SCRUTATIO

Domenica, 8 giugno 2025 - San Medardo ( Letture di oggi)

CAPITOLO XVI. - ALTRE MANIFESTAZIONI NELLA FESTA DELLA NATIVITA' E DELLA PURIFICAZIONE

Santa Gertrude di Helfta

CAPITOLO XVI. - ALTRE MANIFESTAZIONI NELLA FESTA DELLA NATIVITA' E DELLA PURIFICAZIONE
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Nel giorno della Tua sacratissima Natività ti ricevetti come un tenero Bambinello avvolto in poveri panni, e ti strinsi amorosamente al cuore. Indi formai, con le amarezze e le privazioni della tua infanzia, un mazzolino di mirra che tenni sul mio petto per infondere nel più intimo dei cuore, il dolce liquore spremuto da quel soavissimo grappolo divino. E mentre mi pareva di non poter più ricevere dono superiore a questo, Tu, mio Dio, che aggiungi beneficio a beneficio, ti degnasti di variarmi la qualità dei tuoi stupendi regali.

L'anno seguente, nello stesso giorno di Natale, durante la Messa « Dominus dixit », ti ricevetti sotto le sembianze di un tenero delicato Bambinello dal grembo della tua virginea Genitrice, e ti serrai per qualche istante sul cuore. Credo d'aver ricevuto un tale immenso favore per un atto di carità ad una persona afflitta. Confesso però che non seppi custodire tale tesoro con la dovuta divozione. Fu effetto della tua giustizia, o della mia negligenza? Non saprei rispondere con precisione.

Spero nondimeno che misericordia e giustizia abbiano così disposto, sia per farmi capire più chiaramente la mia indegnità, sia per mettermi in guardia di fronte all'abituale negligenza nell'allontanare i pensieri vani ed inutili. Quale di questi due motivi abbia prevalso, rispondi Tu per me. Sebbene poi raccogliessi tutte le forze per prodigarti carezze d'amore, non riuscii nell'intento se non quando proposi di pregare per i peccatori, per le anime purganti, e per le persone che in quell'ora erano in afflizione. Constatai allora, al raggio della carità, l'effetto della mia supplica e potei rilevarne l'evidenza, soprattutto una sera quando, invece di suffragare, prima di tutti, i miei genitori, come facevo di solito, con la preghiera « Deus qui nos patrem etc. » proposi di offrire il mio suffragio alle anime a Te più care, con la colletta: « Omnipotens sempiterne Deus qui numquam etc. ». M'accorsi che ciò ti era sommamente gradito.

Compresi in seguito che Tu provavi un dolce gaudio quando, mentre mi sforzavo di cantare le tue lodi con grande impegno, fissavo ad ogni nota la mia attenzione in Te, come fa una persona, che, cantando quello che non sa bene, riguarda, diligentemente il libro. Ma ti confesso, o Padre ricco di bontà, le negligenze commesse in queste ed altre simili circostanze, in cui si trattava della tua gloria, Te lo confesso nell'amarezza della Passione del tuo innocentissimo Figlio, Gesù Cristo, in cui hai posto tutte le tue compiacenze. « Hic est Filius meus dtlectus » (Matt. XVII, 5). Per Lui ti offro il mio desiderio d'emenda, affinchè ogni mia negligenza sia pienamente supplita.

Nel giorno sacro della Purificazione, mentre si celebrava la rituale processione in memoria di quella nella quale Tu, nostra salute e redenzione, degnasti di farti portare nel tempio con le solite oblazioni, all'antifona « Cum inducerent », la tua virginea Madre chiese a me che le rendessi il Figlio suo diletto. Ella lo fece con volto severo, quasi che io non ti avessi custodito con cura, Tu che sei la gioia e il decoro della sua immacolata verginità!

