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Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Santo - Santità


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I. Premessa. Per comprendere esattamente che cosa sia un s. è necessario risalire alla realtà della santità cristiana stessa.

Di questo argomento ha diffusamente trattato il Concilio ecumenico Vaticano II nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa: ciò non deve stupire perché il fine di essa consiste proprio nel fare sì che gli esseri umani, rispondendo alla grazia di Dio, siano, nello Spirito Santo, uniti a Cristo e così " per lui, con lui ed in lui " il Padre sia glorificato.

Non esiste dunque via più sicura per parlare di tale tema che quella di seguire i passi che lo stesso Concilio ha fatto nel trattarne. Eccone i principali.

I. La s. cristiana consiste nell'unione con Cristo. Il Vaticano II, conformandosi saggiamente agli usi di una lunga prassi conciliare non ha voluto dare una definizione tecnica. Tuttavia, pur senza dare una definizione teorica e scolastica, il Concilio ha proposto - in modo positivo - una dottrina sulla natura della s. cristiana che, d'altronde, è in perfetta armonia con la tradizione, e ciò che essa ha autenticamente insegnato.

1. L'insegnamento del Vaticano II. Che nella LG la tematica della nostra s. e santificazione sia sviluppata in base alla categoria della nostra unione con Cristo, risulta innanzitutto evidente dall'impostazione del cap. V che tratta ex professo di questo tema.

a. Primo dato fondamentale. La Chiesa stessa è santa perché Cristo, " il solo santo ", l'ha amata come una sposa e ha dato se stesso per essa al fine di santificarla. Con ciò è detto che la s. della Chiesa deriva totalmente dalla s. di Cristo e dal suo amore per essa, amore che lo spinse al sacrificio della croce affinché essa potesse essere la sua sposa. Da notare che si è fatto esplicitamente ricorso alla categoria dell'amore che, secondo la sua natura, procede dal desiderio dell'unione mutua e la stabilisce di fatto. Molto appropriatamente, dunque, l'intensità e l'intimità di questa unione viene spiegata servendosi dell'immagine biblica dello sposalizio tra Dio e il suo popolo eletto.

b. Secondo concetto basilare: Cristo ha congiunto la Chiesa a sé come suo corpo. La s. della Chiesa viene, dunque, ancor più chiaramente ed esplicitamente descritta per mezzo della categoria della " unione " con Cristo, ossia per mezzo di quella categoria che in modo eminente esprime l'identificazione di Cristo con la sua Chiesa.

c. Il terzo motivo addotto per spiegare la s. della Chiesa, il fatto cioè che Cristo l'ha colmata con il dono dello Spirito Santo, è intimamente e organicamente connesso con la precedente considerazione: lo Spirito Santo, infatti, è l'anima del Corpo mistico che, permeandolo tutto, lo vivifica e lo unisce a Cristo, ossia ci comunica la s. proprio perché e in quanto ci unisce a Cristo e in lui ci rende partecipi della vita divina.

Analizzando questo testo della Lumen Gentium 39, notiamo in primo luogo che l'obbligo morale di tendere alla s., comune a tutti i membri della Chiesa, viene dedotto precisamente dalla loro ontologica appartenenza ed unione alla Chiesa, la quale viene proclamata indefettibilmente santa. Tutti i fedeli devono essere santi nella loro condotta morale perché devono agire in conformità a quello che essi sono nell'ordine dell'essere, cioè uomini che vivono nella Chiesa che è santa, come viene sviluppato nel brano immediatamente seguente.

II. S. ontologica, s. morale. Accettate come sicure premesse le nozioni offerte dalla Sacra Scrittura e dalla tradizione, autenticamente interpretate dal magistero della Chiesa, secondo le quali la s. viene descritta e definita mediante la categoria della " unione con Dio ", risulta chiaro che il concetto di s. dal piano ontologico si estende a quello morale e soggettivo: " I seguaci di Cristo, chiamati da Dio e giustificati in Gesù Cristo non secondo le loro opere, ma secondo il disegno e la grazia di lui, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare, vivendola, la s. ricevuta. Li ammonisce l'Apostolo che vivano "come si conviene a santi" (Ef 5,3) " (LG 40).

Da ciò deriva che la s. viene allora apprezzata sotto un altro aspetto della sua vera ricchezza, cioè come qualcosa di deliberatamente vissuto, che permea l'esistenza stessa di una persona appunto perché essa, con la ricchezza del suo essere e con la spontaneità del suo libero volere si unisce a Dio donandosi a lui nel calore dell'amore.

