CAPITOLO IV. - LA FESTA DI S. GIOVANNI EVANGELISTA
Santa Gertrude di Helfta

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Un giorno, durante l'Avvento, mentre Geltrude pregava l'Apostolo ed
evangelista S. Giovanni, lo vide avvolto in un paludamento giallo,
cosparso di aquile d'oro. Quegli abiti volevano significare che S.
Giovanni, durante la sua vita mortale, benchè elevato in altissime
sfere per l'estasi della contemplazione, pure aveva saputo abbassarsi
nella valle profonda di una convinta umiltà. Osservando più
attentamente quegli abiti, Geltrude si accorse che le aquile d'oro
erano adorne di un bordo rosso. Quel colore significava che S.
Giovanni, per elevarsi nella contemplazione, prendeva sempre, come
punto di partenza, il ricordo della Passione di Gesù di cui era stato
testimonio oculare, soffrendo nell'intimo del cuore, compassione
fervidissima. Così, salendo di grado in grado, trasvolava fino alle più
sublimi altezze della mistica e là fissava, col suo sguardo d'aquila,
il centro del vero Sole, cioè la Maestà divina. Egli portava anche due
gigli d'oro: uno sulla spalla destra, l'altro sulla sinistra; su quello
di destra erano mirabilmente incise queste parole: « Discipulus quem
diligebat Jesus - Il discepolo che Gesù amava»; su quello di sinistra
queste altre: « Iste custos Virginis - « Costui è il custode della
Vergine ». Prove evidenti che Giovanni fu prediletto da Gesù e custode
del giglio purissimo del cielo, cioè della Vergine Madre.
Giovanni portava anche un magnifico ornamento sul petto, per ricordare
il privilegio avuto di riposare alla Cena sul dolcissimo petto di Gesù;
su di esso erano incise, a caratteri d'oro brillante, queste lettere: «
In principio erat Verbum » per indicare la forza vigorosa con cui
inizia il suo Vangelo. Geltrude chiese al Signore: « Perchè mai,
amorosissimo Gesù, presenti a me indegna il tuo prediletto discepolo?
». Rispose l'amabile Maestro: « Voglio
stabilire fra te e Lui una amicizia tutta speciale; poichè non hai
nessun Apostolo che ti sia protettore, ti accordo S. Giovanni come tuo
fedele Patrono presso di me in cielo ». Riprese ella: «
Insegnami, dolcissimo Salvatore, quale omaggio potrò renderGli, per
essere a Lui gradita ». « Chiunque
vorrà rendersi propizio questo apostolo - riprese Gesù - potrà dire
ogni giorno un Pater Noster in onor suo per ricordargli i sentimenti di
dolce fedeltà che irradiarono dal suo cuore quando insegnai quella
preghiera, onde ottenere la grazia di perseverare nel mio amore fino
alla morte ».
Nella solennità delle stesso Apostolo, mentre Geltrude assisteva con
maggior divozione a Mattutino, il discepolo che Gesù tanto teneramente
amava, (e che perciò deve essere da tutti particolarmente amato), le
apparve colmandola di tenerezza. Ella gli raccomandò parecchie
Consorelle che si erano affidate alle sue preghiere: il Santo ricevette
benevolmente i voti di tutti, dicendo: « Io assomiglio al mio Signore,
amo quelli che mi amano ». Geltrude insistette: « Quale grazia potrò io
ottenere in questa dolce solennità? ». Rispose il Santo: « Vieni meco,
tu che sei l'eletta del mio Dio. Riposiamo insieme sul seno di Gesù,
dove sono racchiusi i tesori tutti del cielo ». Così dicendo la
condusse davanti al Redentore e la dispose in modo che il capo di
Geltrude riposasse alla destra, ed il suo alla sinistra del petto di
Gesù.
Mentre entrambi riposavano soavemente sul Cuore divino, Giovanni,
segnando con rispettosa tenerezza il petto di Gesù Cristo, disse: «
Ecco il Santo dei Santi che a se attrae tutto il bene del cielo e della
terra ». Allora Geltrude chiese a Giovanni perchè mai avesse scelto il
lato sinistro, lasciando a lei il destro. Gli rispose: « Ho scelto la
parte sinistra, perchè, avendo vinto le battaglie della vita, sono
diventato un unico spirito con Dio, e posso penetrare là, dove non può
giungere la carne. Ti ho posta all'apertura del divin Cuore, perchè,
vivendo tu ancora in terra, non avresti potuto penetrare i segreti
nascosti ai aviatori mentre là, ti sarà facile attingere la dolcezza e
le consolazioni che la forza del divino amore diffonde continuamente su
coloro che ne mostrano il desiderio ».
