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Sociologia della religione


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La sociologia della religione è quella parte della sociologia (sottodisciplina) che prende per oggetto la religione e i suoi rapporti con la società. Prima dell'intervento sociologico, la religione era stata oggetto di discipline come la teologia e la filosofia. Col crescere del positivismo (e col decadere dell'idealismo filosofico), sorse l'aspirazione di elaborare una scienza della religione. Ciò avvenne nel secolo XIX. Questa scienza ha ereditato aspetti, positivi e negativi, dell'Illuminismo e del Romanticismo. L'Illuminismo le ha dato alcune caratteristiche sistematiche di stampo filosofico; il Romanticismo, l'attenzione ai fattori storici e linguistici oltre all'accentuazione del sentimento.

Accanto all'attenzione ai fatti religiosi (positivismo), permangono dunque, nella scienza della religione, elementi clandestini dell'idealismo. Uno di essi è il desiderio di spiegare la religione attuale in termini evoluzionisti: l'umanità sarebbe in un processo di maturazione spirituale. Secondo questo processo, la religione sarebbe una tappa della storia della cultura, destinata ad essere superata da altre tappe successive (non religiose). Così, la " legge dei tre stadi " di A. Comte (1798-1857): la storia dell'umanità si svolge secondo questi stadi della ragione umana: il religioso, il metafisico, il positivismo o stadio scientifico. Però, a sua volta, la religione ha seguito anch'essa una linea evolutiva: il totemismo, l'animismo (le teorie linguistiche le quali " spiegano "), il politeismo, ed infine il monoteismo. Perciò è di grande interesse conoscere la religione più primitiva, poiché a partire da essa si pensa di poter stabilire le varie tappe che la religione ha attraversato e giungere ad esse in maniera puramente empirica, di modo che dai dati possiamo dedurre le leggi del comportamento umano. Si cerca accanitamente una definizione minima del dato religioso: per esempio, quella di Tylor ( "credenza in esseri spirituali "). Frazer, nella sua opera Il ramo dorato (1890) compone uno schema evoluzionista ternario: magìa- religione-scienza. La religione, secondo lui, è sorta quando l'uomo si rese conto della sua incapacità di dominare la realtà mediante la magìa. La teoria opposta, che intende spiegare la pluralità delle religioni con un movimento degenerativo a partire da una primitiva e vera religione primordiale, può essere inclusa anch'essa in uno schema evoluzionista, ma di tipo pessimista (Graebner: 1877-1934 e Schmidt: 1868-1954).

In questo contesto di una scienza della religione, le teorie sociologiche cercano soprattutto di determinare la funzione della religione nella società e i rapporti che essa mantiene con le altre istituzioni sociali. Fustel de Coulanges nel suo libro La città antica (1864) fece un'indagine comparativa (il mondo indù, quello greco e quello romano) sulle idee che furono efficaci per configurare queste società primitive e giunse alla conclusione che la religione esercitava una funzione domestica e integratrice, che diede origine in Occidente alla famiglia patrilineare. Robertson Smith studiò le società semite (1889) che, secondo lui, hanno la caratteristica di stabilire l'identità del gruppo partendo dall'identità religiosa. Egli sottolineò l'importanza dell'aspetto rituale (totemico) della religione, destinato a legittimare e a rafforzare l'integrazione collettiva. Questo influì in modo notevole su Durkheim, la cui opera Le forme elementari della vita religiosa (1912) costituisce uno dei punti più importanti nello studio della religione. La contrapposizione sacroprotano esprimerebbe la dualità del sociale e dell'individuale, perché nella divinità si manifesterebbe " la società trasfigurata e pensata simbolicamente ". Si costituisce così una coscienza collettiva, capace di superare l'egoismo individuale, di agglutinare il gruppo, di modellare i comportamenti secondo idee etico-sociali, e di legittimare l'autorità che controlla e sanziona.

