CAPITOLO II. - TESTIMONIANZA DELLA GRAZIA
Santa Gertrude di Helfta

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Tutto ciò che il cielo racchiude ne' sudi spazi, la terra ne' suoi
confini, l'abisso nelle sue profondità, canti un inno di ringraziamento
al grande Iddio, che diffonde su noi la magnificenza delle sue grazie!
Tutti gli tributino quella lode eterna, immensa ed immutabile che,
procedendo dall'amore increato, non trova la sua pienezza, che
risalendo al medesimo amore!
L'eterno Iddio sia universalmente glorificato per aver diretto i flutti
della sua tenerezza verso la valle dell'umana fragilità, degnandosi di
guardare un'anima che l'attraeva per i meravigliosi favori di cui
l'aveva ricolmata! Poichè la Scrittura afferma che « due o tre
testimoni bastano per stabilire solidamente, un'asserzione » (II, Cor.
XIII, 1) e noi già abbiamo parecchi di tali testimoni, così possiamo
concludere, con certezza, che il Signore ha scelto particolarmente
quest'anima per manifestarle i segreti del suo amore.
Il primo e principale testimonio è Dio stesso, il quale si compiacque
di eseguire quanta ella aveva predetto, di svelare quanto ella aveva
appreso in segreto; di manifestare l'effetto delle sue preghiere,
liberando dalle tentazioni coloro che, con cuore contrito ed umiliato,
avevano supplicato Dio, mediante il suo ausilio.
Citeremo qualcuno fra i moltissimi fatti occorsi.
Morto Rodolfo re dei Romani, si pregava in Monastero per l'elezione del
suo successore: ebbene, Geltrude palesò alla Madre Abbadessa il nome
dell'eletto, il giorno e, a quanto pare, persino l'ora dell'elezione
avvenuta lontano, aggiungendo che sarebbe stato ucciso dallo stesso suo
successore: ciò che avvenne.
Altra volta un uomo sospetto minacciava l'abbazia. Il pericolo era
evidente ed inevitabile, ma la Santa, dopo breve preghiera, annunciò
alla Madre che il rischio era scomparso. Infatti ben presto un
procuratore di corte avvisò che quell'uomo, essendo stato condannato,
non poteva più nuocere; ciò che la Santa aveva segretamente saputo per
divina rivelazione. L'Abbadessa, e coloro che conobbero il fatto, ne
ringraziarono Dio con immenso giubilo.
Una persona tormentata da gravissime tentazioni ricevette, in sonno,
l'avviso di raccomandarsi alle preghiere di Geltrude per esserne
liberata: lo fece con umile devozione, ed ebbe la grande consolazione
di essere immediatamente esaudita.
Riportiamo un altro fatto degno di essere conosciuto. Una persona,
mentre stava per comunicarsi durante la S. Messa, venne assalita da
tentazioni ossessionanti, causate da funesta occasione capitatale
qualche giorno prima. La tentazione divenne così incalzante da farle
sembrare impossibile la resistenza, e prossima la caduta. Desolatissima
non osava comunicarsi, avendo la mente infestata da simili suggestioni
diaboliche. In quel frangente si sentì spinta da superna Ispirazione a
raccogliere un lembo di stoffa che Geltrude aveva strappato dalla sua
calzatura. La povera tentata se lo pose sul cuore, e pregò con fiducia
il Signore di liberarla per l'amore col quale aveva purificato la sua
diletta Sposa da ogni affezione umana, per colmarla di grazia celeste e
farsene un tempio di predilezione. Cosa ammirabile e degna di essere
considerata con venerazione. Appena ebbe posato quel lembo di stoffa
sul cuore, la tentazione si dileguò e non disturbò più neppure in
avvenire quella persona.
Nessuno neghi fede a queste meraviglie! Non ha forse detto Nostro
Signore nel S. Vangelo: « Qui credit in me, opera quae ego facio et
ipse faciet, et malora horum faciet? - Colui che crede in me farà le
opere che faccio io, anzi ne farà di più grandi?» (Giov. XIV, 12).
L'uomo Dio, che si degnò di guarire l'emoroissa col semplice tocco del
suo mantello, volle, per i meriti della fedele sua Sposa, liberare
dalla tentazione un'anima per la quale non si meritò di morire in Croce.
Questi fatti bastano per stabilire la prima testimonianza, quantunque
non ci sarebbe difficile aggiungerne molti e molti altri ancora.