Nel sesto giorno secondo la Genesi viene creato l'uomo ad immagine di Dio 26. Nella sesta età del mondo si manifesta la nostra restaurazione nel rinnovamento della mente secondo l'immagine del nostro Creatore, come dice l'Apostolo 27: fu formata per il maschio che dormiva una donna tratta dalla sua costola 28; fu creata per Cristo che moriva la Chiesa, tratta, dal sacramento del sangue che sgorgava dal fianco del morto 29; si chiama Eva la vita e madre degli uomini che fu fatta col suo fianco. E il Signore dice nel Vangelo: Chi non mangerà la mia carne e non berrà il mio sangue non avrà la vita eterna 30. E tutto ciò che ivi si legge, trattato con ordine e precisione, parla di Cristo e della Chiesa sia nei buoni che nei cattivi Cristiani. Non senza significato l'Apostolo ha detto: Adamo, che è forma del futuro 31 e l'altra frase: L'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà al sua moglie e saranno due in una sola carne. Questo, dice, è un grande sacramento, io dico in Cristo e nella Chiesa 32. Chi non riconoscerebbe che Cristo ha abbandonato in questo modo il Padre, lui che, pur essendo nella forma di Dio, non ritenne una usurpazione essere simile a Dio, ma si umiliò prendendo la forma dello schiavo 33? Lui che non ritenne una usurpazione lasciare la madre, sinagoga dei Giudei e carnalmente legata al Vecchio Testamento e legarsi alla moglie, la santa Chiesa, perché nella pace del Nuovo Testamento fossero due in una carne sola? Pur essendo Dio presso il Padre, per mezzo del quale fummo creati, si fece parte di noi attraverso la carne perché fossimo corpo del suo capo.

L'infedeltà di Caino è immagine dell'infedeltà del popolo giudaico.


9. Come il sacrificio di Caino, fatto coi frutti della terra, è riprovato e quello di Abele, fatto con gli agnelli e la loro pelle, è accettato, allo stesso modo la fede del Nuovo Testamento che loda Dio per l'innocenza della grazia è anteposto alle opere terrene del Vecchio Testamento. Benché infatti in precedenza i Giudei agirono rettamente, in questo tuttavia sono rei di infedeltà, nel non aver saputo distinguere all'avvento di Cristo il tempo del Nuovo Testamento da quello del Vecchio. Aveva detto, infatti, Dio a Caino: anche se hai fatto correttamente la tua offerta, hai peccato per non averla divisa. Se Caino avesse ascoltato Dio che gli diceva: Tu stattene tranquillo: si volgerà contro di te e tu lo dominerai, avrebbe volto verso di sé il suo peccato attribuendoselo e confessandolo a Dio. In tal modo con l'indulgente aiuto della grazia avrebbe dominato il suo peccato e non avrebbe ucciso suo fratello essendo divenuto schiavo del peccato dominante su di lui 34. Lo stesso varrebbe per i Giudei, dei quali tutto questo racconto era la figura, se si fossero tenuti in pace e se, riconoscendo il tempo della salvezza attraverso la remissione dei peccati per mezzo della grazia, avessero ascoltato ciò che Cristo diceva loro: Il medico non serve ai sani ma agli ammalati; non sono venuto per chiamare i giusti al pentimento, ma i peccatori, e: Chi fa il peccato è schiavo del peccato 35; e ancora: Se il Figlio vi libererà, sarete veramente liberi 36. Se avessero ascoltato queste parole avrebbero volto contro di sé il peccato confessandolo e dicendo al medico, come si legge nel salmo: Ho detto, o Signore, abbi pietà di me; risana la mia anima perché ho peccato contro di te 37; inoltre, liberi attraverso la speranza della grazia, dominerebbero quel peccato per tutto il tempo della sua permanenza nel loro corpo mortale. Attualmente però ignorando la giustizia di Dio e volendone costituire una propria 38, inorgogliti dalle opere della legge e per nulla umiliati dai loro peccati, non se ne stettero tranquilli. Regnando nel loro corpo mortale il peccato che li costringeva ad obbedire ai suoi desideri 39 incapparono nella pietra d'inciampo 40 e si infiammarono d'odio contro colui le cui opere vedevano con irritazione essere bene accette a Dio. Si irritarono per quel cieco nato che oramai vedeva e diceva loro: Sappiamo che Dio non esaudisce i peccatori, ma se qualcuno lo onora e fa la sua volontà, questo lo esaudisce 41. Era come se dicesse loro: Dio non guarda il sacrificio di Caino, ma guarda quello di Abele. Perciò Abele, il fratello minore, è ucciso dal fratello maggiore, Cristo, capo di un popolo più giovane, viene ucciso dal popolo più vecchio dei Giudei, l'uno nel campo, l'altro sul Calvario.

Altro accostamento fra Caino e il popolo Giudaico.

10. Dio chiede a Caino dove sia suo fratello non come chi, ignorando un fatto, chiede per sapere, ma come un giudice interroga un reo per punirlo. Quello risponde dicendo di non saperlo e di non essere il suo custode. Fin qui che cosa ci rispondono i Giudei quando con la voce di Dio, vale a dire delle sacre Scritture, li interroghiamo sulla figura di Cristo? Non sanno dirci altro se non che non conoscono quello che noi chiamiamo Cristo. Falsa è infatti l'ignoranza di Caino, falsa la negazione dei Giudei. Sarebbero in certo qual modo custodi di Cristo se volessero accettare e custodire la fede cristiana. Infatti chi custodisce Cristo nel suo cuore non dice quello che dice Caino: Forse che io sono il custode di mio fratello? Dice Dio a Caino: Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello chiama me dalla terra 42. Così nelle sacre Scritture la voce di Dio rimprovera i Giudei. Ha infatti una gran voce il sangue di Cristo nella terra dal momento che, quando è stato accolto, tutti i gentili rispondono: Amen. Questa è la chiara voce del sangue che il sangue stesso suscita dalla bocca dei fedeli che lo stesso sangue ha redento.

Sterile fu la terra per Caino e la passione di Cristo per i Giudei.

11. Dice Dio a Caino: Sii maledetto tu dalla terra che aprì la sua bocca per ricevere dalle tue mani il sangue di tuo fratello. Infatti lavorerai la terra e non ti darà i suoi frutti. Gemente e tremante ti aggirerai per la terra 43. Non ha detto: " Maledetta la terra ", ma: Maledetto tu dalla terra che aprì la sua bocca per ricevere dalla tua mano il sangue di tuo fratello. Il popolo giudaico, poiché infedele, fu infatti maledetto dalla terra, cioè dalla Chiesa, che aprì la sua bocca per la confessione dei peccati al fine di ricevere da parte del persecutore che non voleva stare sotto la grazia, ma sotto la legge, il sangue di Cristo, che fu versato, in remissione dei peccati. Ciò fece perché quel popolo fosse maledetto dalla Chiesa, cioè perché la Chiesa comprendesse e mostrasse che quel popolo era davvero maledetto come dice l'Apostolo: tutti coloro che si fondano sulle opere della legge sono sotto la maledizione della legge 44. Quindi dopo aver detto: Sii tu maledetto dalla terra che aprì la sua bocca per ricevere dalle tue mani il sangue di tuo fratello non ha detto: " Perché la lavorerai " bensì: Poiché lavorerai la terra e non ti darà i suoi frutti. Non è quindi necessario intendere che Caino lavorava la stessa terra che aveva aperto la sua bocca per accogliere dalle sue mani il sangue di suo fratello, ma deve intendersi maledetto da quella terra poiché la terra non è disposta a dargli i suoi frutti. Analogamente la Chiesa riconosce e mostra che il popolo dei Giudei è maledetto poiché dopo la morte di Cristo ancora opera la terrena circoncisione, il terreno sabato, il terreno azzimo, la terrena Pasqua. Tutta questa serie di operazioni terrene ha l'occulta virtù di far comprendere la grazia di Cristo, ma non è concessa ai Giudei che perseverano nell'empietà e nella infedeltà poiché quella virtù è stata rivelata dal Nuovo Testamento. E a coloro che non passano al Signore non viene tolto il velo che rimane nella lettura del Vecchio Testamento, poiché può essere tolto solo in Cristo. Non è naturalmente in discussione la lettura del Vecchio Testamento, che ha una occulta virtù, ma il velo da cui è nascosta 45. È per questo che dopo la morte di Cristo sulla croce il velo del tempio si spezzò 46 in modo che gli aspetti segreti dei sacramenti si rivelassero ai fedeli che compivano il loro cammino di fede apprestandosi a bere il suo sangue dopo aver aperto la bocca nella confessione. Perciò quel popolo, come Caino, ancora lavora la terra, ancora esercita carnalmente l'opera della legge che non gli dà la sua virtù poiché in essa non comprende la grazia di Cristo. Inoltre nella stessa terra, che portò Cristo, cioè nella sua carne, essi hanno operato la nostra salvezza crocifiggendo Cristo, che è morto per i nostri delitti. La stessa terra non ha dato loro la sua virtù poiché non sono stati giustificati per la virtù della risurrezione di colui che è risuscitato per la nostra giustificazione 47: Perché anche se fu crocifisso per la sua infermità, vive per la potenza di Dio 48, come dice l'Apostolo. Questa è dunque la virtù di quella terra che Cristo non mostra agli empii e agli increduli. Perciò neppure risorgendo apparve a coloro dai quali era stato crocifisso, così come a Caino, che lavorava la terra per seminarvi quel grano, quella medesima terra non mostrò il frutto della sua virtù: Poiché, dice, lavorerai la terra ed essa non ti darà i suoi frutti.

Né Caino verrà ucciso né il popolo dei Giudei verrà sterminato.

12. Ti aggirerai gemente e tremante sulla terra. Chi non vedrebbe, chi non riconoscerebbe come quel popolo, ovunque sia disperso in tutta la terra, gema per la perdita del regno e tremi sotto gli innumerevoli popoli cristiani? Perciò Caino rispose e disse: Troppo grande è la mia colpa; se oggi mi scacci dalla faccia della terra mi nasconderò alla tua vista e mi aggirerò gemente e tremante per la terra e chiunque mi troverà mi ucciderà. Geme e trema nel timore che, perduto anche il regno della terra, sia ucciso da questa morte visibile. Dice più grave questa colpa di quella per cui la terra non gli dà i suoi frutti nel timore di morire spiritualmente. Ha infatti una conoscenza carnale e non ritiene grave nascondersi alla faccia di Dio, cioè avere Dio adirato contro di lui, se non per il timore di essere trovato e ucciso. Ha una conoscenza carnale in quanto lavoratore della terra che non gli concede i suoi frutti. Ma conoscere secondo la carne è la morte 49. Non conoscendo questo, geme per la perdita del regno e teme per la morte del corpo. Ma che risponde Dio? Si esprime in questo modo: Non sarà così: chiunque ucciderà Caino avrà sette punizioni 50, cioè non così come tu dici: l'empia stirpe dei carnali Giudei non morirà di morte corporale. Chiunque infatti li farà morire li libererà da sette punizioni che hanno meritato per il reato di aver ucciso Cristo. Tutto questo ha un preciso scopo, quello di far sì che, non estinguendosi la stirpe giudea per tutto questo periodo svolgentesi secondo cicli settenari di anni, i Cristiani fedeli comprendano quale stato di soggezione abbiano meritato i Giudei che per superba arroganza uccisero il Signore.

Continua la serie dei paragoni fra Caino e i Giudei; empietà dei manichei imitatori di Caino.

13. E pose il Signore Iddio un segno su Caino perché chiunque l'incontrasse non l'uccidesse 51. È straordinario constatare come tutti i popoli che furono sottomessi dai Romani passarono alla religione dei conquistatori e ne osservarono e celebrarono i riti sacrileghi, mentre il popolo giudaico, sia sotto i re pagani sia sotto i Cristiani, non perse mai il segno della sua legge per il quale si distingue da tutte le altre nazioni e popoli e ogni imperatore o re che trovò nel suo regno uomini di quella stirpe li trovò con quel segno e non li uccise, non fece cioè in modo che non fossero più Giudei, separati com'erano da ogni comunione con le altre nazioni grazie a un loro segno certo e specifico della loro osservanza religiosa. Questo è sempre valso per tutti i Giudei, a meno che qualcuno di loro non sia passato a Cristo per non essere più Caino e per non doversi sottrarre alla vista di Dio e abitare in terra di Naim che significa summovimento. Contro questo male il Signore dice nel Salmo: Non mettere in moto i miei piedi 52; e: Non mi muovano le mani dei peccatori 53; e: Coloro che mi tormentano esulteranno se io verrò scosso 54; e: Il Signore è alla mia destra perché io non venga scosso 55, e molte altre frasi consimili che riguardano tutti coloro che escono dalla vista di Dio, cioè dalla misericordia del suo amore. Perciò è detto in un salmo: Ho detto nella mia prosperità: non mi muoverò in eterno; ma vedi ciò che segue: O Signore, nella tua volontà hai dato forza alla mia dignità, ma quando hai volto altrove il tuo viso mi sono turbato 56. Di qui si comprende che ogni anima è bella, gradevole e virtuosa non per se stessa, ma perché partecipe della luce di Dio. E se questo considerassero e comprendessero i manichei, non si macchierebbero di una grande bestemmia ritenendo di essere natura e sostanza di Dio. Non sono però in grado di farlo perché non se ne stanno in pace. Non comprendono infatti cosa sia il sabato del cuore. Se ne stessero in pace, come fu detto a Caino, volgerebbero verso di loro il peccato, cioè lo attribuirebbero se stessi, e non a una imprecisata stirpe delle tenebre, e attraverso la grazia di Dio eserciterebbero sul peccato stesso il loro potere. Ora invece sia essi sia tutti coloro che si intestardiscono in errori d'ogni tipo, resistendo alla verità si sottraggono alla vista di Dio. Come Caino e come i Giudei maledetti abitano nella terra dello sconvolgimento, cioè nel turbamento della carne, contro la gioia di Dio, cioè contro l'Eden 57, che significa festino, dove è collocato il Paradiso. Ora concentrerò il mio discorso su poche cose fra le molte e procedendo con brevità per non impedire, con l'eccessiva lunghezza delle mie risposte, che si realizzi quello che è lo scopo di quest'opera


Enoch e Noè. Significato mistico dell'Arca.

14. Ometterò di parlare di quei tratti scritturistici che, pur essendo tanto più invitanti alla lettura quanto più da esaminare in profondità, esigono una trattazione molto ampia da fondare su un elevato numero di testimonianze. Fatta questa esclusione chi non si sentirebbe ugualmente spinto a cercare e a comprendere Cristo in quelle Scritture? Chi non inviterebbe ad un salutare rafforzamento della propria fede il fatto che Enoc, settimo discendente dopo Adamo, piacque a Dio che alla fine lo prese con sé 58 e che prende il nome di settimo giorno, quello nel quale viene trasferito chiunque, per l'avvento del Cristo, si forma nella sesta età del mondo, quasi ne fosse il sesto giorno? O il fatto che Noè con i suoi viene liberato attraverso l'acqua e il legno 59 così come la famiglia di Cristo viene segnata dal battesimo e dalla croce? O il fatto che l'arca di Noè è fatta di legno squadrato, come la Chiesa è costruita dai santi sempre pronti ad ogni opera buona 60 (il quadrato, infatti, comunque lo disponi, rimane lo stesso)? O il fatto che l'arca era lunga sei volte più della sua larghezza e dieci volte più della sua altezza a somiglianza del corpo umano nel quale apparve Cristo? O il fatto che la sua larghezza era di cinquanta cubiti? Come dice l'Apostolo: Il nostro cuore si è dilatato 61, ma come, se non attraverso la carità dello spirito? Perciò lo stesso Apostolo dice: La carità di Dio è diffusa nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo che ci è stato dato 62. Infatti nel cinquantesimo giorno dopo la Risurrezione Cristo inviò lo Spirito Santo per dilatare i cuori dei credenti 63. Quanto alla lunghezza dell'arca che era di trecento piedi si consideri che si tratta del prodotto di sei per cinquanta, il che sta ad indicare che tutto il tempo di questo ciclo comprende sei età durante le quali Cristo non ha mai cessato di essere proclamato: nelle prime cinque perché preannunziato dai profeti e nella sesta perché diffuso dal Vangelo. Che poi l'altezza dell'arca fosse di trenta cubiti, numero contenuto dieci volte in quello indicante la lunghezza, sta a significare che Cristo è la nostra altezza in quanto all'età di trenta anni consacrò la dottrina del Vangelo sostenendo di non essere venuto a sciogliere la legge, ma a completarla 64. Il cuore della legge è infatti nei dieci comandamenti così come la lunghezza dell'arca è costituita dal prodotto di tre per dieci e lo stesso Noè è computato come decimo a partire da Adamo 65. Il legno dell'arca fu inoltre incollato dentro e fuori con del bitume 66 in modo che con la compagine dell'unità fosse indicata la tolleranza della carità al fine di evitare che, essendo la Chiesa colpita da scandali sia da parte di quelli che sono dentro di lei sia da parte di quelli che ne sono fuori, si spezzi l'unione fraterna e si sciolga il vincolo della pace. Il bitume è infatti una colla attivissima e resistentissima che indica l'ardore della carità pronto a tutto sopportare per mantenere l'unione spirituale col vigore della sua forza 67.

Altro significato simbolico dell'Arca di Noè.

15. Nell'arca vengono rinchiusi animali di tutte le specie così come la Chiesa contiene tutti i Gentili, come rivela il vassoio mostrato in sogno a Pietro. Fra gli animali ve ne sono di puri e di impuri 68 come ai sacramenti della Chiesa partecipano buoni e cattivi. Il fatto che delle coppie di animali accolte nell'arca sette siano pure e due impure 69 non significa che i buoni siano in numero maggiore dei cattivi, ma solo che i buoni conservano l'unità dello spirito nel vincolo della pace. La sacra Scrittura ci presenta lo Spirito Santo impegnato in sette attività: la sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timor di Dio 70. Da qui deriva che anche quel numero di cinquanta giorni in attesa dell'arrivo dello Spirito Santo si ottiene moltiplicando sette per sette che fa quarantanove, e aggiungendo un'unità. Perciò è stato detto: Sforzandovi di conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace 71 Quanto ai cattivi nel numero due sono facili alle scissioni e in certo modo si mostrano divisibili. Quanto a Noè è ottavo assieme ai suoi poiché la speranza della nostra risurrezione si manifestò a Cristo nel giorno in cui risuscitò, giorno che era l'ottavo, cioè il primo dopo il settimo che era di sabato. E questo giorno, terzo dopo la passione, diviene l'ottavo e il primo del gruppo di giorni che si alterna nello scorrere del tempo.

L'Arca come immagine della Chiesa.

16. Come l'arca, una volta terminata, fu perfezionata con un tetto alto un cubito, così la Chiesa, cioè il corpo di Cristo, si eleva e completa nell'unità. Di qui le parole del Vangelo: chi non raccoglie con me, disperde 72. Una porta viene aperta su un fianco dell'arca, il che significa che nessuno può entrare nella Chiesa se non attraverso il sacramento della remissione dei peccati. È una interpretazione emersa anche dal fianco aperto di Cristo. Quanto alla ripartizione della parte inferiore dell'arca in due e tre parti 73 sta a significare che fra tutti i Gentili la Chiesa raccoglie o una massa bipartita in circoncisi e non circoncisi o una massa tripartita in considerazione dei tre figli di Noè la cui progenie ha riempito il mondo. Si parla inoltre di queste parti dell'arca come minori per il fatto che la diversità fra le genti esiste in questa vita terrena, ma alla fine tutti ci ridurremo in unità. E questa non ha varietà poiché Cristo è tutto e in tutti e ci riunisce come in un solo cubito nell'unità celeste.

Il diluvio, come immagine del Battesimo.

17. Il fatto che dopo sette giorni da quando Noè entrò nell'arca venne il diluvio significa che noi ci battezziamo nella speranza della futura quiete che è simboleggiata dal settimo giorno. Che al di fuori dell'arca ogni essere fatto di carne e sostenuto dalla terra sia perito nel diluvio significa che, al di fuori della comunità della Chiesa, l'acqua del battesimo, benché sia sempre la stessa, non solo non ha alcuna efficacia ai fini della salvezza, ma vale piuttosto per la dannazione. Piovve per quaranta giorni e quaranta notti 74 in quanto il numero quaranta si ottiene moltiplicando dieci per quattro: dieci sono infatti i comandamenti della legge nei quali rientra ogni taccia di peccato e quattro sono le zone in cui può essere diviso il mondo; il racconto può anche significare che quella colpa figurata dai giorni se contratta in un momento di prosperità o dalle notti se sfavorevole perché contratta nell'avversità può essere cancellata dal sacramento del battesimo celeste.

Paragone fra l'età di Noè e le età del mondo.