Sebbene questa tesi sia stata abbandonata, essa tuttavia ha fornito nozioni decisive circa il nesso tra le convinzioni religiose ed il complesso di norme e di valori morali di una società. Max Weber (1864-1920) studiò a fondo questi nessi. Cercò di dimostrare che gli orientamenti fondamentali creati dal calvinismo ebbero un ruolo decisivo nello sviluppo dello " spirito del capitalismo ", cioè, nello stabilire i moderni atteggiamenti economici. Egli appoggiò questa tesi (che diede origine ad una discussione senza fine) con un'analisi comparativa dei rapporti esistenti tra la religione e la struttura sociale in India, in Cina e nell'antico Israele. Le sue conclusioni possono essere riassunte così:

a) ogni religione possiede una metafisica (teologia) che implica un atteggiamento differente di fronte al mondo e alle realtà profane;

b) dalla metafisica di ogni religione deriva un'etica differenziata che motiva l'azione profana in un modo distinto;

c) pertanto la religione è uno dei fattori principali di differenziazione sociale.

Un'altra funzione sociale della religione va connessa col fatto che in tutte le culture, ci sono sempre delle frustrazioni riguardo a speranze normative (la ricompensa del giusto) ed emozionalmente dense. Per evitare una disintegrazione sociale e personale (anomia), certi problemi, come quello della sofferenza senza senso e del trionfo del male, dovranno essere interpretati mediante una teodicea (giustificazione della divinità) che confermi le aspettative deluse, calmi l'ansia emozionale e dia un senso alla sofferenza.

In questo modo, già nei classici della sociologia (Durkheim e Weber) sono poste le basi per la concezione funzionalista della religione che sarà sviluppata in seguito (Parsons, Luckmann). In essa, affiorano, in modo paradigmatico, le limitazioni e le difficoltà metodologiche per affrontare un fatto della complessità del fattore religioso. Nella sua versione più radicale, il funzionalismo ritiene che la concezione della religione, viste le profonde divergenze che separano le sue forme storiche, non va dedotta da quello che le religioni dicono di essere (definizione sostantivista), ma dagli effetti che esse producono nelle società e nelle persone (definizione funzionale). Questa definizione esprimerebbe gli elementi che, appunto perché sorti e rimasti nella storia, sono ritenuti funzionali. Il fatto religioso si trasforma, così, in un dato antropologico, e, al di là delle varianti istituzionali, le religioni permangono nelle società moderne in forme nuove, ma private e personali, rivestendo addirittura forme' puramente secolari (equivalenti funzionali del dato religioso). È chiaro che in questa concezione, il religioso perde la sua specificità. Assieme ad essa, e alle volte combinandosi, ci può essere la tendenza ad una sociologia fenomenologica della religione che cerca una definizione sostantiva. In contrapposizione, si colloca una scuola marxista che fa proprio il giudizio sommario di Marx: la religione non è altro che una forma ideologica di alienazione. Questo tipo di problematica viene affrontato con un certo bagaglio di informazioni sociologiche. Però, prescindendo dai metodi propri dell'indagine positivista, può sfociare in una pura costruzione ideologica.

Complessivamente, l'apporto sociologico ha contribuito a funzionalizzare la religione. Però, a parte il fatto di arricchire in questo modo e criticare certi aspetti nascosti, ha anche posto il grave problema dell'identità della religione.

Bibl.- Acquaviva S. - Pace E., Sociologia delle religioni, Problemi e prospettive, NIS, Roma, 1992. Bajzek J., " Sociologia della religione ", in: Dizionario di Scienze dell'Educazione, Elle Di Ci, LAS, SEI, Torino-Roma, 1997, pp. 1033-1035. Durkheim E., Le forme elementari della vita religiosa, Ed. Comunità, Milano, 1963. Milanesi G., Sociologia religiosa, Ed. Elle Di Ci, Leumann (Torino), . Simmel G., Saggi di sociologia della religione, Ed. Borla, Roma, 1993.



Autore: J. Martínez Cortés
Fonte: Dizionario sintetico di pastorale (Casiano Floristan - Juan Josè Tamayo)