Scrutatio

Mercoledi, 24 aprile 2024 - San Fedele da Sigmaringen ( Letture di oggi)

Omelia 21: E gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati.

Sant'Agostino d'Ippona

Omelia 21: E gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati.
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Esultiamo e rendiamo grazie, perché non solo siamo diventati cristiani, ma siamo Cristo. Capite, fratelli, vi rendete conto della grazia di Dio verso di noi? Stupite ed esultate: noi siamo diventati Cristo. Se lui è il capo e noi le membra, lui e noi siamo l'uomo totale. Pienezza di Cristo è il capo e sono le membra. Che vuol dire il capo e le membra? Cristo e la Chiesa.

[Si cresce amando.]

1. Ieri, secondo che il Signore si è degnato concederci e come ci è stato possibile, abbiamo spiegato, e, nella misura delle nostre capacità, abbiamo capito che le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili; e che il Padre non fa una cosa e il Figlio un'altra, ma fa tutto per mezzo del Figlio che è il suo Verbo e del quale sta scritto: Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto (Gv 1, 3). Esaminiamo oggi le parole che seguono, invocando e sperando la misericordia del Signore per giungere, se egli lo ritiene opportuno, a comprendere la verità; e se ciò non sarà possibile, ci sia almeno concesso di non cadere nell'errore. E' meglio infatti non sapere che sbagliare: certamente, però, è meglio sapere che ignorare. Perciò, prima di tutto dobbiamo fare ogni sforzo per capire; se ci riusciremo, ringrazieremo Dio; ma se per ora non riusciremo a pervenire alla verità, ci sia almeno concesso di non cadere in errore. Dobbiamo infatti tener presente chi siamo noi e di che cosa ci occupiamo. Siamo uomini che ci portiamo dietro il peso della carne nel cammino di questa vita, e che, sebbene rinati dal seme della parola di Dio, tuttavia siamo stati rinnovati in Cristo in modo tale da non essere ancora del tutto spogliati di Adamo. Infatti appare chiaro e manifesto che quanto c'è in noi di mortale e di corruttibile che appesantisce l'anima (cf. Sap 9, 15), proviene da Adamo; e quanto c'è in noi di spirituale che eleva l'anima, è dono e misericordia di Dio, il quale inviò il suo unico Figlio affinché partecipasse con noi alla nostra morte e ci conducesse alla sua immortalità. Cristo ci è stato dato come maestro, per insegnarci a non peccare; come intercessore se, dopo aver peccato, ci pentiamo e ci convertiamo; come avvocato, se ci ripromettiamo dal Signore qualcosa di buono; come datore di beni insieme al Padre, perché Padre e Figlio sono un solo Dio. Egli diceva tutte queste cose agli uomini come uomo; occulto come Dio e visibile come uomo, per fare dèi quelli che evidentemente erano uomini; lui che da Figlio di Dio diventò figlio dell'uomo per far diventare figli di Dio i figli degli uomini. Dalle sue stesse parole apprendiamo che a questo scopo egli utilizzò le risorse della sua sapienza. Parla come piccolo a coloro che sono piccoli, egli che è piccolo e insieme grande; noi invece siamo piccoli, e grandi solo in lui. Egli parla come una mamma che cura e allatta i piccoli, facendoli crescere a forza di amore.

2. Prima aveva detto: Il Figlio da sé non può far nulla, ma solamente ciò che vede fare dal Padre. Ci siamo resi conto che il Padre non fa delle opere a parte, affinché il Figlio le veda e a sua volta faccia ciò che ha visto fare dal Padre suo. Queste parole: Il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre, significano che il Figlio è tutto del Padre e che tutta la sua essenza e potenza derivano da colui che lo ha generato. Ha poi aggiunto che egli fa le stesse cose che fa il Padre e le fa nello stesso modo; affinché non si pensi che il Padre fa delle opere e il Figlio delle altre, ma che, in virtù della medesima potenza, il Figlio fa le medesime cose che fa il Padre, giacché il Padre opera per mezzo del Figlio. Prosegue quindi dicendo ciò che oggi abbiamo sentito leggere: Il Padre, infatti, ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che egli fa (Gv 5, 19-20). Di nuovo il pensiero umano si disorienta. Il Padre mostra al Figlio ciò che egli fa; quindi, dirà qualcuno, il Padre compie qualche opera separatamente, affinché il Figlio possa vedere ciò che egli fa. Di nuovo si affaccia al pensiero umano l'immagine di due artigiani: un artigiano che insegna la sua arte al figlio, e gli mostra ciò che fa affinché a sua volta quello faccia altrettanto: gli mostra tutto ciò che egli fa. Mentre allora il Padre opera, il Figlio se ne sta inoperoso per vedere quello che fa il Padre? E' certo che tutto è stato fatto per mezzo di lui, e niente è stato fatto senza di lui. Vediamo perciò in che senso il Padre mostra al Figlio ciò che fa, pur rimanendo vero che il Padre non fa nulla se non per mezzo del Figlio. Che cosa ha fatto il Padre? Il mondo. Dopo aver fatto il mondo, il Padre lo ha mostrato al Figlio, affinché a sua volta facesse qualcosa di simile? Ci si mostri dunque il mondo fatto dal Figlio. In verità tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto; e anche il mondo è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1, 3 10). Ora, se il mondo è stato fatto per mezzo di lui, e tutto per mezzo di lui è stato fatto e niente il Padre fa senza di lui, dove mostra il Padre al Figlio ciò che fa se non nel Figlio stesso per mezzo del quale opera? Quale è infatti questo luogo dove viene mostrata al Figlio l'opera del Padre, come se questi operasse fuori del Figlio, il quale stia lì a guardare la mano del Padre per vedere come fa? Dov'è quell'inseparabile Trinità? Dov'è il Verbo, del quale si dice che è la potenza e la sapienza di Dio (1 Cor 1, 24)? Dov'è quanto la Scrittura dice della sapienza: è lo splendore della luce eterna (Sap 7, 26)? Dov'è quanto di essa altrove è scritto: essa estende la sua potenza da un'estremità all'altra del mondo, e tutto dispone con soavità (Sap 8, 1)? Se il Padre fa una cosa, la fa per mezzo del Figlio. Se la fa per mezzo della sua sapienza e della sua potenza, non gli fa vedere niente fuori di lui, ma è in lui stesso che gli mostra ciò che fa.

3. Cosa vede il Padre, o piuttosto, cosa vede il Figlio nel Padre in modo da operare anche lui? Potrei anche dirlo, ma prima dammi uno che possa capire; o potrei pensarlo, senza riuscire a dirlo; o forse neppure pensarlo. E' infatti di tanto superiore a noi quella divinità, di quanto Dio è superiore agli uomini, l'Immortale ai mortali, l'Eterno a coloro che sono temporali. Ci soccorra egli stesso con la sua ispirazione e con il suo dono, si degni in qualche modo di irrorarci da quella fonte di vita e di ristorare la nostra sete, affinché non ci inaridiamo in questo deserto. Chiamiamolo Signore quegli stesso che abbiamo imparato a chiamare Padre. Egli stesso ha autorizzato questa nostra audacia; però dobbiamo vivere in modo tale da non meritarci il rimprovero: Se sono Padre, dov'è l'onore che mi è dovuto? Se sono Signore, dov'è il rispetto che mi è dovuto? (Ml 1, 6). Diciamogli dunque: Padre nostro! Ma a chi diciamo: Padre nostro? Al Padre di Cristo. E colui che dice Padre nostro al Padre di Cristo, cosa dice a Cristo, se non Fratello nostro? Non è certo Padre nostro così come è Padre di Cristo, in quanto mai Cristo ci ha associati a sé in modo da non fare alcuna distinzione tra lui e noi. Egli è il Figlio uguale al Padre e a lui coeterno; noi invece siamo stati creati per mezzo del Figlio, adottati per mezzo dell'Unigenito. Per questo, mai si è sentito sulla bocca di nostro Signore Gesù Cristo, quando parlava con i discepoli, chiamare "Padre nostro" il Padre suo, il sommo Iddio, ma sempre: "Padre mio", oppure "Padre vostro". Non disse mai: "Padre nostro"; al punto che una volta usò queste due espressioni distinte: Vado al Dio mio e Dio vostro. Perché non disse Dio nostro? Aggiunse: al Padre mio e Padre vostro (Gv 20, 17); ma non disse: Padre nostro. Unì le due espressioni facendo risaltare la distinzione; distinzione che non è separazione. Vuole che noi siamo una cosa sola in lui, ma afferma che lui è una sola cosa con il Padre.

