CAPITOLO IX. - AMMIRABILE SUA CASTITA'
Santa Gertrude di Helfta

Cerca nella documentazione. Scegli una categoria e compila la form cliccando sul pulsante Cerca.
Leggi la Bibbia. Scegli un versetto utilizzando la form qui sotto.
La castità, che S. Bernardo chiama la luna del cielo spirituale, brillò
in Geltrude di chiaro e puro splendore. Ella stessa confessava con
semplicità di non aver mai guardato volto d'uomo, in modo da ritrarne i
lineamenti. Tutti gote, vano affermarlo. Se le capitava di avere con
qualche servo di Dio colloqui intimi, anche di lunga durata, ella non
levava mai lo sguardo per mirare il suo interlocutore. Questa
riservatezza ammirabile non s'applicava solo agli sguardi, ma a tutto
il contegno, sia che parlasse, od ascoltasse, così da dare impronta
celeste ad ogni espressione di vita.
Lo splendore della sua castità era tale che le suore del Monastero
dicevano, ridendo, che si sarebbe potuto metterla sull'altare, fra le
reliquie dei Santi, per la illibatezza del suo cuore.
Questo non deve stupire. Geltrude si deliziava nel meditare la Sacra
Scrittura, cioè trovava la sua gioia in Dia stesso; ora non v'è mezzo
più sicuro per mantenersi casti. Dice S. Gregorio a questo proposito: «
Chi gusta le cose dello spirito, fugge da quelle della carne». E S.
Gerolamo scrive al monaco Rusticus: « Ama le sacre carte e fuggirai il
vizio impuro » (Lettera 125), Anche solo questa prova convince
dell'eminente purezza di Geltrude. Se talvolta, leggendo la Sacra
Scrittura, incontrava qualche passo che non le sembrasse adatto al suo
stato verginale, subito volgeva lo sguardo altrove; se proprio era
obbligata a leggere, lo faceva con rapidità e trepidazione, svelando,
nella vampa di timido rossore che le incarnava le guance, la lotta
intima del suo delicato riserbo. Interrogata su tali passaggi schivava
di rispondere, mostrando una specie di attristata ritenutezza che
faceva ben capire come avrebbe preferito essere trapassata da una spada
piuttosto che sfiorare certi argomenti. Quando però si trattava della
salvezza, delle anime superava ogni ripugnanza e toccava questo
soggetto con senno, prudenza, carità, senz'aggiungere alla necessaria
trattazione, parola superflua.
Un santo vecchio, al quale Geltrude manifestava i segreti della sua
coscienza e le tenere familiarità di cui godeva da parte di Nostro
Signore, diceva: « Non ha
incontrato nessuno che fosse più di lei alieno a tutto ciò che può
offendere la purità ed oscurarne lo splendore». Così,
tacendo delle altre virtù, perchè aveva più particolarmente studiato in
Geltrude il dono della castità, non si stupiva che Dio l'avesse scelta
per rivelarlo ai suoi più intimi, segreti, giacchè il Vangelo dice
espressamente: « Beati i cuori puri perchè vedranno Dio » (Matt. V,
II). Leggiamo in S. Agostino: « Noi non vediamo Dio con gli occhi del
corpo, ma con lo sguardo dell'anima » (Ag. lettera 147). Lo stesso
Dottore afferma altrove che la luce del giorno non è raccolta che da un
occhio sano, così Dio non è visto che dal cuore puro, cioè dal cuore
che ha espulso perfino il ricordo del peccato, e che è veramente il
tempio di Dio.
Concludiamo con un'ultima prova, degna di fede. Un'anima pia aveva
pregato Dio di affidarle un messaggio per la sua diletta Sposa
Geltrude. Rispose Gesù: « Dille
da parte mia: "E' bella e ricca di attrattiva". Tale persona per tre
volte fece la stessa richiesta, non afferrando bene il senso della
risposta. Infine richiese: "Dammi, o amantissimo Signore,
l'intelligenza di queste parole". "Dirai alla mia diletta - spiegò Gesù
- che mi compiaccio della sua bellezza interiore, perché lo splendore
della mia purezza e della mia immutabile Divinità, irradiano nella sua
anima incomparabili fulgori. Così io prendo le mie delizie nell'incanto
delle sue virtù, perchè la linfa vivificante della mia Umanità
deificata, comunica alle sue azioni una vita incorruttibile"
».