18. Noè aveva cinquecento anni quando il Signore gli parlò perché costruisse l'arca e aveva seicento anni quando vi entrò 75, dal che si ricava che la costruzione dell'arca durò cento anni. Ma che altro sembrano significare i cento anni se non le singole età del mondo? Perciò questa sesta età, che è significata dal completamento dei cinquecento anni fino ai seicento, costruisce la Chiesa attraverso la rivelazione evangelica. Perciò chi aspira alla vita deve essere come un legno squadrato, preparato ad ogni buona azione e ad entrare nella santa fabbrica visto che anche il secondo mese del seicentesimo anno in cui Noè entra nell'arca significa la stessa sesta età. Due mesi infatti comprendono il numero sessanta e dal numero sei prendono il nome il sessanta, il seicento, il seimila, il sessantamila, il seicentomila e il termine seicento volte, e così via il numero sale verso l'infinito attraverso il ricorso al medesimo moltiplicatore per cifre sempre più alte.

Il giorno in cui l'Arca si arrestò, la profondità delle acque del diluvio e il loro significato simbolico.

19. Quanto al ventisettesimo giorno del mese è ricordato in quanto si riferisce al significato della quadratura che è già stata esposta a proposito dei legni squadrati. Ma qui con maggiore evidenza poiché la Trinità ci perfeziona dopo che siamo stati preparati ad ogni opera buona e in certo qual modo squadrati nella memoria per ricordarci di Dio, nell'intelligenza per conoscerlo e nella volontà per amarlo. Tre per tre infatti e il risultato ancora per tre ci dà il numero ventisette che è il quadrato del numero tre. Che poi nel settimo mese l'arca si sia fermata, cioè riposata 76, è un riferimento al solito settimo giorno di riposo. E poiché a riposarsi sono i perfetti, anche qui viene reiterato il numero di quella squadratura. Infatti questo mistero è stato indicato per il ventisettesimo giorno del secondo mese quando l'arca si riposò. E di nuovo nel ventisettesimo giorno del settimo mese è confermata la stessa indicazione quando l'arca si fermò: ciò che risulta promesso nella speranza si rivela nella realtà. Inoltre il settimo giorno dedicato al riposo si coniuga con l'ottavo della risurrezione. Né finisce con la resa del corpo il riposo che accoglie i santi dopo questa vita: esso assorbe piuttosto nel dono della vita eterna, e non più nella speranza, ma nella realtà, tutto l'uomo nella sua integrità, rinnovato in tutti i sensi dalla compiuta salvezza dell'immortalità dello spirito e del corpo. Quanto al legame che unisce il settimo giorno del riposo con l'ottavo della risurrezione è, nel sacramento della nostra rigenerazione, cioè nel battesimo, un alto e profondo mistero. Che l'acqua, superando la cima dei monti, si alzò di quindici cubiti 77 significa infatti che questo sacramento supera ogni sapienza fondata sulla superbia. Sette più otto danno quindici come risultato e poiché settanta deriva etimologicamente da sette e ottanta da otto, sommando il settanta con l'ottanta si ottiene che l'acqua continuò a salire per centocinquanta giorni indicandoci e confermandoci l'altezza raggiunta del battesimo nel consacrare l'uomo nuovo al possesso della fede nel riposo e nella risurrezione.

Qual è il significato simbolico dei corvi e delle colombe inviate fuori dell'Arca.

20. Dopo quaranta giorni il corvo fu lasciato libero e non tornò o perché impedito dalle acque o perché attratto da qualche cadavere galleggiante. Ciò significa che gli uomini, resi immondi dall'impudicizia della passione e troppo attenti alle cose che sono in questo mondo o sono ribattezzati o sono condotti e trattenuti da coloro per i quali al di fuori dell'arca, cioè della Chiesa, il battesimo è causa di perdizione. Il fatto poi che la colomba, dopo essere stata liberata, ritornò per non aver trovato riposo, dimostra che un riposo in questo mondo non fu promesso ai santi attraverso il Vecchio Testamento. Fu infatti liberata dopo quaranta giorni, un numero che simboleggia la vita che si conduce in questo mondo. Alla fine, rimessa di nuovo in libertà dopo sette giorni, tornò riportando un rametto d'ulivo con frutti quale segno delle già ricordate sette operazione dello Spirito. Tale evento starebbe a significare che alcuni, benché battezzati fuori della Chiesa e sempre che non venga loro meno la pienezza della carità, in un tempo successivo che potremmo definire sera della vita possono essere ricondotti all'unità nel becco della colomba, simbolo del bacio della pace. Che poi la colomba, liberata dopo altri sette giorni, non era ritornata 78, è il segno della fine del mondo, quando vi sarà riposo per i santi e non più nel sacramento della speranza, che è il legame che attualmente tiene unita la Chiesa e la terrà finché si berrà il sangue sgorgante dal fianco di Cristo, bensì nella perfezione della vita eterna, quando il Regno verrà trasmesso a Dio Padre 79 in modo che nella chiara contemplazione dell'immutabile verità non avremo più bisogno di simboli materiali.

L'argomento non può essere esaurito.

21. Anche se mi attenessi al criterio di brevità finora seguito nel trattare questi argomenti, troppo lungo sarebbe toccarli tutti. Facciamo qualche esempio. Perché nell'anno seicento e uno di Noè, cioè trascorsi seicento anni, viene aperto il tetto dell'arca e viene rivelato il sacramento che vi era nascosto? Perché si dice che la terra si sarebbe seccata il ventisettesimo giorno del secondo mese 80 quasi che la necessità del battesimo fosse cessata in cinquantasette giorni? È lo stesso ventisettesimo giorno del secondo mese che ottiene dalla congiunzione dello spirito col corpo il numero otto volte sette con l'aggiunta di uno per il vincolo dell'unità. Perché dall'arca uscirono uniti quelli che vi erano entrati separati? Così infatti fu detto che entrarono nell'arca Noè con i suoi figli e la moglie con le mogli dei suoi figli 81, ricordando separatamente gli uomini e separatamente le donne; ed in realtà per tutto il tempo che dura questo sacramento la carne concupisce contro lo spirito e lo spirito si oppone alla carne 82. Escono quindi dall'arca Noè, sua moglie, i suoi figli e le mogli dei suoi figli 83 ricordati tutti unitamente, maschi e femmine. Ciò sta ad indicare che alla fine del mondo e nella risurrezione dei giusti in una pace comunque perfetta il corpo si armonizzerà con lo spirito senza la resistenza di alcuna esigenza legata alla mortalità o dei morsi della concupiscenza 84.


Segni simbolici citati brevemente qua e là.

22. Quando poi Dio parla a Noè e gli illustra la figura della Chiesa come se il mondo ricominciasse di nuovo (in molti modi infatti occorreva che fossero rappresentate le stesse cose) che significa il fatto che la progenie di quel patriarca è benedetta per ripopolare la terra e che a lui vengono dati da mangiare tutti gli animali come in quel vassoio fu detto a Pietro: Uccidi e mangia 85? Il significato è che bisogna lasciar colare il sangue prima di mangiare per fare in modo che la vita precedente non venga soffocata e conservata nella coscienza, ma sparsa in qualche modo attraverso la confessione. Quanto al patto stabilito fra Dio, gli uomini ed ogni anima vivente di non distruggerli col diluvio e quanto all'arcobaleno che appare nelle nubi 86 e non risplende mai se non della luce del sole questo è il significato. Non periscono per il diluvio coloro che, pur se separati dalla Chiesa, nei profeti e in tutte le sacre Scritture riconoscono, come nelle nubi di Dio, la gloria di Cristo senza cercare la propria. In realtà perché gli adoratori di questo sole non si inorgogliscano sappiano che Cristo talora è simboleggiato dal sole e altre volte dal leone o dall'agnello o dalla pietra sulla base di una somiglianza e non in senso proprio.


Noè figura di Cristo; Cham, figura del popolo giudaico.

23. Ma veniamo al caso di Noè che, reso ebbro dal vino della vigna che aveva piantato, si denudò nella sua casa 87: a chi non sembrerà essere l'immagine di Cristo che ha sofferto in mezzo alla sua gente? Allora infatti fu denudata la mortalità della sua carne, scandalo per i Giudei e stoltezza per i Gentili, ma per i Giudei e i Gentili che erano stati chiamati, come Sem e Iafet, virtù e sapienza di Dio. Infatti la stoltezza di Dio, è più sapiente della sapienza degli uomini e la debolezza di Dio è più forte della forza degli uomini 88. Inoltre in due figli, il più grande e il più piccolo, sono raffigurati due popoli. Essi recano un'unica veste sul dorso camminando all'indietro, annunciano cioè il mistero della passione del Signore già passata e superata. Non vedono la nudità del padre perché non consenzienti all'uccisione di Cristo, ma lo onorano coprendolo con un velo perché ben sanno donde sono nati. Il figlio di mezzo fra i due, cioè il popolo dei Giudei, che è di mezzo poiché né ha conservato il primato degli apostoli né è stato l'ultimo a credere fra i pagani, questo figlio, si ripete, ha visto la nudità del padre perché ha acconsentito alla uccisione di Cristo e ha portato la notizia ai fratelli. Per suo tramite si è rivelato e in certo qual modo è stato reso di pubblica ragione quello che nella profezia era un segreto. Perciò questo fratello diviene schiavo degli altri due. Che altro infatti è oggi questo popolo se non una bibliotecaria dei Cristiani addetta a conservare la legge e i profeti a testimonianza della predicazione della Chiesa affinché noi onoriamo con un sacramento ciò che essa annuncia con le parole.


Sem e Iapheth simboleggiano la Chiesa. Apostrofe ai Manichei, figli di Cham.

24. Chi non si ecciterebbe, chi non si rafforzerebbe o confermerebbe nella fede nel vedere benedetti quei due che avevano rispettato la nudità del padre pur volgendogli la schiena essendosi dispiaciuti della vicenda legata alla scellerata vigna? Sia benedetto - disse Noè - il Signore, il Dio di Sem. Benché infatti sia Dio di tutte le genti, in certo qual modo tuttavia con un termine che gli appartiene e già fra gli stessi Gentili è detto Dio di Israele. E donde deriva questo se non dalla benedizione accordata a Iafet? Infatti nel popolo dei Gentili occupò tutto il mondo la Chiesa. Questo veniva annunziato con le parole: Il Signore dia gioia a Iafet e viva nelle case di Sem 89. Guardate, guardate Manichei: ecco al vostro cospetto tutto il mondo. Di questo vi stupite, di questo vi dispiacete fra i nostri popoli perché Dio dà spazio a Iafet. Vedete se non abita nelle case di Sem, cioè nelle Chiese che gli apostoli, figli dei profeti, hanno costruito. Udite ciò che dice Paolo ai Gentili divenuti oramai fedeli: Voi - dice- che in quel tempo eravate senza Cristo, privi di ogni rapporto con Israele, privi dei Testamenti, senza la speranza della promessa, e senza Dio in questo mondo. Con queste parole si mostra che ancora Iafet non abitava nelle case di Sem. Ma considerate come conclude poco dopo: Oramai non siete più né pellegrini né inquilini, ma siete concittadini dei santi, della casa di Dio, collocati sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, con Cristo che fa da somma pietra d'angolo 90. Ecco in che modo si dilata Iafet e abita nelle case di Sem. E pur tuttavia voi tenete, leggete e predicate le lettere degli apostoli che testimoniano tutto questo. E dove io potrei collocarvi se non in quel maledetto muro divisorio che non ha Cristo come pietra angolare? In effetti non vi riconosciamo né nella parete, che dopo la circoncisione credette in Cristo e di cui facevano parte anche gli apostoli, né nella parete costituita dai non circoncisi quali sono tutti i pagani che si incontrano tutti nella medesima unità della fede come nella pace dell'angolo. Ma anche tutti coloro che accettano e leggono un libro qualsiasi del nostro canone dove si mostra come Cristo è nato ed ha sofferto come un uomo mortale e pur tuttavia, per il patto di unità che li unisce, non velano pudicamente la stessa mortalità rivelatasi nella passione, ma pur ignorando cosa siano pietà e carità proclamano la nostra comune origine, ebbene costoro, pur dissentendo fra loro - ebrei da eretici ed eretici fra loro - ma restando nella stessa condizione di servi, possono essere utili alla Chiesa o per la loro testimonianza o per l'apporto di prove. Anche degli eretici infatti è stato detto: È necessario che vi siano degli eretici in modo che i veri credenti si manifestino fra voi 91. Andate ora e calunniate i vecchi Libri Santi. Fate questo, servi di Cam, andate, voi che avete disprezzato nella sua nudità la carne da cui siete nati. Non vi sarebbe infatti alcun modo perché voi possiate chiamarvi Cristiani se Cristo, come era stato predetto dai profeti, non fosse venuto nel mondo, se non avesse bevuto dalla sua vigna quel calice che non poté passare lontano da lui, se non avesse dormito nella sua passione come nell'ebbrezza di una follia che è più saggia della sapienza degli uomini e si denudasse così la debolezza della carne mortale per un occulto disegno di Dio, debolezza più forte della forza degli uomini e senza la cui assunzione da parte del verbo di Dio il nome di cristiano, del quale anche voi vi vantate, non sussisterebbe sulla terra. Ma voi fate questo, come ho detto: tradite senza riguardo ciò che noi onoriamo con riverenza, la Chiesa si serva di voi come di sudditi in modo che si manifestino in essa i veri credenti. A tal punto i profeti tacquero ciò che essa avrebbe avuto e sofferto che noi ritroviamo voi nelle loro pagine tutti presi da una vanità fatale per i reprobi che si lasciano sedurre e utile per far emergere i giusti.


Abramo, Isacco, l'ariete sono figure di Cristo.

25. Voi sostenete che Cristo non fu predetto dai profeti israeliti alla cui predizione vegliano tutte quelle pagine, sempre che voi preferiate scrutarle con pietà anziché sfogliarle con leggerezza. Chi altro dunque nella figura di Abramo esce dalla sua terra e lascia i suoi parenti per arricchirsi presso degli stranieri 92 se non colui che, abbandonata la terra ed i parenti Giudei dai quali era nato secondo la carne acquisita, come vediamo, credito e autorità presso i Gentili? Chi nella figura di Isacco portava il legno per il suo sacrificio 93 se non colui che portava la croce per la sua passione? Chi altro era rappresentato dall'ariete del sacrificio che si era impigliato con le corna in un roveto se non chi, per offrirsi in sacrificio per noi, veniva inchiodato sul patibolo della croce?

Giacobbe e le scale del mistero sono immagini di Cristo.

26. Chi altro è figurato nell'angelo che aveva lottato con Giacobbe quando questi prevalse su di lui e l'angelo da più debole verso il più forte, da vinto verso il vincitore lo benedisse, ma al tempo stesso lo rese zoppo toccandogli il femore 94? Chi raffigurava se non colui che accettò che il Popolo d'Israele prevalesse su di lui e benedisse alcuni di quel popolo che credettero in lui? Il femore di Giacobbe claudicò comunque in tutta la sua larghezza in mezzo alla massa carnale di quel popolo. Chi rappresenta la pietra posta sul capo di Giacobbe che l'aveva unta perché potesse essere chiamata con un proprio nome se non Cristo, capo dell'uomo? Chi infatti non sa che il nome di Cristo prende il nome da una unzione? E anche Cristo ricordando nel Vangelo questa circostanza e testimoniando il suo rapporto con quella figura, avendo chiamato un certo Natanaele vero Israelita in cui non c'è inganno ed avendolo costui chiamato Figlio di Dio e Re d'Israele (quasi che portasse sul capo quella pietra ungendola in un certo qual modo con l'olio ricorrendo a quella dichiarazione, cioè proclamando ch'egli era Cristo), a questo punto il Signore molto opportunamente ricordò quello che allora aveva visto Giacobbe che grazie alla benedizione fu chiamato Israele: Pace dico a voi, disse, vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e discendere sopra il Figlio dell'uomo 95. Questo infatti aveva visto Israele quando teneva quella pietra sul capo: delle scale che portavano dalla terra al Cielo per le quali salivano e discendevano gli angeli di Dio 96. Gli angeli sono figura degli Evangelisti predicatori di Cristo. Sono comunque in ascesa quando, per comprendere la sua altissima divinità, si portano al di sopra di ogni creatura ai fini di trovare, nel principio, Dio presso Dio, per il quale ogni cosa è stata creata 97; sono in discesa per trovare un uomo nato da donna, nato sotto la legge per redimere quelli che erano sotto la legge 98. In lui infatti vi sono scale che salgono dalla terra verso il cielo, cioè dalla carne verso lo spirito. Infatti gli uomini carnali progredendo in lui come in salita divengono spirituali. Per essere nutriti col latte anche gli stessi spirituali in certo qual modo discendono poiché non è possibile parlar loro come a spirituali ma solo come a carnali 99. Così si sale e si scende sopra il figlio dell'uomo. Infatti il Figlio dell'uomo è in alto, dentro il nostro capo, poiché è egli stesso il Salvatore; e il Figlio dell'uomo è in basso, nel suo corpo che è la Chiesa. Per lui intendiamo anche le scale poiché lui stesso ha detto: Io sono la via 100. A lui dunque si sale perché si comprenda che è nell'alto dei cieli e a lui si discende perché noi stessi, piccoli come siamo, ci nutriamo nelle sue membra. Attraverso di lui si sale e si scende: seguendo infatti il suo esempio i suoi predicatori innalzano il loro tono per vederlo nell'alto, ma lo abbassano per annunziarlo in modo meno elevato. Vedete l'Apostolo che si eleva dicendo: Se andiamo troppo oltre con la mente, lo facciamo per Dio; e quando si abbassa dice: Se moderiamo il tono lo facciamo per voi. Ci dica anche per chi è salito e disceso: Ci spinge la carità di Cristo e questo è il nostro giudizio: se uno è morto per tutti, tutti hanno partecipato della sua morte: ed è morto per tutti perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto per loro ed è risuscitato 101.

Infelice è colui che non gode nel leggere le sacre Scritture, felice chi ne gode.

27. Colui che non apprezza queste sante visioni che ci offrono le sacre Scritture, non riuscendo a sostenere più la sana dottrina si volge alle favole 102. E quelle favole sollazzano piacevolmente ed in modi diversi le anime che rimangono puerili in qualsiasi età del corpo. Ma noi che già siamo corpo di Cristo riconosciamo nel Salmo la nostra voce e diciamogli: Gli ingiusti mi hanno narrato favole dilettevoli, ma non come la tua legge, Signore 103. Mentre ansimando vado percorrendo tutti quei libri e quelle scritture, madido di quel sudore cui l'uomo è stato condannato o apertamente o di nascosto, Cristo mi viene incontro e mi ristora. Egli stesso per la difficoltà che incontro nel trovarlo infiamma il mio desiderio in modo che io beva avidamente quello che riesco a trovare e per la mia salvezza lo tenga ben nascosto nel mio midollo.

Giuseppe, la verga di Mosè, sono simboli di Cristo.

28. Lo stesso Cristo mi si presenta nella figura di Giuseppe che, dopo essere stato perseguitato e venduto dai fratelli, fu onorato in Egitto 104. Siamo venuti a conoscenza delle sofferenze di Cristo nel mondo dei Gentili, prefigurato dall'Egitto, attraverso le passioni dei martiri. E ora vediamo che lo stesso Cristo è onorato in quello stesso mondo grazie alla distribuzione del suo frumento capace di mettere tutto ai suoi piedi. Ancora Cristo mi si presenta nella verga di Mosè che, gettata a terra e divenuta serpente, configura la morte della terra che viene dal serpente. Il fatto poi che il serpente, preso per la coda, torna ad essere verga 105 significa che in seguito Cristo, compiuti tutti gli atti della sua missione, torna risorgendo ad essere ciò che era quando, distrutta la morte attraverso la riparazione della vita, non resta più nulla del serpente. Anche noi, che siamo il suo corpo, rotoliamo nella stessa mortalità attraverso lo scorrere del tempo; ma alla fine ultima, essendo la coda del secolo afferrata dalla forza delle mani, cioè dal potere del giudizio, per non ricadere più, saremo riparati e risorgendo, una volta distrutta la morte, l'ultima nemica 106, saremo la verga del regno nella mano destra di Dio.


Significato mistico dell'uscita dall'Egitto, della pietra, della manna, della nube.

29. Sull'uscita di Israele dall'Egitto lasciamo che parli non la mia persona, ma l'Apostolo: Non voglio che voi ignoriate, fratelli, che tutti i nostri padri furono sotto la nube e passarono tutti attraverso il mare e che tutti furono battezzati in Mosè, nella nube e nel mare e tutti mangiarono il medesimo cibo spirituale e tutti bevvero la medesima bevanda spirituale. Bevevano infatti da una roccia spirituale che li seguiva e quella roccia era Cristo 107. Chiarendo un solo punto ha reso chiaro tutto il resto. Se infatti la pietra era Cristo per la sua fermezza, perché la manna non sarebbe stato il pane vivo che discende dal cielo 108 mangiando del quale si vive spiritualmente? Infatti quegli uomini assumendo nella carne l'antica figura sono morti. Ma quando l'Apostolo dice mangiarono lo stesso cibo spirituale mostra che si deve intenderlo di Cristo in senso spirituale. Allo stesso modo chiarì perché aveva definito spirituale la bevanda quando aggiunse che la pietra era Cristo. Chiarito un punto risultò chiaro tutto il resto. Perché dunque non sarebbero Cristo anche la nube e la colonna, essendo egli ritto in piedi e ben fermo e capace di rafforzare la nostra debolezza, risplendente nella notte e non risplendente nel giorno in modo che vedano quelli che non vedono e diventino ciechi i vedenti 109? Il Mar Rosso che si tinge di rosso rappresenta il battesimo consacrato dal sangue di Cristo. I nemici che seguono alle spalle e muoiono rappresentano la morte dei peccati del passato.


Il deserto, i palmizi, le dodici fonti, il serpente di bronzo, l'agnello pasquale, la legge offerta a Mosè.

30. Il popolo è condotto attraverso il deserto 110. Tutti i battezzati che ancora non fruiscono della terra promessa, ma sperando in ciò che non vedono e attendendo con pazienza 111, si trovano come in un deserto. E lì si devono sostenere penose e pericolose tentazioni a tornare col cuore in Egitto. Neppure lì tuttavia Cristo li abbandona: infatti anche quella colonna non torna indietro 112. E le acque amare si addolciscono col legno volendo significare che i popoli nemici si ammansiscono per aver onorato il segno della croce di Cristo. E le sette fonti irriganti settanta palme 113 prefigurano la grazia degli apostoli che irriga i popoli in numero di sette moltiplicato per dieci perché il decalogo della legge sia completato attraverso i sette doni dello Spirito. E il nemico che aveva tentato di bloccare la strada viene vinto dalle mani di Mosè tese nel segno della croce del Signore 114. E i morsi dei mortiferi serpenti vengono sanati dalla vista del serpente di bronzo che era stato innalzato come dichiarato dalle parole stesse del Signore: Come Mosè esaltò il serpente nel deserto, così occorre che sia esaltato il Figlio dell'Uomo in modo che chiunque abbia creduto in lui non perisca, ma abbia la vita eterna 115. E anche questi fatti non gridano a voi? È così grande la sordità nei vostri cuori? È Pasqua quando viene ucciso l'agnello e a Pasqua viene ucciso anche Cristo del quale si dice nel Vangelo: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo! 116 A coloro che fanno la Pasqua è proibito di spezzare le ossa e al Signore non vengono spezzate le ossa sulla croce. L'evangelista attesta che per questo fu detto: Non gli spezzerete un solo osso 117. Le porte vengono spalmate di sangue per evitare la rovina 118 e i popoli ricevono sulla fronte il segno della passione del Signore a tutela della loro salvezza. La legge fu data cinquanta giorni dopo la celebrazione della Pasqua 119 e lo Spirito Santo venne dopo cinquanta giorni dalla passione del Signore 120. Si dice che ivi la legge fu scritta col dito di Dio 121 e il Signore dice dello Spirito Santo: Nel dito di Dio caccio i demoni 122. E Fausto grida ad occhi chiusi di non aver trovato in quegli scritti nulla che riguardi il preannuncio di Cristo! Che c'è da meravigliarsi se ha gli occhi per leggere e non ha il cuore per capire, lui che posto dinanzi alla porta chiusa del mistero divino, non batte con la fede della pietà, ma picchia con l'arroganza dell'empietà? Sia così e vada pure così perché è giusto. Si chiuda per i superbi la porta della salvezza. Venga il mansueto cui il Signore insegna le sue vie 123, veda anche queste cose in quei libri o tutte o alcune, quelle che crede, in tutti.


Ingresso nella terra promessa.

31. Veda Gesù che introduce il popolo nella terra della promessa 124. Non è per un errore che in quel tempo non venisse chiamato così, ma è per una decisione della provvidenza che, mutato il nome, fu chiamato Gesù. Veda il grappolo d'uva che pendeva dal legno nella terra della promessa 125. Veda in Gerico, come in questa generazione mortale, le meretrici delle quali dice il Signore che precederanno i superbi nel regno dei cieli 126 e veda la meretrice far scendere attraverso la finestra della sua casa, come attraverso la bocca del suo corpo, un nastro scarlatto 127 che è sempre segno del sangue per la remissione dei peccati che si devono confessare per la salvezza. Veda le mura della stessa città cadere come le difese mortali del tempo dopo che l'arca del Testamento l'aveva circumnavigata sette volte 128 come sono i nostri tempi che scorrono attraverso l'alternarsi di periodi di sette giorni. L'alleanza di Dio gira attorno al mondo affinché alla fine dei tempi venga distrutta per ultima la morte 129 e in seguito alla perdizione degli empi sia liberata l'unica casa come unica Chiesa purificata della turpitudine della fornicazione attraverso la finestra della confessione nel sangue della remissione.


Età dei Giudici e dei re: Sansone, Iaele, Gedeone.

32. Veda prima i tempi dei Giudici, poi quelli dei re e per conseguenza vi sarà prima il tempo del giudizio, poi quello del regno; e veda che nei tempi dei giudici e dei re sempre di nuovo e in vari modi vengono figurati Cristo e la Chiesa. Chi era in Sansone che uccise un leone che aveva incontrato mentre si recava da gente straniera per prender moglie 130 se non colui che dovendo chiamare la Chiesa dal seno delle Nazioni disse: Gioite perché io ho vinto il mondo 131? Che cosa significa il favo costruito nella bocca del leone ucciso 132 se non che noi vediamo che le stesse leggi del regno terreno, che in precedenza congiuravano contro Cristo, oggi, del tutto ammansita la loro crudeltà, offrono anche un appoggio alla predicazione della dolcezza evangelica? Chi rappresenta quella donna piena di fiducia che trafigge col legno le tempie dei nemici 133 se non la fede della Chiesa che distrugge con la croce di Cristo il regno del demonio? Che significa la pelle che è umida quando l'aria è secca e secca quando l'aria è umida 134 se non che dapprima il solo popolo ebraico possedeva il mistero di Dio, che è Cristo, mentre tutti gli altri uomini ne erano privi; ora invece che quel mistero si è manifestato tutto il mondo lo possiede e solo il popolo ebraico ne è privo.

Si prevedono un nuovo sacerdozio ed una nuova regalità, sarà rivista una nuova ripartizione in tribù.

33. Tanto per rifarci ancora brevemente al tempo dei re, il sacerdozio trasferito fin dall'inizio in Samuele in seguito alla riprovazione di Eli 135 e il regno passato a Davide in seguito alla riprovazione di Saul 136 non gridano forse che si annuncia un nuovo sacerdozio e un nuovo regno che appariranno in nostro Signore Gesù Cristo del cui sacerdozio quello precedente, che era stato riprovato, non rappresentava che l'ombra? Forse che Davide, dopo aver mangiato il pane della proposizione che solo i sacerdoti avevano il diritto di mangiare 137, non figurava la presenza delle due cariche in un'unica persona, cioè la presenza del sacerdozio e del regno nell'unica persona di Cristo? Il fatto che due tribù furono separate dal Tempio e due abbandonate 138 non indica forse a sufficienza ciò che l'Apostolo dice di tutto il popolo: Il residuo fu scelto per grazia 139?


Le vicende di Elia si riferivano a Cristo.

34. Elia viene nutrito nel tempo della fame dai cervi che gli recano il pane la mattina e la carne la sera 140. E i Manichei non comprendono che in quei libri si parla di Cristo. A lui, in certo qual modo affamato della nostra salvezza, si confessano i peccatori, possedendo per ora la fede quale primizia dello spirito e alla fine, che potremmo definire sera del mondo, anche la risurrezione della carne. Elia fu affidato, per essere nutrito, presso una vedova straniera che voleva riunire due legni prima di morire. Ora è evidente che non dal solo termine " legno ", ma anche dal numero di legni utilizzati è espresso il segno della croce. La farina e l'olio della vedova sono benedetti 141: il frutto e la gioia non mancano quando la carità viene dispensata poiché Dio ama chi dà con gioia 142.


Eliseo. Ferro dell'ascia, immagine della passione e della resurrezione di Gesù Cristo.

35. Delle belve divorano dei bambini che deridono Eliseo al grido di: Zucca pelata, Zucca pelata 143; quelli che con infantile stoltezza deridono Cristo crocifisso sul Calvario periscono invasi dai demoni. Eliseo invia un servo a collocare un bastone sul corpo esanime di un fanciullo, ma quello non ritorna in vita. Eliseo stesso si reca allora personalmente sul posto e si pone sopra di lui adattando le sue membra a quelle del bambino e il bambino riprende vita 144. Il Verbo di Dio inviò la legge per tramite di un suo servo, ma non giovò al genere umano morto per i peccati. Non la mandò tuttavia senza motivo: la mandò infatti uno che sapeva di doverla mandare in anticipo. Venne lui in persona, si adattò a noi, si fece partecipe della nostra morte e noi avemmo la vita. Mentre si tagliava la legna con delle scuri un ferro, balzato fuori dal manico ligneo, piombò in un fiume profondo. Eliseo allora gettò un legno nel fiume e il ferro vi si agganciò e fu recuperato 145. Allo stesso modo quando la concreta ed operante presenza di Cristo tagliava gli empi Giudei come alberi infruttuosi (Giovanni aveva detto di lui: Ecco che la scure viene posta alle radici dell'albero 146) in seguito alla passione subita per opera loro abbandonò il suo proprio corpo discendendo nelle profondità degli inferi; risalito di lì il suo spirito, reinserendosi nel suo corpo deposto nel sepolcro, come un ferro che si reinserisce nel suo manico, risorse a nuova vita. Coloro che leggono non sanno quante cose io ometto costretto dalla necessità di esser breve.


Valenza profetica della schiavitù di Babilonia e della ricostruzione del Tempio.