Intanto i battiti del Cuore di Gesù rapivano l'anima di Geltrude. « O
prediletto del Signore », chiese ella a S. Giovanni, « questi palpiti
armoniosi che allietano tanto l'anima mia, letiziarono anche la tua
quando riposasti, durante la Cena, sul petto del Salvatore? ». « Sì, li
sentii e la soavità loro passò l'anima mia fino alla midolla, come il
profumato idromele impregna della sua dolcezza un morsello di pane
fresco; di più l'anima mia divenne ardente, come vaso posto su di un
fuoco violento ». Riprese Geltrude: « Come mai dunque, nel Vangelo, hai
lasciato solo intravvedere i segreti amorosi del Cuore di Cristo,
celando sotto silenzio quello che pure avrebbe servito per il profitto
delle anime? ». Rispose egli: « Il mio ministero, in quei primi tempi
della Chiesa, doveva limitarsi a dire sul Verbo divino, Figlio eterno
del Padre, poche altissime parole che l'intelligenza umana potesse
sempre meditare, senza mai esaurirne la ricchezza; agli ultimi tempi
era riservata la grazia di sentire la dolce eloquenza dei battiti del
Cuore di Gesù. A questa intuizione suprema il mondo invecchiato
ringiovanirà, si scuoterà dal torpore e verrà infiammato dal fuoco del
divino amore ».
Mentre Geltrude ammirava la bellezza di S. Giovanni, il quale le era
apparso riposando sul petto del Signore, sentì queste parole a lei
dirette dall'Apostolo prediletto: « Io mi sono sempre mostrato a te,
sotto la forma che avevo in vita, quando riposavo sul seno del
Salvatore, mio unico Amico e sommo bene. Se tu vuoi, otterrò che tu mi
veda tale e quale sono adesso in cielo, ove gusto le delizie della
Divinità ».
Geltrude accettò il desiderato favore. Ben presto ella vide l'oceano
immenso della Divinità, chiuso nel seno di Gesù; e in tale oceano
scorse S. Giovanni, sotto forma di un'ape navigante, quasi piccolo
pesce, con libero movimento e gioie ineffabili. Ella comprese pure che
S. Giovanni si portava, di preferenza, ove la corrente della Divinità
sfocia verso gli uomini.
L'Apostolo prediletto, inebbriato da quel torrente di gaudio, pareva
far uscire dal suo cuore una specie. di cannula, dalle quali scorrevano
abbondantemente su tutta la terra gocce di soavità divina. Erano
l'emblema degli insegnamenti della sua dottrina salutare, e
particolarmente del Vangelo: In principio erat Verbum.
Un'altra volta, ancora nella stessa festa, ella gustava delizie
ineffabili, sentendo celebrare, con parole soavissime, l'integrità
della verginità di S. Giovanni. Volgendosi all'insigne amico di Gesù,
lo supplicò di ottenerle con le preghiere una custodia così delicata
della castità, da poter associarsi nell'eterna vita, alle sue stesse
lodi per la gloria di Dio. Geltrude ebbe da S. Giovanni questa
risposta: « Per poter condividere il premio della vittoria, nell'eterna
beatitudine, bisogna correre la mia stessa carriera durante la terrena
vita ». Ed aggiunse: « Nel mio pellegrinaggio sulla terra, mi sono
ricordato assai spesso della tenera familiarità con la quale
l'amabilissimo Gesù mi ha guardato, ricompensando quel senso di candore
che mi ha fatto abbandonare la sposa e rinunciare alle nozze per
seguirlo. Fui poi sempre vigilante per non offendere nè con parole, nè
con opere questa squisita virtù, così cara al mio adorato Maestro. Gli
altri Apostoli si contentavano di evitare ciò che poteva essere
sospetto, ma nel resto, agivano con una certa libertà. "Erant cum
mulieribus et Maria, Matre Jesu" dicono gli atti degli Apostoli (Atti
1, 14). In quanto a me agivo con tale precauzione che, senza esimermi
di sovvenire alle necessità corporali o spirituali delle donne, pure
non ho mai cessato di circondarmi di riguardi; avevo l'abitudine, in
questi casi, d'invocare la divina Bontà ed è appunto per questo che si
canta di me: "In tribulatione invocasti me et exaudivi te" (Sal. LXXX,
8), perchè Il Signore non permise mai che il mio affetto ferisse la
purezza di nessuno. Per ricompensarmi, l'amatissimo mio Maestro, volle
che la virtù della castità fosse lodata più in me che in altri, e m'ha
dato in cielo un posto di speciale dignità. Negli splendori
fulgidissimi d'una gloria meravigliosa, ricevo direttamente con delizia
inebbriante, l'irradiazione di quell'amore che è lo specchio senza
macchia e lo splendore della luce eterna (Sap. XII, 26). Ogni volta che
nella Chiesa si fa memoria della mia castità, Gesù mi saluta con un
gesto pieno di tenerezza e colma il mio cuore di gioie ineffabili. Tale
gaudio, come dolce liquore, penetra la parte più intima dell'anima mia;
perciò si canta a mia lode: "Ti porrò come un sigillo alla mia
presenza" (Agg. 11, 24), cioè come il ricettacolo che deve ricevere
l'impronta del mio amore più ardente e più soave».
Geltrude, inalzata a conoscenze di ordine più elevato, comprese che,
secondo le parole del Signore: In domo Patris mei mansiones multae sunt
- Vi sono molte mansioni nella casa del Padre mio (Giov. XIV, 2), vi
erano specialmente tre dimore, nelle quali coloro che avevano custodito
l'íntegrità della verginale purezza, godono la beatitudine eterna. La
prima è per coloro che, come fu detto degli Apostoli, fuggirono ciò
ch'era sospetto, ma accolsero ragionevolmente ciò che non lo era. Se
qualche tentazione assalì la loro anima, seppero vincerla
generosamente; se talora soccombettero, si rialzarono però subito,
mediante la penitenza.
La seconda dimora è per coloro che, in ogni occasione sospetta, o meno,
fuggirono assolutamente ogni causa di tentazione. Essi castigarono la
loro carne e la ridussero in servitù, al punto che non avrebbe potuto
ricalcitrare allo spirito. In questa seconda dimora vennero collocati
S. Giovanni Battista e molti altri santi personaggi; da una parte, la
bontà di Dio li ha gratuitamente santificati, dall'altra essi
cooperarono alla grazia, fuggendo il male e praticando il bene.
La terza dimora è per coloro che, prevenuti dalla dolcezza delle divine
benedizioni, sembrano avere orrore naturale al male; così, quando le
circostanze li mettono in comunicazione coi buoni, o coi cattivi,
serbano saldamente la stessa ripugnanza per il male e lo stesso fervore
per il bene, decisi di serbare l'anima loro senza macchia alcuna.
Queste persone, conoscono bensì le debolezze della natura, ma ne
ritraggono profitto, quando nell'esercizio dei doveri di carità,
sentono che devono diffidare del loro cuore; trovano occasione di
umiliarsi e di vigilare maggiormente su loro stessi, secondo queste
parole di S. Gregorio: « E' la caratteristica delle anime virtuose di
temere il peccato, anche là dove esso non esiste ». Fra questi S.
Giovanni Evangelista ha il primo posto. Perciò nella sua festa si canta
« Colui che sarà vincitore », cioè dell'affezione umana, « sarà una
colonna del mio tempio », cioè la salda base che sopporterà
l'abbondanza delle delizie divine. « E scriverò su di lui il mio nome
», manifestando che l'ho segnato con la dolcezza della divina
familiarità. « E il nome della città, la nuova Gerusalemme », cioè
riceverà interiormente ed esteriormente una ricompensa speciale per
ciascuna persona di cui avrà promosso la salvezza eterna.
A ciò si riallaccia un'altra visione che ebbe più tardi. Ella si
domandava perchè mai si esaltasse tanto la verginità di S. Giovanni
Evangelista, essendo egli stato sul punto di contrarre nozze terrene,
mentre S. Giovanni Battista che non aveva conosciuto desideri
terrestri, era meno lodato per questa virtù.
Il Signore, che scruta i pensieri e distribuisce i doni, le mostrò
questi due Santi in una visione significativa. S. Giovanni Battista era
seduto su di un elevatissimo trono, posto su di un mare deserto; S.
