CAPITOLO XXXVI. - NEL SOLENNE GIORNO DELL'ASCENSIONE DI GESU' AL CIELO
Santa Gertrude di Helfta

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Nel giorno solenne dell'Ascensione, Geltrude, fin dal mattino, cercò
quale dolce omaggio di tenerezza avrebbe potuto offrire al Signore
nella stessa ora della sua ascesa al cielo, cioè a mezzogiorno. Gesù le
disse: «Tu puoi
indirizzarmi fin da questo momento le lodi che vorresti presentarmi a
mezzogiorno, perchè venendo in te questa mattina, col Sacramento
dell'Altare, gusterò di nuovo tutte le gioie della mia Ascensione».
« Insegnami, o dolce Maestro - riprese Geltrude - come potrei
organizzare una processione che ti sia gradita, in memoria di quella
passeggiata così celebre che hai fatto coi tuoi discepoli da
Gerusalemme a Betania, prima di salire al Padre ». Rispose il Signore:
« Il nome Betania
significa casa d'obbedienza. Chi vuole organizzare una processione
degna di me deve, con l'offerta completa della sua volontà, introdurmi
nel fondo più segreto dell'anima sua; e poi pentirsi di avere tante
volte preferito la sua volontà alla mia, proponendo di cercare, di
desiderare e di compiere il mio divino beneplacito».
Mentre stava per ricevere la S. Comunione, Gesù le disse: « Ecco che Io
vengo a te, mia Sposa, meno per dirti addio, che per condurti con me a
presentarti al Padre». Ella allora comprese che il Signore, dandosi ad
un'anima col Sacramento del suo Corpo e dei Suo Sangue, attira e
imprime nel suo essere divino il desiderio e la buona volontà di quella
creatura. Come la cera offre allo sguardo il sigillo con cui fu
marcata, così il Figlio di Dio presenta al Padre quella sua creatura di
cui ha impresso l'immagine in se stesso, e ottiene per la medesima
grazie grandi.
Geltrude offerse poi al Signore un certo numero di brevi invocazioni
ch'ella, in unione con altri, avevano rivolte a Gesù, nel desiderio
d'infiorare le sue Piaghe e le sue sacratissime membra nella trionfante
Ascensione. Apparve allora subito il Signore Gesù davanti al Padre,
risplendente di ricchi gioielli. Il Padre celeste, nella potenza
infinita della sua Divinità, pareva attrarre ed assorbire quello
splendore di cui le anime fervorose avevano adornato il suo Figlio
unico. Egli ne rifletteva la meravigliosa luce sui troni riservati in
cielo alle anime che avevano recitate quelle brevi invocazioni, e
preparava loro una gloria speciale dopo il terreno esilio.
All'ora di Nona la Santa concentrò tutta l'attenzione nel suo Sposo
divino, come se realmente dovesse in quel momento salire al cielo. Egli
le apparve più bello di tutti i figlioli degli uomini (Ps. XIAV, 3).
Era rivestito di una tunica verde e di un mantello rosa. La, tunica
simboleggiava la linfa e la freschezza di tutte le virtù, la cui
suprema perfezione era sbocciata nella santissima sua Umanità. Il manto
rappresentava l'incomprensibile amore che ha condotto il Salvatore a
soffrire per noi trattamenti indegni, come se non avesse potuto
acquistare meriti, che a prezzo degli strazi della Passione. Il Re di
gloria, in quel magnifico paludamento, accompagnato da una moltitudine
di Angeli, s'avanzò in mezzo al coro. Cinse teneramente col braccio
destro ciascuna Religiosa che si era comunicata al mattino e depose
sulle loro labbra un bacio divino, dicendo: « Ecce ego vobiscum sum,
usque ad consummationem saecult - Ecco che sono con voi fino alla
consumazione dei secoli» (Mat. XXVIII, 20). A qualcuna offerse anche un
anello d'oro, adorno di una gemma stupenda, dicendo: « Non relinquam
vos orphanos, veniam ad vos iterum - Non vi lascerà orfani: ritornerò a
voi » (Giov, XIV, 18). Geltrude, piena chi ammirazione, disse: « O
Gesù, ricco in bontà e misericordia, queste Monache hanno forse
meritato qualche cosa più ¢elle altre, giacché tu ti sei degnato
mettere loro in dito un anello, come pegno di speciale amore? » Egli
rispose: «Durante il
pranzo esse hanno pensato con devozione alla accondiscendenza ch'ebbi
nel cibarmi coi miei discepoli, prima di salire al cielo: Ad ogni
boccone preso, meditando quel versetto: «Virtus tui divina amoris...
ecc. - La forza del tuo divino amore m'incorpori a Te tutt'intiera» la
gemma del loro anello acquistava una virtù affatto speciale».
Quando il coro cantò l'antifona Elevatis manibus... ella vide Gesù
inalzarsi al cielo per propria virtù, circondato da una moltitudine di
Angeli, che lo scortavano rispettosamente. Mentre ascendeva benedisse
la Comunità riunita, con ampio segno di croce, dicendo: « Pacem meam do
vobis: pacein meam relinquo vobis - Vi dò la pace: vi lascio la mia
pace » (Giov. XIV, 27). In quell'istante Geltrude comprese che con
quella benedizione, il Signore aveva diffuso la sua divina pace nelle
anime che si erano preparate divotamente alla solennità
dell'Ascensione. Tale pace era così grande, che nessuna vicissitudine
avrebbe mai più potuto perturbarla, perchè resterebbe sempre in fondo a
quelle anime, come scintilla sotto la cenere.