CAPITOLO VIII. - UNIONE SEMPRE PIU' INTIMA DELL'ANIMA DI GELTRUDE CON DIO
Santa Gertrude di Helfta

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La domenica seguente in cui si dice l'Introito « Esto mihi », durante
la S. Messa, Tu, o mio Dio, eccitasti e dilatasti i desideri dell'anima
mia, perchè aspirasse ai doni più sublimi di cui volevi ricolmarla. Due
parole soprattutto mi colpirono, cioè il verso del Responsorio «
Benedicens benedicam » ecc. e il versetto del 1° Responsorio « Tibi
enim et semini tuo dabo has regiones. Darò questa terra a te e alla tua
discendenza ».
Posando allora la mano sul tuo sacro petto, mi hai mostrato ove si
trovano le regioni promesse dalla tua infinita liberalità, O terra
felicissima, che colmi di beatitudine coloro che ti abitano! O campo di
delizie, di cui il più minuto granello può soddisfare abbondantemente
il desiderio di tutti gli eletti, e procurare al cuore umano quanto può
allettarlo e giocondarlo!
Ora, mentre consideravo queste cose, se non come dovevo, almeno come
potevo, ecco apparirmi « la bontà e l'Umanità di Dio Signor nostro, e
questo, non a titolo di giustizia, bensì per l'ineffabile sua
misericordia che mi giustificava con una rigenerazione adottiva » (Tit.
III, 4) preparandomi ad un'unione più intima col mio Dio, unione
meravigliosa e formidabile, degna di celeste ammirazione!
In virtù di quali meriti da parte mia e per qual misterioso tuo
giudizio, ottenni dono sì inestimabile? Certo l'amore che dimentica la
dignità del Sangue, e che si mostra ricco in accondiscendenza; l'amore,
dico che si precipita senza riflettere, nè ragionare, ti ha, se oso
così parlare, inebriato sino alla follia, o dolcissimo Signore,
affinchè tu potessi unire termini così dissimili. Oppure, per usare un
linguaggio meno indegno della tua Maestà, quella, soave bontà che ti è
innata e che fa parte della tua essenza, è stata scossa e tocca
nell'intimo dalle dolcezze della tua carità che operò la salvezza
dell'umano genere, in virtù della quale, non solo Tu ami, ma sei lo
stesso Amore.
E' dunque questa carità che ti persuase di ritrarre dalla sua estrema
indigenza una miserabile creatura, spregevole per vita e per costumi,
affine di esaltarla, elevandola alla partecipazione della tua regale,
divina grandezza? Certo che Tu volevi, con questo atto, aumentare la
confidenza di tutti i membri della Chiesa, ed è appunto quello che io
sospiro, cioè che nessun cristiano m'imiti nel cattivo uso che ho fatto
de' tuoi doni e nel recare scandalo al prossimo.
Siccome poi le cose invisibili ci sono, in qualche modo, rese manifeste
dalle visibili, come dissi più sopra, così compresi che quella parte
del sacratissimo petto del Signore che, nel giorno della Purificazione,
aveva ricevuto l'anima mia sotto forma di cera dolcemente rammollita al
fuoco, lasciava sfuggire delle gocce di sudore, come se la sostanza di
quella cera si fosse interamente liquefatta, per l'eccessivo calore che
ferveva dentro quel divino sacrario. Quel Cuore poi assorbiva tali
gocce di sudore, con virtù ineffabile ed incomprensibile, mostrando
evidentemente che l'amore, di sua natura diffusivo, aveva racchiuso la
sua forza vittoriosa in quelle divine profondità.
O eterno solstizio, dimora sicura, domicilio di delizie, paradiso di
eterne gioie, sorgente di voluttà inesprimibili, Tu attiri, coi fiori
variopinti di un'amena primavera, Tu diletti con note soavissime, o
meglio, col dolce concerto di un'armonia tutta spirituale, Tu ristori
col soffio profumato di aromi vitali, Tu inebri con l'estasiante
dolcezza di mistici sapori, Tu trasformi con le carezze meravigliose
de' tuoi santi amplessi! O, cento volte felice, cento volte beato,
anzi, se posso dirlo, mille volte santo, colui che, sotto la guida
della grazia, merita d'avvicinarsi a quel luogo benedetto con cuor
puro, mani innocenti e labbra immacolate! Come potrò dire quello che
colà vede, che ascolta, che respira, che gusta e che sente? Come può la
mia lingua impacciata sforzarsi di balbettarne qualche accento? Per
bontà di Dio fui ammessa; a godere di questi favori, ma avviluppata
dalla scorza de' miei difetti e delle mie negligenze, non potevo
percepirli che imperfettamente, perchè la scienza riunite degli Angeli
e degli uomini non sarebbe sufficiente a dire neppure una parola atta
ad esprimere, anche in minima parte, la sopraeminente grandezza di
un'unione così sublime.