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Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Tempio di Gerusalemme


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L'unico luogo destinato al culto ufficiale di Iahweh a cominciare da Salomone, secondo la biblica legge della centralizzazione del culto. La costruzione (I Reg. 6.8; II Par. 3-4; Ier. 52; Ez. 40-42). Progettato già da Davide fu realizzato solo da Salomone, dopo sette anni di lavoro, assieme alla reggia, con la collaborazione del re Hiram di Tiro per il materiale e gli operai specializzati. Il luogo scelto fu il prolungamento settentrionale del colle Ofel, sede della primitiva Gerusalemme, già consacrato da tradizioni sacre perché ivi era l'aia di Orna il iebuseo dov'era avvenuta una teofania e dove David aveva già innalzato un altare (2Sam 24, 16-25; 2Par. 3, 1). A partire dall'ingresso posto a est, il T. (lungo m. 33, largo m. 11, alto m. 16,60) presentava i tre seguenti ambienti: il "vestibolo" (ebr. 'ulam: m. 5,50 x 11 x 16,50); l' "aula" (ebr. hekal; cf. sumerico EGAL "grande casa" ed accadico ékallu "palazzo"), chiamato anche "santo" (m. 22 x 11 X 16,50); infine la "cella" (ebr. debir), chiamata anche "santissimo" (ebr. qodes qodasim, superlativo: servilmente = santo dei santi), di forma perfettamente cubica (m. 11 per lato). Ai lati nord-ovest e sud di questo edificio era addossata un'altra costruzione in tre piani, ciascuno dei quali era alto m. 2,75 e comprendeva 30 camere, ma con una larghezza crescente dal basso verso l'alto così che il muro della "casa", sostenente al di dentro i tre piani, rientrava, formando tre alti gradini. Al di sopra del terzo piano, nel muro della "casa", s'aprivano alcune finestre per l'illuminazione del vestibolo e del "santo"; soltanto il "santissimo" era privo di finestre e totalmente oscuro. I tre ambienti dell'interno, gradatamente elevantisi probabilmente per mezzo di gradini posti all'ingresso del secondo e terzo ambiente, erano separati da due pareti di legno di cedro, munite di porta quadrangolare fra il vestibolo ed il "santo" e di porta pentagonale tra il "santo" ed il "santissimo", ed erano rivestiti di legno di cedro, eccetto il pavimento fatto di legno di cipresso, con le pareti intagliate con cherubini, fiori e palme e con rivestiture d'oro.

Nel "santo" stavano l'altare d'oro per i profumi, la mensa di cedro ricoperta d'oro per i pani della presentazione o proposizione e 10 candelabri d'oro. Nel "santissimo" stava soltanto l'arca ivi trasportata dal preesistente tabernacolo (v.) e ai due lati dell'arca due cherubini (v.), scolpiti in legno d'olivastro ricoperto d'oro, alti m. 5,50, con due ali distese, lunga ognuna m. 2,75. Nel "santissimo" misteriosamente oscuro, e particolarmente sacro, entrava solo il sommo sacerdote nel giorno dell'Espiazione.

Ai due lati del vestibolo s'innalzavano due colonne di bronzo, libere da sostegno, vuote all'interno, alte m. 9,9, con la circonferenza di m. 6,6, il diametro di ca. m. 2 e lo spessore del bronzo di cm. 10: erano coronate da un capitello di bronzo alto m. 2,75, a forma di tazza, con decorazione lotiforme e melogranata, simbolicamente denominate lakin "è stabile" e Bo'az (Be'oz "in forza"). Lo spazio, a cielo scoperto, fra la "casa" ed il recinto murale posto intorno da tre lati, costituiva l'atrio (ebr. haser) interno del T., distinto da quello esterno, più basso e più ampio, che recingeva anche la reggia e comprendeva l'altare degli olocausti (Ez. 43, 13-17), il mare di bronzo, che era un enorme vascone emisferico della capacità di 787 h1., poggiato su 12 buoi di bronzo, raggruppati a tre a tre, che conteneva 1'acqua per le abluzioni, trasportata mediante 10 ampie conche poggiate su carrelli a ruote.

Ispirato all'idea arcaica dei templi sumero-accadici (L. H. Vincent, De la Tour de Babel au Temple, in RB, 53 [1946] 403-40), il T. salomonico è la dimora esclusiva ed inviolabile di Dio in mezzo al suo popolo e la sua costruzione è regolata da una speciale rivelazione divina (cf. Cilindro A di Gudea: in RB, 55 [1948] 403-37). Architettonicamente però è derivazione fenicia, presentando grandissima affinità col tempio fenicio di Tell Tainat, scoperto nel 1936. Oltre al generico simbolismo cosmico per cui è una riproduzione in piccolo del tempio celeste (cf. Sap. 9, 8; Ex. 25, 9.40; Heb. 8, 1-5; 9, 23-24; 12; 22) e, a sua volta, nelle sue tre parti è il modello delle tre parti del cosmo: cielo ("santissimo"), terra ("santo") e mondo sotterraneo ("mare di bronzo"; accadico apsiì) (F. Giuseppe, Ant,. 111, 6, 4; 7, 7; Filone, De vita Mosis III, 4 ss.) a significare la dominazione cosmica di Iahweh; si attribuiscono significati simbolici particolari a parecchi elementi, ma di valore molto discutibile e comunque indimostrabili.

Tempio di Zorobabele (I Esd. 3-6; Agg. 2, 2-10). La ricostruzione del T. di Gerusalemme distrutto completamente nel 586 a. C., per opera di Nabucodonosor, fu una delle più vive preoccupazioni degli Ebrei rimpatriati dall'esilio. Il nuovo T., condotto a termine nel 516 a. C. dopo opposizioni e difficoltà, e chiamato dalla successiva tradizione giudaica il "secondo T.", riproduceva le linee principali e la disposizione del tempio salomonico (Esd. 6, 3 ss.) ma gli era nettamente inferiore in fatto di sontuosità e ricchezza di materiali, a motivo della ristrettezza dei mezzi. Mancando l'arca dell'alleanza, andata distrutta nel 586 (in 2Mach. 2, 1 ss. è riportata la leggenda popolare dell'occultamento sul monte Nebo dell'arca per opera del profeta Geremia) il. "santissimo" rimase vuoto (cf. Misnah, Yoma V, 2; F. Giuseppe, Bell. V, 5, 5) e vuoto lo trovò Pompeo Magno, penetratovi da conquistatore nel 63 a. C. (Tacito, Hist. V, 9). Nel "santo" stavano l'altare dei profumi e la mensa dei pani della presentazione ed un candelabro d'oro a sette bracci invece dei dieci candelabri precedenti (I Mach. 1, 21; 4, 49, 51; F. Giuseppe, Contra Apionem I, 22). Spogliato e profanato da Antioco Epifane, fu restaurato dai Maccabei. Tempio di Erode il Grande (F. Giuseppe, Ant. XV, 11; Bell. V, 5). Il meschino secondo T. fu rinnovato da Erode il Grande, a fine di guadagnarsi l'animo dei Giudei e per ostentare il gusto ellenislico verso l'edilizia. Dopo aver vinta la diffidenza dei Farisei ed accumulata un'enorme quantità di materiali, la costruzione, iniziata nel 19 a. C., fu condotta a termine in nove anni e mezzo, sebbene i lavori di rifinitura si siano prolungati fino al 62 d. C. (cf. Io. 2, 20). Dalla tradizione giudaica il T. di Erode fu sempre considerato "il secondo Tempio", figurando come abbellimento del ricostruito nel 516 a. C. e non essendo mai stato interrotto il servizio liturgico. L'organismo salomonico fu conservato: però ricevette una maggiore altezza e modifiche considerevoli nelle costruzioni circostanti. La spianata attorno alla "casa" fu allargata del doppio, per mezzo di sottocostruzioni praticate ai margini della collina; in questa spianata furono edificati tre atri ascendenti dalla periferia verso il T. L'atrio più esterno, accessibile a tutti e perciò chiamato «atrio dei gentili», s'estendeva fino ad uno sbarramento in pietra che segnava il limite permesso ai pagani e recava iscrizioni in greco e latino comminanti la pena di morte al pagano che l'avesse oltrepassato (una di queste iscrizioni fu ritrovata nel 1871): i due suoi lati esterni, orientale e meridionale, erano costituiti da due sontuosi portici: quello orientale che guardava la valle del Cedron, chiamato impropriamente "portico di Salomone" fu frequentato da Cristo e dagli apostoli (Io. 10, 23; At. 3, 11; 5, 12); quello meridionale che andava dalla valle del Cedron a quella del Tiropeon, chiamato "portico regio", mostrava una sontuosità regale con le 162 colonne in quadruplice fila sormontate da un elegante capitello corinzio; Più avanzato ed elevato, sorgeva l’"atrio interno" racchiuso da potenti mura ed accessibile soltanto ai Giudei, diviso in "atrio delle donne" ed in "atrio degl'Israeliti". Più avanzato ancora, sorgeva l"'atrio dei Sacerdoti", dov'era l'altare degli olocausti; infine il T. coi suoi tre ambienti tradizionali. Sull'angolo nord-ovest, sul luogo della precedente Rocca (birah, ***) fu costruita l'inespugnabile fortezza Antonia, dedicata al triumviro Antonio (At. 21, 32.40) nel cui cortile, detto in greco Lithostrotos, a motivo del lastrico o in aramaico Gabbatha (Io. 19, 13) per la sua soprae1evazione, fu eretto il tribunale mobile (***) per il processo civile di Cristo davanti a Pilato (Mt. 27, 2 ss.). Brevissimo tempo dopo la costruzione, il 10 del mese Loos (6 o 29-30 agosto) dell'anno 70 d. C., il T. erodiano fu incendiato e mai più ricostruito, perché il probabile tentativo di ricostruzione durante l'insurrezione di Simone Bar Kozéba negli anni 132-135 fu interrotto dall'intervento romano.

BIBL. - G. RICCIOTTI, Storia d'Israele, I. Torino 1932, pp. 354-64; II, Ivi 1933, pp. 108-20., 397-402; L. H. VINCENT, in RB, 42 (1933) 83-43; 46 (937) 563-70 (L'Antoine et le Prétoire); G. E. WRIGHT. Salomon's Temple resurrected, in Bibl. Archeol., 4 (1941) 18-31; V. F. ALBRIGHT. in BASOR, 85 (1942) 18-17; ID., The Archaeology and the Religion of Israel, Baltimora 1946. pp. 142-55; F. SPADAFORA, Ezechiele, 2a ed., Torino 1951, pp. 295-317; A. PARROT, Le temple de Jérusalem (Cahiers d'Archéologie biblique, 5) Neuchatel 1954; A. G. BARROIS, Manuel d'archéologie biblique, II, Parigi 1953, pp. 426- 59.

Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora