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Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Miracolo


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Dal latino mirari indica un fatto che desta meraviglia o stupore, perché fuori dell'ordinario. Si suol definire: «Un fatto sensibile, operato da Dio, al di fuori di tutte le forze e le leggi della natura». Nella Bibbia, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, si descrivono molti miracoli e non mancano accenni alla causa (= onnipotenza divina) ed al fine del m. (= mostrare tale attributo di Dio, confermare la missione di un inviato da Dio ecc.).

Nel Vecchio Testamento si parla di solito del m. come di un fatto eccezionale, meraviglioso (ebr. pele') oppure di un segno (ebr. 'òth) della potenza e benevolenza di Dio. Nella storia ebraica alcuni periodi (uscita dall'Egitto, conquista della Palestina, tempi di Elia e di Eliseo) appaiono quanto mai ricchi di tali interventi straordinari di Dio (passaggio del mar Rosso, passaggio del Giordano, la Manna ecc.), mentre troviamo registrato un solo m. nei profeti scrittori: il ritirarsi dell' ombra su l'orologio solare nel palazzo di Ezechia per ordine di Isaia (cf. 2Reg. 20, 9 ss.; Is. 38, 4-8). Spesso l'autore ispirato fa notare la connessione fra i miracoli, chiamati anche "azioni di potenza" (ebr. ghebhuròth; Deut. 3, 24; Ps. 106, 2) e l'onnipotenza divina, a cui nulla è impossibile (cf. Gen. 18, 14; Esth. 13, 9; Zach. 8, 6). Dio agisce su la natura e su gli uomini con l'irresistibile «soffio della sua potenza» (Sap. 11, 17-20). È innegabile - e quanto mai naturale, considerato il carattere peculiare della storia ebraica - che spesso si verificarono reali interventi divini, specialmente nei periodi più critici per il popolo depositario delle verità rivelate e delle promesse messianiche.

Talvolta l'impressione di essere davanti ad un m. è causata dallo stile poetico od enfatico. È un criterio basato sul genere letterario; esso ora viene applicato a taluni fenomeni, come alla strage di Sennacherib (2Reg. 19, 35 ss.) ed al m. del sole attribuito a Giosuè (cf. Ios. 10, 12-15). Altre volte il m. è apparente non reale, in quanto il fenomeno, pur non superando le forze ordinarie della natura, è riferito direttamente a Dio invece che alle cause seconde, che lo produssero. Tutte le opere della natura (l'aurora, la luce, la pioggia, il moto delle stelle, l'ordine nel cosmo ecc.) spesso sono descritte come m. continui dell'onnipotenza di Dio. Ciò avviene in modo particolare nei libri profetici e poetici, fra i quali si distinguono i Salmi e Giobbe.

Nel Nuovo Testamento si hanno molteplici miracoli compiuti sia da Gesù che dagli Apostoli. Gesù stesso si riferisce ad essi come ad un indice sicuro del sopraggiungere dell'epoca messianica (cf. Mt. 11, 5). Sono una testimonianza al suo carattere di inviato di Dio. È il valore apologetico del m., che condanna quanti non credettero alle "opere" meravigliose (cf. Io. 14, 11). Gesù, per operare miracoli richiede la fede; ma d'altra parte si serve di tali prodigi proprio per suscitare la fede (Io. 2, 11; 9, 3; 11, 4.15.42) e per attestare la sua missione (cf. Mc. 2, 10; Mt. 12, 28 s.). I medesimi motivi si possono scorgere nei miracoli compiuti dai discepoli. Negli Atti degli Apostoli (cf. 3, 6.16; 4, 10) si rileva spesso come i miracoli comprovino il carattere divino di Gesù Cristo. S. Pietro lo definisce: «Uomo accreditato fra voi da Dio mediante miracoli, prodigi e segni, che Dio compì per mezzo suo» (At. 2, 22).

La triplice denominazione dei fenomeni meravigliosi, operati contro le leggi della natura, ne accentua i diversi aspetti. Il m. è concepito o come qualche cosa di stupendo, che eccita la meraviglia (***) oppure come indice dell'onnipotenza divina (***) oppure come un segno (***) per documentare la genuinità del potere taumaturgico e quindi della dottrina predicata da chi opera un m. È noto come una caratteristica di s. Giovanni sia proprio presentare il m. come un segno, che suscita la fede dello spettatore in chi compie il prodigio (cf. Io. 2, 11).
[A. P.]

BIBL. - W. GRUNDMANN, ***, in ThWNT, II, PP. 286-318; G. BERTRAM, ***, ibid., II, pp. 631-40; A. OEPKE, ibid., III, pp. 194-215; P. A. LIÉGÉ, in RScPhTh, 35 (1951) 249-54.

Autore: Sac. Angelo Penna
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora