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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Omelia 57: La voce della sposa del Cantico dei Cantici.

Sant'Agostino d'Ippona

Omelia 57: La voce della sposa del Cantico dei Cantici.
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Quando noi, Chiesa, annunciamo il Vangelo, o Cristo, camminiamo sulla terra e ci sporchiamo i piedi per venire ad aprire la porta a te.

[La paura di sporcarsi i piedi.]

1. Memore del mio debito, credo sia venuto il momento di pagarlo. Mi conceda di pagarlo colui che mi ha concesso di contrarlo. Chi mi ha donato la carità della quale sta scritto: Non abbiate debiti verso nessuno, se non quello dell'amore scambievole (Rm 13, 8), mi conceda altresì il dono della parola di cui mi riconosco debitore verso quelli che amo. Sì, ho tenuto sospesa la vostra aspettativa per spiegarvi, come mi è possibile, in che modo si possa andare a Cristo camminando per terra, mentre ci vien comandato di cercare le cose che stanno in alto, non quelle della terra (cf. Col 3, 1-2). Cristo infatti è in alto, assiso alla destra del Padre; ma è certo che egli è anche qui in terra, per cui disse a Saulo, che in terra infieriva: Perché mi perseguiti? (At 9, 4). Ci siamo posti questo problema osservando che il Signore lavò i piedi ai discepoli, benché i discepoli fossero puliti e non avessero bisogno che di lavarsi i piedi. In quel fatto ci sembrava di dover capire che mediante il battesimo viene lavato, sì, l'uomo tutto intero; ma, siccome poi deve vivere in questo mondo calcando quasi la terra con gli affetti umani, quasi fossero piedi, - e ciò avviene in ogni momento della sua vita - ne contrae quei debiti per cui deve supplicare: Rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6, 12). E così viene purificato da colui che lavò i piedi ai suoi discepoli (cf. Gv 13, 5), e che mai cessa di intercedere per noi (cf. Rm 8, 34). A questo punto ci sono venute in mente le parole che dice la Chiesa nel Cantico dei Cantici: Mi son lavati i piedi; come potrò ancora sporcarmeli? (Ct 5, 3): parole che essa dice quando vuole andare ad aprire al più bello tra i figli degli uomini, che è venuto da lei e bussa chiedendo che gli si apra la porta (cf. Sal 44, 3). Di qui è nata la questione che non abbiamo voluto sciupare trattandola con troppa fretta e che perciò noi abbiamo differita; la questione cioè come la Chiesa possa temere, camminando per raggiungere Cristo, di sporcarsi i piedi che ha lavato col battesimo di Cristo.

2. Dice la sposa: Io dormo, ma il mio cuore veglia. Sento il mio diletto che bussa alla porta. Si sente la voce dello sposo, che dice: Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, mia perfetta; ho la testa pregna di rugiada, i riccioli zuppi di gocce notturne. E lei risponde: Ho svestito la tunica; come indossarla ancora? mi son lavati i piedi; come sporcarmeli di nuovo? (Ct 5, 2-3). Mirabile arcano, sublime mistero! Dunque essa teme di sporcarsi i piedi, andando ad aprire a colui che ha lavato i piedi ai suoi discepoli? Sì, ha paura, perché deve camminare sulla terra per andare a lui, che ancora sta in terra non avendo abbandonato i suoi che qui sono rimasti. Non ha detto egli stesso: Ecco, io sono con voi sino alla fine dei secoli (Mt 28, 20)? E non ha detto anche: Vedrete i cieli aperti, e gli angeli di Dio salire e discendere sopra il Figlio dell'uomo (Gv 1, 51)? Se salgono verso di lui perché è su in alto, come potrebbero poi a lui discendere se non fosse anche qui in terra? Dice perciò la Chiesa: Mi son lavati i piedi; dovrò ancora sporcarmeli? Ella parla così in coloro che, purificati d'ogni macchia, possono dire: Desidero di essere sciolto da questo corpo ed essere con Cristo; d'altra parte rimanere nella carne è più necessario per voi (Fil 1, 23-27). Parla così in coloro che predicano Cristo e gli aprono la porta, affinché, per mezzo della fede, egli abiti nel cuore degli uomini (cf. Ef 3, 17). Parla così in quanti esitano a lungo prima di assumere un ministero che non si reputano sufficientemente idonei a svolgere senza pericolo di colpa, nel timore che, dopo aver predicato agli altri, vengano riprovati essi stessi (cf. 1 Cor 9, 27). E' infatti più sicuro ascoltare la verità che predicarla; perché, quando si ascolta si custodisce l'umiltà, mentre quando si predica è difficile che non si insinui in chiunque quel tanto di vanagloria che basta a sporcare i piedi.

3. Teniamo conto, dunque, dell'esortazione dell'apostolo Giacomo: Sia ognuno pronto ad ascoltare, tardo a parlare (Gc 1, 19). A sua volta, un altro uomo di Dio dice: Fammi udire la tua lieta e gioconda parola, ed esulteranno le ossa da te fiaccate (Sal 50, 10). E' quanto vi dicevo prima: Quando si ascolta la verità, si custodisce l'umiltà. E un altro ancora dice: L'amico dello sposo, che gli sta vicino e lo ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo (Gv 3, 29). Gustiamo il piacere che proviamo nell'ascoltare la Verità che parla dentro di noi senza strepito alcuno. E così, quando la Verità risuona esteriormente attraverso la voce del lettore o del predicatore, di chi la proclama o la spiega, attraverso l'insegnamento, l'incoraggiamento e l'esortazione di chi ne ha l'incarico, come anche attraverso i canti ed i salmi, tutti coloro che attendono a queste diverse mansioni stiano attenti a non sporcarsi i piedi con il desiderio della lode umana, cercando di piacere agli uomini. Chi, invece, volentieri e religiosamente li ascolta, non è tentato di vantarsi delle fatiche altrui, e, lungi dal gonfiarsi d'orgoglio, gode di ascoltare la voce della verità del Signore con una gioia che è propria solo all'umiltà. E' nella persona di quanti volentieri e umilmente amano ascoltare, e conducono una vita tranquilla dedita a dolci e salutari occupazioni, che la santa Chiesa trova le sue delizie e dice: Io dormo, ma il mio cuore veglia. Che vuol dire: io dormo, ma il mio cuore veglia, se non, mi riposo per ascoltare? il mio tempo libero non è destinato a coltivare la pigrizia, ma a raggiungere la sapienza. Io dormo, ma il mio cuore veglia: mi tengo libero da ogni preoccupazione per contemplarti come mio Signore (cf. Sal 45, 1). La sapienza dello scriba si deve al suo tempo libero; e chi non si disperde nell'azione diventa saggio (Sir 38, 24). Io dormo, ma il mio cuore veglia, cioè sospendo le occupazioni ordinarie e la mia anima s'immerge nell'amore divino.

[La voce di Cristo bussa alla porta.]

4. Se non che, mentre nella persona di quanti così soavemente e umilmente riposano la Chiesa gusta le sue delizie, ecco che bussa colui che dice: Ciò che io vi dico nelle tenebre, voi ditelo in piena luce; e ciò che ascoltate all'orecchio, predicatelo sopra i tetti (Mt 10, 27). La sua voce bussa alla porta gridando: Aprimi, sorella mia, mia amata, colomba mia, perfetta mia; ho la testa piena di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne. Come a dire: Tu riposi e la porta è chiusa dinanzi a me, tu godi nella quiete riservata a pochi mentre, per il moltiplicarsi dell'iniquità, la carità di molti si raffredda (cf. Mt 24, 12). La notte è immagine dell'iniquità; la rugiada e le gocce notturne sono coloro che si raffreddano e cadono, facendo raffreddare il capo del Cristo, cioè impediscono che Dio sia amato: Dio, infatti, è il capo di Cristo (cf. 1 Cor 11, 3). Costoro vengono portati sui capelli, cioè sostenuti solo con i sacramenti visibili senza giungere ad una partecipazione profonda e piena. Egli bussa per scuotere dalla loro quiete gli uomini santi dediti alla meditazione, e grida: Aprimi, tu che, in virtù del sangue che ho versato per te, sei mia sorella, in forza dell'unione che ho realizzato con te sei la mia amata, grazie al dono dello Spirito Santo sei la mia colomba, in virtù della mia parola che con maggior pienezza hai ascoltato nella tua meditazione sei la mia perfetta: aprimi e predicami. Come potrò entrare in coloro che mi hanno chiuso la porta, se non c'è chi mi apre? E come potranno udire, se non c'è chi predica? (cf. Rm 10, 14).

