CAPITOLO XVIII. - LEZIONE PATERNA
Santa Gertrude di Helfta

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Un certo giorno di festa vedevo recarsi alla S. Comunione parecchie
consorelle che si erano raccomandate alle mie preghiere. Quanto a me,
impedita da malattia, o piuttosto, come ho ragione di temere, respinta
dalla divina giustizia per la mia indegnità, ripensavo ai tanti
benefici di cui, mio Dio, ti sei degnato colmarmi. Ben presto però
incominciai a temere che il gelido soffio della vana compiacenza
potesse inaridire le correnti della grazia, e ti supplicai
d'illuminarmi con un raggio divino per evitare tale pericolo. Allora la
tua paterna bontà si degnò d'istruirmi con questo paragone: «In una
famiglia dove si trovano numerosi figliuoli di una vigoria e d'una
bellezza perfetta, vi ha talvolta il figlio più giovane deboluccio di
membra. Non è egli vero che il padre avrà compassione di costui, e che
gli mostrerà più teneramente il suo affetto con carezze e doni, ai
quali non hanno parte gli altri fanciulli? ».
E Tu, o mio Gesù, concludesti affermando: « Ricorda che fin quando
persevererai a considerarti, con piena convinzione, la più imperfetta
di tutte, io non cesserò di riversare sull'anima tua l'onda benefica
delle divine tenerezze, il torrente di celesti consolazioni ».
Io ti ringrazio, o amatissimo Dio, vero Amico degli uomini, io ti
ringrazio con la reciproca gratitudine che si scambiano le persone
della SS. Trinità, per questo salutare insegnamento, ed anche per tutti
gli altri che mi hai così spesso prodigato, dissipando la mia
ignoranza. Mi unisco all'amarezza della Passione di Gesù e ti offro, o
Padre celeste, le sofferenze e le lagrime del Figlio tuo diletto per
espiare le negligenze, con le quali estinsi in me il tuo soave spirito.
Mi unisco all'efficacissima tua preghiera e ti domando, in virtù dello
Spirito Santo, perdono e riparazione per i miei peccati. Degnati
accordarmi queste grazie, in nome di quell'immenso amore che ha
trattenuto il tuo braccio, quando mirasti il tuo Figlio unico, da Te
così deliziosamente amato, messo nel numero degli scellerati.