Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Luca


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È l'autore del terzo Vangelo e degli Atti (v.) degli Apostoli. S. Paolo lo distingue dai Giudei (Col. 4, 10 ss.): il nome stesso lo mostra come gentile: ***. Se è vera la lezione del codice D in At. 11, 28: *** (cf. sant'Agostino, De serm. Dom. in monte 2, 17, 57), L. era già cristiano intorno all'anno 41. Non vide Gesù (cf. Lc. 1, 2). Era di Antiochia di Sira: cf. i Prologhi agli Evangeli, che lo dicono «discepolo degli Apostoli e di Paolo». Accompagnò quest'ultimo nel secondo viaggio (49-53) da Troade a Filippi (At, 16, 10-37), dove forse rimase (ibid. 16, 40) per ricongiungersi all'Apostolo sul finire del terzo viaggio (durato dal 53 al 58), restando gli vicino fino a Gerusalemme (Ibid. 20, 5.21, 18).
Rimase con lui nella prigionia di Cesarea (At, 24, 23), nel tortuoso viaggio da Cesarea a Roma (ibid. 27-28) e durante la prima cattività romana (cf. Col. 4, 14; Phil. 1, 24). Il modo con cui termina il libro degli Atti fa supporre che L. non abbia dimorato di continuo vicino a Paolo: certamente non fu presente alla conclusione del processo ed alla conseguente liberazione (2Tim. 4, 16). Lo ritroviamo invece accanto all'amato maestro nella seconda prigionia romana (2Tim. 4, 11) ed è quasi certo che non l'abbia abbandonato fino al luogo del supplizio (cf. gli Atti di Paolo del II sec.). Il resto della vita di L. è avvolto nell'oscurità. Chi lo fa andare in Francia, Dalmazia, Italia e Macedonia (Epifanio); chi nella provincia romana dell'Acaia (cf. i cit. Prologhi) ed in Beozia (Girolamo); chi nell'Egitto superiore (Simone Metafraste) o in Bitinia (Isidoro; Bertario; Mart. Roman.). Ignoto parimenti è il genere di morte come pure il luogo del martirio, se fu un martire, come è venerato dalla Chiesa ai 18 di ottobre. Molti luoghi si gloriano di possedere il suo corpo: è più probabile che riposi nella chiesa benedettina di s. Giustina di Padova.
È certo che L. sia stato medico (Col. 4, 14); gli antichi lo ritennero pittore, soprattutto di Maria (Teodoro il Lettore; Simone Metafraste). Egli è il primo storico della Chiesa nascente. Gli autori antichi sono concordi nell'attribuire a L. il terzo Vangelo, che dicono riflettere l'insegnamento di Paolo (Prologhi, Ireneo, Tertulliano, Frammento muratoriano, Origene, Eusebio). L'esame interno conferma in varia guisa quest'attribuzione.

a) Il terzo Vangelo svela una somiglianza troppo stretta per essere casuale con l'epistolario paolino. Ritroviamo in L. quella stessa larghezza e comprensione relativamente alla vocazione universale alla fede ed alla salvezza, che sono una caratteristica del "vangelo paolino". Sulla culla di Gesù gli angeli annunziano la pace «agli uomini di buona volontà» (2, 14); il vecchio Simeone vede nel Fanciullo divino un faro per illuminare i Gentili (2, 32): lo stesso concetto in Giovanni Battista (3, 6). Lo stesso insegnamento si può ricavare dalla genealogia (3, 23·38). Dalla prima predica, nella sinagoga di Nazaret, fino alle ultime parole di Cristo, il Vangelo di L. insiste sulla penitenza e la remissione dei peccati per tutte le genti (cf. 4, 24-28 e 24, 46s.). Davvero che questo Vangelo si può chiamare il Vangelo dei peccatori e dei poveri diseredati e L. lo scriba «mansuetudinis Christi» (Dante, De Monarchia, l, 16).

b) L'agiografo del terzo Vangelo appare come una persona di gusto e di cultura. L'artista e il letterato affiorano ogni momento. Anche se L. si serve della "koiné", tuttavia si vede che la maneggia con disinvoltura e talvolta indulge perfino a una studiata eleganza, come nel Prologo (1, 1-4.). Confrontando sotto questo riguardo il terzo col secondo Vangelo balza agli occhi la superiorità stilistica di L. come pure la ricchezza e varietà e la "grecità" del suo vocabolario.

c) L'autore medico poi si fa sentire all'uso di termini più appropriati, tolti dall'arte della medicina, nel parlare di malattie e di malati, come fu osservato dai più celebrati critici moderni, quali un Harnack (A. Vaccari).

L. scrisse il suo evangelo prima di At. che ne sono come la continuazione (At. 1, 1); quindi prima della fine della prigionia dell' Apostolo (63 d. C.) con la quale termina quel libro; ca. l'anno 60.
Eccone lo schema. Tre parti, dopo un breve prologo: Infanzia, Vita pubblica, Passione e Risurrezione.

Prologo (1, 1-4): metodo seguito nella composizione del Vangelo.
1. Infanzia (1, 5.2, 52). L'arcangelo Gabriele annunzia a Zaccaria la nascita del Precursore ed a Maria quella del Messia (1, 5-38). Trovandosi la Madonna in casa di Elisabetta, nasce Giovanni ed è circonciso (1, 39-80). A Betlem nasce Gesù, è adorato dai pastori, circonciso, presentato al Tempio (2, 1.40). A 12 anni si trattiene nel Tempio, ma ritorna subito a Nazaret (2, 41-52).

2. Vita pubblica (cc. 3-21). Preceduto dalla predicazione del Battista e da questi battezzato (3, 1-22), Gesù - di cui si riferisce la genealogia umana ascendente sino a Dio (3, 23-38) - avendo superato le tre tentazioni diaboliche alla fine del digiuno quadragesimale (4, 1-13), inaugura il suo ministero pubblico.
a) In Galilea (4, 14-9, 50). - Gesù dà inizio alla predicazione ed ai miracoli a Nazaret, passa quindi a Cafarnao (dove guarisce la suocera di Simone) e in tutta la Galilea; dopo la pesca miracolosa, chiama al suo seguito Simone, Giacomo e Giovanni; guarisce un lebbroso (4, 14-5, 16). Viene ben presto in conflitto con Scribi e Farisei, perché rimette i peccati (al paralitico calato dal tetto), mangia coi pubblicani (pranzo in casa di Levi), non fa digiunare i suoi discepoli, permette che lavorino di festa (colgono spighe!), lui stesso viola il sabato operando miracoli (5, 17-6, 11). Ciononostante Gesù non desiste dal solenne annunzio del nuovo regno: premessa infatti l'elezione dei 12 Apostoli (6, 12-16), tiene il famoso Discorso (v.) del Monte (6, 17-49); si mostra vero salvatore degli umili, verso il servo del centurione, il figlio della vedova, la peccatrice innominata (7-8, 3); narra due parabole e compie quattro miracoli (8, 4-56). Nei riguardi degli Apostoli, li invia in missione sperimentale, conferma la loro fede con miracoli (moltiplicazione dei pani, trasfigurazione, guarigione del lunatico), provoca la confessione di Pietro e così li prepara ad accogliere le due profezie della prossima passione e gli ammonimenti sull'umiltà e la tolleranza (9, 1-50).
b) In viaggio verso Gerusalemme (9, 51-19, 28). Il vero spirito di Cristo consiste nella mansuetudine (verso i Samaritani inospitali), nella piena e pronta dedizione, nello zelo disinteressato (missione dei 72 discepoli), nell'amore del prossimo (parabola del samaritano pietoso), nella vita contemplativa (Maria e Marta), nell'orazione (Pater noster) fiduciosa e perseverante (9, 51-11, 13). Gesù svolge una serrata requisitoria contro i Farisei (11, 14-54). Inculca le disposizioni per partecipare al regno di Dio: sincerità (non l'ipocrisia), piena fiducia (non la paura), fuga dell'avarizia (parabola del ricco stolto), abbandono nella Provvidenza (non le preoccupazioni terrene), vigilanza (parabole del ladro e dell'economo), spirito battagliero (segni del "tempo"), penitenza (parabola del fico infruttuoso), carità comprensiva (guarigione della donna ricurva), perseveranza (parabole del chicco e del lievito): 12-13, 21.

