Scrutatio

Mercoledi, 24 aprile 2024 - San Fedele da Sigmaringen ( Letture di oggi)

Contro Fausto Manicheo - Libro undicesimo

Sant'Agostino di Ippona

Contro Fausto Manicheo - Libro undicesimo
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Fausto di fronte alla risurrezione di Cristo.

1. FAUSTO. " Accetti l'Apostolo? ". Sì e in sommo grado. " Perché dunque non credi al Figlio di Dio nato secondo la carne dal seme di Davide 1? ". Non sono disposto a credere che l'Apostolo di Dio abbia potuto scrivere cose contraddittorie e che su nostro Signore abbia avuto ora questa ora quell'opinione. Ma poiché piace così a voi, che mai riuscite ad udire senza arrabbiarvi che negli scritti dell'Apostolo vi sia qualcosa di interpolato, sappiate che anche su questo siamo d'accordo. Questa sembra essere la vecchia e antica opinione di Paolo su Gesù, quando egli come tutti gli altri lo credeva figlio di Davide. Quando però apprende che si tratta di un falso, interpola smentendo quanto si legge nel testo della lettera ai Corinzi e scrivendo: Noi non conosciamo nessuno secondo la carne e se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più in questo modo. Occorre perciò che tu consideri che differenza ci sia fra questi due capitoli, dei quali l'uno ci presenta Cristo figlio di Davide secondo la carne, l'altro ci dice di non conoscere più nessuno secondo la carne. E se entrambi sono di Paolo o lo saranno nel modo che io ho detto o l'uno dei due non sarà di Paolo. Quindi prosegue così: Pertanto se in Cristo c'è una nuova creatura, tutto ciò ch'è vecchio è passato e tutto si è rinnovato 2. Vedi dunque che egli chiama vecchia e transitoria fede quella precedente, cioè l'aver creduto Gesù della stirpe di Davide secondo la carne. Chiama invece nuova questa seconda e definitiva secondo la quale non ha conosciuto nessuno secondo la carne. Perciò anche altrove scrive: Quando ero un bambino parlavo da bambino, ragionavo da bambino e pensavo da bambino; quando sono diventato uomo ho lasciato tutto ciò che mi riguardava quando ero un bambino 3. Se è così perché consideriamo sconveniente abbracciare la fede di Paolo nuova e migliorata e respingere quella vecchia e imperfetta? O se a voi sta bene credere ciò che scrive ai Romani perché mai a noi non sarebbe lecito istruirci secondo quello che dice ai Corinzi? In realtà questo risponderei per contrastare la vostra cocciutaggine. Non è comunque auspicabile che l'Apostolo di Dio distrugga ciò che aveva costruito per presentarsi come un prevaricatore secondo l'accusa che gli è stata fatta 4. In realtà se appartiene a lui quella precedente posizione, è stata corretta. Se non è lecito che Paolo abbia mai detto qualcosa di scorretto, non appartiene a lui.

Fino a che punto è ancora lecito chiedersi se non si debbano per caso ritenere interpolate le pagine dei testi sacri dove si narra la risurrezione di Cristo.

2. AGOSTINO. È quanto ho detto poco fa. Costoro, quando sono talmente presi alla gola da una verità manifesta che, costretti dal lucido dettato delle sacre Scritture, non possono trovare una via d'uscita per le loro menzogne, rispondono che la testimonianza che è stata loro offerta è un falso. Oh voce che fugge dalla verità, ostinata nella sua follia! Sono talmente inconfutabili le verità che vengono portate avanti contro di voi dalle sacre Scritture che non avete altro da dire se non che quelle Scritture sono state falsificate. Quale autorità delle Scritture può essere messa in causa, quale libro sacro può essere sfogliato, quale documento tratto da qualsivoglia scrittura può essere addotto per confutare i vostri errori, se si ammette questa diceria e se è ritenuta di qualche peso? Altro è non accettare i libri stessi e non essere legati ad essi da alcun vincolo, come fanno i pagani con tutti i nostri libri, come fanno i Giudei con il Nuovo Testamento e come infine facciamo noi con quelli vostri o degli eretici, se ne hanno di propri, e con quelli che sono chiamati apocrifi, una denominazione che non significa che tali libri siano da ritenersi di qualche misteriosa autorità ma che, pur se in mancanza di una chiara e perspicua testimonianza, sono stati diffusi da non so quale misteriosa fonte o per la presunzione di non si sa chi. Altro è dunque non essere vincolati da alcuna autorità di libri o di uomini e altro è dire: questo sant'uomo ha scritto tutte verità e questa lettera è sua, ma in essa c'è del suo e del non suo. Quando da parte di un tuo avversario sarai invitato a provare ciò che hai detto non tirare in causa l'autenticità degli esemplari manoscritti, il loro numero, la loro antichità, il loro carattere di traduzione da un'altra lingua più antica. Rispondi invece: dico che gli appartiene ciò che coincide con le mie idee e che non gli appartiene ciò da cui dissento. Tu sei dunque la regola della verità e tutto ciò che è contro di te non è vero? Che dire se un altro, preso dalla stessa follia, ma con l'intento di spezzare la tua ostinazione, si facesse avanti e dicesse: è esattamente tutto il contrario; è falso ciò che tu approvi e vero ciò da cui dissenti. Cosa farai? Probabilmente presenterai un altro libro nel quale qualunque cosa leggerai potrà essere interpretata come in accordo col tuo modo di pensare. Se farai questo non per una piccola parte, ma per la totalità del libro, udrai il tuo contraddittore gridare che il libro è falso. Che farai? Dove ti rivolgerai? Quale origine del libro da te presentato vanterai? Quale vetustà? Quale prova di tradizione costante? Tentare di far questo sarebbe una fatica sprecata. Puoi però vedere quanto valga in questi casi l'autorità della Chiesa che, a partire dalle solidissime basi costituite dagli apostoli fino a tutt'oggi trova il suo appoggio nella ininterrotta serie dei vescovi e nel consenso di tanti popoli. Se pertanto si discutesse della fedeltà degli esemplari, come accade quando ci si imbatte in varianti nell'espressione di un pensiero che sono poche e notissime agli studiosi delle Scritture o se dubbi e incertezze dovessero derivare dai codici di altre regioni dalle quale proviene la dottrina in discussione o se anche in questo caso i codici variassero si dovranno preferire i molti ai pochi e i più antichi ai più recenti. E se la varietà delle lezioni creasse ancora incertezza si consulti la lingua precedente da cui il testo in esame è stato tradotto. In questo modo indagano coloro che vogliono scoprire che cosa rechi loro difficoltà nelle sacre Scritture fruenti di tanta autorità in modo da avere una fonte da cui istruirsi, non un motivo di rissa.

Negare l'incarnazione è lo stesso che rinnegare Paolo.

3. La notizia che può essere ricavata dalla lettera dell'apostolo Paolo contro di voi, il fatto cioè che il figlio di Dio appartiene alla stirpe di Davide secondo la carne 5, è presente in tutti i codici, nuovi e vecchi, la leggono tutte le chiese e tutte le lingue le danno il loro assenso. Deponete dunque il pallio della menzogna. Fausto, dopo averlo indossato, ad un interlocutore fittizio che gli chiedeva se accettasse la lettera di Paolo rispose: sì ed in sommo grado. Perché non rispose piuttosto " in infimo grado ", se non perché, essendo un bugiardo, non poteva rispondere che con una menzogna? Che cosa infatti accetta dell'apostolo Paolo? Non il primo uomo che Paolo dice terreno perché nato dalla terra; di esso parimenti dice: Il primo uomo, Adamo, fu creato con un'anima vivente 6. Fausto invece annunzia una sorta di primo uomo né terreno, perché nato dalla terra, né fornito di un'anima vivente, ma formato di sostanza divina, egli stesso esistente perché Dio esiste. Le sue membra o i suoi vestiti o le sue armi, cioè i cinque elementi, non essendo altro che sostanza divina, furono da lui immersi nel popolo delle tenebre perché si inquinassero. Non accetta Fausto il secondo uomo, che Paolo dice venuto dal cielo 7, che chiama anche ultimo Adamo animato di spirito vivificante 8, discendente dalla stirpe di Davide secondo la carne, generato da una donna, generato sotto la legge per redimere coloro che si trovavano sotto la legge 9, del quale nella lettera a Timoteo dice: Ricordati che Cristo Gesù, discendente dalla stirpe di Davide secondo il mio Vangelo, è risuscitato dai morti 10. Partendo dall'esempio di Cristo predice anche la nostra risurrezione quando dice: Ho trasmesso a voi per primi anche ciò che ho ricevuto; infatti Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture 11; ed è stato sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture. E poco dopo rivela perché abbia detto questo: Si dice che Cristo è risuscitato dai morti, ma come possono alcuni dire che in noi non c'è risurrezione dei morti? 12 Costui che interrogato se accetti l'apostolo Paolo risponde " sì e in sommo grado ", nega tutte queste cose. Neppure vuole accettare un Gesù della stirpe di Davide né che sia stato generato da una donna, donna che Paolo non chiama con questo nome perché sia stata corrotta dal coito o dal parto, ma perché parla secondo l'uso delle scritture che erano solite così definire la natura del sesso. Così nella Genesi è scritto di Eva, che la creò in forma di donna 13, pur non essendosi ancora unita ad un uomo. Neppure accetta la stessa morte di Cristo e la sepoltura e la risurrezione dal momento che non dice né che Cristo ebbe un corpo mortale nel quale potesse sopravvenire la vera morte né che fossero vere quelle cicatrici che mostrava ai discepoli dopo la risurrezione quando, come ricorda anche Paolo, apparve loro vivo 14. E neppure accetta che la nostra stessa carne sia destinata a risorgere trasformata in un corpo spirituale come lo stesso apostolo dice in modo molto chiaro: Viene seminato un corpo animale e ne rinasce uno spirituale. Distinguendo quindi fra corpo animale e corpo spirituale espone quanto si è già detto circa il primo e l'ultimo Adamo. Quindi continua così: Questo vi dico, fratelli, che la carne e il sangue non possono possedere il regno di Dio. Intende però evitare che qualcuno creda che la carne non possa risorgere col suo aspetto e la sua sostanza e volendo chiarire che cosa intenda per carne e sangue -che nel suo linguaggio indicano la corruzione, che non si avrà nella risurrezione dei giusti - immediatamente afferma: Né la corruzione possederà l'incorruttibilità 15. E perché non si pensi che non risusciterà il corpo che è stato sepolto, ma sarà come deporre una tunica per prenderne una migliore, volendo apertamente dichiarare che sarà questo nostro corpo a mutare in meglio, come i vestiti di Cristo non furono deposti sul monte per poi prenderne altri, ma essi stessi acquistarono una maggiore luminosità 16, così continua: C'è un mistero che voglio svelarvi: tutti risorgeremo ma non tutti ci trasformeremo. E perché non resti incerto quali si trasformeranno in un istante, dice, in un batter d'occhio, nell'ultimo squillo di tromba; la tromba infatti suonerà e i morti risorgeranno incorrotti e noi ci trasformeremo 17. Forse si dirà che nella risurrezione non ci trasformeremo nel nostro corpo mortale e corruttibile, ma nella nostra anima. Ma l'Apostolo non si propone di parlare di questo, in quanto dall'inizio della discussione ha parlato del corpo, come dimostra la sua promessa: Ma qualcuno dirà, come risorgono i morti? Con quale corpo si presentano? A questo punto con coerenza mostra quasi a dito donde partirà il discorso e così riprende a parlare: Occorre infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e che questo corpo mortale si vesta di immortalità 18. Poiché dunque costui nega tutto questo e proclama corruttibile lo stesso Dio del quale Paolo dice: All'immortale, incorruttibile unico Dio onore e gloria, Amen 19 e poiché va sognando, in base alla loro abominevole e detestabile favola, che la totalità della natura e sostanza divina, in parte corrotta per provvedere alla rimanente, avrebbe temuto di essere contaminata dal popolo delle tenebre, che c'è di strano se anche in questo tenta di ingannare gli ignoranti e coloro che non sono molto istruiti nelle divine Scritture e quando gli chiedono se accetti l'apostolo Paolo risponde: " In sommo grado ", mentre poi si scopre che non l'accetta quasi per nulla?

È forse Paolo in errore?

