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Venerdi, 19 aprile 2024 - San Leone IX Papa ( Letture di oggi)

Teologia


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Premessa. Il rapporto tra t. e mistica o esperienza saporosa del mistero di Dio, può essere esaminato da parecchi punti di vista. Non parliamo qui della t. della mistica, capitolo particolare della t. che tratta di questa esperienza, né degli scritti teologici di ordine pratico che presentano le preparazioni e le disposizioni in vista di questa esperienza. Ci limitiamo alla questione: conoscenza mistica e conoscenza teologica possono convergere o sostenersi reciprocamente?

I. Il termine t. è, secondo le testimonianze della storia, polivalente. In alcuni Padri nella tradizione di Evagrio, dei Cappadoci e di Dionigi l'Areopagita, t. indica la stessa conoscenza mistica. Ma questo senso ristretto non è il più diffuso. Per t. intendiamo generalmente la conoscenza di Dio e il modo di parlare di lui, secondo il doppio senso di logos, ragione e discorso (Agostino: de divinitate ratio sive sermo). Anche quando richiede lo sforzo di rigore critico, il lavoro teologico presuppone sempre un modo di vita che metta l'intelligenza in accordo con Dio. Di conseguenza, non è raro che si attribuisca la t. ad una grazia e a un carisma, perché è Dio che insegna a parlare di Dio.

Conoscenza mistica e conoscenza teologica, tenendo conto di accentuazioni diverse, vivono in simbiosi.

Nei grandi teologi e dottori del sec. XIII, la t. è legata alla vita spirituale, presuppone l'umile sottomissione dello spirito al mistero divino, l'apertura del cuore alla santificazione, lo studio assiduo delle Scritture.

Si sa quale influenza abbiano esercitato sui medievali gli scritti di Dionigi l'Areopagita, frequentemente commentati. Procedendo per via affermativa e negativa, il discorso del teologo si compie davanti all'abisso insondabile della Deità. Lo spirito umano si compie superandosi; esso converge nell'esperienza mistica, la quale, ciò nonostante, non è frutto dei suoi sforzi, ma dono della grazia.

Quando, nei secoli seguenti, l'aspetto dialettico e scientifico del discorso teologico diventerà predominante, a detrimento del senso del mistero, sarà introdotto un divorzio disastroso tra mistica e t. La reazione contro il razionalismo teologico sarà tentata di mettere l'accento in modo unilaterale sulla dimensione affettiva dell'esperienza cristiana.

Quando la Costituzione Dei Verbum (n. 4) dice che la Sacra Scrittura dev'essere l'anima della Sacra t. raccoglie l'eredità dei Padri e dei grandi dottori.

II. E analizzando la nozione di sapienza che s. Tommaso enuncia i principi della distinzione tra t. e mistica e della loro simbiosi nel soggetto.

La dottrina sacra (o t.) è una saggezza. Esiste ugualmente una sapienza che è dono dello Spirito Santo.

La sapienza non si oppone alla " scienza ": essa è un sapere che, partendo dalle cause più alte, è capace di ordinare tutte le cose e di giudicarle tutte. Conoscenza delle cose divine (Agostino), la sacra dottrina non considera unicamente l'universo secondo il modo dei filosofi (s. Tommaso non esita a riconoscere una sapienza filosofica) che raggiungono Dio attraverso quello che è conoscibile di lui partendo dalle creature. Ma essa ha per oggetto quello che è conosciuto solo da Dio e che ci ha comunicato per via di rivelazione. E, quindi, a questo titolo eminente che la sacra dottrina è sapienza. Si potrebbe pensare che la sua dipendenza dalla rivelazione sia contraria all'autonomia che comprende l'idea di sapienza. Al contrario, questo segna la sua superiorità, perché essa riceve i suoi principi non da una scienza umana, ma dalla scienza divina, " dalla quale, come dalla suprema sapienza, tutta la nostra conoscenza trae il suo ordine ". Essa è velut quaedam impressio divinae scientiae.

E considerando il rapporto del nostro spirito al suo oggetto che possiamo determinare la specificità di un sapere. Come abbiamo visto, l'oggetto è il mistero stesso di Dio raggiunto in se stesso, il che presuppone che Dio si sia rivelato a noi e che la sua rivelazione sia accolta dalla fede teologale. L'intelligenza teologica è una intelligenza che spiega tutte le risorse della ragione umana all'interno della fede e al servizio di una penetrazione più profonda del mistero della fede, che è il mistero rivelato.

L'ambiente naturale della t. è, quindi, la vita della fede, a tal punto che se la fede viene a mancare la t. non esiste più. Così, diviene chiaro lo statuto epistemologico unico della sacra dottrina. Radicata nella fede, la t. è un sapere umano, sottomesso a tutti i rischi e pericoli inerenti all'uso della ragione.

E un errore, che si oppone direttamente al suo valore di verità come sapere, vedere nella t. la traduzione, il riflesso del soggetto credente. Al contrario, in modo analogo alla vita (bios) filosofica di cui parlavano i greci, si può parlare di una vita teologica, con cui s'intenderà uno stile di vita, un'esistenza polarizzata dalla ricerca della sapienza teologica, o, se si preferisce, di vocazione del teologo.

III. Tre sapienze. Attribuendo alla sacra dottrina la qualifica di sapienza, s. Tommaso non la intende in modo esclusivo. Esistono anche una sapienza filosofica e una sapienza che è dono dello Spirito Santo. Queste tre sapienze possono, nello stesso soggetto, entrare in simbiosi e sostenersi reciprocamente, a condizione che sia riconosciuta la loro gerarchia.

Se la filosofia è sapienza, è perché la ragione umana è capace di raggiungere la verità nel campo delle realtà che sono alla sua portata, e questo perché il lumen naturale è partecipazione alla suprema intelligenza. E rispettando la sua natura che il teologo potrà ricorrere al suo servizio.

Che cosa distingue la dottrina sacra dalla sapienza dono dello Spirito Santo? Si possono dare due diversi tipi di valutazione.

La dottrina sacra, che si acquisisce con lo studio, si propone di approfondire la conoscenza delle verità rivelate e di mettere in evidenza la loro coesione nonché la loro armonia. Essa lo fa secondo il modo umano della conoscenza concettuale.

La sapienza, dono dello Spirito Santo, procede per un cammino diverso. Ci si può disporre a riceverla, ma essa è un dono concesso dal volere amabile di Dio. Essa giudica per inclinazione o simpatia, insomma per connaturalità. Lo spirituale, dice Paolo in 1 Cor 2,15, giudica ogni cosa. S. Tommaso ama citare l'espressione di Dionigi l'Areopagita, a proposito del suo discepolo Ieroteo, istruito sulle cose divine non solo per averle imparate con lo studio, ma soprattutto per averle " sofferte ", provate: pati divina.

In effetti, il fondamento di questa connaturalità è l'unione di carità che rende l'anima familiare alle cose di Dio. Questa sapienza, che è la più alta, attesta il primato della carità. Scaturisce dall'intensità della vita teologale. S. Tommaso parla della vetula che non sa né leggere né scrivere, ma che è guidata dallo Spirito nelle vie di Dio, e della sua superiorità sul dottore che non ha aperto il suo cuore alle mozioni dello Spirito.

Il dono della sapienza è, insieme agli altri doni dello Spirito Santo, la sorgente immediata della conoscenza mistica.

Non si devono opporre le tre sapienze: sono compatibili tra loro. Riconoscere il loro ordine gerarchico significa custodirne l'autenticità. A sua insaputa, senza dubbio, il Dottore Angelico, sviluppandone l'analisi, ne ha fatto il suo autoritratto.

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Autore: G. Cottier
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)