Dichiarato che la via che mena alla salvezza è stretta, Gesù si ride delle minacce di quella "volpe" di Erode e deplora l'indurimento di Gerusalemme (13, 22-35). Invitato a pranzo da un Fariseo altolocato, raccomanda l'umiltà e l'obbedienza rispettivamente con le parabole dei posti a mensa e del gran convito; uscito all'aperto, spiega come l'imitazione dei suoi esempi sia condizionata al distacco completo e all'accettazione della "croce", confermando questa dottrina con le parabole della torre, della guerra e del sale (c. 14). Gesù rivela la tenerezza del suo Cuore verso i peccatori con le tre «parabole della misericordia»: la pecora perduta, la dramma smarrita, il figliol prodigo (c. 15). Seguono ammonimenti vari sull'uso delle ricchezze (parabole del fattore infedele e del ricco epulone), sulla condanna dello scandalo, sul perdono fraterno, sulla potenza della fede, sull'umiltà pratica (16-17, 10).

Gesù, guariti i dieci lebbrosi, raccomanda la gratitudine verso Dio sommo benefattore, sull'esempio del decimo miracolato; dichiara che il regno di Dio è già venuto e predice ai discepoli le persecuzioni che li aspettano, da parte della sinagoga; e la distruzione di Gerusalemme (17, 11-18, 8). Nelle vicinanze di Gerusalemme accoglie amabilmente i fanciulli; denunzia i pericoli delle ricchezze (episodio del giovane ricco) e promette ai generosi ricompensa incomparabile; predice le circostanze della sua passione per la terza volta (18, 15-34). A Gerico: arrivando, restituisce la vista ad un mendicante cieco; entrato, converte il pubblicano Zaccheo; uscito, narra la parabola delle mine (18, 35-19, 28). c) In Gerusalemme (19, 29-21, 38). Gesù, cavalcando un puledro, fa trionfalmente il suo ingresso solenne nella Città Santa, tra le ovazioni della folla entusiasta per il Messia. (Poco prima Egli aveva pianto su questa città prevedendonc la rovina a causa della sua cecità). Portatosi quindi nel Tempio, spazza via dalla "casa di orazione" i sacrileghi mercanti (19, 29-46). I soliti avversari colgono l'occasione per provocare le ultime polemiche: sospettato d'indebita invadenza, Gesù li mette a tacere col dilemma sul battesimo di Giovanni e, sotto il velo trasparente della parabola dei coloni perversi, li minaccia di riprovazione; anche sulla questione del tributo a Cesare li riduce al silenzio con una risposta perentoria; a proposito poi della risurrezione dei morti, confonde facilmente i materialisti Sadducei con le Scritture alla mano; inveisce infine contro gli Scribi vanitosi e parassiti, contrapponendo l'esempio vivente della modesta e generosa vedova (20-21, 4). In risposta ad una interrogazione riguardante il crollo del tempio, Gesù esorta innanzitutto alla costanza nella fede, quindi ritorna a parlare della distruzione di Gerusalemme e conclude con un appello alla continua vigilanza in attesa del Figlio dell'uomo (21, 5-38).

