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Giovedi, 18 aprile 2024 - San Galdino ( Letture di oggi)

Escatologia


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La parola escatologia era tradotta nel passato con " dottrina delle realtà ultime ", o " trattato dei Novissimi ". I novissimi, o realtà ultime, apparivano, in realtà, comeilun ammucchiamento di cose, che si trovano in qualche parte, oltre la cortina della morte, e che si poi si potevano studiare alla stessa maniera delle cose della terra " (Congar). Il trattato dei novissimi diventava cosi una specie di geografia delle campagne celesti o di fisica degli ultimi tempi, o di cronaca anticipata o anticipatrice della sorte finale dell'uomo e del mondo.

Si distinguevano due classi di novissimi: quelli che concernevano ogni persona singolarmente considerata (morte, giudizio particolare, purgatorio, paradiso e inferno) e quelli che concernevano l'umanità nel suo complesso e il mondo (la parusìa o ritorno di Cristo, la risurrezione dei morti, il giudizio finale e la fine del mondo). Ciò dava origine a due parti ben differenziate e indipendenti tra di loro: l'escatologia individuale e l'escatologia universale.

I novissimi erano situati preferibilmente nel campo dell'omiletica come ricorso facile per minacciare i fedeli con le pene dell'inferno e per favorire una vita cristiana ispirata dal timore della condanna eterna. Questo faceva si che invece di incoraggiare l'impegno e la critica dell'ordine stabilito, veniva facilitata la fuga dal mondo. Il fissarsi esclusivamente sulla patria celeste portava a disinteressarsi di quella terrena.

Come si è già detto, il trattato sugli ultimi tempi incideva poco sugli altri trattati teologici: era piuttosto un'appendice della dogmatica, e questo, non perché fosse al termine degli studi di teologia, ma per la sua irrilevanza teologica.

L'illuminismo, le filosofie del sospetto e l'ermeneutica, da una parte, e i metodi storico-critici applicati alla Bibbia, dall'altra, hanno finito per scalzare l'impostazione dell'escatologia come è stata descritta, hanno nullificato le questioni sui novissimi o cose ultime a cui i manuali di teologia erano soliti rispondere in forma di descrizioni esaurienti sull'al di là, ed hanno imposto all'escatologia una svolta copernicana.

L'escatologia, da appendice, è passata ad orizzonte della teologia, da periferia a centro del cristianesimo. La riscoperta della centralità dell'escatologia, dopo secoli di emarginazione e di oblìo, è merito di due teologi protestanti: Johannes Weiss, nella sua opera La predicazione di Gesù sul Regno di Dio (1892) e Albert Schweitzer, nel suo libro Storia dell'inchiesta sulla vita di Gesù (1906). Entrambi misero in rilievo l'importanza della dimensione escatologica sia nella vita e nel messaggio di Gesù che nel cristianesimo primitivo. Con questa riscoperta, fu assestato un colpo molto abile, forse definitivo, alla teologia liberale del secolo XIX. Gesù, nella versione di Weiss, non appare come il maestro di morale del sermone della montagna, ma come il visionario che trasmette un messaggio apocalittico. Il nucleo della sua predicazione è l'annuncio della venuta imminente del Regno di Dio. Schweitzer segue a ruota Weiss e presenta Gesù come l'unto che annuncia la vicinanza del Regno.

Nel secondo decennio del secolo XX, gli apporti rivoluzionari di Weiss e di Schweitzer nel campo dell'esegesi vennero incorporati nella riflessione teologica. La centralità dell'escatologia nel cristianesimo fu espressa in forma programmatica da Karl Barth nella seconda edizione del suo commento alla Lettera ai Romani (1922): " Il cristianesimo che non è totalmente e nella sua integrità escatologia non ha assolutamente nulla a vedere con Cristo ". Quarant'anni dopo, questo fu ripetuto da Moltmann, nel suo libro Teologia della speranza (1964), sotto un'ottica nuova: " Nella sua integrità, e non solo in un'appendice, il cristianesimo è escatologia; è speranza, sguardo e orientamento verso l'avanti, ed è anche, per ciò stesso, apertura e trasformazione del presente. Il fattore escatologico non è qualcosa di situato al lato del cristianesimo, ma è, semplicemente, il centro della fede cristiana ".

L'escatologia affonda le sue radici nell'antropologia, come ha dimostrato molto bene Karl Rahner. L'uomo è un essere storico, e corrisponde alla sua autocomprensione tanto uno sguardo ad un passato temporale quanto uno sguardo anticipatore verso un futuro ugualmente temporale: " Anàmnesis e prògnosis appartengono agli esistenziali ineludibili dell'uomo " (Rahner). Perciò l'affermazione escatologica non è un'affermazione ulteriore, aggiunta all'affermazione sul presente e sul passato dell'uomo: essa costituisce un elemento intrinseco della comprensione umana. Anche Schillebeecks richiama l'attenzione sul carattere storico e temporale dell'uomo che continua il suo cammino verso il futuro. Secondo lui, l'indagine sul futuro è un " esistenziale " della coscienza umana, e l'escatologia è scritta nell'esistenza dell'uomo.

L'escatologia cristiana, più che interrogarsi sugli ultimi tempi, si interroga sull'" ultima " di tutte le realtà. Più che indagare sulle cose ultime, chiede dell'Eskatos, Gesù di Nazaret. Più che parlare del futuro in genere, fonda i suoi enunciati del futuro sulla persona e sulla storia di Gesù. Più che anticipare l'al di là con descrizioni prolisse, si concentra sulla risurrezione di Gesù e sul significato che questa ha per l'uomo, per la storia e per il cosmo. Il suo discorso non appartiene al genere narrativo o informativo, ma è performativo, cioè, chiama i credenti a prendere sul serio la realtà storica e a trasformarla sulla linea dei valori del Regno. Dunque, come afferma chiaramente il Concilio Vaticano II, " La Chiesa... insegna che la speranza escatologica non diminuisce l'importanza degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi a sostegno della attuazione di essi " (GS 21). Così, si apre un nuovo cammino di dialogo con le escatologie secolarizzate e di collaborazione per la costruzione di un mondo più abitabile, giusto e solidale. È in questo contesto di dialogo intellettuale e di collaborazione nella pratica che l'escatologia ha da chiarire la relazione ? causa? ? tra il Regno di Dio e il regno umano della libertà, tra il futuro assoluto e i progetti storici di liberazione.

La teologia, infine, deve continuare l'ineludibile compito ermeneutico, già abbozzato da Rahner, sulle affermazioni escatologiche, alla luce degli studi biblici, dell'antropologia e della filosofia ermeneutica attuale.

Bibl. - Forte B., Teologia della storia. Saggio sulla rivelazione, l'inizio e il compimento, Ed. Paoline, Cinisello B., 1990. Gozzelino G., Nell'attesa della beata speranza. Saggio di escatologia cristiana, Ed. Elle Di Ci, Leumann (Torino), 1993. Greshake G., Breve trattato sui novissimi, Ed. Queriniana, Brescia, 1978. Moltmann J., Teologia della speranza, Ed. Queriniana, Brescia, 1970; Panteghini G., L'orizzonte speranza. Lineamenti di escatologia cristiana, Ed. Messaggero, Padova, 1991. Pozo C., Teologia dell'al di là, Ed. Paoline, Roma, 1983. Ruiz de la Peña, L'altra dimensione. Escatologia cristiana, Ed. Borla, Roma, 1981.



Autore: J. J. Tamayo
Fonte: Dizionario sintetico di pastorale (Casiano Floristan - Juan Josè Tamayo)