4. Ma è irreprensibile - egli dice - il ragionamento grazie al quale mostrerò che l'apostolo Paolo o progredendo ha mutato opinione e scrivendo ai Corinzi ha corretto ciò che aveva scritto ai Romani o che non ha assolutamente scritto ciò che viene divulgato come suo: figlio di Dio, della stirpe di Davide secondo la carne. Ma con quale ragionamento mostra ciò? Perché - dice lui - non possono essere vere entrambe le cose, non può cioè essere nel contempo vero quello che si legge nella Lettera ai Romani, cioè la frase del Figlio suo che fu creato del seme di Davide secondo le Scritture 20, e quello che dice ai Corinzi che suona: pertanto a partire da oggi non conosciamo nessuno secondo la carne e se conoscevamo secondo la carne Cristo, ora non lo conosciamo più 21. Ci resta dunque da dimostrare come siano vere entrambe le affermazioni e come queste due non siano in contrasto. Che una di esse non sia di Paolo non possiamo dirlo in nessun modo poiché i codici autorevoli non presentano varianti. È vero che in alcuni esemplari latini non si legge factus, ma natus dal seme di Davide, mentre gli esemplari greci hanno factus, dal che si ricava che il traduttore latino dicendo natum ha voluto tradurre non letteralmente, ma a senso. Tuttavia l'espressione " Cristo essere dal seme di Davide secondo la carne " fruisce dell'autorevole concordanza di tutti i codici in entrambe le lingue. Ci guarderemo bene dal dire che Paolo abbia talora errato e progredendo abbia mutato parere. Lo stesso Fausto si accorse di quanto ingiusto ed empio fosse il suo discorso. Preferì infatti parlare di un'Epistola di Paolo corrotta dal falso di altri che imperfetta per un errore di lui.

Occorre trovare un uomo esperto, capace di armonizzare i passi paolini solo apparentemente discordanti.

5. Di questi libri si può dire che contengono qualche cosa che non si accorda forse con una verità più occulta e di più difficile comprensione, una situazione che o è rimasta tale o è stata migliorata nei libri posteriori che sono scritti da noi, non per l'autorevolezza della dottrina ma per un esercizio progressivo. Noi siamo fra coloro ai quali l'Apostolo dice: E se in qualcosa la pensate diversamente Dio rivelerà anche a voi la verità 22. Questo genere di letteratura va letto non per un'esigenza di fede, ma con libertà di giudizio. Per evitare tuttavia che a tale letteratura fosse tolto spazio e che i posteri fossero privati della saluberrima fatica della lingua e dello stilo nel trattare e nell'esporre questioni difficili, fu ben distinta dai libri posteriori l'eccellenza dell'autorità canonica del Vecchio e del Nuovo Testamento, autorità che, confermata al tempo degli apostoli, grazie alla ininterrotta successione dei vescovi e la propagazione delle chiese, fu collocata in una posizione di altissimo prestigio in modo che a lei si inchinasse ogni intelletto pio e fedele. Se in quest'ambito ti turba un particolare che parrebbe assurdo non è lecito dire: "L'autore di questo libro non possedeva la verità ". Ciò significa o che il codice è difettoso o che il traduttore ha sbagliato o che tu non riesci a capire. In una qualsiasi delle opere più recenti, innumerevoli per quantità, ma non certo comparabili per sacralità ed eccellenza alla Scritture canoniche, è possibile trovare espressa la medesima verità, ma di gran lunga impari ne risulta l'autorità. Se per caso in esse delle affermazioni sembrano contrastare col vero, in quanto non si comprendono così come sono espresse, il lettore o l'uditore hanno ampia libertà di giudizio per poter accettare ciò che convince o respingere ciò che non si accetta. In tali argomenti perciò, a meno che vengano difesi con una corretta argomentazione o dall'autorità canonica, sì da dimostrare o che le cose stanno veramente così o che potrebbe essere avvenuto ciò che è stato discusso o narrato, in tali argomenti, si ripete, se qualcuno non è d'accordo o si rifiuta di credere non deve essere rimproverato. Per quanto attiene alla canonica eminenza delle lettere sacre, anche se vien dichiarato che un solo profeta o apostolo o evangelista ha introdotto qualcosa nelle sue lettere con la conferma del canone non è lecito dubitare che sia vero. Altrimenti non vi sarebbe più alcuna pagina che possa servire di sostegno alla imperizia dell'uomo ove la saluberrima autorità dei libri canonici fosse disprezzata e tolta di mezzo o vittima di una interminabile confusione.

San Paolo non è mai in contraddizione con se stesso.

6. Stammi dunque a sentire, chiunque tu sia che ti sei turbato perché ti sembrava contraddittorio che in un passo si leggesse: Figlio di Dio della stirpe di Davide 23, e in un altro: E se conoscevo Cristo secondo la carne, ora non lo conosco più 24. Ammettiamo per un momento che entrambe le affermazioni non fossero tratte dalle lettere di un solo apostolo, ma una l'avesse fatta Paolo e l'altra Pietro o Isaia o un altro qualsiasi degli apostoli o dei profeti. Or bene, visto che nella sfera degli scritti approvati dall'autorità canonica tutte le parti concordano in modo tale che, come fossero pronunciate dalla medesima bocca, sono credute le più giuste e più sagge dalla pietà, riconosciute come le più chiare dall'intelletto, mostrate come le più solerti dalla diligenza, per tutto ciò non sarebbe lecito dubitare di entrambi i passi paolini in discussione. Pertanto, visto che entrambi i passi sono riportati dalle lettere canoniche, cioè autentiche, di Paolo e non possiamo dire né che il codice è difettoso (tutti infatti i manoscritti latini corretti hanno quei testi) né che il traduttore ha sbagliato (anche i manoscritti greci presentano la stessa situazione) resta solo il fatto che tu non riesci a comprenderli e che a me si chiede in che senso nessuno dei due passi discorda dall'altro ma nella regola di una sana fede c'è fra loro perfetta concordia. Se infatti anche tu facessi la tua ricerca con sentimento di pietà potresti scoprire come queste difficoltà, esaminate in profondità, si chiariscono.

Non si conosca il Figlio di Dio attraverso la carne.

7. 1. Infatti che il figlio di Dio si è fatto uomo della stirpe di Davide non lo dice soltanto in un passo l'Apostolo, ma lo proclamano in modo più che esplicito anche le altre sacre Scritture. Quanto alla frase: E se conoscevamo Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così 25 la stessa circostanza, legata al passo della Scrittura, mostra che cosa l'Apostolo intendeva dire. Paolo secondo il suo costume medita con certa speranza, come se fosse già arrivata e considerata presente, sulla nostra vita futura che si è già realizzata nell'uomo mediatore Cristo Gesù, nostro capo risorto. Questa in ogni caso non sarà secondo la carne così come anche la vita di Cristo non è secondo la carne. Infatti in questo passo per carne non intende la sostanza della nostra carne, che anche il Signore dopo la risurrezione chiama sua carne dicendo: Toccate e vedete, perché un fantasma non ha ossa e carne mentre potete constatare che io le ho 26, vuole invece che per carne s'intenda la corruzione e la mortalità della carne che allora non sarà in noi, come già non è più in Cristo. Nominava propriamente questa carne anche quando parlava in modo abbastanza chiaro della stessa risurrezione e diceva ciò che più sopra ho ricordato: La carne e il sangue non possono possedere il regno dei cieli né la corruzione possederà l'incorruttibilità. Quando si compirà ciò che egli conseguentemente dice: C'è un mistero che voglio svelarvi: tutti risorgeremo ma non tutti ci trasformeremo. In un istante, cioè in un momento, in un batter d'occhio, nell'ultimo squillo di tromba; la tromba infatti suonerà e i morti risorgeranno incorrotti e noi ci trasformeremo. Occorre infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e che questo corpo mortale si vesta di immortalità 27. In considerazione del fatto ch'egli ormai chiama carne non la sostanza del corpo ma la corruzione propria della mortalità, non ci sarà più in ogni caso la carne poiché, essendosi mutata, non avrà più la corruzione propria della mortalità. Per quanto invece attiene alla origine della sostanza e del corpo la carne resterà la stessa poiché sarà essa a risorgere e a trasformarsi. È vero infatti quello che dice il Signore dopo essere risorto: Toccate e vedete, perché un fantasma non ha ossa e carne mentre potete constatare che io le ho. Vero è anche ciò che dice l'Apostolo: La carne e il sangue non possono possedere il regno dei cieli. La prima frase è detta in riferimento alla sostanza che ci sarà anche allora in quanto sarà essa stessa a mutare; la seconda è detta in riferimento alla corruttibilità della carne che allora non ci sarà in quanto la carne, una volta mutata, non subirà corruzione. Avevamo dunque conosciuto Cristo secondo la carne, cioè secondo la mortalità della carne prima ch'essa risorga. Ma ora non lo conosciamo più così, poiché, come dice lo stesso apostolo: Cristo, risorgendo dai morti, non muore più e la morte perderà il suo dominio 28.

7. 2. Se infatti ti attieni al normale significato delle parole devi ammettere che l'Apostolo ha mentito quando dice: Conoscevamo Cristo secondo la carne visto che Cristo non fu mai secondo la carne: nessuno infatti sapeva che non lo era. Non ha detto " pensavamo " che Cristo fosse secondo la carne, ma conoscevamo. Tuttavia per non sottilizzare sulla parola, per evitare che qualcuno affermi che l'Apostolo avrebbe parlato metaforicamente sì da dire noveramus in luogo della lezione autentica " putabamus ", di questo mi meraviglio che gli uomini ciechi non si accorgano, o piuttosto non mi meraviglio che i ciechi non vedono che, se Cristo non aveva la carne perché l'Apostolo disse di non conoscere oramai più Cristo secondo la carne, neppure ebbero la carne coloro nei quali nello stesso passo dice: d'ora innanzi noi non conosciamo nessuno secondo la carne 29. Neppure infatti, volendo che ci si riferisse solo a Cristo, avrebbe potuto dire: Non conosciamo nessuno secondo la carne, ma poiché meditava dentro di sé, come l'avesse presente, della vita futura di coloro che risorgendo si sarebbero trasformati: D'ora in poi - dice - non conosciamo nessuno secondo la carne, vale a dire, abbiamo una speranza così certa della nostra futura incorruttibilità ed eternità che d'ora in poi già godiamo della stessa bella notizia. E in un altro passo dice: Se siete risuscitati con Cristo cercate le cose di lassù dove Cristo siede alla destra del Padre, pensate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra 30. Non siamo ancora risuscitati come Cristo. Tuttavia secondo la speranza che abbiamo in lui già è come avesse testimoniato che siamo risuscitati con lui. Perciò dice anche questo: Ci ha salvato secondo la sua misericordia attraverso il lavacro della rigenerazione 31. Chi non comprenderebbe che nel lavacro della rigenerazione ci è stata data la speranza della salvezza futura, non la salvezza stessa che viene soltanto promessa? Tuttavia poiché la speranza è creata come se ci fosse stata data la stessa salvezza, dice: Ci ha salvati. In un altro passo dice con molta chiarezza: Noi gemiamo nel nostro intimo aspettando l'adozione, la redenzione del nostro corpo. Con la speranza diventiamo salvi. La speranza che si vede non è speranza. Che speranza infatti si può avere in ciò che già si vede? Se speriamo in ciò che non vediamo lo attendiamo con pazienza 32. L'Apostolo non dice saremo salvati, ma d'ora in poi siamo salvati, anche se non di fatto, ma nella speranza: dice infatti siamo salvati nella speranza. Allo stesso modo la frase d'ora in poi non conosciamo nessuno secondo la carne va intesa non nella realtà, ma nella speranza. Noi infatti abbiamo la nostra speranza in Cristo poiché in lui si è già compiuto ciò che noi speriamo in base alla sua promessa. Egli è già risuscitato e la morte non avrà la meglio su di lui. E se noi lo conoscevamo secondo la carne quando ancora doveva morire, era perché nel suo corpo c'era quella mortalità che l'Apostolo chiama propriamente carne, e già ora non lo conosciamo. Ciò che in lui c'era di mortale si è già rivestito d'immortalità e non può più essere chiamato carne secondo la precedente mortalità.

La prova si ricava dal contesto.

8. Perché risulti chiaro ciò che io intendo dire, consideriamo il contesto nel quale si trova la frase per la quale costoro ci accusano. La carità di Cristo - dice l'Apostolo - ci sprona mentre consideriamo che se uno è morto per tutti, tutti sono morti. Ora [Cristo] è morto per tutti in modo che tutti quelli che vivono non vivano più per sé, ma per colui che è morto per loro ed è risuscitato. Per questo non conosciamo nessuno secondo la carne e se conoscevamo secondo la carne Cristo, ora non lo conosciamo più in quel modo. Certamente appare oramai chiaro a chiunque che è per la risurrezione di Cristo che l'Apostolo ha detto questo, dal momento che questo evento precedette queste parole: Coloro che vivono non vivono più per sé ma per colui che è morto per loro ed è risuscitato. Che altro significa la frase non vivono per sé, ma per lui, se non che non vivono secondo la carne nella speranza dei beni terreni e corruttibili, ma secondo lo spirito nella speranza della risurrezione che già si è realizzata da loro in Cristo? Certamente l'Apostolo non conosceva secondo la carne nessuno di coloro per i quali Cristo era morto e risuscitato e che già vivevano non per sé, ma per lui. Ciò avveniva per la speranza nella futura immortalità nella cui attesa vivevano, immortalità che in Cristo non era più una speranza, ma un fatto. Se l'Apostolo l'aveva conosciuto secondo la carne quando ancora doveva morire, oramai non lo conosceva in quel modo poiché aveva saputo che era risuscitato e che la morte non avrebbe ulteriormente esercitato il suo dominio su di lui. E poiché tutti, anche se non ancora in realtà, ma almeno nella speranza siamo in lui, così continua il suo discorso: E se chi è in Cristo è una nuova creatura, tutte le cose vecchie sono passate, ed ecco che tutto si è rinnovato e il rinnovamento deriva da Dio che ci ha riconciliati a sé per tramite di Cristo 33. Ogni creatura dunque, vale a dire un popolo rinnovato attraverso la fede, ha in Cristo ciò in cui sperare perché possa possedere nella speranza ciò che in seguito si realizzerà. Ora pertanto le cose vecchie sono passate secondo la speranza poiché non è già più il tempo del Vecchio Testamento nel quale si aspettava da Dio un regno temporale e carnale; e tutto si è rinnovato attraverso la medesima speranza di poter possedere il regno dei cieli che ci è stato promesso dove non vi sarà né morte né corruzione. Al momento della risurrezione dei morti, e non più nella speranza, ma nella realtà, anche le cose vecchie passeranno, quando la morte, l'ultima nemica, sarà distrutta e ogni cosa si rinnoverà quando questo corpo corruttibile si rivestirà di incorruttibilità e questo corpo mortale si rivestirà di immortalità 34. Ciò è già avvenuto in Cristo che in realtà Paolo non conosceva più secondo la carne. Non conosceva più secondo la carne nessuno di quelli per i quali era morto e risuscitato perché per sua grazia ci siamo salvati, come si legge nella lettera agli Efesini. Infatti lo stesso passo così conferma il pio pensiero: Dio, - dice - che è ricco in misericordia, per il grande amore in cui ci ha amato, essendo noi morti a causa dei peccati, ci ha ridato la vita assieme a Cristo per grazia del quale ci siamo salvati 35. Ciò che ha detto qui - ci ha ridato la vita assieme a Cristo - lo ha detto nella lettera ai Corinzi: E coloro che vivono non vivono più per sé, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. Quanto a ciò che dice qui - per la cui grazia ci siamo salvati - parla come se fosse avvenuto ciò in cui spera. Infatti dice altrove con molta chiarezza ciò che ho ricordato poco più sopra: Siamo salvati nella speranza. Perciò anche qui continua ed enumera come già avvenuto ciò che avverrà: e al tempo stesso ci ha svegliati e ci ha fatto sedere nei cieli in Cristo Gesù. Certamente Cristo già siede in cielo, ma non ancora noi. Ma poiché con certa speranza già conosciamo ciò che avverrà, ci ha detto che in cielo non sederemo più in noi ma in lui. Perché tu infatti non ritenessi che già ora sia compiuto ciò di cui sperando si parla come se fosse compiuto e perché tu comprenda che finora è ancora da venire così continua: Per mostrare nei secoli che verranno le sovrabbondanti ricchezze della sua grazia nell'esprimerci la sua benevolenza in Gesù Cristo 36. A conferma scrive anche questo: Quando eravamo nella carne, le passioni legate al peccato e suscitate dalla legge operavano nelle nostre membra per portare frutto alla morte 37. Ha detto quando eravamo nella carne, quasi a dire che non lo fossero più; e così il passo va interpretato. Essendo gli uomini nella speranza dei beni carnali e dal momento che la legge non poteva essere rispettata se non attraverso la carità dello spirito, con questo risultato la legge stessa incombeva su di loro, quello di aumentare, violandola, il numero dei delitti. Avvenne però anche che in seguito, dopo la rivelazione del Nuovo Testamento, per opera dell'indulgenza divina sovrabbondasse la grazia 38. Simile è quanto dice altrove: Coloro che sono nella carne non possono piacere a Dio; per evitare poi che si pensi che il riferimento sia a uomini non ancora morti subito aggiunge: Voi non siete in carne, ma in spirito 39, vale a dire: coloro che sono nella speranza dei beni carnali non possono piacere a Dio. Voi invece non siete nella speranza dei beni carnali bensì nella speranza dei beni spirituali, cioè del regno dei cieli dove lo stesso corpo, attraverso il mutamento (di cui s'è detto), da animale qual era in un certo suo genere diventerà spirituale. Come dice l'Apostolo stesso scrivendo ai Corinzi: Vien seminato un corpo animale, risorgerà un corpo spirituale 40. Se dunque l'Apostolo non conosceva secondo la carne nessuno di coloro che non erano nella speranza dei beni carnali, benché portassero ancora una carne corruttibile e mortale, con quanto più forte ragione direbbe di Cristo che non lo conosceva più secondo la carne in quanto nel suo corpo era di fatto compiuto ciò che essi ritenevano compiuto nella speranza? Quanto meglio e con più profondo spirito religioso sono trattate le Scritture divine quando, esaminatele tutte, si scopre che concordano anziché, venendo meno la possibilità che un uomo sia all'altezza di risolvere una questione, accettarne delle parti rifiutandone altre. Quando l'Apostolo era un bambino e ragionava di cose all'altezza di un bambino 41 (diceva però questo per introdurre un paragone) non era ancora tuttavia spirituale come sarebbe stato quando avrebbe scritto su argomenti attinenti all'edificazione delle Chiese, non perché quegli scritti capitassero nelle mani dei dotti per migliorarne la cultura, ma perché fossero letti con sicura autorevolezza come tutto ciò che riguarda il canone ecclesiastico.

Note:



 

1 - Cf. Rm 1, 3.

2 - 2 Cor 5, 16, 17.

3 - 1 Cor 13, 11.

4 - Cf. Gal 2, 18.

5 - Cf. Rm 1, 3.

6 - 1 Cor 15, 45; Gn 2, 7.

7 - Cf. 1 Cor 15, 47.

8 - Cf. 1 Cor 15, 47.

9 - Cf. Gal 4, 4-5.

10 - 2 Tm 2, 8.

11 - 1 Cor 15, 3-4.

12 - 1 Cor 15, 12.

13 - Gn 2, 22.

14 - Cf. Lc 24, 39, 40; 1 Cor 15, 5.

15 - 1 Cor 15, 44-51.

16 - Cf. Mt 17, 2.

17 - 1 Cor 15, 51-52.

18 - 1 Cor 15, 53.

19 - 1 Tm 1, 17.

20 - Rm 1, 3.

21 - 2 Cor 5, 16.

22 - Fil 3, 15.

23 - Rm 1, 3.

24 - 2 Cor 5, 16.

25 - 2 Cor 5, 16.

26 - Lc 24, 39.

27 - 1 Cor 15, 50-53.

28 - Rm 6, 9.

29 - 2 Cor 5, 16.

30 - Col 3, 1-2.

31 - Tt 3, 5.

32 - Rm 8, 23 ss.

33 - 2 Cor 5, 14 ss.

34 - 1 Cor 15, 26. 53.

35 - Ef 2, 4-5.

36 - Ef 2, 7.

37 - Rm 7, 5.

38 - Cf. Rm 5, 20.

39 - Rm 8, 8-9.

40 - 1 Cor 15, 44.

41 - Cf. 1 Cor 13, 11.