CAPITOLO XVI. - RIVELAZIONI RICEVUTE DA PARECCHIE PERSONE DEGNE DI FEDE CHE ATTESTANO L'AUTENTICITA' DI QUELLE DI GELTRUDE
Santa Gertrude di Helfta
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Geltrude, considerando la sua viltà e miseria, si giudicava
indegnissima dei divini benefici. Si confidò con Matilde di felice
memoria, assai apprezzata per le rivelazioni ricevute da Dio, e la
scongiurò d'interrogare il Signore riguardo alle grazie più sopra
descritte. Non ch'ella dubitasse della divina bontà a suo riguardo, o
che pretendesse certezza assoluta, ma bramava aver maggior slancio di
riconoscenza per doni così generosi, e tenersi ben desta nella fiducia
per sostenere gli assalti di sentimenti contrari. Matilde pregò assai
per consultare il buon Dio. Vide allora Gesù, lo Sposo ricco di grazia
e d'incanto, che attirava a sè l'anima per cui Matilde pregava, in modo
che il cuore di Geltrude era posato sulla ferita del Cuore divino ed in
pari tempo, vide la diletta Sposa che, col braccio destro teneva
stretto il suo amatissimo Salvatore. La venerabile Matilde, estasiata,
chiese il significato di quella visione.
Le disse Gesù: « Il
colore verde de' miei abiti, ornati d'oro, significa l'opera della mia
Divinità, che germina e sboccia nell'amore. Tale operazione fiorisce
vigorosamente in quest'anima. Tu vedi il suo cuore fisso all'apertura
del mio Costato, perchè me la sono unita così intimamente da poter
essa, ad ogni momento, ricevere i benedetti influssi della mia Divinità
».
Chiese Matilde: « Dolcissimo Gesù, hai realmente promesso a Geltrude il
chiaro lume della tua stessa conoscenza, affinché possa rispondere, con
sicurezza assoluta, alle difficoltà che le verranno proposte, mettendo
così le anime sulla strada del Paradiso? Geltrude mi palesò trepidando
tale privilegio e, nella sua umiltà, mi pregò di tranquillizzarla su
questo punto ». Rispose il Signore con grande benignità: « Sì, le ho accordato rari e grandi
privilegi, in modo che chiunque ricorrerà a lei, riceverà, per suo
mezzo, qualsiasi grazia. La mia misericordia poi non troverà mai
indegna della S. Comunione un'anima ch'Ella avrà ritenuto degna di
ricevere tale Sacramento; anzi guarderò con speciale tenerezza coloro
che a me verranno per suo consiglio.
S'Ella giudicherà gravi,
o leggere le colpe di coloro che la consulteranno, io farò eco alla sua
stessa sentenza. Come in cielo « sono tre che rendono testimonianza,
cioè il Padre, il Verbo e, lo Spirito Santo » (Giov. I, V, VII), così
Ella dovrà appoggiare i suoi giudizi su tre grandi sicurezze:
I. Quando consiglierà il
prossimo, badi bene di ascoltare la voce dello Spirito Santo che le
parla interiormente.
II. Consideri se l'anima
a cui si rivolge è pentita delle sue colpe, o almeno desidera di
esserlo.
III. Cerchi di
comprendere se ha buona volontà. Quando si avvereranno questi tre segni
potrà, con tutta sicurezza, seguire l'interna ispirazione, perché io
ratificherò il cielo gli impegni che avrà preso, appoggiandosi alla mia
infinita bontà. Se dovrà parlare cerchi d'attrarre nell'anima sua, con
un profondo sospiro, il soffio del mio divin Cuore e tutto quanto dirà,
porterà il sigillo della certezza più assoluta. Ella non solo non potrà
nè ingannarsi, nè ingannare, ma tutti, per suo mezzo, conosceranno i
segreti del mio Cuore divino ».
Conclude poi Gesù: «
Dille di custodire fedelmente le mie parole; qualora, col tempo, ed in
seguito a molteplici occupazioni, Ella si sentirà intiepidire non deve
perdersi di coraggio, perchè questi privilegi l'accompagneranno per
tutta la vita ».
La venerabile Matilde volle ancora sapere da Gesù, se il modo d'agire
di Geltrude non fosse talora un po' imperfetto. Infatti Ella passava
con indifferenza da un'occupazione all'altra: per lei era tutt'uno
pregare; leggere, scrivere, istruire il prossimo, correggerlo o
consolarlo.
Rispose il Signore: «
Geltrude aderisce talmente al mio Cuore e io ve la tengo tanto unita,
che è diventata con me un unico spirito. La sua volontà armonizza con
la mia, proprio come le membra del corpo umano, armonizzano con gli
impulsi interiori.
