Scrutatio

Venerdi, 3 maggio 2024 - Santi Filippo e Giacomo ( Letture di oggi)

CAPITOLO XXXII. - BUONI DESIDERI E SOGNI ANGOSCIOSI

Santa Gertrude di Helfta

CAPITOLO XXXII. - BUONI DESIDERI E SOGNI ANGOSCIOSI
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Udiva un giorno. Geltrude cantare nella Messa da morto, quel versetto del salmo: « Sicut cervus », e a quelle parole « Sitivit anima mea », per rianimare il suo fervore, esclamò: « Tu sei, mio Dio, l'unico vero bene e i miei desideri di possederti sono così poco accesi! Quanto è raro il caso che possa dire con verità: « L'anima mia ha sete di Te! ».

« Guardati tuttavia » rispose Gesù « di dirlo di rado; ripetilo anzi di frequente, perchè è tale la tenerezza del mio amore per gli uomini, che allorchè alcuno dei miei eletti desidera un bene qualunque, io gli sono grato del suo desiderio come se Io stesso ne fossi l'oggetto, perché il bene che desidera è in me, ed è da me che ogni bene deriva. Così quando alcuno dei miei amici desidera la salute, la tranquillità, il benessere, la scienza, o altri simili beni, io mi considero come l'oggetto stesso del suo desiderio, affine di avere un motivo, un pretesto d'aumentare i suoi meriti, la sua ricompensa, a meno che non guasti tale desiderio con un'intenzione colpevole, quale sarebbe volere la salute per fare il male, la scienza per vanità.

« Di qui viene - proseguì Gesù - che mando frequentemente al miei diletti infermità corporali, desolazioni di spirito, afflizioni di ogni genere. Essi desiderano allora di sottrarsi a questi mali, di ricevere beni contrari e il mio Cuore, ardente d'amore, geloso di aumentare le loro ricchezze eterne, trova in questi desideri l'occasione di sodisfare la sua liberalità secondo le leggi della giustizia.

« Altra volta ancora, Io, la cui delizia è di stare coi figli degli uomini, non trovando nulla in un'anima che possa piacermi, le mando tribolazioni, dolori di corpo e di spirito; tali pene mi forniscono motivo legittimo di abitare presso di lei, perchè, secondo la parola della Scrittura, l'inclinazione della mia bontà mi conduce e mi trattiene presso coloro che sono afflitti di cuore « Il Signore è vicino a coloro che hanno il cuore afflitto » (Salmo XXVII, 19). Sarò con lui nella tribolazione (Salm. XC, 15). La considerazione di tali eccessi d'amore colma di riconoscenza il cuore della creatura, che è forzata a esclamare con l'Apostolo: « O profondità delle ricchezze, della sapienza e della scienza di Dio, come sono incomprensibili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie! » (Rom. XI, 33).

Una notte Geltrude assaporava nel sogno le delizie di un banchetto celeste. Quando fu desta disse al Signore in atto di ringraziarlo: « Perché, o Gesù, consolarmi così con tanta dolcezza, mentre io non merito alcuno dei tuoi doni, e tanti altri sono tormentati da sogni spaventosi? ». Le rispose il Signore: « E' la mia paterna Provvidenza, che permette durante il sonno tali turbamenti. Quando alcuno dei miei amici non contraria in nulla durante il giorno la cupidigia naturale dei sensi, privandosi così da se stesso dei beni celesti, io gli mando la notte incubi, terrori, spaventi, affinchè quei patimenti gli facciano acquistare qualche merito ». « Ma Signore - insistette Geltrude - di qual merito possono essere ai tuoi occhi, i patimenti che nessuna retta intenzione riferisce al tuo servizio, e al quali la volontà è ripugnante? ». Gesù rispose: « La mia benignità saprà volgerli a qualche profitto anch'essi. Benché un ornamento d'oro e di diamanti sia da preferirsi, tuttavia certa gente si stima felice di portare, in mancanza d'altro, anche gioielli di cristallo e di rame. Così avviene appunto di tali persone ».

Un giorno Geltrude aveva recitato le ore canoniche un po' distrattamente; ad un tratto le apparve il nemico dell'umano genere che, con aria beffarda, si sforzava d'imitarla per deriderla e andava terminando il salmo: « Mirabilia testimonia tua », (Ps. CXVIII, 12) precipitando e sopprimendo sillabe e parole. Terminato il versetto egli le disse sardonicamente: « Veramente il tuo Creatore, il tuo Salvatore, l'Amico del tuo cuore ha bene trafficato i suoi doni, dandoti una così grande facilità d'eloquio! Tu hai il talento di pronunciare discorsi stupendi, ma quando ti rivolgi a Dio, sei così precipitata nel tuo dire che, in un solo salmo, hai omesso tante sillabe, tante lettere e tante parole». Geltrude comprese allora che quello scaltro nemico aveva contato esattamente e con precisa minutezza le sillabe omesse nella salmodia, e pensò quale terribile accusa avrebbe portato al momento della morte contro coloro che recitano abitualmente l'Ufficio con negligenza e con precipitazione.

Un'altra volta mentre filava, lasciò sfuggire qualche tenuissimo fiocchetto di lana, pur tenendo la mente fissa in Dio, al quale aveva offerto il lavoro. Vide ben tosto il demonio raccogliere quei fili, per accusarla di negligenza. Ma il Signore, invocato con fede dalia Santa, cacciò il demonio, rimproverandolo d'aver osato intervenire in un'azione che gli era stata precedentemente offerta, con tanto amore.