CAPITOLO LXX. - MERITO DELLA PAZIENZA
Santa Gertrude di Helfta
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Una persona conosciuta da Geltrude, si era gravemente ferita e soffriva
assai. La santa, commossa, pregò Dio di guarirle quel membro che era
stato colpito durante un lavoro legittimo, sul campo del dovere. Le
rispose Gesù: «Io le
renderò l'uso della parte malata ed ella otterrà un premio grande per
il dolore sofferto. Di più tutti gli altri membri che si sforzarono di
sollevare la parte ammalata, otterranno pure un premio eterno. Se si
tuffa una stoffa in un bagno colorato, tutta prende la medesima tinta;
così, te lo ripeto, quando un membro soffre, anche gli altri, che si
sforzano di sollevarlo, saranno con esso ricompensati».
E Geltrude: « Ma Signore, come mai le membra che si aiutano
reciprocamente potranno ottenere un premio così grande, poichè non
agiscono con un fine soprannaturale, ma soltanto per recare un po' di
refrigerio al dolore? ». Il Signore le diede questa consolante
risposta: « Sappi, o
figlia, che la parte di sofferenza che l'uomo, dopo di aver cercato
tutti gli alleviamenti, sopporta per mio amore, gli procura una gloria
incomparabile, perchè venne santificata dalla parola che ho detto al
Padre mio, nel momento supremo dell'agonia: "Pater, si fieri potest,
transeat a me calix iste - Padre, se è possibile, passi da me questo
calice". (Matt. XXVI, 39). Ripetendo questa parola l'uomo acquista
molti meriti, e un'ineffabile ricompensa».
La Santa insistette: « Non preferisci Tu, o mio Dio, che invece di
rassegnarsi amorosamente alla parte di dolore che non si può
alleggerire, si soffra coscientemente tutto il male, senza accettare
ristoro di sorta?». Rispose il Salvatore: « Questo è un segreto della mia
divina giustizia. Per esprimermi secondo il vostro modo umano di
comprendere la verità, ti dirò che questi due diversi sentimenti sono
come due ben distinti colori, ma belli così che sarebbe difficile
stabilire quale sia il migliore». Signore, - aggiunse
Geltrude - infino a tanto che riferirò alla persona ammalata quanto a
suo riguardo mi hai detto, abbi la bontà di darle un vivo sentimento di
gioia».
« No, - rispose Gesù, -
ma sappi che con segreta disposizione della mia infinita Sapienza, le
rifiuto tale dolcezza, perchè la sua anima sia più pronta e si
distingua in tre virtù: la pazienza, la fede, l'umiltà. Se la
consolassi, la sua pazienza scemerebbe di valore, perchè la gioia
gustata le farebbe dimenticare il dolore; la fede pure non avrebbe più
merito, perchè questi vivi sentimenti le renderebbero chiari i
misteriosi disegni della Provvidenza, avendo S. Gregorio detto: « La
fede non ha più merito, quando la ragione umana le porta la sua
esperienza » (Omelia XXVI sul Vangelo): da ultimo la sua umiltà ne
sarebbe scossa, mentre, continuando nel suo stato di sofferenza, le
sarà facile pensare che Dio non la giudica degna di comunicarle
direttamente le sue grazie, ma solo per tramite di anime più
privilegiate».