5. E così coloro che prediligono la calma meditazione delle cose divine e rifuggono dalla fatica e dalle difficoltà dell'azione, non ritenendosi capaci di esercitare il ministero attivo in modo irreprensibile, vorrebbero, se fosse possibile, che i santi Apostoli e gli antichi predicatori della verità risuscitassero per affrontare ancora l'iniquità dilagante, a causa della quale si è raffreddato il fervore della carità. Ma, a nome di coloro che già sono usciti dal corpo e si sono spogliati della tunica della carne (benché da essa non siano separati per sempre), la Chiesa risponde: Ho deposto la tunica, come posso rimettermela? Un giorno essa riprenderà questa tunica, e, in coloro che ne sono stati spogliati, la Chiesa si rivestirà della carne; non però adesso, adesso che occorre riscaldare coloro che sono freddi; ciò accadrà soltanto quando risorgeranno i morti. Trovandosi perciò in difficoltà per mancanza di predicatori, e ricordando quei suoi membri, sani nella dottrina e santi nei costumi ma ormai spogli del loro corpo, la Chiesa geme e dice: Ho deposto la tunica, come posso rimettermela? Come possono, ora, rivestirsi della carne di cui sono state spogliate quelle mie membra che, annunciando fervidamente il Vangelo, riuscirono ad aprire la porta a Cristo?

[La sposa si alza e gli apre.]

6. Poi, rivolgendosi a quelli che in qualche modo potrebbero annunziare il Vangelo, che potrebbero guadagnare e guidare il popolo e così aprire la porta a Cristo, ma che temono di cadere esponendosi ai pericoli dell'azione, dice: Mi sono lavati i piedi, dovrò sporcarmeli di nuovo? Se uno infatti non pecca nel parlare, è un uomo perfetto. Ma chi è perfetto? chi è che in qualche modo non vien meno in questo dilagare di iniquità e raffreddarsi di carità? Mi sono lavati i piedi, dovrò sporcarmeli di nuovo? Inoltre, leggo ed ascolto: Fratelli miei, non vogliate essere in molti a far da maestri, sapendo che vi toccherà un più severo giudizio; tutti infatti manchiamo in molte maniere (Gc 3, 1-2). Mi son lavati i piedi, dovrò sporcarmeli di nuovo? Ma ecco, mi alzo e apro. O Cristo, lavami i piedi, rimetti a noi i nostri debiti, poiché non si è spenta del tutto la nostra carità, poiché anche noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6, 12). Quando ti ascoltiamo, esultano con te in cielo le ossa umiliate (cf. Sal 50, 10). Ma quando ti predichiamo, camminiamo con i piedi in terra per venire ad aprirti la porta. E perciò, se ci rimproverano ci turbiamo, se ci lodano ci gonfiamo d'orgoglio. Lava i nostri piedi che prima erano puliti, ma che si sono sporcati camminando sulla terra per venire ad aprirti. Per oggi basta, o carissimi. Se siamo stati meno felici nel parlare, o troppo preoccupati delle vostre lodi, impetrate da Dio, con le vostre orazioni a lui gradite, la purificazione dei nostri piedi.