Giovanni Evangelista si trovava in piedi, in mezzo ad una fornace così
ardente, che le fiamme lo circondavano da tutte le parti. Geltrude
guardava sorpresa questo spettacolo; il Signore si degnò di dargliene
spiegazione: « Ti pare più ammirabile, o che Giovanni Evangelista non
bruci, o che Giovanni Battista non sia sommerso? ». Ella capì allora
che la ricompensa è assai differente secondo che la virtù è stata
fortemente combattuta, oppure tranquillamente conservata nella pace.
Una notte, mentre Geltrude pregava sforzandosi di unirsi a Dio, vide S.
Giovanni Evangelista fra le braccia del divino Maestro, prodigargli
segni d'immensa tenerezza. Si prostrò allora umilmente la Santa ai
piedi del Signore, per ottenere il perdono delle sue colpe. S. Giovanni
le disse con bontà: « Non allontanarti per la mia presenza; ecco il
tesoro che si presta agli abbracci di mille amanti, ecco le labbra che
si offrono ai loro casti baci, ecco le fide orecchie pronte a
raccogliere i più intimi segreti».
Durante Mattutino, mentre si cantava: « Mulier, ecce filius tuus -
Donna, ecco il tuo Figlio» (Giov. XIX, 26), Geltrude vide scaturire dal
Cuore di Gesù uno splendore meraviglioso che investì S. Giovanni,
facendo convergere verso di Lui gli sguardi e l'ammirazione di tutti i
Santi. La Vergine, che si vedeva proclamata Madre dell'Apostolo
prediletto, gli mostrò gioia e tenerezza; Giovanni, a sua volta, la
salutò in atto di filiale amore. Quando, durante l'Ufticio, si faceva
qualche cenno a S. Giovanni, dicendo per esempio: « Questi è Giovanni
che riposò sul petto di Gesù, durante la Cena. E' il discepolo che fu
degno di conoscere i celesti, segreti. E' il discepolo che Gesù amava»,
il Santo Apostolo pareva accendersi in nuovi bagliori di gloria davanti
a tutti i Santi, che lodavano Dio con maggior ardore, per glorificare
il discepolo prediletto, il quale ne gustava gioie ineffabili.
A quella parola: « Apparuit charo suo Joanni ecc. - Apparve il Signore
a Giovanni che amava ». Geltrude comprese che, in quella visita che
Gesù fece al suo prediletto, il Signore gli rinnovò le soavi e
familiari tenerezze di cui l'Apostolo aveva fatto esperienza durante la
vita. Giovanni fu come mutato in un altro uomo e parve gustare già le
delizie del banchetto eterno, soprattutto per tre favori, dei quali
ringraziò Dio, in punto di morte.
Egli espresse il primo con queste parole: « Ho visto il tuo Volto e mi
parve uscire dal sepolcro ». Rivelò il secondo con l'espressione: « I
tuoi profumi, o Signore Gesù, hanno eccitato in me brame dei beni
eterni ». Infine disse del terzo: « La tua voce è piena di dolcezza
paragonabile al miele ». La soave presenza di Gesù gli aveva,
conferito, per così dire, la gioia dell'immortalità; in virtù della
scelta divina aveva ricevuto la speranza delle più dolci consolazioni;
infine la tenerezza delle parole di Cristo, gli aveva fatto gustare il
gaudio delle supreme delizie.
A quelle parole: « Giovanni si alzò all'invito del Signore e si mise a
camminare, come se volesse seguire il suo Maestro fino ai cielo ». Ella
capì che Giovanni aveva una confidenza assoluta nella bontà del suo
Signore e confidava che l'Amico suo divino l'avrebbe tolto dal mondo,
senza fargli sentire i dolori della morte; giacchè l'amore gli ispirò
quella santa audacia, meritò di essere esaudito.
Geltrude si era meravigliata nel leggere che Giovanni non era passato
fra gli orrori della morte, ma poi pensò che tale favore gli fosse
accordato, perché, ai piedi della Croce aveva sofferto nell'anima la
Passione del Maestro, e anche per aver conservata intatta la verginità.
Ella non poteva sapere che quella grazia era il premio della sua
confidenza. Ma Gesù le disse: « Ho ricompensato la compassione di
Giovanni ai piedi della Croce, e la sua integrità verginale con una
gloria particolare; ma mi sono compiaciuto di raccogliere la confidenza
incondizionata con cui volle onorarmi, ponendo le sue speranze
nell'infinita mia bontà; così l'ho tolto dalla prigione del corpo senza
che subisse i terrori della morte, e ho glorificato anche il suo corpo
verginale, dandogli incorrutibilità ed una specie di glorificazione ».