CAPITOLO XX. - PRIVILEGI SPECIALI ACCORDATI DA DIO A GELTRUDE
Santa Gertrude di Helfta

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Il mio cuore, l'anima mia, con tutta la sostanza della mia carne, con
tutti i sensi e le forze del corpo e dello spirito, insieme alle
creature del mondo intero, offrano lodi e ringraziamenti a Te,
dolcissimo Dio, fedele amante degli uomini, per la misericordia
infinita che mi hai usato. La tua bontà non solo ha chiuso gli occhi,
per così dire, sulla insufficiente preparazione da me portata
all'eccellentissimo convito del tuo Corpo e Sangue, ma nella tua
generosa liberalità. verso la più vile e inutile delle creature, hai
voluto aggiungere altra grazia di grande pregio.
Ebbi dunque l'assoluta certezza che se qualsiasi anima, desiderosa di
riceverti nella S: Comunione, ma trattenuta da esitazioni di coscienza,
a me, ultima fra le tue serve, si rivolgesse, per avere luce e
consiglio, quest'anima, dico, sarebbe giudicata degna, in ricompensa
della sua umiltà, di ricevere tanto Sacramento e di gustarne il frutto
per la sua eterna salvezza; che se poi non fosse degna di accogliere
nel suo cuore, non avresti neppure permesso che a me si rivolgesse per
consiglio. O eccelso Dominatore che « abiti in alto, ma riguardi le
cose basse » (Salmo II) quali erano i disegni della tua misericordia,
quando vedevi me, così indegna, nutrirsi frequentemente del tuo
Sacratissimo Corpo e meritarmi dalla divina giustizia, un severo
giudizio?
Certo Tu volevi che gli altri fossero adorni della virtù dell'umiltà
per accostarsi alla mensa angelica, e quantunque Tu non avessi certo
bisogno del mio ausilio per questo, tuttavia piacque alla tua infinita
bontà di servirsi della mia indigenza, perchè potessi partecipare ai
meriti di coloro che, seguendo i miei consigli, verrebbero a gustare il
frutto di vita eterna.
Ma siccome purtroppo la mia miseria profondissima aveva bisogno di un
rimedio anche più efficace, Tu non ti sei accontentato, o Dio di bontà,
d'accordarmi il privilegio suesposto. Mi hai anche assicurato che, se
un'anima contrita e umiliata venisse gemendo ad espormi una colpa,
sarebbe da Te tale colpa giudicata grave, o leggera, a seconda del mio
giudizio. Di più l'abbondanza de' tuoi soccorsi rinforzerebbe
quell'anima in modo tale che, da quel punto, più non cadrebbe nel
medesimo difetto. Mi hai così offerto un aiuto efficace, facendo ricco
delle vittorie altrui il mio povero cuore, sempre così negligente, che
non seppe mai vincere un difetto, come avrei dovuto farlo; ti sei
perciò servito, o Dio di bontà, del più vile strumento in modo che con
le mie parole, i tuoi diletti amici ricevessero grazie di vittorie
decisive.
La tua magnifica generosità si degnò arricchire la mia miseria in un
terzo modo: Tu decretasti che se io, appoggiandomi alla tua
misericordia, promettessi a qualche anima una grazia, od il perdono
d'una colpa, Tu confermeresti in cielo la mia parola con pieno
esaudimento, proprio come se Tu stesso l'avessi giurato con la tua
bocca divina. Tu aggiungesti, che se la grazia tardasse ad avverarsi,
dovrei rammentarti tale promessa. Anche questo beneficio collaborava
alla salvezza dell'anima mia, secondo il detto evangelico: « Eadem
mensura qua mensi fueritis remetietur vobis. Vi si misurerà con la
misura da voi usata nel misurare » (Luc. VI, 38), perchè, se purtroppo
mi accade di mancare spesso, anche gravemente, Tu troverai in questo
privilegio che mi venne accordato, un motivo di giudicarmi con maggiore
indulgenza.
Per beneficarmi mi hai concesso un quarto dono, e cioè che chiunque si
raccomandasse, con umiltà e divozione alle mie preghiere, sarebbe
senz'altro esaudito. Hai voluto così supplire alla trascuratezza con
cui adempio a' miei doveri di pietà, sia nelle preghiere prescritte
dalla Chiesa, sia In quelle di libera scelta, e hai trovato modo
d'applicarmene il frutto, secondo la parola di Davide: « Oratio tua in
sinum tuum convertetur - La tua preghiera ritornerà nel tuo seno »
(Salmo XXXIV, 13): mi hai così permesso di partecipare ai meriti di
coloro che si saranno serviti di me, indegnissima, per chiederti
benefici.
Ed ecco un quinto favore affatto speciale; e cioè che tutti coloro che
mi confidassero lo stato della loro anirna, non partirebbero da me
senza ricevere particolari consolazioni, purchè abbiano buona volontà,
intenzione retta ed umile confidenza. Con ciò Tu provvedesti al mio
bisogno, perchè spesso, ohimè 1 invece di servirmi per la tua gloria
della grazia di un facile eloquio, mi diffondo in parole inutili; in
avvenire trarrò almeno qualche profitto dai consigli dati al prossimo.
La tua instancabile liberalità, o Dio infinitamente buono, mi accordò
ancora un sesto beneficio, che io reputo maggiore e più necessario
degli antecedenti: Tu mi hai dato l'assoluta certezza che l'anima
caritatevole che pregherà con fede e divozione per me, che sono la più
vile delle creature, ovvero che supplicherà Dio con preci, o con opere
buone per Yemen_ da de' miei difetti, per il perdono delle ignoranze
della mia gioventù e la correzione della mia malizia, quest'anima,
dico; sarà ricompensata in modo che non uscirà da questo secolo senza
aver prima gustato le dolcezze della tua familiarità. Con questa
elargizione la tua paterna tenerezza volle soccorrere la mia estrema
indigenza, perchè Tu ben sai quanto io abbia bisogno di espiare le mie
colpe ed infedeltà. Il tuo amore misericordioso non poteva lasciarmi
perire, e d'altronde la perfezione della tua giustizia non poteva
salvarmi con tante mancanze; così hai provveduto che, per la
partecipazione di molti, crescesse il guadagno dei singoli.
Infine, per un vero eccesso di generosità, Tu, o mio Dio, mi hai dato
ancora. questa certezza: che cioè chi, dopo la mia morte, si
raccomanderà alle mie indegne preghiere, ricordandomi la divina
familiarità di cui mi hai onorata, sarà da Te esaudito purchè, in
riparazione delle sue negligenze quest'anima ti ringrazi dei cinque
benefici particolari di cui mi hai arricchita.
Il primo è quell'amore con cui la tua gratuita bontà mi prescelse ab
eterno: il che, a dire il vero, è il più gratuito fra tutti i tuoi
doni, poichè Tu avevi previsto la mia condotta perversa, la mia malizia
nefanda, e l'eccesso della mia ingratitudine nell'usare de' tuoi
favori, tanto che avresti potuto trattarmi come i pagani e privarmi, a
buon diritto, dell'onere di essere, se così posso esprimermi, una
creatura ragionevole. Ma la tua infinita tenerezza, che supera. di gran
lunga la mia miseria, mi ha scelto, fra mille, per insignirmi, del
carattere di Religiosa.
Il secondo beneficio è quello di avermi attirata tutta a Te; riconosco
che la dolcezza e la bontà del tuo amore hanno saputo con tenere
carezze, vincere questo mio cuore ribelle a cui si addicevano catene di
ferro. Pareva quasi che Tu, o Gesù, avessi trovato in me una Sposa
degna di Te, come se l'unirti a me fosse il tuo più grande diletto.
Il terzo beneficio consiste in quest'unione familiare che Tu hai meco
contratta, e che giustamente devo attribuire alla sovrabbondanza della
tua liberalità. Come se il numero dei giusti non fosse sufficiente a
ricevere le tue divine tenerezze, ti degnasti di chiamare me, ultima
nei meriti, perchè la tua meravigliosa accondiscendenza risplendesse
maggiormente, investendo l'anima meno preparata.
Il quarto beneficio è che ti sei degnato abitare con gioia, e fare tua
delizia nell'anima mia. Non devo forse attribuire tale degnazione alla
follia del tuo amore, se così posso esprimermi? Ed in seguito hai
confermato di trovare la felicità,
unendo la tua onnipotente Sapienza a un essere così meschino, dissimile
e affatto indegno di tale unione.
Il quinto beneficio consiste nel volermi consumare tutta in Te;
quantunque ne sia indegnissima, spero, con umiltà e confidenza, che il
tuo fedelissimo amore mi accorderà questa grazia. Ne godo fin da questo
momento, con tenerezza e gratitudine, protestando che non la devo ai
miei meriti, ma solo alla tua gratuita clemenza, o mio Bene Supremo, o
mio uni. co, eterno Amore!
Questi singoli benefici sono frutti di stupenda degnazione, così
sproporzionati alla mia bassezza, che in nessun modo posso
ringraziartene come meriteresti. Perciò soccorresti anche in questo la
mia indigenza, allettando altre anime, con dolci promesse, a
ringraziartene per me, affinchè i loro meriti suppliscano a quello che
mi manca.
Ne siano rese lodi e ringraziamenti a Te, o mio Dio, in cielo, sulla
terra e nei luoghi inferiori!
Il tuo onnipotente amore si degnò infine di confermare tutte le
suddette promesse, nel modo che ora esporrò. Un giorno, ripensando a'
tuoi benefici, paragonavo la mia empietà alla. divina tenerezza con cui
la tua infinita sovrabbondanza mi colma di gioia; giunsi a tal eccesso
di presunzione di lagnarmi che Tu non avessi ratificato quei privilegi
col darmi la mano, come fanno gli stipulatori. La tua bontà, sempre
accondiscedente, volle esaudirmi. « Per tagliar corto a' tuoi lamenti,
avvicinati » mi dicesti « e ricevi la conferma del nostro patto ». E
tosto, dal fondo della mia bassezza vidi che Tu mi aprivi, per così
dire, con ambo le mani il tuo sacratissimo Cuore, arca di divina
fedeltà e d'infallibile verità, ordinandomi di porvi la mano, io,
perversa creatura, che, come i Giudei, chiedevo segni e miracoli.
Chiudendo allora la mia mano nel tuo Cuore, aggiungesti « Io ti prometto di serbarti
sempre intatti i doni che ti ho conferito. Se la sapienza disposizione
della mia Provvidenza ti privasse, per qualche tempo, dei loro effetti,
mi obbligo in seguito, a renderti il triplo in nome della Onnipotenza,
della Sapienza, della Bontà della SS. Trinità, nel seno della quale
vivo ell regno; vero Dio, nei secoli dei secoli ».
Dopo queste tenere parole, ritraendo io la mano, apparvero in essa
sette anelli d'oro, uno per dito e nell'anulare tre, per fedele
testimonianza, che i predetti privilegi mi sarebbero confermati secondo
le mie brame.
La tua inesauribile tenerezza aggiunse queste parole « Tutte le volte che ripensando
alla tua indegnità, ti riconoscerai immeritevole de' miei favori,
eppure confiderai nella mia misericordia, mi offrirai un adeguato
tributo per i miei doni ».
Oh, quanto la tua paterna tenerezza è industriosa nel provvedere alle
tue creature vili e degeneri! Non sono nata nell'innocenza, quindi non
potevo offrirti divozione a Te gradita, pure ti sei degnato accettare,
come omaggio a Te caro, la conoscenza convinta della mia bassezza,
immeritevole de' tuoi doni, Ti prego di concedermi o generoso
Dispensatore di ricchezze, Tu da cui ogni bene procede e senza cui
nulla può essere reputato buono, la grazia di capire la mia miseria di
fronte alle tue grazie, e di confidare incondizionatamente nella tua
divina bontà.