CAPITOLO IV. - IMPRESSIONE DELLE SACRATISSIME PIAGHE DEL CRISTO
Santa Gertrude di Helfta

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Il primo, o forse il secondo anno, che segui la mia conversione,
durante l'inverno trovai in un libro la seguente preghiera:
« Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, dammi di aspirare al
possesso di Te: accendimine in cuore il desiderio e la sete ardente;
dammi di respirare in Te, dolcissimo, soavissimo Gesù e di dirigere
verso di Te, felicità suprema, tutti i palpiti e gli aneliti del mio
cuore. Scolpisci, misericordioso Signore, scolpisci col tuo Sangue nel
mio cuore le tue Piaghe, affinchè possa leggervi i tuoi dolori e il tuo
amore; fa che la memoria delle tue ferite mi sia del continuo presente
nel segreto del cuore per eccitarmi alla compassione de' tuoi dolori e
attivare in me il fuoco del tuo amore. Fa altresì che ogni creatura mi
torni a vile, e che Tu solo sii dolce al mio cuore».
Questa preghiera mi piacque e la recitai frequentemente. Tu, che non
disprezzi i desideri degli umili, mi assistevi disposto ad esaudirla.
Poco tempo dopo, nel medesimo inverno, dopo i Vespri, me ne stavo
seduta in refettorio, vicino a una consorella alla quale avevo
confidato qualche cosa dei segreti dell'anima mia. Dirò, tra parentesi,
per l'istruzione di chi leggerà questo scritto, che tali confidenze
accrebbero spesso assai il mio fervore, senza però che potessi capire,
o mio Dio, se ero spinta a rivelare le mie intimità dal tuo Santo
Spirito, ovvero semplicemente dall'affezione che avevo per quella
consorella. Ho però sentito dire da persone esperimentate in tale
materia, che è sempre utile rivelarle, non però a tutti
indistintamente, ma solo a quelle persone di cui conosciamo la fedele
affezione e che, per età, siano a noi maggiori.
Giacchè ignoro, come dissi, il motivo che mi faceva agire, rimetto
tutto a Te che sei il mio fedelissimo Provvedatore, per il cui «
Spirito, più dolce del miele, tutta la virtù de' cieli si regge »
(allusione al versetto 6 del salmo XXXII). Se mai poi mi fossi lasciata
guidare da un'affezione umana, è ben giusto, o mio Dio, che m'immerga
in un abisso di gratitudine, poiché ti sei degnato unire la polvere del
mio nulla all'oro della tua infinita grandezza, incastonando nel povero
cuor mio le perle delle tue grazie.
In quel momento dunque, mentre stavo meditando la preghiera che scrissi
più sopra, compresi che, nonostante la mia indegnità, Nostro Signore mi
esaudiva, compiendo in me quella divina operazione che rispondeva a'
miei ferventi desideri. Sentii cioè in ispirito, o mio Dio, che Tu
m'imprimevi in cuore le stigmate adorabili delle tue Ss. Piaghe. Con
tali ferite Tu hai guarito l'anima mia e mi hai dato da bere la coppa
inebriante del nettare squisito del puro amore.
Ma la mia indegnità non poté esaurire l'abisso della tua tenerezza!
Ebbi ancora, dalla sovrabbondante tua generosità altro magnifico dono:
che tutti i giorni, anzi ogni volta che avessi recitato cinque versetti
del salmo « Benedic anima mea » (Ps. C II), visitando spiritualmente le
stigmate impresse nel mio cuore, avrei ricevuto qualche grazia
speciale. Conobbi da Te che, al primo versetto, Benedic anima mea,
potevo deporre nelle ferite dei tuoi piedi ogni ruggine di peccato, e
ogni spregevole compiacenza mondana. Al secondo versetto, Benedic et
noli oblivisci, mi fu dato di lavare in quella sorgente amorosa dalla
quale provenne Sangue e acqua di redenzione, ogni macchia di carnale ed
effimero diletto. Al terzo versetto Qui propitiatur, simile a colomba
che nidifica nello scoglio, venni a rifugiarmi nella Piaga della mano
sinistra, per gustarvi il riposo dell'anima. Al quarto versetto Qui
redimit de interitu, avvicinandomi alla tua mano destra, attinsi con
fiducia nei tesori ch'essa racchiude, tutto quanto mancava in me alla
perfezione delle virtù.
L'anima mia, purificata così da ogni macchia, arricchita di meriti,
possa alfine, ora che tali favori mi hanno resa meno indegna, godere,
come indica il quinto versetto Qui replet in bonis, della
desideratissima, dolcissima tua presenza e dei tuoi casti amplessi!
Ha poi completato la gioia del mio cuore, dandomi la grazia che
chiedevo in quella preghiera, cioè di poter leggere nelle tue Sante
Piaghe il dolore e l'amor tuo. Ma questo durò, ahimè breve tempo, non
già per avermi Tu tolti tali favori, ma, e lo deploro!, per averli
perduti io stessa, a causa della mia ingratitudine e negligenza.
Tuttavia la tua immensa misericordia e generosa tenerezza, tollerando
le mie distrazioni, mi hanno conservata fino ad oggi il prima. e più
grande di questi doni, cioè l'impronta delle ferite delle tue
sacratissime Piaghe. Per questo favore, o mio Dio, sia reso a Te onore,
imperio, lode e giubilo nei secoli eterni!