3. Passione e Risurrezione.
a) Passione e morte (cc. 22-23). - Preludio: la morte di Cristo è decretata dal Sinedrio d'accordo con l'apostolo traditore (22, 1-6). Durante l'ultima cena Gesù istituisce l'Eucaristia, raccomanda ancora una volta l'umiltà ai suoi discepoli, garantisce l'infallibilità e la supremazia di Pietro (22, 7.38). Nel Getsemani prega e suda sangue, finché, abbandonato da tutti, viene catturato dalle guardie guidate da Giuda (22, 39-53). È menato dal sommo pontefice Caifa, rinnegato da Pietro tre volte, schernito dalla soldataglia durante la notte, all'alba condannato a morte dal Sinedrio (22, 54-61). Condotto da Ponzio Pilato e riconosciuto innocente, viene inviato ad Erode che lo deride e lo rimanda a Pilato, il quale, cedendo alle urla della folla aizzata, ratifica la sentenza capitale (23, 1-25). Gesù, carico del legno, aiutato dal Cireneo e compianto dalle pie donne, giunge sul Golgota dove è crocifisso tra due ladroni e muore perdonando ai carnefici deicidi; Giuseppe d'Arimatea provvede alla sua sepoltura (23, 26-56). b) Risurrezione (c. 24). - La mattina della domenica le pie donne trovano il sepolcro vuoto, apprendono dagli Angeli la risurrezione del Maestro, la riferiscono ai discepoli scettici (24, 1-12). Gesù appare prima ai due discepoli diretti ad Emmaus sotto forma di pellegrino, poi a tutti gli apostoli adunati nel cenacolo investendoli della missione di suoi "testimoni" nel mondo (24, 13-19). E recatosi fuori, sale verso il cielo (24, 50-53). «L. stesso ci dice (1, 3) di aver fatto ricerche ed aver preso informazioni sui fatti e detti di Gesù presso coloro che vi si erano trovati presenti. Fra questi informatori, nei primi capi specialmente, si può ancora sentire la voce soave della madre stessa di Gesù (cf. 2, 19.51). Con tali ricerche da sì pure fonti attinse L. tanta copia di notizie da lui solo tramandateci, che quasi la metà del suo vangelo (514 v., su 1151) non ha riscontro negli altri, ca. un terzo dei miracoli e i tre quarti delle parabole (18 su 24), che riporta, gli sono esclusivamente propri. Delle fonti scritte, usò certamente di Mc., da lui seguito in tre lunghi tratti della vita pubblica del Signore: 4, 31-6, 19 (Mc. 1, 21.3, 19); 8, 4-9, 50 (Mc. 4, 1-9, 40); 18, 15-21, 38 (Mc. 10, 14-13, 37) e la fedeltà con la quale ne riferisce la sostanza, pur imprimendovi per la scelta, la dicitura e l'ordine, il suo stampo personale, ci è caparra della sua sincerità nell'uso delle altre fonti non scritte o perdute. Ma da s. Paolo ebbe il vangelo di L., se non la prima spinta, certo la sua caratteristica: l'universalità della religione, la salvezza aperta ai pagani, la inesausta misericordia divina...» (A. Vaccari). L. scrisse per i Gentili convertiti; e dedicò il suo scritto a un bravo e nobile cristiano di nome Teofilo.
[G. T.]

BIBL. - M. J. LAGRANGE, Ev. selon s. Luc, 3a ed., Parigi 1927; L. MARCHAL, nella Ste Bible (ed. Pirot, 10). ivi 1946, pp. 1-292; A. VACCARI, La S. Bibbia, VIII, Firenze 1950, pp. 189-284; A, VALENSIN - J. HUBY, Vangelo sec. S. Luca (Verbum Salutis), trad, it., (Studium) Roma 195.6; J. SCHMID, L'Evangelo sec. Luca, trad. it., (Morcelliana) Brescia 1957; R. LAURENTIN, Structure et théologie de Luc, I-II (Etudes Bibliques), Parigi 1957.

Autore: Sac. Giuseppe Turbessi
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora