Scrutatio

Mercoledi, 24 aprile 2024 - San Fedele da Sigmaringen ( Letture di oggi)

Omelia 13: E' lo sposo che ha la sposa.

Sant'Agostino d'Ippona

Omelia 13: E' lo sposo che ha la sposa.
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La Chiesa tutta intera è chiamata vergine. In che consiste la verginità della Chiesa? Nell'integrità della fede, nella fermezza della speranza, nella sincerità della carità. O tu che vuoi conservarti vergine per il tuo Sposo, perché corri da colui che dice: Sono io che battezzo, mentre l'amico del tuo Sposo ti dice: E' lui che battezza? Inoltre al tuo Sposo appartiene tutta la terra: perché vuoi legarti ad una parte sola?

1. L'ordine da noi seguito nella lettura del Vangelo secondo Giovanni, come possono ricordare quanti hanno a cuore il loro progresso, ci porta oggi a commentare quanto adesso è stato letto. Ricorderete che già è stato commentato quanto precede la lettura di oggi, a partire dall'inizio. E anche se molte cose le avete dimenticate, certamente rimane nella vostra memoria almeno la nostra dedizione a questo compito. Anche se non avete presente, ad esempio, tutto ciò che avete sentito intorno al battesimo di Giovanni, ricorderete almeno d'averne sentito parlare; e quanto si è detto in risposta alla domanda perché lo Spirito Santo apparve sotto forma di colomba. Ricorderete anche come abbiamo risolto quell'intricatissima questione, relativa a ciò che Giovanni ignorava del Signore e che apprese per mezzo della colomba, benché già conoscesse il Signore, come dimostra ciò che egli disse quando il Signore si presentò a lui per esser battezzato: Sono io che devo esser battezzato da te, e tu vieni a me?; il Signore gli rispose: Lascia adesso che si compia tutta la giustizia (Mt 3, 14-15).

2. Il seguito della lettura ci riporta ora a Giovanni Battista. E' di lui che Isaia vaticinò: Voce di uno che grida nel deserto, preparate la via al Signore, appianate i suoi sentieri (Is 40, 3). Tale testimonianza aveva reso a colui che era il suo Signore, e che aveva voluto essere anche il suo amico. E il suo Signore ed amico a sua volta rese testimonianza a Giovanni. Disse infatti di Giovanni: Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista. Il Signore si pose al di sopra di lui in ciò che era più di Giovanni, perché era Dio. Infatti il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui (Mt 11, 11). Più piccolo di Giovanni per la nascita, il Signore era più grande per la potenza, per la divinità, per la maestà, per la gloria, poiché in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Come abbiamo visto nelle letture precedenti, Giovanni aveva reso testimonianza al Signore fino ad affermare di lui che era Figlio di Dio, non Dio; senza tuttavia negarlo. Non aveva detto in modo esplicito che era Dio, non l'aveva negato, non l'aveva taciuto del tutto. Forse troveremo questa affermazione nella lettura odierna. Il Battista aveva detto di Gesù che era Figlio di Dio. Ma anche di semplici uomini è stato detto che erano figli di Dio (Gv 1, 34 12). Aveva detto che era talmente grande che egli non era degno di sciogliergli i lacci dei sandali (Gv 1, 27). Ora, già il fatto che Giovanni, il più grande tra i nati di donna, non fosse degno di sciogliere i legacci dei suoi sandali, ci offre la misura della grandezza del Signore. E' una grandezza superiore a quella di tutti gli uomini e di tutti gli angeli. Vediamo, infatti, un angelo impedire ad un uomo di prostrarsi ai suoi piedi. Nell'Apocalisse, avendo un angelo rivelato alcune cose a Giovanni, l'autore di questo Vangelo, questi, sgomento per la grandezza della visione, cade ai piedi dell'angelo. E l'angelo: Alzati, non devi farlo! A Dio rivolgi l'adorazione, perché io sono un compagno di servizio, tuo e dei tuoi fratelli (Ap 22, 9). Un angelo, dunque, ha impedito ad un uomo di gettarsi ai suoi piedi. Ora, non è chiaro che sta al di sopra di tutti gli angeli colui al quale un tal uomo, di cui nessuno più grande è apparso fra i nati di donna, si dichiara indegno di sciogliere i legacci dei suoi sandali?

[I donatisti riducono il regno di Cristo all'Africa.]

3. Ma aspettiamo che Giovanni ci dica in maniera più esplicita che il Signore nostro Gesù Cristo è Dio. Troviamo questa affermazione nella presente lettura; difatti riferendoci a lui abbiamo cantato: Regna Iddio su tutta la terra. Sono sordi a questa voce quanti ritengono che egli regni solo su l'Africa. Difatti, non d'altri che di Cristo è detto: Regna Iddio su tutta la terra. Chi è il nostro re, se non il Signore nostro Gesù Cristo? Egli solo è il nostro re. Che cosa abbiamo sentito, ancora, nel versetto del salmo che adesso abbiamo cantato? Inneggiate al nostro Dio, inneggiate; inneggiate al nostro re, inneggiate. Il salmo chiama nostro re quello stesso che chiama Dio: Inneggiate al nostro Dio, inneggiate; inneggiate al nostro re con intelligenza. Non puoi intendere in un senso univoco e preconcetto colui al quale tu canti: Regna Iddio su tutta la terra (Sal 46, 3 7-8). Ma come può essere re di tutta la terra colui che fu visto in una sola parte della terra, a Gerusalemme, in Giudea, camminare in mezzo agli uomini; colui che nacque, succhiò il latte, crebbe, mangiò, si dissetò, vegliò, dormì, si sedette stanco presso il pozzo; colui che fu preso, flagellato, coperto di sputi, coronato di spine, sospeso alla croce, trafitto con la lancia; che morì e fu sepolto? Come può essere lui il re di tutta la terra? Ciò che si vedeva in un determinato luogo era la carne di lui; la carne si mostrava agli occhi di carne, mentre rimaneva occulta nella carne mortale la maestà immortale. E con quali occhi si potrà raggiungere l'eterna maestà nascosta nell'involucro della carne? C'è un altro occhio, l'occhio interiore. Non era infatti privo di occhi Tobia, quando, cieco negli occhi corporei, impartiva precetti di vita al figlio (cf. Tb 4). Il figlio teneva per mano il padre, affinché potesse muovere i passi; il padre consigliava il figlio, affinché potesse camminare sulla via giusta. Da una parte vedo degli occhi, dall'altra li ammetto. E sono migliori gli occhi di colui che dà consigli di vita, che non gli occhi di chi tiene per mano. Tali occhi richiedeva Gesù quando disse a Filippo: Da tanto tempo sono con voi, e non mi avete conosciuto? Tali occhi richiedeva Gesù quando disse: Filippo, chi vede me, vede anche il Padre (Gv 14, 9). Questi occhi sono nell'intelligenza, sono nella mente. Perciò il salmo, dopo aver detto: Dio è re di tutta la terra, immediatamente aggiunge: Inneggiate con intelligenza. Infatti dicendo: Inneggiate al nostro Dio, inneggiate, afferma che il nostro re è Dio. Ma voi avete visto il nostro re come uomo tra gli uomini, lo avete visto patire, lo avete visto crocifisso, morto; dunque, si nascondeva qualcosa in quella carne che con gli occhi di carne non avete potuto vedere. Che cosa si nascondeva? Inneggiate con intelligenza. Non pretendete di vedere con gli occhi ciò che solo si può penetrare con l'intelligenza. Inneggiate con la lingua, perché egli è carne in mezzo a voi; ma poiché il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi, il suono della voce renda omaggio alla carne, e lo sguardo della mente a Dio. Inneggiate con intelligenza, e rendetevi conto che il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi.

4. Ma anche Giovanni renda la sua testimonianza: Dopo di ciò, Gesù si recò con i suoi discepoli nella terra di Giudea e là si tratteneva con essi e battezzava (Gv 3, 22). Colui che era stato battezzato, ora battezzava. Ma non battezzava con quel battesimo con cui era stato battezzato. Il Signore conferisce il battesimo dopo essere stato battezzato dal servo, mostrando così la via dell'umiltà che conduce al suo battesimo: ci dà un esempio di umiltà, non rifiutando il battesimo del servo. Mediante il battesimo del servo veniva preparata la via al Signore, il quale, dopo essere stato battezzato, si fece egli stesso via per coloro che venivano a lui. Ascoltiamolo: Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Se cerchi la verità segui la via; perché la via è lo stesso che la verità. La meta cui tendi e la via che devi percorrere, sono la stessa cosa. Non puoi giungere alla meta seguendo un'altra via; per altra via non puoi giungere a Cristo: a Cristo puoi giungere solo per mezzo di Cristo. In che senso arrivi a Cristo per mezzo di Cristo? Arrivi a Cristo Dio per mezzo di Cristo uomo; per mezzo del Verbo fatto carne arrivi al Verbo che era in principio Dio presso Dio; da colui che l'uomo ha mangiato si arriva a colui che è il pane quotidiano degli angeli. Così infatti sta scritto: Ha dato loro il pane del cielo, l'uomo ha mangiato il pane degli angeli (Sal 77, 24-25). Chi è il pane degli angeli? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Come ha potuto l'uomo mangiare il pane degli angeli? E il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1, 1 14).

[Dio è tutto per te.]

5. Ma quando, o fratelli, diciamo che gli angeli mangiano, non dovete pensare che lo facciano masticando. Se Dio fosse il pane degli angeli in senso materiale, per mangiarlo, essi dovrebbero farlo a pezzi! Si può forse fare a pezzi la giustizia? E anzitutto, si può forse mangiare la giustizia? In che senso allora bisogna intendere: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché essi saranno saziati (Mt 5, 6)? Ciò che mangi materialmente vien distrutto, perché tu possa nutrirti; dev'essere consumato perché tu possa rifare le tue energie. Se invece mangi la giustizia, tu ti rifai ed essa rimane integra. Nello stesso modo si ristorano i nostri occhi vedendo questa luce corporea, che è una realtà corporea visibile mediante gli occhi del corpo. Accade che, stando al buio più del normale, la vista s'indebolisce come per un prolungato digiuno della luce. Gli occhi, privati del loro alimento che è la luce, si stancano e si debilitano per il digiuno, al punto da non riuscire più neanche a vedere la luce che è il loro sostentamento; e se la luce vien loro a mancare per troppo tempo, si estinguono come per un'atrofia della capacità visiva. E allora? Per il fatto che tanti occhi ogni giorno si pascono della luce, forse che questa diminuisce? No, gli occhi si alimentano e la luce rimane intatta. Ora, se Dio può offrire la luce corporea agli occhi del corpo, non potrà offrire ai puri di cuore la luce inestinguibile che rimane intatta e che in nessun senso vien meno? Quale luce? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio. Vediamo se questo Verbo è luce. Presso di te è la fonte della vita, e nella tua luce vedremo la luce (Sal 35, 10). Qui in terra una cosa è la fonte e altra è la luce. Se hai sete cerchi la fonte, e per arrivare alla fonte cerchi la luce; e se è notte, per arrivare alla fonte accendi la lucerna. Il Verbo è la fonte ed è insieme la luce: è fonte per chi ha sete, luce per chi è cieco. Si aprano gli occhi per vedere la luce, si spalanchi la bocca del cuore per bere alla fonte; bevi ciò che vedi e ciò che ascolti. Dio è tutto per te, è tutto quello che ami. Se consideri le cose visibili, né il pane è Dio, né l'acqua e Dio, né questa luce è Dio, né il vestito, né la casa. Tutte queste cose sono visibili e distinte l'una dall'altra; il pane non è l'acqua, il vestito non è la casa, e tutte queste cose non sono Dio, perché sono visibili. Dio è tutto per te: se hai fame, è il tuo pane; se hai sete, è la tua acqua; se sei nelle tenebre, è la tua luce, perché rimane incorruttibile; se sei nudo, egli è per te la veste d'immortalità, quando ciò che è corruttibile rivestirà l'incorruttibilità e ciò che è mortale rivestirà l'immortalità (1 Cor 15, 53-54). Di Dio tutto si può dire, e niente si riesce a dire degnamente. Non c'è una ricchezza così grande come questa povertà. Cerchi un nome adeguato e non lo trovi; cerchi di esprimerti in qualche maniera, e ogni parola serve. Che c'è di comune tra l'agnello e il leone? Ambedue le immagini sono state riferite a Cristo: Ecco l'agnello di Dio (Gv 1, 29); e: Ha vinto il leone della tribù di Giuda (Ap 5, 5).

6. Ascoltiamo Giovanni: Gesù battezzava. Abbiamo detto che Gesù battezzava. A quale titolo? come Gesù? come Signore? come Figlio di Dio? come Verbo? Ma il Verbo si è fatto carne. Ora, anche Giovanni battezzava ad Enon presso Salim. Enon era un lago. Come sappiamo che era un lago? Perché là le acque erano abbondanti, e la gente veniva a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato messo in prigione (Gv 3, 22-24). Se ricordate (ecco che ve lo ripeto), ho già spiegato perché Giovanni battezzava: perché bisognava che fosse battezzato il Signore. E perché bisognava che il Signore fosse battezzato? Perché, nel futuro, alcuni avrebbero disprezzato il battesimo, ritenendosi già dotati di una grazia più grande rispetto agli altri fedeli. Ad esempio, un catecumeno già impegnato nella pratica della castità, potrebbe disprezzare un coniugato, ritenendosi migliore di quello che pure è un fedele. Il catecumeno potrebbe dire in cuor suo: che bisogno ho io di ricevere il battesimo? per avere quello che ha costui, del quale io sono già migliore? Proprio per questo il Signore volle essere battezzato da un servo, affinché questo orgoglio non facesse precipitare questi presuntuosi dall'alto dei meriti della loro giustizia. Il Signore volle essere battezzato da un servo, quasi a dire a codesti figli "superiori": Di che cosa andate orgogliosi? di che vi insuperbite? perché avete, chi prudenza, chi dottrina, chi castità, chi fortezza nel patire? forse che potete avere quanto ho io, che vi ho dato tutto questo? e tuttavia io sono stato battezzato da un servo, mentre voi disdegnate di ricevere il battesimo dal Signore. Questo significa: affinché si compia tutta la giustizia (Mt 3, 15).

7. Qualcuno dirà: ma non era sufficiente che Giovanni battezzasse il Signore? che bisogno c'era che altri fossero battezzati da Giovanni? Anche a questo abbiamo già risposto: perché se soltanto il Signore fosse stato battezzato da Giovanni, gli uomini avrebbero pensato che il battesimo di Giovanni era migliore di quello del Signore. Avrebbero detto: A tal punto era grande il battesimo di Giovanni che soltanto Cristo fu ritenuto degno di riceverlo. Affinché dunque risaltasse la superiorità del battesimo che avrebbe dato il Signore, e si capisse che uno era proprio del servo, l'altro proprio del Signore, Cristo fu battezzato per darci un esempio di umiltà; ma non è stato battezzato lui solo, affinché il battesimo di Giovanni non dovesse esser considerato superiore a quello del Signore. Infatti il Signore nostro Gesù Cristo, come già avete udito, o fratelli, indicò la via da seguire affinché appunto nessuno, attribuendosi le particolari grazie che potesse avere, disdegnasse di essere battezzato col battesimo del Signore. Per quanto, infatti, un catecumeno possa far progressi, porta ancora il fardello della sua iniquità, e non gli vien tolto se non quando si accosta al battesimo. Allo stesso modo che non fu liberato il popolo d'Israele dal popolo degli Egiziani se non quando raggiunse il Mar Rosso (cf. Es 14), così nessuno viene liberato dal peso opprimente dei peccati se non quando si accosta al fonte battesimale.

[La fonte non ha mai sete.]

8. Ora, nacque una discussione fra i discepoli di Giovanni e i Giudei a proposito di purificazione (Gv 3, 25). Giovanni battezzava e Cristo battezzava. I discepoli di Giovanni si preoccuparono: la gente accorreva in massa a Cristo e solo alcuni andavano da Giovanni. Quanti infatti si recavano da lui, Giovanni li mandava a farsi battezzare da Gesù; ma Gesù non mandava da Giovanni, per essere battezzati, quelli che venivano da lui. Questo fatto turbò i discepoli di Giovanni, e, come era d'aspettarsi, cominciarono a discuterne con i Giudei. Probabilmente i Giudei avranno detto che Cristo era superiore a Giovanni, e quindi si doveva frequentare il suo battesimo. Ma i discepoli, che ancora non avevano capito, difendevano il battesimo di Giovanni. Si ricorse allo stesso Giovanni, perché risolvesse la questione. Vostra Carità cerchi di comprendere: anche da questo potrete apprezzare il valore dell'umiltà, e vedere se in quella discussione Giovanni abbia approfittato dell'errore degli uomini per la sua gloria. Avrebbe potuto dire: Giusto, voi dite la verità, avete ragione di discutere; infatti il mio battesimo è superiore: non sono stato io a battezzare il Cristo stesso? Giovanni avrebbe ben potuto sfruttare il fatto d'aver battezzato il Cristo. Era una buona occasione per gloriarsi, se avesse voluto! Ma ancor meglio sapeva come gli occorresse umiliarsi davanti a lui; e con la sua testimonianza volle cedere il passo a colui che sapeva d'aver preceduto nella nascita. Sapeva che la sua salvezza era nel Cristo. Già prima aveva detto: Noi tutti abbiamo ricevuto dalla sua pienezza (Gv 1, 16). Questo è riconoscere che Gesù è Dio. Come potrebbero infatti tutti gli uomini ricevere dalla sua pienezza, se egli non fosse Dio? Se egli infatti fosse uomo e non Dio, avrebbe dovuto anche lui attingere dalla pienezza di Dio, e quindi non sarebbe Dio. Se invece tutti gli uomini ricevono dalla pienezza di lui, significa che lui è la fonte, e gli altri quelli che bevono. Coloro che bevono alla fonte sono nella condizione di aver sete e di bere; la fonte non ha mai sete, la fonte non ha bisogno di se stessa. Sono gli uomini che hanno bisogno della fonte: con le viscere aride, con la gola riarsa corrono alla fonte per ristorarsi; la fonte scorre per ristorare: così il Signore Gesù.

9. Vediamo dunque che cosa rispose Giovanni: Andarono da Giovanni a dirgli: Rabbi, colui ch'era con te quando eri oltre il Giordano, al quale tu hai reso testimonianza, ecco che battezza e tutti accorrono a lui. Come a dire: Non credi tu che bisognerebbe impedir loro di andare da Gesù, e farli venire piuttosto da te? Giovanni rispose: Nessuno può arrogarsi alcunché, se non gli viene dato dal cielo. Di chi credete che Giovanni abbia voluto parlare se non di se stesso? Come uomo, dice, ho ricevuto ogni cosa dal cielo. La vostra Carità cerchi di comprendere bene. Nessuno può arrogarsi alcunché, se non gli viene dato dal cielo. Voi stessi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo (Gv 3, 26-28). Come a dire: Perché volete ingannare voi stessi? Non ricordate in quali termini voi stessi mi avete posto tale questione, quando mi dicevate: Rabbi, colui che era con te quand'eri oltre il Giordano, al quale hai reso testimonianza? Ebbene, sapete quale testimonianza io gli ho reso. Come potrei ora dirvi che lui non è quello che vi ho detto? Se io sono qualcosa è perché l'ho ricevuta dal cielo, e voi mi volete così vuoto da mettermi contro la verità? Nessuno può arrogarsi alcunché, se non gli viene dato dal cielo. Voi stessi siete testimoni che io ho detto: Non sono io il Cristo. Chi sei, allora, se non sei il Cristo: del quale certamente sei più grande perché sei stato tu a battezzarlo? Sono stato mandato; io sono l'araldo, lui è il giudice.