Allorchè l'uomo, mediante
la sola sua volontà, dice alla mano: « fa questo » e all'occhio: «
guarda! » senza indugio la mano e l'occhio obbediscono. Geltrude è per
me una mano e un occhio di cui liberamente dispongo, senza che mai resi
sta ad alcuno de' miei desideri. Io l'ho scelta per mia dimora; la sua
volontà, e perciò ogni atto del suo volere, è vicino al mio Cuore, come
il braccio con cui io opero. La sua intelligenza, cercando sempre ciò
che può farmi piacere, è come l'occhio della mia Umanità. L'ardore
dell'anima sua, quando dietro l'ispirazione dello Spirito Santo,
comunica ciò che voglio, par quasi la mia lingua. I suoi giudizi,
sempre prudenti, sembrano il mio fiuto. Inclino le orecchie della mia
misericordia verso le creature che le ispirano tenera compassione. La
sua intenzione mi serve di piede, perchè non si propone altro scopo di
quello al quale tendo Io stesso. E' dunque necessario ch'ella si
affretti a passare da un'occupazione all'altra, e che, compiuta
un'opera, io la trovi pronta a seguire un'altra mia ispirazione. Se' in
ciò commette qualche negligenza, non ne avrà la coscienza macchiata,
poichè compie sempre volentieri la mia Volontà »,
Un'altra persona assai versata nella scienza, spirituale, dopo d'aver
pregato e ringraziato il Signore delle grazie accordate a Geltrude,
ebbe una rivelazione che attesta i doni straordinari, e l'unione
sublime della Santa con Dio.
Con tutta sicurezza possiamo perciò conchiudere che Dio stesso agiva in
essa, giacchè Egli medesimo si compiaceva d'attestarlo in modo degno di
fede, per mezzo di due anime sante. E' da notare che l'una ignorava
completamente le rivelazioni fatte all'altra, così come gli abitanti di
Roma non sanno quanto accade in quel momento a Gerusalemme. Una di
queste due persone ebbe poi a dire che, quantunque Geltrude avesse
ricevuto grazie straordinarie, pure esse erano ancor nulla a confronto
dei privilegi che avrebbero ricevuto in seguito.
E concluse: « Geltrude giungerà a un grado così alto di unione con Dio,
che i suoi occhi non vedranno se non quello che Dio vedrà con essi; le
sue labbra non diranno se non ciò che Dio vorrà pronunciare con le
stesse, e così di ogni altro senso». Quando e come Dio compirà tali
meraviglie? Lui solo lo sa e l'anima da Lui favorita lo conoscerà. Però
le persone che la studiarono più da vicino, n'ebbero qualche sentore.
Un'altra volta Geltrude chiese ancora a Matilde, d'impetrarle da Dio il
dono della mansuetudine e della pazienza, di cui credeva d'avere uno
speciale bisogno. La venerabile Matilde, avendo eseguito la
commissione, ebbe questa risposta: «
La mansuetudine che mi piace in Geltrude, trae origine dalla parola
latina manendo, cioè risiedere. Abitando io nell'anima sua, bramo che,
come giovane sposa gode della presenza dello sposo, non esca dal suo
interno se non per necessità, e prendendo lo sposo per mano, quasi per
costringerlo a seguirla. Così, quando la mia Sposa dovrà lasciare il
suo dolce ritiro per andarsene ad istruire il prossimo, bramo che ella
segni sul cuore la croce di salvezza e che, prima di parlare, invochi
il mio nome: allora potrà dire con fiducia tutto quello che la grazia
le suggerirà. La pazienza che mi piace in lei deriva dalle parole pax
et scientia, pace e scienza. Bramo che si eserciti con premura nella
pazienza, per non perdere nelle avversità la pace del cuore, ma voglio
che si ricordi perchè soffre, cioè per provarmi il suo amore e la sua
fedeltà».
Un'altra persona, che le era affatto sconosciuta, ma che, dietro alla
sua domanda, aveva pregato per lei, ebbe dal Salvatore questa risposta:
« Io l'ho scelta per mia
dimora, e mi compiaccio, vedendo che tutto quello che gli uomini amano
in questa mia eletta è opera mia. Perfino coloro che non si intendono
di cose spirituali, ammirano in essa i miei doni esterni, come
l'intelligenza ed il forbito eloquio. Così l'ho in certo modo esiliata
da' suoi parenti perchè nessuno l'amasse per motivi umani, e io solo
fossi la cagione di tale affetto ».
Geltrude pregò ancora un'altra persona di chiedere a Gesù come mai,
vivendo da tanti anni col sentimento continuo della divina presenza, le
capitasse poi d'operare negligentemente, senza tuttavia commettere
peccati seri, che potessero irritare il Signore contro di lei. Quella
persona ricevette una risposta di questo tono.
« Non mi sdegno mai con Geltrude, perchè essa trova sempre giusto e
buono tutto quello che io permetto e non si turba affatto qualunque
cosa le capiti. Quando soffre una tribolazione, si tranquillizza,
pensando che la mia Provvidenza dispone tutto con amore. S. Bernardo ha
detto: « Colui a cui Dio piace, non può spiacere a Dio » (Pred. XXV, 8
sul Cant.). Queste risposte accesero in Geltrude il sentimento fervido
della riconoscenza e ringraziò il suo Dio, dicendo fra l'altro: « Come
mai, o mio Diletto, Ti degni dissimulare tutto il male che in me si
trova, poichè, se è vero che la tua Volontà mi torna ognor gradita, lo
devo non alla mia virtù, ma alla divina larghezza delle Tue grazie? ».
Il Signore si compiacque istruirla con questo geniale paragone: «
Quando un libro ha la stampa troppo minuta, l'uomo per leggerlo usa gli
occhiali; in tal caso il libro non ha subito cambiamento alcuno, ma
sono le lenti che hanno prodotto quell'effetto. Così se io trovo in te
qualche lacuna, la mia eccessiva bontà mi spinge a colmarla ».