Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Omelia 76: L'inabitazione della Trinità.

Sant'Agostino d'Ippona

Omelia 76: L'inabitazione della Trinità.
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Dio Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, vengono a noi quando noi andiamo a loro: vengono a noi soccorrendoci, andiamo a loro facendo la loro volontà; vengono a noi illuminandoci, andiamo a loro contemplandoli; vengono a noi riempiendoci, andiamo a loro accogliendoli.

1. Quando leggiamo o ascoltiamo il santo Vangelo, attraverso le domande dei discepoli, e insieme con loro, impariamo anche noi ciò che il Maestro risponde. Ora, dopo che il Signore aveva detto: Ancora un po' e il mondo non mi vedrà più; voi, invece, mi vedrete (Gv 14, 19), Giuda, non il traditore che era soprannominato Iscariota, ma l'autore di un'epistola che fa parte della sacra Scrittura, gli chiese: Signore, com'è che ti manifesterai a noi e non al mondo? (Gv 14 22). Uniamoci ad essi come discepoli che interrogano, e ascoltiamo anche noi, insieme con loro, il comune maestro. Giuda, il discepolo santo, non il traditore né il persecutore, ma quello che seguiva il Signore, chiede il motivo per cui Gesù si manifesterà ai suoi e non al mondo; il motivo per cui il mondo tra poco non lo vedrà più, mentre essi lo vedranno.

[E' l'amore che distingue i santi.]

2. Gesù gli risponde: Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole (lo 14 23-24). Ecco spiegato il motivo per cui egli si manifesterà ai suoi e non agli altri, che egli chiama con il nome di mondo; e il motivo è che gli uni lo amano e gli altri no. E' lo stesso motivo che viene espresso in un venerabile salmo: Giudicami, o Dio, e separa la mia causa dalla gente perversa (Sal 42, 1). Quelli che lo amano vengono eletti perché lo amano; quelli invece che non lo amano, anche se parlassero le lingue degli uomini e degli angeli, sono come un bronzo rimbombante o un cembalo squillante; e se avessero la profezia e conoscessero tutti i misteri e tutta la scienza, e se avessero anche tutta la fede sì da trasportare le montagne, non sono niente; e se sbocconcellassero tutte le loro sostanze e dessero il loro corpo alle fiamme, nulla gioverebbe loro (cf. 1 Cor 13, 1-3). E' l'amore che distingue i santi dal mondo, e unanimi li fa abitare in quella casa (cf. Sal 67, 7) dove fissano la loro dimora il Padre e il Figlio, che effondono il loro amore su coloro ai quali alla fine si manifesteranno. E' su questa manifestazione che il discepolo interrogò il Maestro, in modo che, non solo quanti allora ascoltavano le parole del Signore dalla sua viva voce, ma anche noi, per mezzo del suo Vangelo, potessimo avere la risposta. La domanda verteva sulla manifestazione, e la risposta è sull'amore e sulla dimora che il Signore intende stabilire in noi. Esiste dunque una manifestazione interiore di Dio, assolutamente sconosciuta agli empi, ai quali né il Padre né lo Spirito Santo si manifesteranno mai. Quanto al Figlio, è vero che c'è stata una sua manifestazione, ma solo nella carne; manifestazione diversa da quella interiore, e comunque non duratura ma limitata nel tempo, piuttosto apportatrice di giudizio che di gaudio, piuttosto di tormento che di premio.

3. Cerchiamo ora d'intendere, nella misura in cui il Signore vorrà rivelarcelo, il senso delle parole: Ancora un po' e il mondo non mi vedrà più; voi, invece, mi vedrete. Sappiamo che di lì a poco avrebbe sottratto ai loro occhi il suo corpo in cui era visibile anche agli empi: infatti dopo la risurrezione nessuno di loro lo vide. Ma poiché, secondo la testimonianza degli angeli, egli verrà nello stesso modo in cui lo avete visto andare in cielo (At 1, 11), e siccome siamo certi che egli verrà nel medesimo corpo a giudicare i vivi e i morti, ebbene, allora anche il mondo - vale a dire quanti non appartengono al suo regno - certamente lo vedrà. Perciò le parole: Ancora un po' e il mondo non mi vedrà più, con molto maggiore esattezza si riferiscono già a quel tempo in cui, alla fine del mondo, definitivamente verrà sottratto agli occhi dei dannati, riservando la sua visione a coloro che lo amano e presso i quali egli stesso e il Padre stabiliscono la loro dimora. Ha detto un poco perché questo tempo, che agli uomini sembra tanto lungo, agli occhi di Dio è brevissimo: di questo poco tempo, il medesimo evangelista Giovanni dice: Figlioli, è l'ultima ora (1 Io 2, 18),

4. Affinché nessuno concluda che solamente il Padre e il Figlio, senza lo Spirito Santo, fissano la loro dimora presso chi li ama, richiami alla mente quanto il Signore ha detto prima a proposito dello Spirito Santo: Il mondo non lo può ricevere perché non lo vede né lo conosce; voi invece lo conoscerete, perché rimarrà presso di voi e sarà in voi (Gv 14, 17). Ecco, dunque, che anche lo Spirito Santo, insieme al Padre e al Figlio, fissa la sua dimora nei fedeli, dentro di loro, come Dio nel suo tempio. Dio Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, vengono a noi quando noi andiamo a loro: vengono a noi soccorrendoci, noi andiamo a loro obbedendo; vengono a noi illuminandoci, noi andiamo a loro contemplandoli; vengono riempiendoci della loro presenza, noi andiamo accogliendoli. Essi non si mostrano a noi in modo esteriore ma interiore, e la loro dimora in noi non è transitoria ma permanente. Non è così che il Figlio si manifesta al mondo. Per mondo egli qui intende coloro, a proposito dei quali immediatamente soggiunge: Chi non mi ama, non osserva le mie parole. Ecco chi non vedrà mai il Padre e lo Spirito Santo; e se per poco vedrà il Figlio, sarà per la sua condanna, non per la sua felicità; e non lo vedrà nella forma di Dio, in cui è invisibile come il Padre e lo Spirito Santo, ma nella forma di uomo, in cui nell'ora della passione è apparso spregevole al mondo e nel giorno del giudizio apparirà terribile.

5. Non deve poi sorprenderci né spaventarci quanto il Signore aggiunge: E la parola che ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato (Gv 14, 24). Egli non è inferiore al Padre, ma procede dal Padre. Non è inferiore al Padre, ma non è da se stesso. Non ha certo mentito quando ha detto: Chi non mi ama, non osserva le mie parole. Ecco, qui dice che le parole sono sue; ma forse che si contraddice, quando poi dichiara: La parola che ascoltate non è mia? Affermando che le parole sono sue usa il plurale forse per distinguere le parole da la Parola, cioè dal Verbo che è lui stesso; e per questo dice che non è sua ma del Padre. Infatti, in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Gv 1, 1). Non è certo il Verbo di se stesso ma del Padre, allo stesso modo che non è l'immagine di se stesso ma del Padre, e non è Figlio di se stesso ma del Padre. Giustamente quindi attribuisce al suo Principio ciò che egli, uguale a lui, compie: a quel Principio, dico, da cui ha ricevuto lo stesso essergli uguale senza differenza di sorta.