Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Presbiteri


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Collaboratori subordinati degli Apostoli nel governo delle comunità cristiane primitive e corrispondenti all'attuale secondo grado (sacerdozio) della gerarchia dell'Ordine, sono designati con i due termini *** e ***, che sono sinonimi per l'uso scambievole (At. 20, 17.28; l Tim. 3, 2 e 5, 17; Tit. 1, 5.7; I Pt. 5, 1.5), per l'identità di ufficio (At. 20, 17.28; Phil. 1, 1; 2Tim. 3, 5-7; 5, 17; I Tim. 3, 5 ecc.) e per il mancato uso simultaneo.
I *** "anziani", già presenti presso i Giudei come le persone più insigni delle singole città (1 Mac. 11, 23; 12, 35; Lc. 7, 3; cf. Deut. 19, 12; Ios. 20, 4; Rut. 4, 2 ecc.) e specialmente come membri del Sinedrio gerosolimitano (Mt. 16, 21; 27, 41; Mc. 8, 31 ecc.), esistono nella Chiesa di Gerusalemme (At. 11, 30); nelle comunità giudeo-cristiane (Iac. 5, 14), in quelle fondate da s. Paolo (At. 14, 23; Tit. 1, 5; At. 20, 17; I Tim. 5, 17.19; 4, 14), in quel. le d'Asia Minore (I Pt. 5, 1.5; II e III Io. v. 1), nelle chiese di Corinto e di Filippi (Clemente Romano: I Cor 1, 3; III, 3; XXI, 6; ecc.) e per analogia anche in Cielo (Ap. 4, 4.10; 5, 5-14 ecc.).
Gli *** (da *** che nei LXX traduce l'ebraico paqad con l'idea dominante di sorveglianza esercitata da uomini o di potere supremo esercitato da Dio), già in uso presso i greci come un intermediario (sorvegliante, governatore, comandante d'armata) fra il potere supremo ed il popolo, appaiono nella Chiesa di Efeso (At. 20, 28; I Tim. 3, 1-7), di Filippi (Phil. 1, 1), di Creta (Tit. 1, 5-9), d'Asia (I Pt. 5, 1), di Corinto (Clemente Romano: I Cor XLII, 4; XLIV, 4.6) e di Palestina o Siria (Didaché: XV, l ss.).
I P. sono eletti dagli Apostoli o dai loro delegati, dopo la loro dispersione dalla Palestina (cf. At. 11, 30), fra digiuni e preghiere (At. 14, 23), sotto la guida dello Spirito Santo (At. 20, 28; cf. At. 14, 23; I Tim. 3, 1 ss.; 5, 22; Tit. 1, 5; Clemente Romano, I Cor XLIV, 1-3): da questi sono confermati in caso di scelta ed elezione da parte della comunità (Didaché, XV). Il rito d'istituzione è l'imposizione delle mani (At. 14, 23; I Tim. 5, 22). Essi non hanno la pienezza del sacerdozio perché sono impossibilitati a conferire ad altri il sacerdozio con l'imposizione delle mani (1Tim. 4, 14 chiarito da 2Tim. l, 6) e sono parecchi per ogni singola comunità (At. 14, 23; 20, 17.28; Phil. 1, 1; Tit. 1, 5; I Pt. 5, 1; Iac. 5, 14; 1 Tim. 4, 14; Didaché XV, l), chiaramente subordinati agli Apostoli come loro aiutanti (At. 15, 2.4.6.22.23; 16, 4; 21, 18).
I P. sono i pastori (At. 20, 28; cf. Io. 21, 15 ss.; I Pt. 5, 2); direttori amministrativo- spirituali della comunità con una saggia amministrazione (Tit. 1, 6-9; I Tim. 3, 1-7), con l'insegnamento (At. 20, 28.3-2; l Tim. 5, 17; Tit. l, 9; I Tim. 3, 2; Didaché XV, 1-2), con l'esercizio di una perfezione morale (Tit. 1, 6-9; 1 Tim. 3, 1-7) ed il compimento di determinati riti liturgici (Iac. 5, 14: estrema Unzione; Clemente Romano, I Cor XLIV, 6: ***; XLIV, 4: presentazione del sacrificio eucaristico: ***; Didaché XV, 1: ***). I P. sono i sovraintendenti di Dio (I Tim. 3, 5; Tit. 1, 7).
Le doti sacerdotali sono tratteggiate da Paolo in due liste, con varianti non prive d'interesse (I Tim. 3, 1-7; Tit. 1, 6-9): tre doti sono speciali della prima: degno nel suo esteriore, non neofito, stimato dai pagani; tre altre sono speciali della seconda: amico del bene, giusto, pio; le altre dodici sono comuni alle due liste ma sette sono espresse con sinonimi: ammogliato una sola volta, prudente, ospitale, non bevitore, non violento, non arrogante, non litigioso, non avaro, sobrio, irreprensibile, capace di istruire e di governare bene la propria casa. Le condizioni principali sono tre: attitudine all'insegnamento, buona amministrazione e moralità della sua casa, e fedeltà al primo vincolo matrimoniale; le disposizioni interne sono riassunte in una parola: irreprensibilità che esclude i vizi grossolani rovinosi per la sua autorità - avarizia, collera, arroganza, brutalità, ubriachezza - ed include il possesso delle virtù conservatrici d'autorità, sobrietà, prudenza, modestia, animo ospitale, ,giustizia, purezza di costumi.
La necessità di questa perfezione sublime, che assimila a Cristo (I Pt. 2, 25) ed impone il massimo rispetto (I Tim. 5, 17), esige circospezione e prudenza nell'ordinazione dei P. (1Tim. 5, 22).
[A. R.]

BIBL. - L. MARÉCHAL, Éveques, in DBs. n, coll., 1297-1318; F. PRAT, La teologia di S. Paolo. (trad. it.), 7a ed., I, Torino 1950, pp. 332-35. 341 s.; J. COLSON, L'Éveque dans les communautés primitives. Tradition paulinienne et tradition iohannique de l'Épiscopat, des origines à S. Irénée, Parigi 1951.

Autore: Sac. Armando Rolla
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora