CAPITOLO XXV. - L'UFFICIO DELLA CENA DEL SIGNORE
Santa Gertrude di Helfta
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Il Giovedì santo festa della Cena del Signore, mentre si cantavano a
Mattutino le Lamentazioni, Geltrude, ponendosi davanti al Padre,
deplorò nell'amarezza del cuore, tutti i peccati dell'universo commessi
per fragilità, contro l'Onnipotenza divina. Alla seconda Lamentazione
si presentò davanti al Figlio di Dio, manifestando il suo dolore per
tutti i peccati d'ignoranza, che avevano oltraggiato la sua
imperscrutabile Sapienza. Alla terza Lamentazione ella, davanti allo
Spirito Santo, si afflisse per tutti i peccati commessi dall'umana
malizia contro la sua bontà. In seguito, mentre al versetto di a Gesù
Cristo ecc. le giovinette cantavano Kyrte eleison, Geltrude si avvicinò
al dolcissimo Cuore di Gesù, lo baciò con amore in nome di tutta la
Chiesa ed ottenne il perdono di tutti i peccati di pensiero, di
desiderio, di affetto e di cattiva volontà. Al Christe eleison ella
impresse un bacio sulle labbra benedette del Salvatore e Gli domandò la
remissione di tutti i peccati di lingua.
Alla ripetizione del Kyrie eleison, baciò le venerabili Mani del
Salvatore, e ottenne la remissione di tutti gli atti colpevoli,
commessi in generale dai cristiani. In seguito, mentre il popolo
cantava cinque volta Kyrie eleison, all'inno Rex Christe, baciò ad ogni
strofa, le cinque Piaghe vermiglie del Signore per ottenere la
remissione di tutti i peccati commessi dai cinque sensi.
Mentre praticava questa divozione, cinque ruscelli scaturirono dalle
sante Piaghe, diffondendo su tutta la Chiesa una grazia così salutare
da purificarla da ogni peccato; era l'esaudimento pieno e intero di
quanto aveva chiesto nelle Lamentazioni e durante i Kyrie, eleison. In
queste tre notti tutti possono praticare tali esercizi, sperando di
ottenere gli stessi benefìci, purché lo facciano con vera divozione.
Alle Laudi durante il canto dell'antifona « Oblatus est quia ipse
volutt », il Signore le disse: « Se
tu credi che mi sono offerto sulla Croce al Padre perchè l'ho voluto,
devi pure credere fermamente che desidero offrirmi ogni giorno per i
peccatori, con lo stesso amore che ebbi quando m'immolai per il mondo
intero. Perciò qualsiasi peccatore, quantunque oppresso dal peso di
peccati enormi, deve sperare il perdono dall'offerta della mia Passione
e morte. Egli è sicuro di ottenere il perdono, perchè non vi è rimedio
più efficace contro il peccato, del ricordo amoroso della mia Passione,
accompagnato da penitenza e da sincera fede ».
Durante la lettura del Vangelo, Ante diem Jestum, quando si arrivò a
quelle parole: « coepit lavare pedes discipulorurn », Geltrude disse al
Signore: « Ohimè, mio Gesù, poichè sono indegna di essere lavata da Te,
posso almeno sperare che uno de' tuoi apostoli, a cui hai lavato i
piedi, mi mondi da ogni macchia di peccato, perchè mi sia dato
degnamente ricevere oggi il mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue? ».
Rispose Il Salvatore: « Ho
veramente lavato e deterso oggi le tue macchie e quelle delle persone
che, per seguire i tuoi consigli, mi hanno pregato di purificarle,
ordinando le sette affezioni della loro anima ». Ella
riprese: « Ahimè, Gesù, quantunque abbia insegnato questa pratica al
prossimo e mi sia proposta di seguirla anch'io, pure l'ho trascurata
pensando ad altro ». E il Signore: « Ho accettato, figlia mia, la tua
buona volontà, perchè è proprio della mia indulgenza tener conto dei
buoni desideri di un'anima e di ricompensarla largamente anche quando,
avendo proposto con sincerità di compiere un'opera virtuosa, trascura
poi di eseguirla per umana fragilità, o per altro impedimento
».
Mentre stava per comunicarsi, Geltrude disse a Gesù « Ti offro, o mio
Dio, i desideri di tutte le persone che si sono raccomandate alle mie
indegne preghiere ». Egli rispose: « Tu hai acceso nel mio Cuore tante
fiamme d'amore, quante sono le persone che mi hai presentate ». «
Insegnami allora, o, mio Gesù - aggiunse la Santa - come potrei
degnamente pregare per tutte le anime della Chiesa universale, per
infiammare sempre di più il tuo sacratissimo Cuore ». E il Maestro
divino: « Puoi compiere questo tuo desiderio in quattro modi
« 1) Lodami di avere creato gli esseri a mia immagine e somiglianza.
« 2) Ringraziami per i benefici che loro ho accordati e per quelli che
prodigherò ancora.
« 3) Gemi con dolore per gli ostacoli che hanno opposto alle mie grazie.
« 4) Prega per tutte le anime che, secondo i disegni della mia
provvidenza, si perfezionano nel bene per procurare la mia lode e la
mia gloria ».
Un'altra volta, nella stessa festa della Cena del Signore, essendosi
ella raccolta per pensare solamente a Dio, vide Gesù com'era sulla
terra in quel giorno così prossimo al suo estremo sacrificio.
Ella lo mirò tutto quel giorno, in abbattimento ed angoscia di morte,
perchè, essendo l'eterna sapienza di Dio Padre, ben conosceva in
anticipo, quanto doveva capitargli le angosce future erano presenti.
Avendo ricevuto dalla purissima Vergine sua Madre una natura
infinitamente delicata venne oppresso da timori e da spaventi
inenarrabili in ogni ora di quella lunga, angosciosa giornata; il
pallore del viso, il tremito delle membra manifestavano le agonie di
morte di cui sentiva l'amarezza. Geltrude raccoglieva nell'anima il
contraccolpo di tale dolore e fu presa da una compassione così grande
che, se avesse posseduto mille cuori, non sarebbero stati sufficienti
per compatire alle pene del suo Diletto. Ella sentiva che i battiti
violenti del suo cuore, provocati dal desiderio, dall'amore,
dall'angoscia rifluivano nel Cuore di Gesù, dolce e colmo di
beatitudine. Era tanto dominata dall'impetuosità di quei palpiti che
stava per cadere in deliquio. Il Signore le disse allora: « Ora che non
posso più morire, non sono raggiunto dalla sofferenza; ma l'amore che
mi animava durante la vita mortale quando sopportavo le angosce,
sofferenze, amarezze della Passione e morte, l'ho provato oggi nel tuo
cuore, che tante volte è stato penetrato da compassione al ricordo dei
dolori da me sofferti per il riscatto degli eletti. Così voglio
ricompensare la compassione che mi hai prodigata. In aumento della tua
eterna beatitudine ti dò tutto il frutto della Passione e della mia
preziosa morte; vi aggiungo un altro dono: in tutti i luoghi dove oggi
si adora il legno della S. Croce, strumento del mio supplizio, tu
riceverai, in ricompensa della compassione che mi hai così teneramente
prodigata, il frutto del tuo amore per me. Voglio di più che tutte le
cause che mi raccomanderai abbiano felice successo. Quando vorrai
pregarmi per qualche anima, presentami il mio Cuore, che così spesso ti
ho dato come pegno della nostra reciproca tenerezza, e offrimilo in
unione di quell'amore che mi ha fatto prendere questo Cuore umano per
la salvezza del mondo. In tal modo t'accorderò tutto quello che mi
domanderai: sarà come la cassaforte di un ricco che gli si porta
dinanzi, perchè ne tragga preziosi regali per i suoi amici ».
Ella chiese poi a Gesù: « Con qual nome, o mio dolce Salvatore,
chiamavi il Padre tuo quando Lo invocavi nell'agonia? ». Egli rispose: « Lo chiamavo spesso con questo
nome: "O integritas substantiae meae! - O integrità della mia sostanza"
».
Durante la S. Messa, prima della Comunione delle Monache, Geltrude vide
Gesù giacere a terra in stato di estremo languore, per la brama
veemente di unirsi a quelle anime predilette. La Santa ne fu commossa
tanto che credette venir meno. In ammirabile visione scorse poi il
Sacerdote sollevare il Corpo del Salvatore che pure era di statura
superiore alla sua e portare Colui che, non solo lo portava, ma che
porta ogni cosa con la sua parola potente (Ebr. I, 3). Comprese allora,
con sensi di tenera affezione, che quella estrema debolezza del Piglio
di Dio, era l'espressione della forza vittoriosa del suo dolcissimo
amore. Infatti il nostro « Beniamino, amabile adolescente si trovava in
una specie di estasi » (sal. LXVII) tanto erano grandi le delizie che
provava, unendosi nella S. Comunione a quelle anime dilette. L'eccesso
del suo amore lo faceva languire; così non potendo usare delle sue
forze, si lasciava maneggiare e portare dal Sacerdote.
In altra occasione Geltrude ricevette questa luce: ogni volta che
l'uomo guarda con amore e desiderio la santa Ostia che cela
Sacramentalmente il Corpo di Cristo, aumenta i suoi meriti per il cielo
e nella visione di Dio, gusterà tante delizie speciali quante volte in
vita avrà contemplato, o almeno desiderato di vedere il Corpo di Cristo.
Da quanto precede si comprende che, tanto nei giorni di festa come
nelle ferie, la Santa si applicava a Dio con ferventissimo amore. Però
bisogna convenire che la Passione di Nostro Signore era profondamente
impressa nell'anima sua, tanto che la contemplava con fervore
specialissimo, quasi con una specie di esagerazione: vedendola sempre
immersa in tale meditazione, pareva che quel ricordo fosse miele al suo
palato, melodia all'orecchio, delizia al cuore.
La Vigilia del Venerdì Santo dopo Compieta, quando sentiva il suono del
crotalo, il suo cuore si commoveva profondamente come se le avessero
annunciato l'agonia dell'Amico più fedele, più caro, più intimo, presso
al quale volava per assisterlo nel crudele trapasso. Si sforzava di
mantenersi poi al tutto raccolta per meditare la Passione del Signore e
compatire con tenerezza agli spasimi del Diletto, onde pagare il debito
dell'amore a Colui che aveva sofferto per lei. Tutto quel giorno e
anche durante la santa giornata del Sabato, l'anima sua aderiva a
quella dello Sposo divino, al punto che a stento riusciva ad applicarsi
a cose esteriori: però se si trattava di opere di carità, con santa
agilità, le compiva a perfezione, prova evidente che l'Ospite, ch'ella
teneva abbracciato nel santuario dell'anima sua, era Colui di cui S.
Giovanni aveva detto: « Deus charitas est. Si diligimus invicem, Deus
in nobis manet, et charitas in nobis perfetta est » - « Dio è carità:
se ci amiamo gli uni gli altri, Dio, dimora in noi e la sua carità in
noi è perfetta » (1 Giov. IV, 8-12). Cosi Geltrude trascorreva il
venerdì e il sabato santo rapita fuori dei sensi, in modo tale che
nulla potrebbe far capire all'umano intelletto l'intima e forte unione
di questa Sposa col suo diletto Signore. Gli era così dolcemente e
inseparabilmente unita da formare di due un solo spirito, per l'amorosa
compassione de' suoi atroci spasimi. Il non poter poi tradurre a parole
tale altissima contemplazione non è difetto, ma grande perfezione. S.
Bernardo dilucida questo punto nel suo commento al Cantico,: quando
dice « Murenulas aureas faciemus tibi - Noi ti faremo catene d'oro
adorne d'argento » (Cant. 1, 10). Quando si fa nell'anima rapita in
estasi una luce subitanea, che brilla divinamente con il bagliore del
lampo, allora si presentano, non so da dove, per temperarne lo
splendore e per farne risaltare gl'insegnamenti, delle immagini prose
da oggetti inferiori e divinamente adatte alla portata dei nostri
sensi. Con l'aiuto di tali immagini, quel puro, splendido raggio di
verità, si vela in qualche modo, e può essere sopportato dagli occhi
dell'anima. Credo che siano i santi Angeli che formano in noi quelle
immagini, perchè è missione propria del loro ministero. Attribuiamo
dunque a Dio quello che ci giunge assolutamente puro e sciolto da
qualsiasi fantasma d'immagini sensibili e attribuiamo al ministero
angelico quelle immagini nobili ed eleganti, che ne formano come il
rivestimento » (S. Bernardo S. Sermone XLI sul Cantico dei cantici).
Non bisogna stimare poco il favore che Dio degni di trattare
direttamente con l'anima, custodendola pura da ogni immagine corporale,
tenendo sotto il sigillo di una segreta intimità ciò che passa fra
l'anima e Lui solo. Appunto per questa ragione molte cose, capaci di
fornire un racconto luminoso, non hanno potuto essere scritte in questo
libro.
Ma perchè il lettore in questa festa solenne trovi mezzi adatti per
riaccendersi nel fervore, raccoglieremo qualche scintilla sfuggita a
questo focolare, che bruciava con tanto ardore al ricordo della
Passione di Gesù Cristo.