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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Omelia 48: Io e il Padre siamo uno.

Sant'Agostino d'Ippona

Omelia 48: Io e il Padre siamo uno.
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Se gli uomini sono diventati dèi a motivo della parola di Dio rivolta loro, come può non essere Dio il Verbo stesso di Dio che è presso Dio. Se gli uomini diventano dèi partecipando alla parola di Dio, non sarà Dio la Parola di cui partecipano?

1. Non dimenticate mai ciò che insistentemente ho fatto notare alla vostra Carità, e cioè che san Giovanni evangelista non vuole alimentarci sempre con latte, ma vuole sostenerci con cibo solido. Chi però non è ancora in grado di ricevere il cibo solido della parola di Dio, si nutra col latte della fede, accettando senza esitazione la parola che non riesce a comprendere. La fede è un merito, e l'intelligenza ne è la ricompensa. Nello sforzo che il nostro intelletto fa per penetrare la parola di Dio, si purifica, liberandosi dall'inevitabile foschia umana e si chiarisce alla sua luce. Quando si ama, non ci si sottrae allo sforzo. Sapete infatti che chi ama non sente fatica; mentre anche la minima fatica è pesante per chi non ama. Se tante fatiche impone la cupidigia agli avari, la carità non dovrà esigere da noi alcuna fatica?

2. Ascoltate con attenzione il Vangelo: Si celebrava a Gerusalemme la festa dell'Encenia (Gv 10, 22). L'Encenia era la festa della Dedicazione del tempio. in greco vuol dire nuovo. Il giorno in cui si inaugurava qualcosa di nuovo veniva chiamato Encenia; parola che poi è passata nell'uso comune: quando uno, ad esempio, indossa una tunica nuova si usa il verbo "enceniare". I Giudei celebravano solennemente il giorno della dedicazione del tempio; si celebrava appunto questa festa, quando il Signore pronunciò il discorso che è stato letto.

[Chi crede si avvicina, chi nega si allontana.]

3. Era d'inverno, e Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. I Giudei gli si fecero attorno e gli dissero: Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo diccelo chiaramente! (Gv 10, 23-24). Essi non cercavano la verità ma macchinavano un complotto. Si era d'inverno ed erano pieni di freddo, perché non facevano niente per avvicinarsi a quel fuoco divino. Avvicinarsi significa credere: chi crede si avvicina, chi nega si allontana. Non si muove l'anima con i piedi, ma con l'affetto del cuore. In loro si era spento del tutto il fuoco della carità, e ardeva soltanto il desiderio di far del male. Erano molto lontani, benché fossero lì; non si avvicinavano con la fede, ma gli stavano addosso perseguitandolo. Volevano sentir dire dal Signore: Io sono il Cristo, e forse di Cristo avevano un'opinione soltanto umana. I profeti avevano annunziato Cristo; ma se neppure gli eretici accettano la divinità di Cristo secondo la testimonianza dei profeti e dello stesso Vangelo, tanto meno i Giudei quindi, finché rimane il velo sopra il loro cuore (2 Cor 3, 15). Ora il Signore Gesù, in altra circostanza, sapendo che essi nutrivano nei riguardi del Cristo opinioni secondo l'uomo, non secondo Dio, opinioni che tenevano conto della sua natura umana, ma non della natura divina che permaneva in lui anche dopo l'incarnazione, disse loro: Che ve ne pare del Cristo? di chi è figlio? (Mt 22, 42). In base alla loro opinione, essi risposero: di David. Così infatti avevano appreso dalle profezie, e a questo si fermavano: avevano letto anche della sua divinità, ma non l'avevano compresa. E il Signore, volendo tenere sospeso il loro animo affinché cercassero la divinità di colui del quale disprezzavano l'infermità, rispose loro: Come, dunque, David, ispirato, lo chiama Signore, dicendo: IL Signore ha detto al mio Signore: siedi alla mia destra, finché abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se, dunque, David lo chiama Signore, come è suo figlio? (Mt 22, 43-45). Non negò di essere figlio di David ma pose loro una domanda. Che nessuno, di fronte a questa risposta, pensi che il Signore Gesù abbia voluto negare di essere figlio di David. Se Cristo Signore avesse negato di essere figlio di David, non avrebbe illuminato i ciechi che così lo invocavano. Passando, infatti, una volta, due ciechi che stavano seduti lungo la via, lo invocarono: Figlio di David, abbi pietà di noi! (Mt 20, 31). A quella invocazione, si commosse, si fermò, li guarì, diede loro la luce, mostrando così di gradire quel titolo. A sua volta, l'apostolo Paolo dice: E' nato dal seme di David secondo la carne (Rm 1, 3); e scrivendo a Timoteo: Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di David, è risuscitato dai morti secondo il mio Vangelo (2 Tim 2, 8). Il Signore era della stirpe di David, perché la vergine Maria discendeva dalla stirpe di David.