Mi ricordai allora che Maria, avendo trovato grazia presso di Te, ci venne data come riconciliatrice dei peccatori, speranza dei disperati ed esclamai: « O Madre di bontà, non ricevesti Tu forse la sorgente delle misericordie nel tuo divin Figlio, affinchè Tu ottenessi grazia a quanti ne hanno bisogno, e coprissi con là tua abbondante carità la moltitudine dei nostri peccati? ». A tali parole Maria mi mostrò un volto sereno e placato per farmi capire che, se le mie colpe l'avevano obbligata ad essere severa, tuttavia Ella aveva per gli uomini viscere di misericordia, ed un tale amore che la penetrava tutta di materna soavità. Ne avevo una prova evidente, perchè erano bastate quelle povere mie espressioni, perché, scomparsa ogni severità, risplendesse in Lei quella incomparabile dolcezza che le è innata.

La Madre tua, con la sua immensa tenerezza, mi sia dunque, presso di Te, Mediatrice accreditata, per ottenermi il perdono di ogni colpa.

Compresi poi in un modo chiarissimo, che Tu non potevi ritenere il torrente delle tue grazie, perchè l'anno seguente, nella medesima festa del Natale, mi arricchisti di un dono analogo a quello testé narrato, mai ancora più prezioso. Tu mi, trattavi come se il grande fervore della mia divozione. l'anno precedente mi avesse meritato questo nuovo favore, mentre, al contrario. avrei dovuto subire un giusto castigo per aver dimenticato la grazia antecedente. Al Vangelo infatti, leggendosi « Peperit Filium suum primogenitura etc. » l'illibatissima tua Madre mi porse, con le sue Mani immacolate, Te, virgineo Pargoletto che facevi ogni sforzo per abbracciarmi. Ohimè! Quanto me ne sentivo indegna! Eppure osai accoglierti, tenero Bambinello, e Tu mi cingesti il collo con le piccole braccia.

Le tue sante labbra esalavano l'alito fragrantissimo del tuo spirito ch'era per me nutrimento di vita. L'anima mia ti benedica, Gesù diletto, e tutto, in me esalti il tuo santo Nome!

Mentre la tua beatissima Madre s'affrettava a involgerti nelle fasce, io mi struggevo dal desiderio di essere avvolta insieme a Te, per non venire separata neppure da tenue tela da Colui, i cui baci ed amplessi sono più deliziosi, del miele. Ti vidi allora ricoperto con la candida veste dell'innocenza, e cinto dall'aurea fascia della carità; compresi che, per essere teco fasciata, bisognava che mi esercitassi maggiormente, onde raggiungere la purezza del cuore e la carità perfetta.

Io ti ringrazio, o Creatore degli astri, che fai rifulgere i cieli, e che graziosamente dipingi i fiori primaverili: « Tu non hai bisogno dei nostri beni » (Sal. XV, 2) eppure per mia istruzione mi chiedesti che, nel giorno della Purificazione, ti vestissi prima che, Bambinello, venissi portato al tempio. Mediante il segreto tesoro delle tue divine ispirazioni, mi hai insegnato il modo di farlo: dovevo fervorosamente esaltare l'innocenza immacolata della tua purissima Umanità con una divozione così accesa e fedele, che se avessi potuto avere io stessa la gloria a Te dovuta, l'avrei volentieri rinunciata, affìnchè la tua dolcissima innocenza fosse maggiormente lodata.

Mi parve infatti che, per tale intenzione, Tu la cui potenza « chiama quello che non è, come quello che è » (Rom. IV, 17) venissi rivestito di una candidissima veste infantile. Considerai, in seguito, con lo stesso slancio di divozione, l'abisso della tua umiltà e ti vidi ricoperto di una verde tunica, per significare che, nella fertile valle dell'umiltà, la grazia fiorisce e vigoreggia senza mai inaridirsi. Venerai poi l'ardente tua carità che ti ha spinto a creare tutte le cose, e ti vidi adorno di un manto di porpora per insegnarmi che la carità è veramente quel paludamento regale senza di cui nessuno può entrare nel regno dei cieli. In seguito venerai le stesse virtù nella Madre tua gloriosa, ed Ella mi apparve regalmente adorna di vestimenti simili a' tuoi. Siccome Ella, rosa fiorita senza spina e giglio candido senza macchia, abbonda a dovizia dei fiori di ogni virtù, così ci apre il cuore a grande confidenza, nella speranza che per noi interceda e ci soccorra nella nostra grande miseria.