Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Preghiera


font righe continue visite 363

Parlando qui di preghiera, intendiamo riferirci alla preghiera del singolo, cioè, alla preghiera " silenziosa ", o personale. Senza avere una terminologia propria ed inalterata, questa forma di preghiera si distingue dalla preghiera liturgica e dalla preghiera comunitaria non liturgica.

Teoricamente, la preghiera personale gode di una tradizione senza pari. Tanto il NT (Gesù ed il suo insegnamento, come anche la dottrina degli Apostoli) quanto la Tradizione hanno dato a questa preghiera alcune radici profonde. Nella pratica, però, la preghiera personale ha incontrato grossi problemi. Psicologicamente, è sempre stata un'attività costosa.

In questi ultimi cinquant'anni, la preghiera è stata fortemente contestata. Contribuirono per questo la reazione ad un'abitudine meccanica sclerotizzata, l'attivismo, la psicologia del profondo, la prima fase della teologia " secolare ". D'altra parte, in una seconda fase teologica, il cambiamento dell'homo faber in homo festivus, il pullulare di movimenti " spirituali " ed il fascino dell'Oriente hanno rivendicato la presenza della preghiera come senso profondo della fede e della vita, anche di quella a-religiosa.

La diversità di stimoli spirituali e la loro profonda ambiguità hanno portato alla convinzione diffusa, teologica e pastorale, della necessità di una profonda evanglizzazione della preghiera.

Evangelizzare la preghiera: è questo il compito principale di fronte alla preghiera. Ad un cristiano, non deve interessare in primo luogo pregare molto o pregare poco; deve interessare farlo e farlo evangelicamente.

Evangelizzare la preghiera vuol dire inizialmente staccarla un tantino dal mondo dell'ascetica in cui è stata compresa. Non si vuol dire con ciò che l'ascetica non sia necessaria per la preghiera, ma si vuol dire che la preghiera non è un atto ascetico, bensì teologale.

Evangelizzare la preghiera significa fondamentalmente due cose: prima di tutto, bisogna presentare la preghiera come la buona notizia dell'incontro di Dio ? il primo orante, perché è Lui che ci prega con l'uomo; seconda cosa: pregare come Cristo ci ha insegnato. Le nostre preghiere possono essere anche buone, ma possono essere non cristiane.

Lavorare teologicamente la preghiera vuol dire fare questo cammino necessario di evangelizzazione. Definire la preghiera come esperienza di gratuità (G. Gutiérrez) significa entrare nel nucleo della teologia della preghiera cristiana.

La parola " gratuità " è una parola recente nel vocabolario teologico, e forse per questo viene fraintesa. Essa esprime la categoria del rapporto di amicizia, in quanto opposto o differente dal rapporto commerciale ed utilitarista. Così, questa parola porta la preghiera alla definizione teresiana: " L'orazione mentale non è altro, secondo me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo d'essere amati " (Vita di santa Teresa, c. VIII, n. 5). È un rapporto in cui si cerca la comunicazione e l'effusione, nulla di più e nulla di meno (L. Maldonado). È un rapporto che ha senso in se stesso, che si giustifica da sé, e non per qualcosa che sta al di là della stessa preghiera (J.M. Castillo). È questo il cammino per l'evangelizzazione della preghiera.

La relazione di Dio con l'uomo (abbiamo detto che Dio ci prega) è esposta ai tanti errori e alle tante stravaganze testimoniate dalla storia, anche da quella d'oggi. C'è il rischio che molti oranti ritengano tutto come proveniente da Dio e dicano: "Dio mi ha detto; Dio mi ha risposto". Invece non è così, ma il più delle volte, sono essi che dicono a sé stessi " (San Giovanni della Croce).

Per superare questo rischio, l'orante deve appoggiarsi sull'umanità di Gesù, nel quale il Padre " ci ha detto tutto insieme e in una volta in questa sola Parola, e non ha più niente da dire " (San Giovanni della Croce, Salita del Monte Carmelo, libro II, c. XXII, n. 3). Gesù è il " libro vivo " (Santa Teresa d'Avila). Tutto il resto: Scrittura, comunità, segni dei tempi, tutto va letto alla luce dell'esperienza di Gesù di Nazaret. Imparando a leggere in Cristo, con la forza dello Spirito, si coglie il senso e la vicinanza di Dio presente in tutto ciò.

Le categorie dell'incontro e del dialogo (adattate alla preghiera) possono essere spesso un alibi per la mancanza di realismo, per la superficialità e per l'intimismo. Per questo, l'orante deve badare al contenuto di questo dialogo di Dio con l'uomo e all'atteggiamento dell'uomo dinanzi a Dio. Il contenuto dovrà essere la vita (questo vuol dire: pregare la vita, cioè, fare della vita il contenuto del dialogo e dell'incontro orante). Quando questo è assente e l'orante vaga come un turista per i " verdi prati del cielo ", vuol dire che la sua preghiera è ancora allo stato adolescenziale. Probabilmente, siamo dinanzi ad una preghiera completamente artificiale ed irreale.

La preghiera è " generatrice di necessità profonde " (G. Gutiérrez). Quando l'incontro orante è autentico, esso stimola in chi prega le sue necessità e le possibilità che offre il Regno di Dio. Gesù fu l'orante del Regno. Il cristiano non ha un'altra sorte. L'orante che nella preghiera è stato con Dio (questa espressione non deve incutere timore), deve confessare con la stessa forza che una preghiera che non desti in lui l'esigenza evangelica per i fratelli non è preghiera cristiana. Stare con Dio è la finalità della preghiera. " Le opere e gli effetti che conseguono " sono la sua istanza critica irremovibile: " non c'è un crogiolo migliore per saggiarla " (Santa Teresa d'Avila).

Qualcuno ha scritto con una certa ironia: sulla preghiera, sappiamo già quasi tutto, meno che pregare (F. Ruiz). È un paradosso, ma significativo.

Una pastorale della preghiera dovrà tenere presenti queste cose (oltre ad una teologia della preghiera, che è essenziale): la formazione di oranti, il processo della preghiera, le difficoltà e le possibilità che si presentano nel dinamismo della preghiera, il discernimento... Sono quattro punti tutt'altro che facili, molto esposti a tergiversazioni, ma sono necessari, anzi, sono elementari.

Sui rapporti tra preghiera cristiana e metodi orientali (che potrebbero entrare nella pastorale), ne parliamo nella voce meditazione. Questa voce e l'altra: contemplazione completano quello che si è detto qui.

Bibl. - Barsotti D., Preghiera cristiana, Ed. Messaggero, Padova, 1970. Besnard A.M., La preghiera come rischio, OR, Milano, 1973. Gozzelino G., Al cospetto di Dio. Elementi di teologia della vita spirituale, Ed. Elle Di Ci, Leumann (Torino), 1989, pp. 36-89. Guardini R., Preghiera e verità, Ed. Morcelliana, Brescia, 1973. Häring B., " Preghiera ", in: Nuovo Dizionario di spiritualità, Ed. Paoline, Cinisello B., , pp. 1260-1271. Magrassi M., Bibbia e preghiera, Ed. Ancora, Milano, 1973. Marcheselli C.C., La preghiera in san Paolo, Ed. D'Auria, Napoli, 1974.



Autore: A. Guerra
Fonte: Dizionario sintetico di pastorale (Casiano Floristan - Juan Josè Tamayo)