4. I Giudei contavano molto su una risposta affermativa. Se infatti egli avesse risposto: Io sono il Cristo, dato che essi consideravano il Cristo come proveniente unicamente dalla stirpe di David, lo avrebbero accusato di volersi arrogare un potere regale. La sua risposta fu ancor più compromettente: essi volevano accusarlo di arrogarsi il titolo di figlio di David, egli rispose di essere il Figlio di Dio. E ascoltate in quali termini: Rispose loro Gesù: Ve l'ho detto e voi non credete; le opere che io faccio nel nome del Padre mio, queste testimoniano di me; ma voi non credete perché non appartenete alle mie pecore (Gv 10, 25-26). Avete già appreso sopra chi siano le sue pecore. Cercate di essere tali anche voi! Le sue pecore sono quelle che credono, che seguono il loro pastore, che non disprezzano il loro redentore, che entrano per la porta e ne escono trovando il pascolo, e partecipano della vita eterna. Come mai allora disse a costoro: Voi non appartenete alle mie pecore? Perché sapeva che erano destinati alla rovina eterna, e non alla vita eterna come quelli che sono redenti col prezzo del suo sangue.

[In paradiso tutto è verdeggiante e rigoglioso.]

5. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco, e mi seguono. Io do loro la vita eterna (Gv 10, 27-28). Ecco il pascolo. Se ricordate, prima aveva detto: entrerà, e uscirà e troverà pascolo (Gv 10, 9). Siamo entrati quando abbiamo creduto, usciamo quando si muore. Ma allo stesso modo che siamo entrati per la porta della fede, così dobbiamo uscire dal corpo come fedeli; è così che si esce per la medesima porta, se si vuole trovare il pascolo. Viene presentata la vita eterna come un buon pascolo; l'erba non inaridisce dove tutto è sempre verdeggiante e pieno di vita: c'è un'erba di cui si dice che è sempre viva. In quel pascolo si trova soltanto la vita. Io - dice - darò la vita eterna alle mie pecore. Voi imbastite accuse, perché pensate soltanto alla vita presente.

[Credere per giungere alla sapienza.]

