Scrutatio

Domenica, 6 ottobre 2024 - San Bruno (Brunone) ( Letture di oggi)

Purgatorio


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Stato intermedio tra la beatitudine e la pena eterna; e temporaneo, «dove l'umano spirito si purga, (dai residui delle colpe), e di salire al ciel diventa degno». S. Paolo in I Cor 3, 11-15 svolge l'immagine di un edificio in costruzione che denota la Chiesa. I predicatori del Vangelo sono gli operai che, sul fondamento già posto a Corinto da Paolo, vengono a sopraelevare, a continuare il lavoro. La loro opera può esser senza difetti, curata in profondità, come se costruissero con oro, argento, pietre preziose; oppure può frammischiarsi ad essa la vanagloria, la mancanza di disinteresse, altri difetti, come se usassero legno, paglia, fieno. Ogni opera ha il suo collaudo, l'ora della prova; s. Paolo lo chiama «il giorno di Cristo», «il giorno di fuoco», e dice che la prova non tarderà. Il fuoco: sono tutte le attività distruttrici, il cui assalto subirà l'edificio spirituale di Corinto; secondo la disposizione divina. Il fuoco saggerà l'opera di ciascuno: quelli che han ben lavorato vedranno il loro edificio resistere alla bufera, mentre l'opera degli altri andrà dispersa. Orbene «se l'opera che uno ha edificata rimarrà in piedi, egli riceverà la ricompensa; se l'opera sua sarà arsa, egli n'avrà danno; quanto a lui sarà salvo, però, come di mezzo alle fiamme».
Il buon predicatore sarà premiato; l'altro invece "avrà danno"; non si tratta di peccato grave, perché "sarà salvo", avrà la vita eterna; ma di colpe veniali, che tuttavia deve espiare: "sarà salvo, ma come attraverso il fuoco": questo fuoco è dunque qualcosa di temporaneo che gli consente d'espiare il suo debito.
Le tribolazioni di questa vita entrano senz'altro in tale categoria; ma non sempre ci è dato il tempo di espiare tutto quaggiù; non sempre noi si approfitta di queste tribolazioni. Il predicatore del Vangelo (e ogni cristiano in genere), col peso dovuto alla sua colpa veniale, non è mandato all'inferno: "sarà salvo"; ma non può neppure essere ammesso in cielo, dove non è più possibile espiare; dunque, dalle parole di s. Paolo si deduce chiaramente l'esistenza del p., stato intermedio e temporaneo di espiazione. Questo carattere espiatorio è espresso egualmente con la metafora del fuoco.
In Lc. 12, 48 Gesù dice soltanto che nel giudizio ci sarà una gradazione di premi e di pene a misura della responsabilità; non c'è cenno per il p.
[F. S.]

BIBL. - E. E. ALLO, Première épitre aux Corinthien., 2a ed., Parigi 1935, pp. 59 ss. 66 s.; V. JACONO, Le epistole di S. Paolo, Rom., 1-2Cor., Gal., Torino 1951, p, 285 s.

Autore: Mons. Francesco Spadafora
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora