CAPITOLO XIV. - SI PARLA DEL FRATELLO CHE THE' CHE FU TANTO RICONOSCENTE PER I BENEFICI RICEVUTI
Santa Gertrude di Helfta
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Geltrude era obbligata a letto per malattia, quando le venne
partecipata la notizia della morte del fratello Thé, fedele servitore
del Monastero da parecchi anni. Subito si rivolse al Signore, pregando
con fervore per lui.
Vide allora l'anima di quel fratello tutta nera, macchiata e spasimante
per cocenti rimorsi. Profondamente commossa da tali sofferenze, volle
sollevare il defunto, recitando cinque Pater, in onore delle Piaghe di
Gesù; che baciò con amore. Dopo il quinto Pater, ella baciò la Piaga
del sacratissimo Costato di Gesù e vide un certo vapore sfuggire dal
Sangue e dall'acqua sgorganti dalla benedetta ferita. Comprese che
l'anima per la quale pregava, aveva provato un grande sollievo
interiore a contatto di quell'emanazione vivificante, ma le fu noto che
essa soffriva ancora assai per certe ferite esterne, quantunque le
virtù di quel Sangue e di quell'acqua l'avessero trasportata in un
giardino, dove le varie piante, rappresentavano le opere che aveva
compiuto nel secolo.
Il Signore, per le preghiere di Geltrude e di tutta la Comunità, parve
dare alla vegetazione di quel giardino una tale virtù, che tutte le
piante servirono come erbe mediciriali per far frizioni e chiudere le
ferite di quell'anima, La Santa comprese ch'esse sarebbero, col tempo,
guarite del tutto, e che più la Comunità avrebbe pregato con fervore, e
più pronta sarebbe stata la guarigione. Comprese pure che, quando si
offriva per il defunto un'azione imperfetta, egli invece di essere
sollevato, soffriva di più. Dopo i funerali si cantò, secondo
l'abitudine, la bella antifona composta dal B. Notker: « Media vita in
morte sumus: quem quaerimus, nisi te, Domine? qui pro peccatis nostris
fuste trasceris. In te speraverunt patres nostri, speraverunt et
liberasti eos, Sancte Deus ! Ad te clamaverunt patres nostri,
clamaverunt et non sunt confusi. Sancte fortisl Ne despicias nos in
tempore senectutts cum defecerit virtus nostra ne derelinquas nos.
Sancte et misericors Salvator, amarae morti ne tradas nos ». «
Quantunque in vita, siamo morti per il peccato: a chi ci rivolgeremo
noi, per soccorso, se non a Te, così giustamente irritato per le nostre
colpe? In te sperarono i nostri padri e non furono confusi. O tu che
sei la stessa santità! Non distogliere da noi i tuoi occhi nei nostri
ultimi giorni e non abbandonarci nell'estrema battaglia. O Santo e
misericordioso Redentore, non perrreettere che moriamo senza speranza! »
Alle parole Sancte Deus, Sancte fortis, Sancte et misericors, la
Comunità si prostrò fino a terra; il defunto parve allora levare occhi
e mani al cielo con riconoscenza, poi inginocchiarsi, con la Comunità,
per cantare le lodi di Dio che l'aveva chiamato a quel Monastero, ove
la ricompensa del suo lavoro, aveva ottenuto un sì grande sollievo, per
i meriti e le preghiere di coloro che aveva fedelmente servito. Se
fosse vissuto in altro ambiente si sarebbe certo guadagnato il pane
materiale, ma non il profitto spirituale che ora otteneva dalle
ferventi suppliche della Comunità.