6. E non periranno in eterno; sottinteso: voi perirete eternamente, perché non siete delle mie pecore. Nessuno me le strapperà di mano (Gv 10, 28). Ascoltate ora con la massima attenzione: Ciò che mio Padre mi ha dato è più grande di tutto (Gv 12, 29). Che può fare il lupo? Che possono fare il ladro e il brigante? Non rovinano se non chi è predestinato alla morte. Di quelle pecore, invece, di cui l'Apostolo dice: Iddio conosce quelli che sono i suoi (2 Tim 2, 19), e ancora: Quelli che egli ha preconosciuto, li ha anche predestinati; quelli che ha predestinati, li ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; quelli infine che ha giustificati, li ha anche glorificati (Rm 8, 29-30): di queste pecore nessuna il lupo può rapire, né il ladro rubare, né il brigante uccidere. Colui che sa cosa ha pagato per esse, è sicuro del loro numero. E' questo il senso delle parole: Nessuno le rapirà dalla mia mano; e di quelle altre riferite al Padre: Ciò che mio Padre mi ha dato è più grande di tutto. Qual è la cosa più grande di tutte che il Padre ha dato al Figlio? Gli ha dato di essere il suo unigenito Figlio. Che significa dunque gli ha dato? Esisteva già colui al quale ha dato, oppure il Padre glielo ha dato generandolo? Poiché se esisteva prima che gli fosse dato di essere Figlio, vorrebbe dire che c'è stato un tempo in cui esisteva e non era Figlio. Non è possibile che ci sia stato un tempo in cui Cristo Signore sia esistito senza essere Figlio. Questo si può dire di noi: c'è stato un tempo in cui eravamo figli dell'uomo e non eravamo figli di Dio. E' per grazia infatti che noi siamo diventati figli di Dio, mentre Cristo è Figlio per natura, perché così è nato. Né puoi dire che egli non esisteva prima di nascere, perché non c'è stato tempo in cui egli non fosse nato, lui coeterno al Padre. Chi può capisca; chi non capisce creda, si nutra e capirà. Il Verbo di Dio è da sempre col Padre, e da sempre è Verbo; e appunto perché Verbo è Figlio. Da sempre dunque è Figlio e da sempre uguale al Padre. Non è uguale per essere cresciuto, ma per nascita, colui che è nato da sempre: Figlio dal Padre, Dio da Dio, coeterno dall'eterno. Il Padre è Dio, ma non da parte del Figlio; il Figlio è Dio, procedente dal Padre, perché il Padre, generandolo, ha dato al Figlio di essere Dio, generandolo gli ha dato di essere con lui coeterno, a lui uguale. Ecco ciò che è più grande di tutte le cose. In che senso il Figlio è la vita e ha la vita? Egli è ciò che ha. Tu, invece, non sei ciò che hai. Tu hai, ad esempio, la sapienza; sei forse la sapienza? E' tanto vero che tu non sei ciò che hai, che se perdi ciò che hai ritorni ad esserne privo; e così ora lo perdi, ora lo ricuperi. Così, il nostro occhio non ha in se stesso la luce in maniera continua: se si apre la riceve, se si chiude la perde. Non è certo in questo senso che il Figlio di Dio è Dio; non è in questo senso che egli è il Verbo del Padre: non così è il Verbo che non passa come un suono, ma che permane dalla nascita. Egli possiede la sapienza sì da essere egli stesso la sapienza e da rendere sapienti gli altri; egli possiede la vita sì da essere egli stesso la vita e da far vivere gli altri. Ecco ciò che è più grande di tutte le cose. Volendo parlare del Figlio, l'evangelista Giovanni osserva il cielo e la terra; li osserva e li oltrepassa. Al di sopra del cielo contempla le innumerevoli schiere angeliche, col suo pensiero oltrepassa l'universo creato, come l'aquila oltrepassa le nubi; essendo andato oltre ogni cosa creata, per quanto grande, pervenne a colui che è più grande di tutte le cose e proclamò: In principio era il Verbo (Gv 1, 1). Ma siccome colui del quale Cristo è Verbo, non procede dal Verbo, mentre il Verbo procede da colui al quale appartiene, Cristo dice: Ciò che mi ha dato il Padre - di essere cioè il suo Verbo, di essere il suo unigenito Figlio e lo splendore della sua luce - è più grande di tutto. Perciò nessuno rapirà le mie pecore dalla mia mano. Nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.

7. Di mano a me e di mano al Padre mio. Che significa: nessuno le può rapire di mano a me, e: nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio? E' forse una sola la mano del Padre e quella del Figlio, oppure il Figlio stesso è la mano del Padre suo? Se per mano intendiamo la potestà, unica è la potestà del Padre e del Figlio, perché unica è la divinità; se invece per mano intendiamo ciò che dice il profeta: IL braccio del Signore a chi è stato rivelato? (Is 53, 1), la mano del Padre è il Figlio. Il che non significa che Dio abbia forma umana, e perfino membra corporee; ma che per mezzo di lui furon fatte tutte le cose. Anche gli uomini sono soliti chiamare mani proprie altri uomini, dei quali si servono per operare ciò che vogliono; e qualche volta vien chiamata mano di un uomo anche l'opera eseguita dalla sua mano: così si dice che uno riconosce la propria mano, quando riconosce un proprio scritto. Ora, se sono molti i significati che si danno alla mano dell'uomo, che pure in senso proprio fa parte delle membra del suo corpo, tanto più sarà lecito intendere non in un solo senso la mano di Dio che non possiede alcuna forma corporea. E perciò, in questo passo, per mano del Padre e del Figlio preferiamo intendere il potere del Padre e del Figlio, onde evitare che sentendo dire qui che il Figlio è la mano del Padre, qualche mente grossolana cominci a cercare un figlio al Figlio, ravvisando in esso la mano di Cristo. L'espressione quindi: Nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio, significa: Nessuno me le può rapire.

8. E se ti rimane qualche incertezza, ascolta quello che segue: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30). Fin qui i Giudei erano riusciti a sopportare; ma quando sentirono: Io e il Padre siamo una cosa sola, non resistettero più; e, duri com'erano, al solito ricorsero alle pietre. Diedero di piglio alle pietre per lapidarlo. Ma siccome il Signore non si assoggettava a quei patimenti che non voleva - difatti non patì se non quello che volle patire -, continuò il suo discorso a quelli che volevano lapidarlo. I Giudei presero delle pietre per lapidarlo. Rispose loro Gesù: Molte buone opere vi ho mostrato che vengono dal Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare? Ed essi risposero: Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia, e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio (Gv 10, 31-33). Così risposero alla sua affermazione: Io e il Padre siamo una cosa sola. Vedete come i Giudei hanno compreso ciò che non intendono gli ariani? Essi si infuriarono appunto perché si resero conto che non si potrebbe dire Io e il Padre siamo una cosa sola, se il Padre e il Figlio non fossero uguali.

9. Nota la risposta che il Signore dà a questi spiriti tardi. Vedendo che essi non riescono a sopportare lo splendore della verità, egli cerca di stemperarla. Non è scritto nella vostra legge, cioè nella legge che vi è stata data, Io dissi: Voi siete dèi? (Gv 10, 34). In un salmo, per bocca del profeta, Dio dice agli uomini: Io dissi: Voi siete dèi (Sal 81, 6). Il Signore chiama legge tutta la Scrittura in genere; quantunque altrove distingua la legge dai profeti, come ad esempio quando dice: La legge e i profeti fino a Giovanni (Lc 16, 16), e quando dice: su questi due precetti poggiano tutta la legge e i profeti (Mt 22, 40). Qualche volta invece distingue la Scrittura in tre parti, come quando dice: Si deve adempiere tutto ciò che nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi, sta scritto di me (Lc 24, 44). Qui invece include nella legge anche i salmi, dove sta scritto: Io dissi: Voi siete dèi. Se la legge - egli continua - chiama dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio, e non si può distruggere la Scrittura, perché a me, che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono il Figlio di Dio? (Gv 10, 35-36). Se si possono chiamare dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio, come può non essere Dio il Verbo stesso di Dio, che è presso il Padre? Se in virtù della parola di Dio gli uomini diventano dèi, dèi per partecipazione, non sarà Dio colui del quale essi sono partecipi? Se le luci illuminate sono dèi, non sarà Dio la luce che illumina? Se al calore di questo fuoco salutare gli uomini diventano dèi, non sarà Dio la sorgente del loro calore? Avvicinati alla luce e sarai illuminato e annoverato tra i figli di Dio; se ti allontani dalla luce, entri nell'oscurità e ti avvolgono le tenebre; quanto a questa luce, né si avvicina né si allontana da se medesima. Se dunque la parola di Dio vi fa dèi, come può non essere Dio il Verbo di Dio? Il Padre dunque ha santificato il Figlio e lo ha mandato nel mondo. Forse qualcuno dirà: Se il Padre lo ha santificato, allora vuol dire che c'è stato un tempo in cui non era santo? No, lo ha santificato nell'atto stesso del generarlo. Generandolo gli ha dato di essere santo, poiché lo ha generato santo. E infatti, se quel che si santifica non fosse già santo, che senso avrebbe dire a Dio Padre: Sia santificato il tuo nome (Mt 6, 9)?

[Ciò che appartiene al Signore, e l'ufficio del servo.]

10. Se non faccio le opere di mio Padre, non credetemi; ma se le faccio, anche se non credete a me, credete alle opere, affinché riconosciate e crediate che il Padre è in me e io nel Padre (Gv 10, 37-38). Il Figlio non dice: IL Padre in me e io in lui nel senso che potrebbero dirlo gli uomini. Se pensiamo rettamente, noi siamo in Dio; e se viviamo degnamente, Dio è in noi. Come fedeli partecipi della sua grazia e da lui illuminati, siamo in lui e lui è in noi. Ben altro bisogna dire del Figlio unigenito: egli è nel Padre e il Padre è in lui, come l'uguale in colui che gli è uguale. Noi al più possiamo dire che siamo in Dio e che Dio è in noi, ma non possiamo dire: io e Dio siamo una cosa sola. Tu sei in Dio, perché Dio ti contiene; Dio è in te, perché sei diventato tempio di Dio; ma per il fatto che sei in Dio e Dio è in te, puoi forse dire: chi vede me vede Dio, come ha detto l'Unigenito: Chi ha veduto me ha veduto il Padre (Gv 14, 9), e ancora: Io e il Padre siamo una cosa sola? Riconosci ciò che è proprio del Signore e ciò che è dono concesso al servo: proprio del Signore è la sua uguaglianza col Padre, dono concesso al servo è la partecipazione alla vita del Salvatore.

11. Cercavano dunque di prenderlo (Gv 10, 39). Magari l'avessero preso! ma con la fede e l'intelligenza, non perseguitandolo e uccidendolo. Fratelli miei, io che parlo, che dico a voi queste cose forti io che sono debole, cose grandi io piccolo, cose solide io fragile; e voi, che appartenete a quella medesima massa cui appartengo io che vi parlo, tutti insieme cerchiamo di impadronirci di Cristo. Che significa impadronirci di lui? Se hai inteso bene la sua parola, lo hai raggiunto e lo hai preso. Ma non così volevano afferrarlo i Giudei: tu lo hai preso per averlo, essi volevano prenderlo per eliminarlo. E siccome volevano prenderlo in questo modo, cosa fece egli? Sfuggì dalle loro mani. Non riuscirono a prenderlo perché non avevano le mani della fede. Il Verbo si è fatto carne, e non era difficile per il Verbo liberare la sua carne dalle mani di carne. Prendere il Verbo spiritualmente, questo è prendere davvero il Cristo.

12. E ritornò oltre il Giordano, nel luogo dove Giovanni aveva prima battezzato, e vi si fermò. E molti andarono a lui e dicevano: Giovanni non ha fatto alcun miracolo (Gv 10, 40-41). Ricorderete che di Giovanni si è detto che era la lucerna, che rendeva testimonianza al giorno (cf. Gv 5, 35 33). Perché allora dissero costoro tra sé: Giovanni non ha fatto alcun miracolo? Giovanni, dicono, non ha mostrato alcun miracolo: non ha messo in fuga i demoni, non ha cacciato la febbre, non ha illuminato i ciechi, non ha risuscitato i morti, non ha sfamato tante migliaia di persone con cinque o sette pani, non ha camminato sul mare, non ha comandato ai venti e alle onde; niente di tutto questo ha fatto Giovanni; ma con tutto ciò che egli diceva rendeva testimonianza a Cristo. Per mezzo della lucerna noi possiamo arrivare al giorno. Giovanni non ha fatto alcun miracolo, ma tutto ciò che egli ha detto di costui era vero (Gv 10, 42). Ecco quelli che presero Gesù, ma non nel senso che intendevano i Giudei. I Giudei volevano prenderlo, ed egli sfuggì dalle loro mani; questi invece lo presero, ed egli si fermò con loro. Ecco infatti la conclusione: E molti credettero in lui.