Proprio per questo, essendo la s. personale, si capisce che essa reca pure con sé e necessariamente le caratteristiche tipiche di ogni persona ed ha pure, come nota essenziale, un continuo dinamismo: infatti, come l'essere personale dell'uomo sviluppandosi si arricchisce o si depaupera, così anche l'unirsi dell'uomo a Dio, appunto perché legato allo sviluppo della personalità stessa è in continua fase di arricchimento o di depauperamento. Ma come lo sviluppo di una personalità dovrebbe seguire uno sviluppo di costante ascesa, così anche la santificazione.

E doveroso poi aggiungere la riflessione che noi dobbiamo considerarci quali siamo di fatto, cioè persone reali esistenti in un ordine storico concreto, persone umane che vivono nell'ordine soprannaturale, dotate ed arricchite di una vita divina che ci viene comunicata da Dio.

Siccome l'elevazione dell'uomo all'ordine soprannaturale non ne sopprime la personalità, anche il processo della sua santificazione in Cristo avviene in quel modo che è proprio delle persone, cioè ad un livello sia ontologico che morale.

Per questo s. Paolo, al quale è caro chiamare semplicemente " santi " coloro che sono battezzati, perché uniti a Cristo, non cessa di esortare i cristiani a vivere consapevolmente e con vero senso di responsabilità la vita divina di cui sono stati fatti partecipi, li sprona quindi a fare propri i sentimenti stessi di Cristo e a " rivestirsi " di lui. Questo comporta e richiede da parte di coloro che sono stati battezzati una risposta consapevolmente data - lungo tutto l'arco del loro pellegrinaggio terreno - alle mozioni dello Spirito che abita nei loro cuori e cerca di uniformarli sempre più a Cristo.

Da ciò appunto deriva che il cristiano si deve donare con slancio generoso a Cristo e a Dio; non può e non deve mai dire " basta "; egli deve costantemente vivere la sua unione a Gesù Cristo ed al Corpo mistico di lui che è la Chiesa.

Per questo, la vocazione del cristiano alla s. può dirsi veramente un invito all'eroismo; lo stesso sacramento della nostra incorporazione in Cristo ci obbliga, infatti, ad essere pronti ad ogni istante al sacrificio più sublime della carità, quello cioè dell'immolazione incruenta per amore di Cristo e della sua Chiesa. Si capisce allora che la vocazione alla s., quale deriva dall'incorporazione stessa in Cristo, è così impegnativa che ogni cristiano, proprio perché cristiano, è chiamato ad essere s. nel senso più stretto della parola.

Questo è appunto ciò di cui tratta e su cui si diffonde il n. 40 della Lumen Gentium a cui è stato dato, anche se non ufficialmente, il sottotitolo di " Vocazione universale alla s. ". Il paragrafo conclusivo di tale numero della Costituzione dice esplicitamente: " E chiaro dunque a tutti, che tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa s. è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione, i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, secondo l'esempio di lui e fattisi conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con piena generosità si dedichino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo " (LG 40).

Potrebbe quasi sembrare che, avendo il Concilio presentato con tanta chiarezza quanto esposto fin qui, non ci sarebbe altro da aggiungere. Invece, ulteriore luce è stata offerta in merito a due punti di grande importanza per la pastorale e per la spiritualità. Ciò può essere detto nel modo seguente.

III. La s. è una, ma dev'essere coltivata secondo la vocazione propria di ciascuno. Dire che la s. cristiana è " una " equivale ad affermare che la vita di unione con Cristo è una. Ciò significa che tutto quello che può e dev'essere detto sulla funzione dello Spirito Santo, sulla natura e gli effetti della grazia ed il suo dinamismo, sul battesimo, la cresima e l'Eucaristia, sul culto liturgico e la preghiera privata, sulla fede, la speranza, la carità e tutto l'organico complesso delle virtù, come pure sulle dimensioni escatologiche ed ecclesiali della nostra vita cristiana; insomma tutto ciò che può essere proposto come essenza della vita cristiana in quanto tale o come proprietà, qualità e caratteristiche tipiche di coloro che, mossi dallo Spirito Santo, vivono la loro unione con Cristo nella Chiesa, spiega ed approfondisce il senso dell'affermazione che la vita di unione con Cristo, cioè la s. di tutti i fedeli, è una.

Non solo dal punto di vista strettamente teologico, ma anche da quello della vita pastorale, è sommamente importante concepire e proporre tutta la dottrina della s. dei cristiani nella prospettiva della loro unione con Cristo nella Chiesa, insistendo in questo contesto sul fatto che la s. dei cristiani è una. E infatti chiaro: l'insistenza sulle dimensioni cristocentriche, pneumatiche ed ecclesiali della vita e s. cristiana, comuni a tutti i fedeli, conferisce a tutto l'insegnamento teorico e pratico circa la tendenza dei cristiani alla s. un orientamento sano e fertile, perché ancorato a principi dogmatici saldi e profondi, mentre elimina i pericoli tutt'altro che immaginari di un divorzio fra teologia e vita spirituale che, come la storia ampiamente dimostra, comporta sempre un impoverimento se non addirittura la sterilità di entrambi i settori.

Dopo aver posto in chiaro e sottolineato il fatto che la s. cristiana, proprio perché " unione con Cristo " è fondamentalmente una, è però altrettanto doveroso parlare delle sue diversificazioni. E ciò deve anch'esso essere posto in risalto, e con fermezza, sia dal punto di vista teologico-dogmatico che da quello della pastorale e della spiritualità. Infatti, l'enfatizzare esageratamente - come a volte è stato fatto - la " unità " fondamentale dell'unione con Cristo a danno delle diversificazioni costituisce un errore teologico madornale che comporta conseguenze disastrose sia nei riguardi dell'intensità della stessa unione del singolo cristiano con Cristo, come pure a riguardo della ricchezza del corpo di Cristo che è la Chiesa. E proprio in essa e tramite i suoi membri che egli intende completare la perfezione della sua umanità, di ciò che attraverso essa opera nel tempo e nello spazio, e della stessa glorificazione che per essa offre all'eterno Padre.

Proprio per questo il Concilio stesso, per ovviare a perniciose interpretazioni che venivano, e forse vengono ancora, erroneamente diffuse, volle deliberatamente sopprimere l'aggettivo che era stato apposto all'affermazione della una sanctitas: ci riferiamo al termine eadem (=stessa). Più ancora, il Concilio volle contrapporre a questo l'insegnamento delle diversificazioni e differenziazioni della s. cristiana. Le parole aggiunte immediatamente dopo la parte della frase in cui si ritrovano le parole una sanctitas sottolineano, infatti, che la s. cristiana, radicalmente una in quanto unione a Cristo, si differenzia però " secondo i doni e gli uffici propri di ciascuno".

L'insegnamento della Sacra Scrittura sulla sovrana libertà e liberalità di Dio nella distribuzione delle sue " grazie " e dei suoi " doni ", dati a noi secondo la misura della donazione di Cristo è inequivocabilmente chiaro in proposito e viene d'altronde ampiamente confermato da tutta la storia della nostra salvezza. In essa troviamo, infatti, numerosi esempi di " vocazioni " o " chiamate " del Signore date soltanto ad alcuni e che, lungi dal riferirsi esclusivamente ad alcuni compiti esterni o ad uffici della Chiesa, sono invece delle autentiche chiamate ad un tipo di s. personale particolare o, come vediamo nel caso della beata Vergine Maria, assolutamente unica ed irrepetibile. In tutti questi casi si tratta sempre di una chiamata ad una s. che non è alla portata di chi non ha ricevuto una simile chiamata.

D'altronde, queste " chiamate ", mentre sottolineano l'aspetto dell'assoluta libertà di Dio nel prendere l'iniziativa di stabilire una unione con le creature, richiamano il fatto che Dio dirige a ciascuno la sua chiamata e con ciascuno vuole stabilire un'unione personale. Orbene, ogni unione fra persone possiede un'impronta tipica, unica, irrepetibile, determinata da tutti quei fattori in virtù dei quali ogni persona si distingue dalle altre. Per questo, considerando i rapporti personali e l'unione che due persone hanno con una terza, non possiamo mai parlare di identità, ma dobbiamo piuttosto ricorrere alla categoria della similitudine; in altri termini, siamo nel campo dell'analogia e non in quello della univocità.

Tutto ciò vale naturalmente anche per i nostri rapporti personali con Cristo e per la nostra unione con lui; anzi, qui vale in modo del tutto speciale, preminente ed unico, perché i rapporti e l'unione personale corrispondono alle più intime tendenze della nostra persona come tale e la impegnano totalmente in tutte le manifestazioni dell'esistenza e della vita.

Anzi, proprio nell'ordine della nostra unione con Cristo, questa diversificazione dei rapporti delle singole persone con lui viene accentuata e diviene ancor più operante per il fatto che la nuova vita non ci viene data secondo le rigide leggi della giustizia distributiva, bensì secondo la sovrana liberalità del Signore: " A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo " (Ef 4,7). E tutto questo conferisce alla stessa persona umana elevata all'ordine soprannaturale delle caratteristiche personali ancor più spiccate di quanto esse non lo siano nel puro ordine naturale.

D'altronde, la dottrina che ci presenta la s. dei cristiani come " una " e " differenziata secondo la misura della donazione di Cristo " - la quale a sua volta è alla radice della ricca varietà di funzioni, uffici e stati di vita in seno alla Chiesa - viene enfaticamente, e a più riprese, ribadita nella Lumen Gentium e precisamente nei passi più salienti che trattano della universale vocazione alla s. A titolo di esempio citiamo alcuni di questi brani: " (La s. della Chiesa) si esprime in varie forme presso i singoli, i quali nel loro grado di vita tendono alla perfezione della carità " (LG 39); " Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle " (LG 40); " Tutti i fedeli quindi sono invitati e tenuti a perseguire la s. e la perfezione del proprio stato " (LG 42). Il concetto teologico, poi, che la s. dei cristiani è una, ma simultaneamente diversificata e differenziata, è alla base di tutto ciò che il Concilio insegna non solo nel n. 41 della Costituzione circa il "multiforme esercizio della s.", bensì anche nel n. 42 sulla " via e mezzi di s ".

Alla luce di quanto esposto con oggettività scientifica e sulla base dell'insegnamento conciliare a proposito della s. cristiana, è possibile ora occuparsi dell'aspetto più particolare e cioè di chi è "s.".

IV. Il s. nel cristianesimo. Sul fondamento di quanto detto trattando della s. cristiana, non è difficile rispondere alla domanda che rimane aperta e che riguarda l'ordine esistenziale e personale dei cristiani.

In modo piuttosto sintetico possiamo dire che " santa " è quella persona che, essendosi aperta alla grazia di Cristo e seguendo docilmente l'azione del suo Spirito, si è lasciata conquistare dall'amore di lui e vi ha corrisposto con la spontaneità dell'amore: così essa si è incondizionatamente data a lui, quindi, in modo costante e crescente (nonostante le debolezze e gli errori), si è conformata a lui, ai suoi criteri e alle sue " vie ". Perciò, in unione a Cristo, essa ha vissuto facendo in tutto ciò che piace al Padre, accogliendo amorosamente da lui i suoi piani ed i progetti che su di essa aveva, allo scopo di formarne - tramite l'azione dello Spirito creatore, i suoi doni e carismi - quel membro del Corpo mistico di Cristo a cui competeva non solo svolgere un determinato compito e missione, ma anche evidenziare qualche aspetto particolare della fisionomia spirituale di Cristo.

Conseguentemente a tutto ciò, si comprende agevolmente come e perché le persone che si lasciano animare in tutta la loro vita ed attività dallo Spirito di Cristo e partecipano alla sua vita continuano e completano l'opera salvifica di Cristo anche in quanto lo rendono visibile agli altri uomini nelle loro persone, nelle circostanze concrete dell'ambiente e del mondo in cui esse vivono. Ogni persona, infatti, che nell'ambito delle sue limitate ma irrepetibili caratteristiche, qualità e circostanze personali vive la vita di Cristo Capo, fa sì che Cristo Capo, nell'ambito delle possibilità offertegli dal libero contributo e dalle qualità di questa persona, viva in essa, come in un suo membro, la sua stessa vita: ogni persona quindi che partecipa profondamente della vita e dell'amore di Cristo, diffonde intorno a sé il calore dell'amore di lui e lo splendore della sua vita e fa vedere l'amabilità di lui nelle circostanze in cui ella si trova; ogni persona che è unita intimamente a Cristo attira gli uomini verso di lui, perché essi, colpiti ed affascinati dalla sua bontà, salgono al capo che ne è la sorgente. Il Concilio stesso ha ben voluto porre in luce questa realtà dicendo: " Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura umana, sono tuttavia più perfettamente trasformati nell'immagine di Cristo (Cf 2 Cor 3,18), Dio manifesta vivamente agli uomini la sua presenza e il suo volto. In loro è Egli stesso che ci parla, e ci mostra il contrassegno del suo regno " (LG 50). Ed è così che Cristo, appunto mediante l'esempio concreto e vivo di coloro che a lui si danno incondizionatamente, continua a far vedere agli uomini di tutti i tempi nuove forme e stili autentici di vita cristiana, modi pratici di attuare, nelle circostanze sempre varianti della vita, l'ideale cristiano di unione e conformità a lui; egli continua a fare vedere come ogni uomo nelle circostanze e modalità particolari della sua vita, può e deve lasciar vivere Cristo in sé affinché tutto ciò che è autenticamente umano venga da lui elevato e santificato a maggior gloria di Dio, diventi cioè di Cristo, come Cristo è del Padre.

Il s. è appunto una persona che vive così.

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Autore: P. Molinari
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)