[Ascoltiamo l'amico dello sposo, non gli adulteri.]

10. Ascoltate ora una testimonianza molto più ardente e molto più esplicita. Notate ciò che si riferisce a noi; badate ciò che dobbiamo amare; rendetevi conto che amare un uomo al posto di Cristo, è un adulterio. Perché dico questo? Poniamo attenzione alla voce di Giovanni: non era difficile ingannarsi nei suoi confronti, poteva egli stesso considerarsi ciò che non era. Ebbene, rifiutò l'onore che non gli spettava, e si tenne saldamente attaccato alla verità. Considerate che cosa dice di Cristo, e cosa di se stesso: E' lo sposo che ha la sposa. Siate casti, amate lo sposo. E tu chi sei, tu che ci dici: E' lo sposo che ha la sposa? L'amico dello sposo, che gli sta accanto e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo (Gv 3, 29). Mi aiuti il Signore Dio nostro ad esprimere la pena che stringe il mio cuore, che geme intensamente; e, insieme, vi scongiuro per lo stesso Cristo: cercate di comprendere da voi ciò che io non sarò capace di dirvi. So, infatti, che non riuscirò ad esprimere in maniera adeguata il mio dolore. Vedo molti adulteri, che vogliono possedere la sposa acquistata a sì caro prezzo, la sposa che è stata amata perché diventasse bella da contaminata che era, essendo il Signore colui che l'ha comprata, colui che l'ha liberata, colui che l'ha fatta bella. E quelli cercano con delle parole di farsi amare al posto dello sposo. Dello sposo è stato detto: E' lui quello che battezza (Gv 1, 33). Chi pertanto oserà presentarsi per dirci: Sono io che battezzo? Chi oserà presentarsi per dirci: E' santo solo ciò che io avrò dato? Chi oserà farsi avanti a dire: E' bene per te nascere da me? Ascoltiamo l'amico dello sposo, non gli adulteri; ascoltiamo uno che è geloso, ma non per sé.

[La tunica stracciata.]

11. Fratelli, rientrate col pensiero nelle vostre case; vi faccio un discorso concreto, terrestre; vi parlo da uomo per riguardo alla debolezza della vostra carne (Rm 6, 19). Molti di voi sono sposati, molti hanno intenzione di sposarsi, altri, pur non desiderandolo più, lo sono stati; altri, che proprio non intendono sposarsi, tuttavia sono nati, come tutti, dal matrimonio dei loro genitori. Non c'è nessun cuore, credo, che possa rimanere insensibile a quanto sto dicendo; non c'è nessuno, credo, che nelle cose umane sia tanto estraneo al genere umano da non sentire ciò che vado esprimendo. Supponete che uno, dovendo partire per un lungo viaggio, decida di affidare la sua fidanzata ad un amico: L'affido a te che sei il mio amico; fa' in modo, ti prego, che nessuno, durante la mia assenza, prenda il mio posto nel suo cuore. Ora, se costui che ha in custodia la fidanzata o la sposa del suo amico, vegliasse con grande zelo perché ella non ami nessun altro, ma cercasse di farsi amare egli stesso al posto dell'amico suo, giungendo ad abusare di colei che gli è stata affidata, non si renderebbe un tal uomo universalmente esecrabile? Supponiamo che la trovi alla finestra intenta a parlare, a civettare piuttosto sfacciatamente con qualcuno; glielo proibirà come uno che è geloso. Sì, vedo che è geloso, ma vorrei sapere per chi: se per l'amico assente, o per se stesso presente. E' un esempio di quanto ha fatto nostro Signore Gesù Cristo. Ha affidato la sua sposa ad un suo amico, ed è partito per un paese lontano, per andare a prendere possesso del suo regno come egli stesso dice nel Vangelo (cf. Lc 19, 22), rimanendo tuttavia presente con la sua maestà. Si può tradire l'amico che ha passato l'oceano; e se viene tradito, guai a chi lo tradisce! Ma come si può tradire Dio, Dio che scruta il cuore di tutti e fruga nei segreti più riposti? C'è qualche eretico che dice: Io do la grazia, io santifico, io giustifico, non voglio che tu vada da quella setta. Evidentemente è geloso, ma bisogna vedere per chi. Ti dice di non andare dagli idoli, e la sua gelosia è buona; ti dice che non devi recarti dagli indovini, e la sua gelosia è buona. Ma bisogna vedere per chi è geloso: Io - egli dice - ciò che do è santo, perché lo do io; chi battezzo io è battezzato, chi non battezzo io non è battezzato. Ascolta invece l'amico dello sposo, e impara ad essere geloso per il tuo amico; ascolta la sua voce: E' lui quello che battezza. Perché vuoi arrogarti ciò che non è tuo? Fino a quando rimarrà assente colui che ha lasciato qui la sua sposa? Non sai che egli è risorto dai morti e siede alla destra del Padre? Se i Giudei lo hanno disprezzato quando pendeva dal legno, tu vuoi disprezzarlo ora che siede in cielo? Spero che la Carità vostra si renda conto del grande dolore che io provo per tutto questo; ma, come ho già detto, lascio il resto alla vostra riflessione. Non riuscirei infatti a dire abbastanza, anche se parlassi in continuazione; se piangessi senza interruzione, non basterebbe; non dico se avessi, come dice il profeta, una fonte di lacrime, ma se addirittura mi trasformassi in lacrime e divenissi tutto lacrime, in lingue e divenissi tutto lingue, sarebbe sempre poco.

12. Ma torniamo a ciò che dice Giovanni: E' lo sposo che ha la sposa. Cioè, la sposa non è mia. E non partecipi alla gioia delle nozze? Certo che vi partecipo: L'amico dello sposo, che gli sta accanto e l'ascolta, è felice alla voce dello sposo (Gv 3, 29). Sono felice, non per la mia voce, ma per la voce dello sposo. Io sono felice di ascoltare, è lui che deve parlare: io devo essere illuminato, e lui è la luce; io son tutto orecchi, lui è il Verbo. Dunque, l'amico dello sposo sta lì in piedi e lo ascolta. Perché sta in piedi? perché non cade. E perché non cade? perché è umile. Guarda come sta saldo: Non son degno di sciogliere i legacci dei suoi sandali (Gv 1, 27). Ti sai umiliare, perciò non cadi, perciò stai in piedi; perciò lo ascolti e sei felice alla voce dello sposo. Anche l'Apostolo, che è amico dello sposo, anch'egli è geloso, non per sé ma per lo sposo. Ascolta la voce dell'amico geloso: Io sono geloso per voi della gelosia di Dio; non della mia gelosia, non per me, ma della gelosia di Dio. Da dove viene questa gelosia? e come nasce? gelosia di che? per chi? perché vi ho fidanzati a un solo sposo, per presentarvi a Cristo quale vergine pura. Che cosa temi dunque? perché sei geloso? Temo - egli risponde - che, come il serpente con la sua astuzia sedusse Eva, così le vostre menti si lascino corrompere, sviandosi dalla semplicità e dalla purezza nei riguardi di Cristo (2 Cor 11, 2-3). La Chiesa tutta intera viene chiamata vergine. Voi vedete che diverse sono le membra della Chiesa, e distinti sono i doni di cui essa è dotata e gode: alcuni sono sposati e alcune sposate; alcuni sono rimasti vedovi e non cercano un'altra moglie, e alcune sono rimaste vedove e non cercano un altro marito; altri si conservano integri sin dalla fanciullezza e altre hanno consacrato a Dio la loro verginità. Diversi sono i compiti, ma tutti insieme formiamo una sola vergine. Ora, dove risiede questa verginità? Non necessariamente nel corpo. Una tale verginità è di poche donne; quanto agli uomini (se si può parlare di verginità), questa sacra integrità fisica nella Chiesa è di pochi, e sono essi membra particolarmente degne di onore. Le altre membra, conservano la verginità, ma nello spirito. Cos'è la verginità dello spirito? Una fede integra, una speranza solida, una carità sincera. Era questa la verginità che l'Apostolo, geloso per lo sposo, temeva venisse corrotta dal serpente. Come infatti un membro del corpo viene profanato in un determinato luogo, così la seduzione della lingua può violare la verginità del cuore. Non si lasci corrompere spiritualmente chi non vuole conservare inutilmente la verginità del corpo.

13. Cosa possiamo rispondere, o fratelli, quando gli eretici si vantano di avere anch'essi delle vergini, e non poche? Vediamo se amano lo sposo, perché si possa dire che questa verginità è davvero custodita. Per chi è custodita? E' custodita per Cristo, si risponde. Vediamo se è per Cristo, o se è per Donato; lo potete vedere subito. Ecco, vi presento lo sposo, anzi egli stesso si presenta. Giovanni gli rende testimonianza: E' lui che battezza. O tu che sei vergine, se a questo sposo serbi la tua verginità, perché corri da quell'altro che dice: Sono io che battezzo, quando l'amico del tuo sposo dice: E' lui che battezza? Inoltre, al tuo sposo appartiene tutto il mondo; perché allora ti lasci corrompere per una parte sola? Chi è lo sposo? Dio è il re di tutta la terra (Sal 46, 8). Il tuo sposo è padrone di tutto perché ha comperato tutto. Guarda a quale prezzo ha comperato e capirai che cosa ha comperato. Quale prezzo ha pagato? Il suo sangue. Dove l'ha dato, dove ha versato il suo sangue? Nella passione. Non canti forse al tuo sposo, o almeno fingi di cantare, in quel tempo nel quale è stato redento tutto il mondo: Mi hanno trafitto mani e piedi, possono contare tutte le mie ossa; essi mi stanno a guardare; si sono divise le mie vesti, ed hanno tirato a sorte la mia tunica (Sal 21, 17-19)? Se tu sei la sposa, riconosci la tunica del tuo sposo. Qual è la tunica che è stata tirata a sorte? Interroga il Vangelo, vedi a chi sei stata data in sposa, vedi da chi hai ricevuto il dono nuziale. Interroga il Vangelo, vedi che cosa ti dice a proposito della passione del Signore. Era lì la sua tunica. Ma come era fatta? Era senza cucitura, intessuta tutta d'un pezzo dall'alto in basso. E che cosa significa questa tunica, intessuta tutta d'un pezzo dall'alto, se non la carità? che cosa significa se non l'unità? Considera bene questa tunica, che neppure i persecutori di Cristo osarono dividere. Infatti, dissero tra di loro: Non dividiamola, ma tiriamola a sorte (Gv 19, 23-24). Tieni conto di ciò che hai udito nel salmo. I persecutori non han voluto stracciare la tunica, i cristiani dividono la Chiesa.

14. Ma che dire, o fratelli? Vediamo più esplicitamente quel che Cristo acquistò. Egli comprò allorché pagò il prezzo. Per quanta parte del mondo lo diede? Se lo ha dato solo per l'Africa, possiamo essere donatisti; senza doverci chiamare donatisti ma semplicemente cristiani, se Cristo ha comprato soltanto l'Africa: sebbene anche in Africa non vi siano soltanto donatisti. Ma egli, nell'atto di acquistare, dichiarò ciò che stava comprando. Fece un atto d'acquisto: grazie a Dio non ci ha ingannati. E' necessario che quella sposa ascolti, per sapere a chi ha consacrato la sua verginità. Questo atto d'acquisto è contenuto in quel medesimo salmo dove si dice: Mi hanno trafitto mani e piedi, hanno contato tutte le mie ossa. Quel salmo, dove molto chiaramente si narra la passione del Signore, viene recitato ogni anno, tanto presso di noi che presso di loro, nella settimana che precede la passione di Cristo, alla presenza di tutto il popolo. Considerate bene, fratelli, che cosa ha acquistato nella passione; ecco l'atto d'acquisto. Ascoltate che cosa acquistò sulla croce: Si ricorderanno e si volgeranno al Signore gli estremi confini della terra, e cadranno in ginocchio davanti a lui tutte le famiglie dei popoli: perché suo è il regno, e su tutte le nazioni egli dominerà (Sal 21, 28-29). Ecco quello che acquistò. Ecco, Dio re di tutta la terra è il tuo sposo. Perché allora vuoi ridurre a pochi panni uno che è così ricco? Riconoscilo, egli ha comprato tutto; e tu gli dici: qui è la tua parte! Oh, se tu piacessi veramente al tuo sposo! se tu non parlassi così perché sei corrotta e, quel che è peggio, non nella carne ma nel cuore! Tu ami un uomo al posto di Cristo; tu ami uno che dice: Sono io che battezzo. E non dai retta all'amico dello sposo che dice: E' lui che battezza (Gv 1, 33); e dice: E' lo sposo che ha la sposa. E' come se dicesse: Non sono io che ho la sposa; e allora, che cosa sono? L'amico dello sposo, che gli sta accanto e l'ascolta, ed è felice alla voce dello sposo (Gv 3, 29).

15. E' quindi evidente, fratelli miei, che a costoro nulla giova conservare la verginità, praticare la continenza, fare elemosine: tutte queste cose che nella Chiesa vengono raccomandate, ad essi non giovano, perché fanno a pezzi l'unità, cioè la tunica della carità. Che cosa concludono? Molti in mezzo a loro sono facondi, grandi oratori, fiumi di eloquenza. Mettiamo pure che arrivino a parlare come gli angeli. Ebbene, ascoltino l'amico dello sposo, geloso per lo sposo, non per se stesso: Quando pure io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la carità sono un bronzo sonante o un cembalo squillante (1 Cor 13, 1).

16. Ma che dicono? Abbiamo il battesimo. Sì, lo hai, ma non è tuo. Un conto è avere il battesimo, altro è disporne come padroni. Tu hai il battesimo perché hai accettato di essere battezzato, hai accettato di essere illuminato (a meno che tu non sia per colpa tua ricaduto nelle tenebre). Quando dai il battesimo, lo dai come ministro, non come padrone; fai sentire la tua voce come araldo, non come giudice. Il giudice parla per bocca dell'araldo, e tuttavia negli atti non si scrive "l'araldo ha detto", ma "il giudice ha detto". Vedi dunque se puoi dire che ciò che dai è tuo perché ne sei il padrone; che se, invece, lo hai ricevuto, riconosci con l'amico dello sposo: Nessuno può prendere nulla, se non gli è stato dato dal cielo (Gv 3, 27). Riconosci con l'amico dello sposo: E' lo sposo che ha la sposa; ma l'amico dello sposo, gli sta vicino e l'ascolta. Volessi tu stargli accanto e ascoltare! Eviteresti di cadere, come avviene quando ascolti te stesso. Ascoltando lui, rimarresti in piedi e in ascolto; e invece sei tu che parli, e ti monti la testa. Io che sono la sposa - dice la Chiesa -, che ho ricevuto il dono di nozze, che sono stata redenta a prezzo del suo sangue, io sto in ascolto della voce dello sposo; e ascolto anche la voce dell'amico dello sposo, allorché procura gloria al mio sposo, non a se stesso. Dica l'amico: E' lo sposo che ha la sposa; ma l'amico dello sposo, che gli sta accanto e lo ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Sì, tu possiedi i sacramenti, lo riconosco. Possiedi la forma del tralcio, ma il tralcio è staccato dalla vite; tu mi mostri l'aspetto esteriore, io cerco la radice; dalla forma visibile non esce il frutto, se manca la radice. E dov'è la radice, se non nella carità? Sta' a sentire cosa dice Paolo a proposito della forma del tralcio: Se conoscessi tutti i sacramenti e tutta la profezia, e se avessi anche tutta la fede (quanta fede?) fino a trasportare le montagne, se non ho la carità, non sono nulla (1 Cor 13, 2).