36. Consideriamo anche la trasmigrazione degli Israeliti in Babilonia, dove lo stesso Spirito di Dio, per tramite del profeta Geremia, aveva loro ordinato di recarsi perché pregassero per quegli stessi nel cui regno andavano peregrinando (essendo la loro pace anche pace per quelli) e perché costruissero nuove case e piantassero nuove vigne e coltivassero nuovi giardini 147. Chi non riconoscerebbe di che cosa tale esilio sia la prefigurazione, ove consideri che i veri Israeliti che sono senza inganno 148 sono trasmigrati col sacramento evangelico nel regno dei Gentili attraverso la predicazione degli apostoli? Perciò l'Apostolo, quasi copiasse Geremia, vi dice: Voglio che prima di tutto si facciano suppliche, preghiere, richieste, azioni di grazia per tutti gli uomini, per i re, per tutti costoro che hanno un'alta dignità perché noi possiamo condurre una vita quieta e tranquilla, facendo ogni cosa nella pietà e nella carità. Questa è una cosa buona e apertamente accetta al nostro Dio e Salvatore il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza del vero 149. Per questo sono costruite da quei credenti le dimore della pace, le basiliche per le congregazioni cristiane, e sono state rinnovate le vigne del popolo dei fedeli e coltivati gli orti. Ivi fra tutti i legumi regna quel grano di senape sotto la cui ombra, orientata in lungo e in largo, anche la presuntuosa superbia dei Gentili si rifugia fuggendo come capita agli uccelli del cielo 150. Quanto poi al fatto che anche dopo settanta anni, come dice la profezia dello stesso Geremia, si ritorna dalla prigionia e il tempio viene rinnovato 151, quale fedele di Cristo non comprenderebbe che dopo la rivoluzione del tempo, che si opera attraverso il continuo succedersi di un gruppo di sette giorni, anche noi, cioè la Chiesa di Dio, dovremo ritornare, dopo la peregrinazione in questo mondo, alla Gerusalemme Celeste? E con l'aiuto di chi faremo questo se non attraverso Gesù Cristo, sacerdote veramente grande, la cui figura fu gestita da quel Gesù, gran sacerdote di questo tempo, che provvide dopo la prigionia alla ricostruzione del tempio? Chi vide il profeta Zaccaria nell'uomo in sporche vesti che gli furono tolte dopo la vittoria sul diavolo che lo accusava e sostituite con un abbigliamento onorevole e glorioso 152? Evidentemente ciò ch'egli vide era il corpo di Cristo, cioè la Chiesa, che dopo aver superato il suo avversario in un giudizio pronunciato alla fine dei tempi, passò dal dolore della peregrinazione alla gloria della salvezza eterna. Questo evento è cantato in modo chiarissimo nel salmo della dedicazione della casa: Hai trasformato il mio pianto in una grande gioia, hai spezzato il mio sacco e mi hai cinto di gioia affinché la mia gloria canti il tuo nome senza impedimenti 153.


Tutto ha un senso nell'Antico Testamento, come attesta Paolo.

37. Chi mai, con la scusa di scrivere una seconda opera, sarebbe in grado di segnalare quanto più brevemente possibile tutto ciò che negli antichi libri della Legge e dei Profeti preannuncia Cristo (e sempre che non si ritenga che sia dovuto all'industria umana l'interpretazione rivolta a Cristo di tutti i fatti ordinatamente svoltisi nel corso del tempo)? Questo possono forse dirlo sia i Giudei che i Pagani, ma coloro che vogliono passare per Cristiani devono piegare la testa di fronte a ciò che impone l'autorità degli apostoli che così si esprime: Tutti questi esempi si presentarono loro come figure; e: Tutti questi eventi furono figure per noi 154. Se infatti due uomini, Ismaele ed Isacco, significano i due Testamenti 155, che si deve credere di quei fatti che non avevano alcuna utilità e nessuna necessità che avvenissero? Non significano nulla? Se qualcuno di noi, che ignoriamo le lettere ebraiche, cioè i caratteri con cui scrivono, li vedesse scritti in una parete o in altro luogo di rispetto, chi sarebbe tanto sciocco da pensare che così è stata dipinta la parete? Non capirebbe piuttosto che si tratti di uno scritto e, pur non essendo in grado di capirlo, non dubiterebbe che quei segni esprimano qualcosa? Allo stesso modo chiunque leggerà con animo retto tutte le cose che sono contenute nel Vecchio Testamento delle sacre Scritture non potrà dubitare che qualcosa significhino.


Ne sono una prova la creazione della donna, l'arca di Noè, il sacrificio di Isacco.

38. Per esempio: forse che, se occorreva che si creasse una donna quale aiuto per l'uomo, qualche necessità costringeva a questo o qualche utilità induceva a plasmarlo ricorrendo al fianco dell'uomo che dormiva 156? Se per sfuggire al diluvio occorreva che si fabbricasse un'arca, che bisogno c'era o di osservare proprio quelle misure o di ricordarle affidandole a degli scritti che li trasmettessero alla posterità per rafforzarne la fede? Se occorreva chiudere gli animali nell'arca per trasmetterne la specie, che bisogno c'era che se ne scegliessero precisamente sette fra i puri e sette fra gli impuri? Se la necessità richiedeva in ogni caso che si aprisse un varco per penetrare nell'arca, che cosa imponeva che fosse collocato nel fianco o anche che fosse tramandato per iscritto 157? Ad Abramo fu ordinato di sacrificare il figlio: gli sarebbe stato dato quest'ordine perché la sua obbedienza, sottoposta anche a questa prova, fosse nota ai posteri? Sarebbe stato più conveniente che il figlio portasse la legna per evitare che la portasse il padre già vecchio? Non gli sarebbe poi stato permesso di colpire il figlio perché non si ferisse con una così grave perdita? Forse che, anche se fosse tornato senza versare sangue, Abramo sarebbe stato meno apprezzato? O se occorreva che oramai si compisse il sacrificio, contribuiva forse ad aumentare il peso della vittima l'apparizione di quell'ariete incastrato con le corna in un cespuglio 158? Così quando si considerano tutti i particolari e si scopre che particolari superflui sono commisti con altri necessari, ne viene l'invito rivolto all'anima umana, cioè all'anima razionale, a indicare che c'è una figura e a cercarne poi il significato.


Gli Ebrei non sono d'accordo su una assurda opinione di Filone.

39. Gli stessi Giudei che deridono Cristo, del quale abbiamo conosciuto la passione, non vorrebbero che nelle figure espresse da tante parole e da tanti fatti siano celate delle profezie, ma sono costretti ad apprendere da noi che cosa esse significhino. Se infatti non accettassero che significano qualcosa, non potrebbero difendere quei libri di autorevolezza divina dalla vergogna di favole tanto sciocche. Ha compreso questo un certo Filone, uomo di altissima cultura, uno di quelli il cui eloquio i Greci non esitano a paragonare a quello di Platone. Ha provato ad interpretare alcuni passi non perché si intendessero riferiti a Cristo, al quale non credeva, ma in modo che maggiormente apparisse la differenza fra il riferire tutto a Cristo, in riferimento al quale realmente certe cose furono scritte, e l'andare alla ricerca, magari con soluzioni ingegnose, di congetture qualsiasi diverse dalla sua figura. Dal che si ricava quanto siano vere le parole dell'Apostolo: Quando ti recherai dal Signore sarà tolto il velo 159. Per riferire qualcosa d'altro, sempre a proposito dello stesso Filone, ricorderemo che, volendo far intendere che l'arca del diluvio era stata fabbricata tenendo conto delle misure del corpo umano, ne esaminò tutti i particolari pezzo per pezzo. Mentre considerava con grande cura anche l'aspetto aritmetico, tutti i particolari si presentavano coerenti e nulla impediva che fossero riferiti a Cristo in quanto anche Cristo, salvatore del genere umano, era apparso in un corpo d'uomo. Non erano però cogenti in quanto il corpo umano è comune a tutti gli uomini. Ma quando si giunse alla porta, che era costruita sul fianco dell'arca, ogni congettura dell'ingegno umano venne meno e per dire qualcosa Filone osò credere, osò dire e osò scrivere che con quella porta venivano indicate le parti inferiori del corpo attraverso le quali vengono evacuate l'urina e lo sterco. Né c'è da meravigliarsi se sbagliò per non aver trovato la porta. Se fosse passato a Cristo, tolto il velo avrebbe scoperto i sacramenti della Chiesa uscenti dal corpo di quell'uomo 160. Poiché infatti è stato predetto che saranno due in una carne sola 161, anche nell'arca alcuni particolari si riferiscono a Cristo e altri alla Chiesa, ma in realtà tutto riguarda Cristo. Così anche nelle interpretazioni delle figure diffuse in tutta la sacra Scrittura è possibile considerare e paragonare l'opinione di coloro che vi scorgono sempre Cristo con quella di coloro che anziché riportarla a Cristo la deviano verso altre interpretazioni.


Opinione dei pagani su questo argomento.

40. Anche i pagani in questo non ci contrastano. Non osano infatti opporsi alla nostra interpretazione che considera riferite a Cristo le figure di tanti eventi non solo raccontati, ma anche realmente avvenuti. E ciò avviene poiché riusciamo a dimostrare che quelle che comprendiamo essere delle profezie si sono anche realizzate. Per farci invece accettare in qualche modo le loro favole, si sforzano con la loro interpretazione di riferirle a non si sa quali fisiologie o teologie, in altre parole di darne delle spiegazioni coinvolgenti la natura o la divinità. Da una parte mettono chiaramente in evidenza la natura di quei racconti, dall'altra li lasciano nell'ombra: essi infatti deridono a teatro ciò che venerano nei templi essendo troppo liberi nei loro vizi e troppo schiavi nella superstizione.

Profezie più chiare; benedizione della stirpe di Abramo.

41. Se poi qualcuno ci dicesse che quelle cose non sono state scritte o dette perché in esse si riconoscesse Cristo, nonostante la perfetta coincidenza delle cose preannunciate ed ora compiute, sarà certamente colpito da altri presagi profetici chiari e manifesti come questo: Nella tua stirpe saranno benedette tutte le genti. Questo è stato detto ad Abramo, questo ad Isacco, questo a Giacobbe 162. Dice perciò non a torto: Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe 163. Egli avrebbe completato nella benedizione di tutte le nazioni ciò che aveva promesso della loro stirpe. Non a torto lo stesso Abramo, in seguito al giuramento di un suo servo, gli ordinò di porre la mano sotto la sua coscia 164 sapendo che di lì sarebbe derivata la carne di Cristo nel quale non diciamo che sono state ora benedette tutte le genti, ma che ora vediamo ciò che allora fu preannunziato.

Profezia di Giacobbe e sua spiegazione.