4. Per quanto dunque riusciamo ad intendere e per quanto riusciamo a vedere, ancorché diventassimo uguali agli angeli, non potremo mai vedere come vede il Figlio. Noi, infatti, anche quando non vediamo, siamo qualcosa. E che altro siamo, quando non vediamo, se non uomini che non vedono? Siamo tuttavia almeno uomini che non vedono; e per vedere ci rivolgiamo a colui che vogliamo vedere; e si realizza in noi una visione che non esisteva quando tuttavia noi esistevamo. Esiste infatti l'uomo che non vede; e questo medesimo uomo, quando vede, si chiama uomo che vede. Nell'uomo, quindi, il vedere non si identifica con l'essere uomo; poiché se il vedere coincidesse con l'essere uomo, non ci sarebbe mai in nessun momento un uomo che non vede. E siccome esiste l'uomo che non vede e che vuol vedere ciò che non vede, questo uomo è un soggetto che cerca ed è un soggetto che si volta per vedere. E quando si è ben voltato e comincia a vedere, è un uomo che vede, lui che prima era un uomo che non vedeva. Il vedere, quindi, è qualcosa che viene e che va: viene quando l'uomo si volta verso un oggetto, se ne va quando egli ne distoglie lo sguardo. Si può forse dire questo del Figlio? Assolutamente no. Non ci fu mai un tempo in cui il Figlio non vedesse, e che poi abbia cominciato a vedere; anzi, vedere il Padre è lo stesso per lui che essere Figlio. Noi, infatti, volgendoci al peccato, perdiamo la luce, e, convertendoci a Dio, riceviamo la luce. Una cosa è la luce che ci illumina, e altra cosa noi che veniamo illuminati. La luce che ci illumina, non si allontana da sé né perde il suo splendore, appunto perché è luce. Il Padre dunque mostra al Figlio ciò che fa, nel senso che il Figlio vede tutto nel Padre, e il Figlio è tutto nel Padre. Vedendo, il Figlio è nato, e, nascendo, vede. Non che un tempo non fosse nato e poi sia nato, come non ci fu un tempo in cui non vedesse e poi abbia visto; ma in lui vedere è lo stesso che essere, essere immutabile, esistere senza inizio e senza fine. Non s'intenda dunque in senso materiale che il Padre sta seduto, compie un'opera e la mostra al Figlio, e il Figlio vede quello che fa il Padre e a sua volta fa altrettanto in altro luogo o con altra materia. Tutte le cose - infatti - sono state fatte per mezzo di lui, e niente senza di lui è stato fatto. Il Figlio è il Verbo del Padre; niente Dio ha detto che non abbia detto nel Figlio. Dicendo, infatti, nel Figlio ciò che avrebbe fatto per mezzo del Figlio, generò il Figlio stesso per mezzo del quale avrebbe fatto tutte le cose.

5. E gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati (Gv 5, 20). Nuovo motivo di turbamento. Chi potrà, infatti, convenientemente investigare un così misterioso segreto? Ma colui che già si è degnato parlarci, egli stesso ce lo rivelerà. Non ci avrebbe parlato, se non perché intendessimo la sua parola. Essendosi degnato di parlarci, ha suscitato in noi il desiderio di ascoltare; vorrà forse lasciare insoddisfatto il desiderio d'intendere la sua parola, quel desiderio che egli stesso ha suscitato in noi? Abbiamo detto, come abbiamo potuto, che il Figlio non conosce nel tempo e che il conoscere e il vedere del Figlio non si distinguono dal Figlio stesso, ma che il Figlio è questa stessa visione, e che è la conoscenza e la sapienza del Padre; e abbiamo detto che questa sapienza e questa visione eterne esistono ab aeterno e sono coeterne a colui dal quale procedono; e che non esiste qui alcuna variazione di tempo, né nasce qualcosa che prima non c'era né perisce quello che c'era. Abbiamo cercato di dire tutto questo. Ed allora che valore ha qui il tempo, dato che il Signore dice: gli mostrerà opere maggiori di queste? Il senso di "mostrerà" è che dovrà mostrargliele; "mostrò" è una cosa, "mostrerà" un'altra; "mostrò" si riferisce al passato, "mostrerà" si riferisce al futuro. Che cosa stiamo dicendo, fratelli? Ecco colui che dicevamo essere coeterno al Padre, che non è soggetto ad alcuna variazione di tempo, ad alcun movimento di spazio, ad alcuna successione di momenti o di luoghi; che sempre permane al cospetto del Padre vedendolo, e dalla visione del Padre attinge la sua esistenza; ebbene egli ci parla nuovamente in termini di tempo: gli mostrerà - dice - opere maggiori di queste. Vuole dunque il Padre mostrare qualcosa al Figlio che il Figlio ancora non conosce? E allora? Come si deve intendere questa frase? Osserva come il Signore nostro Gesù Cristo che era lassù in cielo, adesso si trova quaggiù in terra. Quando era lassù? Quando ha detto: Tutto ciò che il Padre fa, lo fa anche il Figlio e nel medesimo modo. Perché ora quaggiù? Gli mostrerà opere maggiori di queste. O Signore Gesù Cristo nostro Salvatore, Verbo di Dio per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose; che cosa ti deve mostrare il Padre che tu ancora non sappia? C'è qualcosa del Padre che ti è nascosto? Che cosa ci può essere per te di nascosto nel Padre, dal momento che non ti è nascosto il Padre? quali opere maggiori ti deve mostrare? o di quali opere sono maggiori quelle che deve mostrarti? Infatti avendo parlato di opere maggiori di queste, dobbiamo renderci conto rispetto a quali opere sono maggiori.

6. Riportiamoci alla circostanza da cui ebbe origine questo discorso. Fu quando guarì quell'uomo che era ammalato da trentotto anni e gli comandò, dopo averlo guarito, che prendesse il suo lettuccio e se ne andasse a casa. A causa di questo i Giudei, con i quali stava parlando, montarono su tutte le furie. Egli stava dicendo parole di cui non rivelava il significato, che insinuava solo a chi era in condizione di capire, mentre lo celava a chi era adirato. L'indignazione dei Giudei, provocata dalla guarigione che il Signore aveva operato di sabato, fu l'occasione di questo discorso. Ascoltando dunque questo discorso, si tenga conto della circostanza in cui fu pronunciato, richiamandoci a quell'infermo da trentotto anni che fu istantaneamente guarito fra lo stupore e l'indignazione dei Giudei. Essi erano più intenti a cercare nel sabato le tenebre che la luce del miracolo. Rivolgendosi a costoro che erano in preda all'ira, il Signore disse: Gli mostrerà opere maggiori di queste. Maggiori di queste! Di quali? Voi avete visto guarire un uomo che era ammalato da trentotto anni; ebbene, il Padre mostrerà al Figlio opere maggiori di queste. Quali sono le opere maggiori di queste? Il Signore prosegue, e dice: Come, infatti, il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Decisamente queste opere sono maggiori. E' molto più importante difatti la risurrezione di un morto che la guarigione di un infermo: questa è una delle opere "maggiori". Ma quando il Padre mostrerà queste opere al Figlio? Ora il Figlio non le conosce? Ma allora, colui che parlava, non sapeva risuscitare i morti? Colui per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte, doveva forse ancora imparare a risuscitare i morti? Colui che ci fece vivere quando non esistevamo, aveva ancora da imparare a risuscitarci? Che cosa vuol dire, dunque, con queste parole?

[Cristo impara.]

7. Il Figlio di Dio è disceso fino a noi, e colui che prima parlava come Dio, ha cominciato a parlare come uomo. Ed è proprio uomo colui che è Dio, perché Dio si è fatto uomo. Si è fatto ciò che non era, continuando ad essere ciò che era. Si è unito l'uomo a Dio, così da essere uomo colui che era Dio; non però nel senso che diventato uomo non fosse più Dio. Ascoltiamo dunque, anche come fratello, colui che ascoltavamo come Creatore: come Creatore perché è il Verbo che era in principio, come fratello perché è nato da Maria Vergine; come Creatore che esisteva prima di Abramo, prima di Adamo, prima della terra, prima del cielo, prima di tutte le cose corporali e spirituali; come fratello perché viene dal seme di Abramo, dalla tribù di Giuda, da una vergine d'Israele. Sapendo dunque che colui che ci parla è Dio ed è uomo, distinguiamo le parole di Dio e le parole dell'uomo; talvolta, infatti, ci dice cose che si riferiscono alla sua maestà, tal'altra cose che si riferiscono al suo stato di umiltà. Egli è l'altissimo, e si è fatto umile per innalzare noi che siamo umili. Che cosa ha detto dunque? Il Padre mi mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati (Gv 5, 20). Quindi è a noi che le mostrerà, queste opere maggiori, non a lui. E' perché il Padre le mostrerà a noi che egli dice: affinché ne siate meravigliati. Ha spiegato che cosa voleva dire con la frase: Il Padre mi mostrerà ... Perché non ha detto: il Padre mostrerà a voi, ma ha detto: mostrerà al Figlio? Perché noi pure siamo membra del Figlio; e come membra impariamo: e anche lui, in qualche modo, impara attraverso le sue membra. In che senso si può dire che impara in noi? Nello stesso modo che soffre in noi. Come possiamo provare che soffre in noi? Lo possiamo provare con quella voce che si udì dal cielo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (At 9, 4). Non è forse lui che verrà come giudice alla fine del mondo e, collocando i giusti alla sua destra e gli iniqui alla sua sinistra, dirà: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno: perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare? E alla domanda: Signore, quando ti abbiamo veduto affamato?, risponderà: Ogni volta che l'avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me (Mt 25, 34 ss.). E adesso siamo noi che ci rivolgiamo a colui che ha detto queste cose, e gli chiediamo: O Signore, quando mai tu dovrai imparare, tu che insegni ogni cosa? Egli subito ci risponde conforme alla nostra fede: Ogni volta che il più piccolo dei miei fratelli impara, anch'io imparo.

8. Rallegriamoci, dunque, e rendiamo grazie a Dio: non soltanto siamo diventati cristiani, ma siamo diventati Cristo stesso. Capite, fratelli? vi rendete conto della grazia che Dio ha profuso su di noi? Stupite, gioite: siamo diventati Cristo! Se Cristo è il capo e noi le membra, l'uomo totale è lui e noi. E' questo che dice l'Apostolo: Così non saremo più dei bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina. Prima aveva detto: Finché perveniamo tutti all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, a formare l'uomo maturo, al livello di statura che attua la pienezza del Cristo (Ef 4, 14 13). Pienezza di Cristo sono dunque il capo e le membra. Cosa vuol dire il capo e le membra? Il Cristo e la Chiesa. Arrogarci tale prerogativa sarebbe da parte nostra folle orgoglio, se Cristo medesimo non si fosse degnato farci questa promessa tramite lo stesso Apostolo: Voi siete il corpo di Cristo e, ciascuno per la sua parte, membra di lui (1 Cor 12, 27).

9. Quando dunque il Padre insegna qualcosa alle membra di Cristo, è a Cristo che insegna. E' meraviglioso e perfino incredibile, ma è così: a Cristo viene mostrato ciò che Cristo sapeva, e per mezzo di Cristo stesso. Cosa meravigliosa e grande! Ma è la Scrittura che lo dice. Oseremo smentire la parola di Dio, o non cercheremo piuttosto di penetrarne il senso e rendere grazie all'autore di tanto dono? Che cosa voglio dire affermando che viene insegnato a Cristo per mezzo di Cristo? Che viene insegnato alle membra per mezzo del Capo. Ecco, puoi vederlo in te stesso: mettiamo che vuoi afferrare qualcosa con gli occhi chiusi; la mano non sa dove dirigersi, eppure la mano è un tuo membro, perché non è separata dal tuo corpo. Apri gli occhi, e la mano vedrà dove dirigersi, il membro potrà seguire la direzione indicatagli dalla testa. Ora se questo si verifica in te: che il tuo corpo guida il tuo corpo, e per mezzo del tuo corpo viene mostrato qualcosa al tuo corpo, perché ti meravigli se dico che viene mostrato al Cristo per mezzo di Cristo? Il capo mostra perché le membra vedano; il capo insegna e le membra imparano; tuttavia il Capo e le membra sono un sol uomo. Egli non ha voluto separarsi da noi, ma si è degnato amalgamarsi a noi fino a fondersi con noi. Era molto lontano da noi. Ci può essere, infatti, una distanza maggiore di quella che esiste fra la creatura e il Creatore, fra Dio e l'uomo, fra la giustizia e l'iniquità, fra l'eternità e la creatura mortale? Ecco come era lontano il Verbo, che era in principio Dio presso Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. In che modo, dunque, si è avvicinato al punto da essere ciò che noi siamo, e da essere noi in lui? Il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1, 14).

[La preghiera di Cristo.]

10. E' questo ciò che vuole mostrarci. E' questo ciò che mostrò ai suoi discepoli, che lo videro nella carne. Che cosa dunque? Come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole (Gv 5, 21). Alcuni il Padre e altri il Figlio, forse? No, perché è certo che tutto è stato fatto per mezzo di lui. Cosa vogliamo dire con questo, fratelli miei? Cristo risuscitò Lazzaro; quale morto risuscitò il Padre, perché Cristo vedesse come doveva fare a risuscitare Lazzaro? O forse quando Cristo risuscitò Lazzaro, non fu anche il Padre a risuscitarlo, ma il Figlio solo senza il Padre? Leggete quella pagina del Vangelo, e vedrete che il Figlio invoca il Padre per la risurrezione di Lazzaro (Gv 11, 41-44). Come uomo invoca il Padre, come Dio opera insieme col Padre. Quindi Lazzaro che risuscitò, fu risuscitato dal Padre e dal Figlio, e per dono e grazia dello Spirito Santo. L'intera Trinità realizzò quell'opera meravigliosa. Non si deve perciò intendere questa frase: come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole, nel senso che alcuni vengono risuscitati e vivificati dal Padre, altri dal Figlio, ma quanti il Padre risuscita e fa vivere, questi medesimi anche il Figlio risuscita e fa vivere; perché tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, e niente senza di lui è stato fatto. E per far vedere che egli possedeva, sebbene datagli dal Padre, pari potestà, per questo aggiunse: così anche il Figlio fa vivere chi vuole, dimostrando così la sua volontà. E affinché nessuno dicesse: il Padre risuscita i morti per mezzo del Figlio, ma il Padre in virtù della sua potestà mentre il Figlio per potestà altrui, come un ministro o un angelo che compia qualche opera; volle precisare la sua potestà dicendo: così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Il Padre non vuole una cosa e il Figlio un'altra, ma, come unica è la loro sostanza, così unica è la loro volontà.

11. E chi sono questi morti che il Padre e il Figlio fanno rivivere? Son forse quelli di cui abbiamo parlato: Lazzaro, il figlio della vedova (cf. Lc 7, 14-15), la figlia del capo della sinagoga (cf. Lc 8, 54-55)? Già conosciamo infatti queste risurrezioni operate da Cristo Signore. Ma qui il Signore ci vuole insinuare un'altra cosa, e precisamente la risurrezione dei morti che tutti aspettiamo, non quella conseguita da alcuni affinché credessero tutti gli altri. Lazzaro risuscitò, ma poi dovette nuovamente morire; noi invece risorgeremo per vivere eternamente. Questa risurrezione chi la compie, il Padre o il Figlio? Per essere precisi, il Padre nel Figlio; è quindi opera del Figlio, e del Padre nel Figlio. Che prova abbiamo che egli parla di questa risurrezione? Avendo detto: come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Affinché non pensassimo a quella risurrezione dei morti che compie come miracolo e non per la vita eterna, prosegue dicendo: poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio (Gv 5, 21-22). Che vuol dire questo? Stava parlando della risurrezione dei morti e diceva che come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole; perché immediatamente si riferisce, quasi come prova, al giudizio, dicendo: poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio, se non perché intende parlare di quella risurrezione dei morti che avrà luogo nel giudizio?

[I rivoli e la fonte.]

12. Poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio (Gv 5, 20). Dianzi, quando diceva: il Padre ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che egli fa, credevamo che il Padre facesse qualcosa che il Figlio non fa. Come se il Padre operasse e il Figlio stesse a vedere. Così infatti voleva suggerire alla nostra mente un modo d'intendere grossolano, come se il Padre facesse qualcosa che il Figlio non fa, e il Figlio stesse lì a vedere l'opera che il Padre gli mostra; quindi come se il Padre facesse qualcosa che il Figlio non fa. Adesso, invece, vediamo che il Figlio fa qualcosa che il Padre non fa. Vedete come il Signore ci scuote e ci agita dal profondo dell'anima! Ci porta di qua e di là senza tregua, impedendoci di acquietarci nella sapienza della carne. Ci tiene sospesi e in tensione per purificare la nostra anima; purificandola vuole prepararla ad accogliere la verità, per poterla così colmare di essa. Dove vogliono portarci queste parole? cosa diceva prima il Signore, e cosa dice ora? Prima diceva che il Padre mostra al Figlio quello che fa; e mi sembrava di vedere il Padre che agisce e il Figlio che sta a guardare; adesso invece vedo il Figlio agire e il Padre senza far niente: il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio. Vuol dire che quando il Figlio si metterà a giudicare, il Padre starà a guardare senza giudicare? Che significano queste parole? come bisogna intenderle? Signore, che cosa vuoi dire? Tu sei il Verbo di Dio, e io non sono altro che un uomo. Tu dici che il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio? Altrove leggo che tu dici: Io non giudico nessuno; c'è chi indaga e giudica (Gv 8, 15 50); di chi parli quando dici che c'è chi indaga e giudica, se non del Padre? E' lui che esamina le ingiurie rivolte a te, è lui che giudica e condanna. In che senso vien detto qui che il Padre non giudica nessuno ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio? Interroghiamo anche Pietro e ascoltiamo quello che egli dice nella sua epistola: Cristo patì per noi, lasciandoci l'esempio, affinché ne seguiamo le orme. Lui che peccato non fece e nella cui bocca non fu trovato inganno; lui che oltraggiato non restituiva l'oltraggio, maltrattato non minacciava ma si rimetteva a colui che giudica con giustizia (1 Pt 2, 21-23). Come può allora essere vero che il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio? Siamo colti da turbamento, un turbamento che ci fa sudare, ma sudando ci purifichiamo. Facciamo ogni sforzo, con l'aiuto della grazia di Dio, per penetrare le profondità misteriose di queste parole. Forse siamo temerari a voler discutere e scrutare le parole di Dio. Ma perché sono state dette, se non perché le conoscessimo? perché sono risuonate alle nostre orecchie, se non perché le ascoltassimo? perché le abbiamo ascoltate, se non per intenderle? Ci sostenga dunque il Signore, e, secondo la sua misericordia, ci conceda d'intenderle in qualche modo; che se ancora non ci è dato di bere alla fonte, ci sia almeno consentito di bere ai rivoli. Vedi, Giovanni stesso è come un rivolo sgorgato per noi, che dall'alto ha fatto arrivare fino a noi il Verbo: lo ha abbassato e quasi sotterrato, affinché non ci spaventassimo della sua altezza, ma ci accostassimo a Colui che si è umiliato per noi.

13. Senza dubbio l'espressione: Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio contiene, se badiamo bene, un significato vero e vigoroso. Questa espressione significa che agli uomini nel giudizio non si mostrerà se non il Figlio. Il Padre non si vedrà, il Figlio sì. In che forma il Figlio sarà visibile? Nella forma in cui è asceso al cielo. Nella forma di Dio è occulto come il Padre, mentre nella forma di servo si è reso visibile. Il Padre - dunque - non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio; s'intende ogni giudizio in forma visibile. In questo giudizio in forma visibile giudicherà il Figlio, perché è lui che apparirà a coloro che dovranno essere giudicati. La Scrittura ci dice assai chiaramente che egli comparirà in modo visibile. Quaranta giorni dopo la sua risurrezione ascese al cielo alla vista dei suoi discepoli (At 1, 3 9); e un angelo disse loro: Uomini di Galilea, perché state guardando in cielo? Questo Gesù che, tolto a voi, è stato elevato al cielo, verrà nello stesso modo in cui l'avete veduto salire al cielo (At 1, 11). Come lo videro salire? Con la medesima carne che essi avevano toccato e palpato, in cui avevano perfino verificato, toccandole, le ferite; in quel corpo con cui per quaranta giorni era andato avanti e indietro assieme a loro, manifestandosi a loro realmente, non illusoriamente come un fantasma, un'ombra, uno spirito, ma, come egli stesso dichiarò, senza alcun inganno: Palpatemi e costatate: uno spirito non ha carne ed ossa, come vedete che ho io (Lc 24, 39). Senza dubbio quel corpo non soggetto alla morte né a invecchiamento, merita di abitare fin d'ora in cielo. L'età della giovinezza, alla quale Cristo giunse crescendo dall'infanzia, non conosce declino verso la vecchiaia, permane eternamente nella maturità raggiunta al momento della sua ascensione, e così apparirà a coloro ai quali volle fosse predicata la sua parola prima della sua venuta. Verrà dunque nella forma di uomo; la vedranno anche gli empi, la vedranno quelli che saranno alla sua destra e la vedranno anche i separati alla sua sinistra, così come sta scritto: Vedranno colui che hanno trafitto (Zc 12, 10; Gv 19, 37). Se vedranno colui che hanno trafitto, vuol dire che vedranno il corpo stesso che hanno trafitto con la lancia: la lancia non può trafiggere il Verbo. Gli empi potranno vedere solo ciò che hanno potuto ferire. Non potranno vedere Dio nascosto nel corpo. Potranno vederlo, dopo il giudizio, coloro che saranno, alla sua destra. Questo è dunque il senso delle parole: Il Padre non giudica nessuno ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio: il Figlio verrà per il giudizio in modo visibile, e soltanto lui si presenterà agli uomini nel corpo umano, e dirà a quelli che saranno a destra: Venite, benedetti del Padre mio, a ricevere il regno, e a quelli che saranno alla sua sinistra: Andate al fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli (Mt 25, 34 41).

[Non tutti potranno vedere Dio.]

14. Ecco, apparirà la forma di uomo ai buoni e ai cattivi, ai giusti e agli iniqui, ai fedeli e agli infedeli, a quelli che saranno nella gioia e a quelli che saranno nel pianto, a quelli che saranno pieni di confidenza e a quelli che saranno pieni di confusione: apparirà agli occhi di tutti. Una volta vista quella forma nel giudizio, e una volta compiuto il giudizio, secondo quanto è stato detto: che il Padre non giudica nessuno ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio, perché il Figlio apparirà nel giudizio in quella medesima forma che prese da noi; che cosa avverrà poi? quando si potrà vedere la forma di Dio che tutti i fedeli sospirano? quando si potrà vedere quel Verbo che era in principio, Dio presso Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose? quando si potrà vedere quella forma di Dio della quale l'Apostolo dice: Lui di natura divina, non tenne per sé gelosamente l'essere pari a Dio (Fil 2, 6)? Eccelsa è quella natura nella quale si riconosce l'uguaglianza del Padre e del Figlio: è ineffabile, incomprensibile, soprattutto a noi che siamo tanto piccoli. Quando si potrà vedere? Ecco, a destra ci sono i giusti e a sinistra gli iniqui; tutti ugualmente vedono l'uomo, vedono il Figlio dell'uomo, vedono colui che fu trafitto, che fu crocifisso, che fu umiliato; vedono colui che è nato dalla Vergine, vedono l'agnello della tribù di Giuda; ma il Verbo, Dio presso Dio, quando lo vedranno? Egli sarà presente anche allora, ma sarà visibile soltanto la forma di servo. Apparirà la forma di servo ai servi, e sarà riservata la forma di Dio ai figli. I servi, dunque, diventino figli; quelli che sono alla destra vadano a prendere possesso dell'eredità eterna promessa loro da tempo, e nella quale i martiri credettero senza vederla e per la cui promessa non esitarono a versare il loro sangue. Vadano e vedranno. E quando vi andranno, cosa vedranno? Lo dica il Signore stesso: Andranno quelli al fuoco eterno, i giusti invece alla vita eterna (Mt 25, 46).

[L'amore non sarà deluso.]