[Fuori dell'unità non contano nemmeno i miracoli.]

17. Nessuno, dunque, vi venda delle favole: che Ponzio, ad esempio, ha compiuto un miracolo, che Donato ha pregato e Dio gli ha risposto dal cielo, e così via. Anzitutto, o s'ingannano o vogliono ingannare Ma, ammetti pure che Donato possa trasportare le montagne: Se non ho la carità - dice l'Apostolo - non sono nulla. Vediamo, allora, se ha la carità. Potrei crederlo, se non avesse diviso l'unità. Infatti, anche contro questi, chiamiamoli così, fabbricatori di miracoli, il mio Dio mi ha reso cauto dicendo: Negli ultimi tempi si leveranno falsi profeti e faranno prodigi e portenti al fine di ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti; ecco, io ve l'ho predetto (Mc 13, 22-23). Lo sposo ci ha messo in guardia, affinché non abbiamo a lasciarci ingannare neppure dai miracoli. Può accadere che un disertore riesca a spaventare un governatore di provincia; chi però non vuol lasciarsi intimidire né ingannare, controlla se quello fa parte dell'esercito e porta legittimamente il marchio che gli è stato impresso. Dunque, o miei fratelli, conserviamo l'unità: fuori dell'unità, anche se uno fa miracoli non è nulla. Il popolo d'Israele viveva nell'unità e non faceva miracoli; i maghi del Faraone erano fuori dell'unità e facevano prodigi simili a quelli di Mosè (Es 7, 12 22; 8, 7). Il popolo d'Israele, come ho detto, non ne faceva: chi era salvo presso Dio? quelli che facevano prodigi o quelli che non ne facevano? L'apostolo Pietro risuscitò un morto (At 9, 40), Simon Mago fece molti prodigi (At 8, 10); e c'erano dei cristiani che non erano capaci di fare né ciò che faceva Pietro né ciò che faceva Simone. Orbene, di che cosa si rallegravano, essi? Del fatto che i loro nomi erano scritti in cielo. Questo è ciò che nostro Signore Gesù Cristo disse per incoraggiare la fede dei popoli, quando i discepoli ritornarono dalla prima missione. Essi, gloriandosi, gli avevano detto: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome. Sì, fecero bene a confessare ciò, perché resero onore al nome di Cristo; eppure, cosa rispose Gesù? Non rallegratevi perché gli spiriti vi sono soggetti; rallegratevi, piuttosto, perché i vostri nomi sono scritti in cielo (Lc 10, 17 20). Pietro cacciò i demoni. Un'umile vecchietta vedova, un semplice laico che ha la carità e conserva integra la sua fede, non compiono simili miracoli: Pietro nel corpo è l'occhio, l'umile fedele nel corpo è un dito; però, appartiene a quello stesso corpo di cui fa parte anche Pietro. E se è vero che il dito è meno importante dell'occhio, però non è separato dal corpo. E' meglio essere un dito ma unito al corpo, piuttosto che un occhio strappato dal corpo.

18. Perciò, fratelli miei, nessuno vi inganni, nessuno vi seduca; amate la pace di Cristo, che per voi è stato crocifisso, lui che era Dio. Paolo dice: Né chi pianta è qualcosa, né chi innaffia, ma colui che fa crescere, Dio (1 Cor 3, 7). E qualcuno di noi oserà affermare di essere qualcosa? Se presumiamo di essere qualcosa, e non diamo a lui la gloria, siamo adulteri; vogliamo essere amati al posto dello sposo. Voi amate Cristo, e noi in lui, nel quale anche noi vi amiamo. Le membra si amino vicendevolmente, ma tutte vivano sottomesse al Capo. Il dolore, o miei fratelli, mi ha costretto a dire molte cose, e tuttavia ho detto poco; non sono riuscito a finire. Il Signore ci darà occasione di completare il discorso. Non voglio più oltre affaticare i vostri cuori, che preferisco vedere occupati in gemiti e orazioni per coloro che ancora sono sordi, e mostrano di non comprendere.