42. Vorrei sapere - anzi, ancor meglio, ignorare - per quale accecamento dello spirito Fausto abbia letto il passo in cui Giacobbe chiamava i suoi figli dicendo: Riunitevi perché io possa annunciarvi i fatti che vi accadranno negli ultimi giorni: riunitevi e ascoltate, figli di Giacobbe, ascoltate, Israele, vostro padre 165. Qui certamente nessuno dubiterà che viene messa in piena luce la figura di un profeta. Ascoltiamo dunque cosa dice a suo figlio Giuda dalla cui tribù venne Cristo: Del sangue di Davide secondo la carne, come attesta l'insegnamento degli apostoli 166. Giuda, - dice - ti lodino i tuoi fratelli; le tue mani si appoggeranno sul dorso dei tuoi nemici, ti adoreranno i figli di tuo padre. Giuda è come il cucciolo di un leone, figlio della mia stirpe. Tu eri sdraiato e tu ti sei rialzato, hai dormito come un leone e come un cucciolo. Chi lo ridesterà? Non mancherà un principe del sangue di Giuda e un condottiero della sua discendenza in attesa che venga ciò che è stato riservato per lui; egli sarà l'attesa dei Gentili, legherà alla vigna il suo cucciolo e il figlio dell'asina al cilicio. Laverà nel vino la sua stola e nel sangue dell'uva il suo mantello; rifulgeranno i suoi occhi per il vino e saranno più bianchi i suoi denti per il latte 167. Tutto ciò sarebbe falso, tutto ciò sarebbe oscuro se non avesse trovato in Cristo un'illuminante spiegazione. Se non lo lodano gli apostoli, suoi fratelli, e tutti i suoi coeredi che cercano la gloria non per sé ma per lui; se le sue mani non sono sulla schiena dei suoi nemici; se tutti coloro che gli sono contrari non si abbassano e non si curvano verso terra per il moltiplicarsi dei popoli cristiani; se i figli di Giacobbe non lo hanno adorato nel resto che si è conservato per l'elezione della grazia 168; se non è il cucciolo di un leone poiché nascendo s'è fatto piccino, è per questo che si aggiunge: Mio figlio della mia stessa generazione. Si dà una spiegazione dell'immagine del cucciolo di leone laddove è scritto in sua lode: cucciolo del leone, più forte dei giumenti 169 vale a dire: benché piccolo, più forte dei più grandi. Se non salì in croce per riposare quando, inclinato il capo, rese lo spirito; se non dormì come un leone, poiché nella stessa morte non fu vinto, ma ne uscì vittorioso, e come un cucciolo di leone (è infatti morto perché era nato) se non lo ha risuscitato dai morti colui che mai nessuno vide né può vedere 170. Da ciò infatti che è stato detto -chi lo risusciterà? - è sufficientemente espresso il segno di uno sconosciuto se venne a mancare un principe della casa di Giuda e un condottiero della sua discendenza, in attesa che si realizzassero nel momento opportuno gli eventi promessi e in un certo senso messi da parte. Esistono infatti opere attendibilissime relative alla storia degli stessi Ebrei dalle quali si apprende che al tempo in cui nacque Cristo fu re dei Giudei lo straniero Erode 171. Perciò non mancò un re della stirpe di Giuda in attesa che si verificassero gli eventi che erano stati stabiliti per lui. Ma poiché non giovò ai soli Giudei rimasti fedeli ciò che era stato promesso, considera ciò che segue: Ed egli, attesa dei Gentili, egli legò alla vigna il suo cucciolo, cioè il suo popolo, predicando e gridando nel cilicio: Fate penitenza perché il Regno dei cieli è vicino 172. Sappiamo che il popolo dei Gentili a lui sottomesso è paragonato ad un puledro d'asina sul quale egli siede e che lo conduce a Gerusalemme 173, cioè nella visione della pace, insegnando ai mansueti le loro vie. Se non ha lavato nel vino la sua stola: essa significa infatti la Chiesa gloriosa che gli si presenta senza macchia o ruga 174. Ad essa vien pure detto per mezzo di Isaia: Se i vostri peccati saranno di color scarlatto li imbiancherò come neve 175. Di che si tratta se non della remissione dei peccati? In quale vino se non in quello del quale si dice che sarà versato per molti in remissione dei peccati 176? Si trattava infatti di quel grappolo che pendeva dal bastone. E vedi inoltre che cosa aggiunge a questo punto: E nel sangue dell'uva il suo mantello 177. Ora, che i loro occhi risplendano per il vino lo sanno le membra che si trovano nel suo corpo alle quali è concesso vedere, grazie ad una santa ebbrezza della mente che la astrae da ciò che è immerso nella corporeità del tempo, l'eterna luce della sapienza. Per questo abbiamo ricordato il passo di Paolo: Se siamo usciti da noi stessi, è per Dio. Questo significano gli occhi splendenti per il vino. Poiché tuttavia seguono le parole se siamo temperanti è per voi 178 non sono tralasciati neanche i bambini che devono ancora essere nutriti con il latte 179, poiché anche qui seguono le parole: e i suoi denti più bianchi per il latte.

Non tutti i tipi di profezia possono essere considerati: Cristo profetizzato nei Salmi.

43. Cosa potreste rispondere a questo, folli che siete? Eppure si tratta di testimonianze manifeste che possono annientare non dico tanto le calunnie e le contraddizioni, quanto le nebbie stesse del dubbio. Cercate prima di tutto testimonianze di questo tipo tratte da quei libri e credete innanzi tutto a quelle. Quanto a me né posso ricordarle tutte, poiché sarebbero troppe, né ricordarne molte, perché richiederebbero molto tempo, né vorrei d'altra parte prenderne in considerazione poche per evitare che coloro che non le leggono ritengano che esistono solo quelle. Vorrei anche evitare che il fedele e diligente lettore, scoprendone di più numerose e convincenti, mi rimproveri di prendere in considerazione soprattutto quelle delle quali mi ricordo al momento. Ne troverete infatti molte che non hanno assolutamente bisogno di un commento, come quello di cui mi sono servito per spiegare le parole di Giacobbe. Chi chiederebbe subito l'intervento di un esegeta leggendo una frase come questa: Fu condotto al sacrificio come un agnello 180, e tutto ciò che in quel testo è detto più volte e con molta chiarezza come nelle frasi seguenti: Poiché siamo stati guariti dalle sue piaghe; poiché egli stesso si è caricato dei nostri peccati 181? Chi non riterrebbe che si stesse in qualche modo cantando un testo evangelico udendo espressioni come queste: Hanno forato le mie mani e i miei piedi e contarono tutte le mie ossa; essi stessi mi guardarono e valutarono, si divisero i miei indumenti e sorteggiarono la mia tunica. Chi, se non un cieco incurabile, non vedrebbe come si è compiutamente realizzata la profezia che dice: Saranno ricordati e si convertiranno al Signore tutti i confini della terra e tutte le nazioni dei Gentili si prostreranno alla sua presenza 182? Prendiamo un passo evangelico: La mia anima è triste fino alla morte 183; o l'altro: Ora la mia anima è turbata 184. Non si legge già in un salmo: dormii turbato? E perché gli capitò di dormire? Per le voci di coloro che gridarono: Crocifiggi, crocifiggi 185. Continuando nel salmo non si dice forse: figli degli uomini, i loro denti sono armi e frecce, e la loro lingua è una spada affilata? Che cosa fecero, in che cosa nocquero al colui che sarebbe risuscitato e salito oltre il cielo e avrebbe posseduto a gloria del suo nome tutta la terra? Vedi un po' se il salmo aveva taciuto su questo. No certo, continua infatti così: Sei esaltato, o Dio, sopra i cieli e sopra tutta la terra per la tua gloria 186. E chi mai dubiterà che si parla di Cristo così: Il Signore ha detto a me: tu sei mio figlio, oggi ti ho generato; chiedimelo e ti darò i Gentili come tua eredità e come tuo possesso i confini della terra 187. Chi ha il diritto di intendere un altro diverso da Cristo dove questo dice Geremia della sapienza: La tramandò a Giacobbe suo figlio e ad Israele suo eletto. In seguito fu visto sulla terra e visse assieme agli uomini 188.

La profezia di Daniele.

44. Chi non riconoscerebbe lo stesso Salvatore in Daniele quando il figlio dell'uomo si presenta al vegliardo e ne riceve il regno senza fine in modo che lo servano tutte le genti 189? Se a questo punto consideriamo il passo che ricordò il Signore rifacendosi alla stessa profezia di Daniele che dice: quando vedrete l'abominio della desolazione che fu predetta da Daniele e la colloca in un luogo santo (chi vuole intendere intenda) 190 e se, calcolato lo spazio delle settimane, si considera quel numero, non solo si arriva a Cristo, ma si individua anche il tempo nel quale fu opportuno ch'egli venisse per subire la passione. Eppure anche senza calcolare i tempi, ma sulla sola base dei fatti avvenuti, siamo soliti confondere i Giudei, coi quali non è tra noi in discussione se Cristo sia la nostra salvezza, ma si nega la sua stessa venuta e la passione. Sono convinti dall'evidenza dei fatti e non solo per la conversione di tutte le genti che, secondo la stessa Scrittura cui sono costretti a cedere, si porranno al suo servizio visto che la Scrittura stessa s'è fatta così chiara in tutto il mondo da ferire gli occhi dei contraddittori. In realtà ancor più vengono convinti da tutto ciò che è avvenuto fra lo stesso loro popolo come la distruzione del sacrario e la cessazione dei sacrifici, del sacerdozio e dell'unzione primitiva: tutti eventi che Daniele aveva previsto per quando si sarebbe celebrata l'unzione del santo dei santi 191. Essendosi dunque già compiuti tutti quei fatti si chiede dove sia il Santo dei Santi e non sanno che rispondere. Del resto come potrebbero discutere con noi non di Cristo, ma del suo arrivo, se non sapessero che era stato profetato nei loro libri? Perché chiedono a Giovanni s'egli sia Cristo 192? Perché dicono allo stesso Signore: Fino a quando terrai la nostra anima in sospeso? Se sei il Cristo diccelo apertamente 193. Perché Pietro, Andrea e Filippo dicono a Natanaele: Abbiamo trovato il Messia, cioè Cristo 194, se non perché questo nome fra quella gente era conosciuto per tramite delle Scritture ed anche atteso? Nessun altro popolo ebbe dei re o dei sacerdoti col nome di Cristo la cui simbolica unzione non era lecito che cessasse se non dopo l'arrivo di colui di cui era simbolo 195. I Giudei infatti conoscevano i loro Cristi, ma speravano in uno solo che li avrebbe liberati. Resi ciechi però per un misterioso disegno della giustizia divina, presero in considerazione solo la sua potenza e non compresero il senso della debolezza nella quale è morto per noi. Sappiamo così che è di loro che si profetizza nelle seguenti parole del libro della Sapienza: Condanniamolo ad una morte ignominiosa. Sarà infatti trattato secondo le sue parole. Se è veramente figlio di Dio, Dio lo accoglierà e lo libererà dalle mani dei suoi nemici. Questo pensarono e sbagliarono: li accecò infatti la loro malizia 196. Questo si può con grande sincerità dire di coloro che nonostante una tale massa di testimonianze, una così ampia disponibilità di previsioni e una così manifesta dimostrazione che si sono verificate sostengono ancora che nelle sacre Scritture non è profetato Cristo. Se continuano a dire questo noi possiamo continuare a produrre documenti con l'aiuto di colui che ne offrì tanta abbondanza contro le calunnie e gli errori degli uomini che ci esenta dal tornare a quanto abbiamo detto.

Confutazione dell'affermazione di Fausto secondo la quale sarebbe caratteristica di una debole fede non credere a Cristo senza una testimonianza.

45. Mi rincresce a questo punto di dover confutare un altro sotterfugio di Fausto ch'egli stesso ha ritenuto di poter trovare, avvedutissimo per il riflettersi in esso della luce della profezia. Lo faccio con disgusto nel timore che si possa ritenere che Fausto abbia detto qualcosa cui valga la pena di rispondere. Chi può essere tanto insensato da sostenere che è debole la fede di chi non crede a Cristo senza un testimone? Vorrei che i Manichei mi rispondessero a chi abbiano creduto a proposito di Cristo. Hanno forse udito una voce dal cielo che diceva: questo è mio figlio 197? In realtà Fausto ci invita a credere soprattutto a quella voce, lui che non ammette che vi siano testimonianze umane su Cristo, come se a noi la notizia di quella stessa voce non fosse giunta attraverso la testimonianza di un uomo sì da indurre l'Apostolo a pronunziarsi così: Come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? O come crederanno a colui che non hanno udito? Come udranno senza che qualcuno parli? O come predicheranno senza essere inviati? Così è scritto: quanto sono belli i piedi di coloro che annunziano la pace, che annunziano il bene! 198 Voi vedete certamente come una testimonianza profetica accompagni la predicazione della dottrina degli apostoli. Perché quindi non fossero disprezzati né ritenuti frutto di invenzione gli eventi annunziati dagli apostoli si dimostrava che questi stessi eventi erano stati predetti dai profeti. Anche di fronte all'attestazione di veri miracoli (come anche ora alcuni vanno mormorando) non sarebbe mancato il tentativo di attribuire quegli eventi al potere della magia se un tale modo di pensare non fosse stato contestato dalle profezie. Nessuno infatti avrebbe osato dire che gli apostoli si erano creati dei profeti a mezzo delle arti magiche, ancora prima che queste nascessero, per fare quelle predizioni. Ma evidentemente Fausto ci proibisce di credere alle testimonianze profetiche degli Ebrei a proposito del vero Cristo, mentre egli crede alle errate informazioni dei Persiani sul falso Cristo.

Sulla "semplice" fede.

46. Al contrario l'insegnamento cattolico insegna che la mente cristiana deve essere dapprima educata con la semplice fede che la renda poi capace di comprendere le realtà superiori ed eterne. Così dice infatti il profeta: Se non avrete creduto non comprenderete 199. Ma questa è la semplice fede per la quale, prima di conoscere la sublime scienza dell'amore di Cristo e di riempirci della pienezza di Dio 200, crediamo che non senza ragione la prova di umiltà con la quale egli nacque e soffrì da uomo era stata predetta con molto anticipo dai profeti attraverso una stirpe profetica, un popolo profetico, un regno profetico. E ciò avviene perché in quella stoltezza che è più saggia della sapienza umana e in quella debolezza che è più forte della fortezza umana 201 si cela qualcosa di grande in vista della nostra giustificazione e glorificazione. Ed ivi si nascondono tutti i tesori di sapienza e di scienza 202 che non si aprono per chi ha disprezzato il cibo a lui trasmesso attraverso la carne materna, cioè il nutriente latte sgorgato dalle poppe degli apostoli e dei profeti, e quasi disdegnando per la sua età avanzata un cibo infantile, si è gettato sui veleni degli eretici anziché sul cibo di sapienza al quale si ritiene poco adatto. Il fatto che diciamo necessaria una fede semplice non contrasta dunque con quanto diciamo perché si creda ai profeti. È anzi più importante che si creda ai profeti prima che con una mente purificata e fortificata si possa comprendere chi parlava attraverso i profeti.

Viene confutata l'affermazione di Fausto secondo la quale i Profeti se profetarono Cristo non vissero in coerenza con la loro profezia.

47. Ma - dite voi - se hanno profetato Cristo non sono vissuti degnamente e in coerenza con la loro dignità di profeti. Ma come sapete questo? Siete forse in grado di giudicare cosa sia vivere bene o vivere male voi la cui giustizia consiste nel venire in aiuto, non mangiandolo, di un insensibile melone piuttosto che nel dare qualcosa da mangiare a chi ha fame? Ai bambini cattolici, prima ancora che sappiano quale sia la perfetta giustizia dell'anima umana e che differenza ci sia fra la giustizia stessa per la quale si sospira e quella con la quale si vive su questa terra, è sufficiente pensare di quegli uomini ciò che raccomanda la sana dottrina apostolica: Chi è giusto vive di fede 203. Abramo confidò in Dio e ciò gli fu imputato a giustizia. Infatti la provvida Scrittura, poiché Dio giustifica i Gentili sulla base della fede, fece ad Abramo questa predizione: nel tuo nome saranno benedette tutte le genti 204: sono parole dell'Apostolo. Se vi svegliaste dai vostri sogni fallaci seguireste le orme del nostro padre Abramo ascoltandone la chiara voce a tutti nota e nel sue seme sareste benedetti con tutte le genti. Egli infatti - dice l'Apostolo - ricevette il segno della circoncisione, sigillo della giustizia della fede, che ha sede nel prepuzio perché egli attraverso il prepuzio sia padre di tutti i credenti, perché ciò sia imputato loro a giustizia, perché sia padre della circoncisione non soltanto per i circoncisi, ma anche per coloro che ne seguono le orme che sono nel prepuzio della fede del nostro padre Abramo 205. La sua giustizia della fede ci è stata proposta ad esempio perché noi, giustificati per la fede, fossimo in pace con Dio; e noi dobbiamo comprendere come è vissuto, non criticarlo. Dobbiamo evitare di scivolare come in un aborto dall'utero della madre nostra Chiesa prima di essere formati e perfezionati in una concezione più coerente.

Conclusione.

48. Questo risponderei brevemente a Fausto a favore dei costumi dei Patriarchi e dei Profeti e per bocca dei nostri bambini, fra i quali porrei anche me, dal momento che non criticherei il comportamento dei santi di un tempo pur non comprendendo il mistero della loro vita. Gli apostoli col loro Vangelo ci hanno parlato della loro vita in termini elogiativi allo stesso modo in cui quegli antichi maestri hanno profetizzato che ci sarebbero stati gli apostoli. Di qui il reciproco richiamo fra i due Testamenti, come fra due serafini: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti 206. Quando Fausto incomincerà ad accusare i Patriarchi e i Profeti, non però con un attacco globale e vago come fa in questo libro, ma adducendo concretamente i fatti di cui li accusa, il Signore loro Dio, che è anche il nostro, mi aiuterà a rispondere alle singole accuse in modo congruo e conveniente. Ora però il manicheo Fausto vitupera quegli uomini, mentre l'apostolo Paolo li loda: scelga ciascuno a chi credere.

Note:



 

1 - Cf. Ef 2, 11.

2 - Cf. Es 29; 1 Sam 10, 1; Es 19.

3 - Cf. Dn. 9, 24.

4 - Rm 1, 2-3.

5 - Is 11, 10.

6 - Is 7, 14.

7 - Mt 1, 23.

8 - Mt 22, 42-44; Sal 109, 1.

9 - Cf. Mt 1, 22-25; Lc 2, 7; Rm 1, 3.

10 - Gn 22, 18; 26, 4; 28, 14.

11 - Cf. Mt 3, 17; 17, 5.

12 - Gv 10, 38.

13 - Gv 8, 18.

14 - Gv 5, 39. 46.

15 - Lc 16, 29.

16 - Lc 16, 31.

17 - Mt 24, 24-25.

18 - Sal 2, 1-2. 7-8.

19 - Sal 71, 11.

20 - Cf. Sal 44, 8.

21 - Ger 10, 11.

22 - Ger 16, 19-21.

23 - Ger 17, 5-8.

24 - Cf. 1 Tm 2, 5.

25 - Ger 17, 9.

26 - Fil 2, 7. 6.

27 - Gv 1, 14.

28 - Gv 1, 1.

29 - Gv 14, 9.

30 - Is 2, 17-20.

31 - Cf. Gn 4, 15.

32 - Cf. Gn 9, 25.

33 - 1 Cor 10, 11.

34 - Is 1, 3.

35 - Rm 10, 21; Is 65, 2.

36 - Rm 11, 8; Is 6, 10.

37 - Rm 1, 24. 28.

38 - Ger 17, 9.

39 - 1 Cor 2, 8.

40 - Ger 17, 10.

41 - Ger 17, 11.

42 - 2 Tm 3, 8-9.

43 - Ger 17, 11.

44 - 1 Cor 3, 17.

45 - Ger 17, 12.

46 - Mt 5, 14.

47 - Mt 24, 23.

48 - Cf. Dn 2, 34-35.

49 - Mt 24, 23. 26.

50 - Cf. Dt 18, 15; Sal 2, 6; 109, 4; 1 Sam 10, 1; Es 29.

51 - Cf. Dn 9, 24; Sal 44, 8.

52 - Cf. Rm 5, 5.

53 - Cf. 1 Cor 11, 29.

54 - Cf. Gv 6, 54.

55 - Cf. Mt 13, 25-26; 3, 12.

56 - Ct 2, 2.

57 - Sal 119, 5. 7.

58 - Ez 9, 1.

59 - Cf. Ef 2, 19. 12.

60 - Cf. Gv 1, 47.

61 - Ger 17, 12.

62 - Mt 13, 30.

63 - Ger 17, 13.

64 - 1 Cor 3, 21.

65 - Ger 17, 13-14.

66 - Cf. Ef 2, 20.

67 - Cf. Gv 14, 16.

68 - Cf. At 1, 8; 2, 1-4.

69 - Sal 68, 10; Rm 15, 3.

70 - Rm 15, 4.

71 - Gal 1, 9.