15. Ecco, ha nominato la vita eterna. Forse ci ha detto questo perché là vedremo e conosceremo il Padre e il Figlio? Che senso avrebbe vivere in eterno, se non dovessimo vedere il Padre e il Figlio? Ascolta un altro passo in cui il Signore nomina la vita eterna e spiega che cosa è la vita eterna (cf. Gv 17, 3). Non temere, non t'inganno. Non invano ho fatto questa promessa ai miei amici: Chi ha i miei comandamenti e li osserva: ecco chi mi ama; e colui che mi ama sarà amato dal Padre mio, e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui (Gv 14, 21). Rispondiamo al Signore e diciamogli: Signore Dio nostro, è una così grande cosa se ti manifesterai a noi? e che? non ti sei manifestato anche ai Giudei? non ti hanno visto anche quelli che ti hanno crocifisso? ti manifesterai nel giudizio, quando staremo alla tua destra: forse che allora non ti vedranno anche quelli che staranno alla tua sinistra? che significa che ti manifesterai a noi? forse che adesso, mentre ci parli, non ti vediamo? Il Signore risponde: Io mi manifesterò nella forma di Dio, adesso vedete soltanto la forma di servo. Non ti defrauderò, o uomo fedele! credi e vedrai. Tu mi ami e non mi vedi: sarà proprio l'amore che ti porterà a vedere. Ama e persevera nell'amore; non defrauderò il tuo amore; io che ho mondato il tuo cuore. A che scopo infatti ho mondato il tuo cuore, se non perché tu potessi vedere Dio? Infatti beati i mondi di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5, 8). Ma questo - ribatte il servo quasi discutendo con il Signore -, questo non l'hai spiegato quando hai detto: I giusti andranno alla vita eterna. Tu non hai detto: Andranno a vedermi nella forma di Dio e andranno a vedere il Padre, al quale io sono uguale. Tieni conto di quello che altrove ha detto: Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17, 3).

16. Ebbene, dopo il giudizio, che il Padre ha rimesso totalmente al Figlio, non giudicando lui nessuno, che cosa accadrà? Come è il seguito? Affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. I Giudei onoravano il Padre, ma disprezzavano il Figlio. Il Figlio infatti veniva considerato come servo e il Padre veniva onorato come Dio. Il Figlio si presenterà come uguale al Padre affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre ... Questo è quanto noi ora crediamo. Non ci venga a dire il Giudeo: io onoro il Padre, ma il Figlio che c'entra? Ecco la risposta: Chi non onora il Figlio, non onora il Padre (Gv 5, 23). Sei un mentitore: insultando il Figlio, rechi ingiuria al Padre. Il Padre ha mandato il Figlio e tu disprezzi il suo inviato. Come puoi dire che onori colui che lo ha inviato, se bestemmi l'inviato?

17. Ecco, dirà qualcuno, il Figlio è l'inviato; quindi il Padre che lo ha inviato, è più grande. Guardati da ogni interpretazione grossolana. L'uomo vecchio ti suggerisce immagini vecchie, ma tu devi riconoscere la novità che c'è nell'uomo nuovo. Egli che è nuovo per te, ma che è più antico del mondo, che è perpetuo ed eterno, ti richiami all'intelligenza spirituale. Il Figlio è forse inferiore perché si dice che è stato inviato? Si parla di "missione", non di "separazione". Nelle cose umane, rispondi, è questo che si vede: chi manda è superiore a chi viene mandato. Ma le cose umane ingannano l'uomo, le cose divine, invece, lo purificano. Non badare alle cose umane, dove chi manda appare superiore a chi viene mandato. Quantunque le stesse cose umane ti smentiscano: così, ad esempio, quando uno cerca moglie e non può farlo da sé, manda un amico a lui superiore a chiederla. E ci sono molti altri casi in cui si sceglie uno che è superiore per inviarlo ad un altro che è inferiore. Perché trovi tanta difficoltà nel fatto che uno manda e l'altro è mandato? Il sole invia i suoi raggi e non se ne separa; la luna invia il suo splendore senza compiere alcuna separazione; e lo stesso succede con la luce che una lampada diffonde. In queste cose vedo un invio senza separazione. Ora, se cerchi degli esempi nelle cose umane, o eretica vanità (benché, come ho detto, le stesse cose umane in molti casi forniscano argomenti convincenti contro di te), tuttavia considera la grande differenza che esiste tra le cose divine e quelle umane dalle quali cerchi esempi per quelle divine. L'uomo che manda non va, rimane fermo; va colui che è mandato. Colui che manda si muove forse insieme a colui che è mandato? Ma il Padre che manda il Figlio, non si separa dal Figlio. Ascolta quello che dice lo stesso Signore: Ecco, viene l'ora in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me (Gv 16, 32). Come ha potuto mandare quello con il quale è venuto? come ha potuto mandare quello dal quale non si è allontanato? Altrove dice: Il Padre, il quale dimora in me, compie le sue opere (Gv 14, 10). Ecco, il Padre è presente in lui e in lui opera. Colui che invia non si è allontanato dall'inviato, perché l'inviato e colui che lo invia sono una medesima cosa.