CAPITOLO XLII. - IL FASCETTO DI MIRRA
Santa Gertrude di Helfta
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Geltrude vicino ai letto teneva il Crocifisso. Una notte parve chinarsi
su lei, quasi stesse per cadere; essa lo rialzò teneramente, dicendo: «
O dolcissimo Gesù, perchè t'inchini? ». Rispose Egli: « L'amore del mio Divin Cuore mi
trae verso di te». Allora ella prese la santa immagine, se
la strinse al cuore, la coperse di carezze e di baci esclamando: «
Fasciculus myrrhae dilectus meus mihi. - Il mio diletto è per me un
fascetto di mirra » (Cent. 1, 12). L'amabile Salvatore, terminando la
citazione, a nome suo, aggiunse: «Inter haec ubera mea commorabitur -
Egli dimorerà sul mio seno» (Ibid.).
Inoltre le insegnò che l'uomo deve unire tutte le sue pene e difficoltà
alla sua santissima Passione, così come s'introduce un ramoscello di
fiori in un fascetto di mirra. Se il numero e l'intensità dei suoi mali
lo portano all'impazienza, deve ricordare l'ammirabile dolcezza del
Cuore di Gesù che, simile a mansueto agnello, si è lasciato prendere ed
immolare per la nostra salute, senza proferire lamento. Se l'uomo sta
per vendicarsi del male ricevuto, ricordi con quale generosità il suo
Dio non rese mai male per male, né fece vendetta per gli oltraggi
ricevuti. Anzi, in ricambio degli atroci dolori che gl'inflissero,
riscattò con lei sofferenze e con la morte, coloro che l'avevano
perseguitato fino a vederlo spirare sotto i loro occhi. Infine se
l'uomo sente odio contro i suoi nemici, ricordi l'eccessiva
mansuetudine con la quale l'amorosissimo Figlio di Dio, fra i dolori
cocenti della Passione e le angosce di morte pregò per coloro che lo
crocifissero, dicendo: « Pater, angosce illis etc. - Padre, perdona
loro ecc. ». Unendosi a quello stesso amore, preghi lui pure per i suoi
nemici.
Aggiunse ancora Gesù: « Se
alcuno avvolge e nasconde, per così dire, le sue pene nel fascetto di
mirra dei miei dolori e si fortifica agli esempi della mia Passione,
cercando d'imitarli, diventa allora veramente colui che inter ubera mea
commorabitur. Io gli accorderò con tenerezza speciale, tutto ciò che ho
meritato mediante la mia pazienza e le altre virtù, affinché le sue
ricchezze siano aumentate ».
Geltrude chiese allora: « Gradisci, o mio Gesù, l'amore che si porta
all'immagine della tua Croce? » « Io
l'accetto con profonda gratitudine - rispose - però coloro che venerano
la Croce senza imitare i miei esempi, assomigliano ad una madre che
riveste la sua figliuola con abiti a sua scelta, senza tener conto dei
gusti della sua creatura e talvolta facendole sopportare amari rifiuti.
Finchè la figlia non si veda assecondata, nelle sue brame, non è
riconoscente per le spese fatte a suo riguardo, perchè sa che la mamma
l'adorna per sodisfare alla sua vanità e non per vera tenerezza. Così
tutte le prove d'amore, di lode, di rispetto prodigate al Crocifisso
non possono farmi piacere, se non, si cerca nello stesso tempo
d'imitare gli esempi della mia Passione».