CAPITOLO V. - LA FERITA D'AMORE
Santa Gertrude di Helfta

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Il settimo anno, dopo la mia conversione, all'avvicinarsi dell'Avvento,
una persona, cedendo alle mie importunità, rivolgeva tutti i giorni al
Crocifisso questa breve preghiera:
« O Signore amatissimo, per il tuo Cuore squarciato, ti prego di
trapassare il cuore di Geltrude coi dardi del tuo amore, affinchè, non
potendo contenere più nulla di terreno, sia tutto compenetrato dalla
sola virtù della tua divinità ».
Questa preghiera era una specie di sfida al tuo amore. Poco tempo dopo,
e precisamente la terza domenica d'Avvento nella quale si canta
l'antifona « Gaudete in Domino », mentre mi accostavo all'altare per
ricevere la S. Comunione, sentii l'anima presa da un veemente desiderio
che mi fece prorompere in queste parole: « Signore, confesso ché per i
miei demeriti non sono degna di ricevere la più piccola particella de'
tuoi doni, pure oso domandarli ardentemente alla tua bontà: in virtù
dei meriti e dei desideri delle suore qui presenti, ti supplico di
trafiggere l'anima mia col dardo del tuo amore ». Compresi tosto per
l'infusione di una grazia interiore e per un segno esterno apparso sul
Crocifisso, che la mia preghiera era esaudita. Ricevuto il S.
Sacramento e ritornata al mio posto, mi accorsi che dall'immagine del
Crocifisso, dipinta sul luogo santo, partiva come un raggio di sole che
all'estremità, aveva la forma d'una freccia. Quel raggio scaturì dal
fianco destro del Salvatore, si contrasse, indi si lanciò a guisa di
saetta, sostando un istante, quasi per attrarre dolcemente a sè tutto
il mio affetto.
Tuttavia le mie brame non erano ancora soddisfatte. Il mercoledì
seguente, giorno in cui si commemorava la tua adorabile Incarnazione ed
Annunciazione, mi unii alle preghiere comuni, quantunque le recitassi
con poco fervore. Ad un tratto ti vidi apparire davanti a me,
infliggendo una ferita al mio cuore con queste parole: « Tutte le
affezioni tue si concentrino in me, compiacenza, speranza, gioia,
dolore, timore si raccolgano e si stabiliscano qui, nell'amor mio! ».
Ricordai allora quanto avevo udito altre volte, cioè che le ferite
abbisognano di lavacro, d'unzione, di fasciatura. Come potessi fare ciò
non me lo insegnasti allora in moda preciso, ma me lo chiaristi più
tardi, per mezzo di un'altra persona, la quale, ne sono certa, era
abituata ad ascoltare il tuo dolce colloquio d'amore con maggior
delicatezza e perseveranza di me. Essa infatti mi consigliò di onorare
con una costante divozione l'amore del tuo Cuore trafitto sulla Croce,
attingendo a quella sorgente di carità, l'acqua della vera divozione
che lava qualsiasi offesa; mi disse di prendere, nell'effusione della
tenerezza che scorre da un tale amore, l'olio della riconoscenza, quasi
unzione contro ogni avversità. Infine m'invitò a cercare, in
quell'opera di redenzione che Tu hai compiuto con incomprensibile
amore, la fasciatura della giustizia, affinchè dirigessi a Te,
pensieri, parole ed opere, aderendo in modo indissolubile al tuo amore
divino.
O Dio, la forza di quell'amore, la cui pienezza risiede in Colui che,
sedendo alla tua destra, si fece « osso delle mie ossa e carne della
mia carne» supplisca a quanto io ho mancato, per malizia e viltà. Per
Lui, in virtù dello Spirito Santo, con sentimenti di compassione,
d'umiltà e di riverenza, ti offro il dolore che provo d'aver
oltraggiato la tua divina bontà, peccando in pensieri, parole ed opere,
e non servendomi con premura dei doni ricevuti. Se a me, così indegna,
tu avessi dato, per tuo ricordo, un solo filo di stoppa, avrei dovuto
riceverlo con infinito rispetto.
Tu, o mio Dio, che conosci i più riposti segreti del mio cuore, sai
quale ripugnanza io provi a scrivere ed a pubblicare queste cose; per
farlo ho dovuto lottare contro le mie tendenze personali e riflettere
che, avendo così poco approfittato delle tue grazie, esse non potevano
essermi state accordate per me sola, poichè la tua eterna Sapienza non
può essere da alcuno frustrata. O dispensatore di tesori del cielo, che
mi hai colmata gratuitamente di tanti favori, fa che leggendo questo
scritto, il cuore di almeno uno fra i tuoi amici, si commuova per la
tua accondiscendenza e ti ringrazi d'aver conservato sì a lungo nella
sentina fangosa del mio cuore, gemme di tale valore. Egli lodi, esalti,
supplichi la tua misericordia, dicendo col cuore, o con la bocca: « Te
Deum Patrem ingenitum etc. O Padre, non generato, ecc. Te jure laudant
etc. Ti si lodi con giustizia ecc. Tibi decus et imperium etc. A Te
l'onore e l'imperio, ecc. Benedictio et claritas etc. Benedizione e
gloria, ecc. ». Soltanto così posso offrire un supplemento alla mia
insufficienza.
Qui Geltrude sospese di scrivere fino al mese di ottobre.