CAPITOLO IV. LA TERZA TESTIMONIANZA
Santa Gertrude di Helfta

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Il terzo e più splendido testimonio è la vita stessa di Geltrude, che
fu un continuo anelito alla ricerca della gloria di Dio. Non solo la
ricercava, ma la promuoveva con tale ardore da sacrificarle l'onore, la
vita e perfino la sua stessa anima. La verità di tale testimonianza
brilla nel S. Vangelo, là dove Nostro Signore afferma: « Chi cerca la gloria di colui che
l'ha mandato, è veritiero, e in lui non vi ha ingiustizia»
(Giov. VII, 18). Oh, fortunatissima quell'anima che può trovare
approvazione nelle pagine del S. Vangelo! A lei si applicano anche le
parole della Sapienza: « Il giusto ha il coraggio del leone» (Prov.
XXVIII, 1). Infatti ella era così appassionata della divina gloria da
disprezzare qualsiasi noia, o contrarierà, pur di sostenere i diritti
della giustizia e della verità.
Per procurare onore a Dio e salvezza alle anime, non si saziava di
raccogliere scritti spirituali che poi diffondeva senza mai pensare ad
averne riconoscimento umano. Regalava tali scritti soprattutto alle
persone che potevano trarne maggior profitto; quando poi s'accorgeva
che, in certi ambienti, i libri della Sacra Scrittura facevano difetto,
s'interessava per procurarne parecchie copie e guadagnare cuori a
Cristo. Per questa nessun sacrificio le tornava gravoso: sonno scarso,
pasti ritardati, comodi personali tenuti in non cale, le riuscivano più
di gioia che di pena; bene spesso arrivava persino a troncare le
dolcezze della contemplazione, pur di recare una parola di sollievo ad
anime afflitte, o compiere altri doveri di carità. Come il ferro
immerso nel fuoco si trasforma tanto da sembrare fuoco, così l'anima
sua, infiammata dal divino amore, si era trasformata in luce di carità
per la salvezza delle anime.
Quantunque, per quanto ci consta, non ci fosse sulla terra, a quei
tempi un'anima che avesse comunicazioni divine pari alle sue, per
elevatezza e frequenza, pure ella viveva inabis sata nell'umiltà più
sincera e profonda.
Intimamente convinta che nessuno fosse di lei più indegno dei divini
favori, non aveva il minimo dubbio che le venissero accordati al solo
scopo di seminarli, come grana prezioso, in terre più feraci. Il
lasciare nascosti tali tesori nella sentina e nell'immondezzaio del suo
cuore non era che un disonorarli, mentre solo il giorno in cui venivano
affidati a un altro più degno di riceverli, avrebbero incominciato a
fruttificare per Nostro Signore, e diventare pietre preziose,
incastonate in monili d'oro. Con ingenua fede ella credeva che gli
altri, per la purezza e la santità della loro vita, davano più gloria a
Dio con un solo pensiero, di quello che potesse far lei con la
donazione di tutto il suo essere, per la sua vita negligente ed indegna.
Questa la vera ragione che la decise a rivelare i favori che riceveva
da Dio: giudicandosene indegna, non supponeva che fossero stati offerti
per lei, ma per salvezza dei fratelli.