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Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Religiosità popolare


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I. I termini. La ricerca moderna sul fenomeno religioso ha ampiamente identificato, nella realtà delle grandi religioni istituzionalizzate, l'esistenza di una modalità particolare dell'esperienza religiosa, che viene comunemente indicata con l'espressione: religiosità popolare. Nell'ambito più specifico della ricerca socio-religiosa si analizza con crescente interesse una vasta gamma di " agenzie " di socializzazione, presenti nell'universo cristiano-cattolico, che appaiono direttamente legate a questa espressione particolare del comportamento religioso. Sono associazioni e confraternite di devozione, sono costumi e tradizioni religiose, credenze e pratiche rituali. Un insieme di realtà e di attività di gruppo che si colloca, a pieno titolo, nell'ambito della fenomenologia del comportamento religioso umano, ma che non costituisce una religione a parte, contrapposta o estranea alla religione ufficialmente stabilita. Si tratta piuttosto di una modalità di comportamento religioso e di uno spazio socio-ecclesiale distinto e complementare a quello istituzionale. In esso i contenuti di fede (mito e dottrina) e le attività rituali assumono una fisionomia e una dinamica differente.

Il termine " popolare " si riferisce esplicitamente ai soggetti propri di questa esperienza religiosa. Esso non implica necessariamente una designazione " classista ", come se r. fosse propria ed esclusiva delle classi subalterne, religione dei poveri, degli oppressi, di coloro che occupano gli ultimi gradini della scala sociale. Si tratta piuttosto di una designazione di contenuto socio-ecclesiale: r. perché propria, anche se non esclusiva, della " base ecclesiale ", cioè di coloro che nella comunitàChiesa non sono né gerarchia né " professionisti del sacro ". E si tratta anche di una designazione di valore cultural-religioso: r. come universo di espressioni religiose estensive ed applicative dello schema dei contenuti mitico-dottrinali, dei comportamenti rituali e dei ruoli sacri propri della religione istituzionale. La r. si pone, quindi, normalmente come una dimensione distinta, per certi aspetti più ampia e culturalmente più ricca, di quella stessa esperienza religiosa che si trova veicolata nella religione istituzionale.

Nell'ambito della tradizione religiosa plurisecolare del cattolicesimo, la r. si rivela, inoltre, come uno spazio privilegiato di fioritura della dimensione mistica dell'esperienza religiosa cristiana. Ed è questo aspetto che ci interessa qui mettere in luce.

II. Significato e caratteristiche della r. Il fenomeno r., pur riconosciuto nella sua esistenza e diversità sin dall'inizio della ricerca moderna sulla religione, solo di recente è fatto oggetto di attenzione esplicita da parte degli studiosi del fenomeno religioso. Nell'ambito della ricerca socio-religiosa si è rilevata così l'alterità della r. rispetto alla religione " ufficiale ", a partire da una serie di caratteristiche e di dinamiche che le sono proprie.

Per quel che riguarda le caratteristiche in rapporto a mito religioso e dottrina, nella r. si registra la tendenza ad ampliare lo spazio ed il ruolo del mito come " storia sacra fondante ", trasmesso e celebrato nell'ambito della religione istituzionale. Questo, come espressione dell'esigenza di accrescere ed approfondire l'esperienza della realtà trascendente (esperienza del sacro), che costituisce l'oggetto proprio di quella determinata fede religiosa. Nella r. si rilevano anche una relativa libertà ed estraneità in rapporto ai contenuti della dottrina religiosa stabilita, che di solito rimangono nella sfera di competenza e di controllo dei rappresentanti della religione istituzionale. Essa si sviluppa, quindi, di preferenza attorno alla evocazione del mito religioso e rimane relativamente estranea in rapporto alla dimensione più razionale del sistema dottrinale stabilito.

La r. si caratterizza in modo tutto speciale nell'ambito della dimensione rituale del fenomeno religioso. La ritualità della r. si concretizza, infatti, come esperienza religiosa fortemente coinvolgente e partecipativa dell'individuo e del gruppo. Un'attività rituale che si concepisce come reiterazione della presenza del sacro, attraverso la riproduzione dell'evento " mitico ". Essa determina così per il credente e per il gruppo religioso un'esperienza forte di contatto unitivo con la realtà trascendente e anche la possibilità di un intervento attivo su tale realtà. Nella r., quindi, il rito non è mai semplice approccio conoscitivo o azione evocativa di un evento sacro del passato. Esso è sempre esperienza rinnovata della presenza trasformante e benefica del sacro. Tutta la dinamica dell'evento cultuale della r. (pellegrinaggio, impetrazione, rievocazione, offerta, ecc.) tende a favorire questa esperienza religiosa forte, sia a livello individuale che di gruppo. Nella r. si riscontra l'esistenza di una vasta gamma di celebrazioni rituali che si svolgono in genere come estensione, e in parte anche come sostituzione, delle attività rituali fissate nella religione ufficiale. È questo fatto oggettivo che induce a distinguere la r. come tipo di esperienza religiosa differente rispetto a quella che è normalmente veicolata attraverso le espressioni e strutture della religione istituzionale.

Tale " alterità " della r. si rende, infine, particolarmente evidente nell'ambito della dimensione organizzativa propria di ogni esperienza religiosa. Attorno ed in funzione della r. si stabilisce normalmente una ricca tipologia di raggruppamenti umani e di espressioni cultuali: è la variopinta realtà di confraternite e movimenti di devozione popolare, di feste, pellegrinaggi, tradizioni, leggende e segni simbolici, espressioni linguistiche, proverbi popolari, ecc., che tanta parte hanno nella configurazione culturale propria dei nostri paesi di tradizione cattolica. Un universo, ad un tempo culturale e religioso, che si colloca accanto all'universo istituzionale della religione ufficiale. Una specie di religione e di chiesa " parallela ", con un suo tipo di " gerarchia " e di organizzazione di carattere eminentemente " laicale ".

È nell'ambito di queste modalità e contenuti propri della r. che sono fioriti i " casi " e le " tipologie " più significative dell'esperienza mistica, nella tradizione cattolica.

III. La r. come spazio privilegiato della esperienza mistica. Gli elementi di analisi sulle caratteristiche peculiari della r. che ci vengono offerti dalle scienze umane in genere e dalla sociologia e psicologia della religione, in particolare, offrono elementi di conferma per la tesi della r. come terreno privilegiato di fioritura della ricca tipologia delle esperienze della mistica cristiana e cattolica, quale ci è dato conoscere dall'agiografia e dalla storia della spiritualità.

Anzitutto a livello dei contenuti o " oggetti " propri della r. e dell'esperienza mistica. Si può constatare facilmente come gli " oggetti del sacro " attorno a cui si sviluppa la r. coincidano con gli oggetti del sacro tradizionali nella tipologia dell'esperienza mistica cattolica.

Tra di essi appaiono centrali l'evento e l'esperienza cristica: la persona di Cristo, come manifestazione piena della presenza e del progetto salvifico divino (manifestazione del sacro) e come spazio " sacrale " in cui si realizza l'incontro dell'uomo con la realtà trascendente (comunione con il sacro). Tanto la r. come l'esperienza mistica si articolano concretamente attorno al mistero di Cristo e nell'esperienza unitiva con Cristo, quale oggetto centrale, costitutivo del rapporto con il sacro. Ed i diversi momenti dell'evento cristico divengono oggetto molteplice proprio di ambedue queste espressioni dell'esperienza religiosa. Il Bambino Gesù di Betlemme, il Cristo della passione, il Cristo dell'Eucaristia: tre momenti dell'evento cristico che nella tradizione sono oggetto privilegiato tanto della r. come dell'esperienza mistica. La r. ha fatto di questi momenti del mistero cristiano uno spazio concreto, singolarmente creativo, per la propria oggettivazione. Pensiamo alle innumerevoli e ricchissime manifestazioni con cui il folclore religioso popolare celebra la festa del Natale, la Settimana Santa, la festa del Corpus Domini e tante altre ricorrenze eucaristiche del calendario liturgico. Pensiamo alla ricca tipologia di esperienze mistiche aventi come oggetto di " incontro unitivo " sacrale il Cristo di Betlemme, il Cristo della croce, il Cristo dell'Eucaristia. Lo spazio, qui, non permette di esemplificare la complessa casistica registrabile nella tradizione agiografica cattolica e si rimanda per questo ad altre voci e ad altre fonti. Esiste in sostanza una coincidenza di oggetto, per quello che è proprio di ambedue queste dimensioni dell'esperienza religiosa cristiana. Tale coincidenza di oggetto si allarga poi ad altri aspetti e contenuti del mistero cristiano, come il culto mariano e la devozione ai santi. Le espressioni di culto e di devozione a Maria ed ai santi, proprie della r., si fanno per il mistico esperienza unitiva nella realtà del Corpo mistico di Cristo. Anche per questo aspetto la casistica offerta dalla tradizione agiografica è particolarmente eloquente.

Oltre alla coincidenza di " oggetti " del sacro, tra r. e mistica esiste un'affinità tipologica per quel che riguarda la dinamica dell'esperienza del sacro. Abbiamo già visto che l'esperienza del sacro propria della r. si caratterizza per un forte coinvolgimento emotivo dell'individuo e del gruppo in rapporto alla realtà sacrale evocata e fatta presente nel rito religioso. Un coinvolgimento emotivo che nasce da un'esperienza intensa di presenza e di contatto con questa realtà sacra. Ed anche da un'esperienza di azione dell'individuo e del gruppo su questa realtà. La grazia ottenuta, per esempio, è in ultima analisi esperienza di contatto e di azione sulla realtà sacrale evocata e fatta presente nella sfera dell'esistenziale profano del fedele. Questo tipo di esperienza religiosa che è proprio, anche se non esclusivo, della r. presenta caratteristiche di singolare affinità con l'esperienza religiosa registrabile nel misticismo. Si tratta naturalmente di affinità e non di identità.

L'esperienza mistica è, infatti, accoglienza radicale in rapporto al mistero trascendente, che invade e possiede l'essere umano. Essa è esperienza di totalità, accesso alla pienezza dell'essere. È conoscenza non solo intellettuale, ma intuitiva e unitiva, essenzialmente esperienziale, del mistero trascendente che trasforma tutto l'essere. Essa è, in sostanza, estensione in profondità e totalità di quello stesso contatto unitivo con il sacro che il fedele comune normalmente sperimenta nelle diverse forme della r. Esiste, quindi, tra queste due distinte esperienze del sacro un rapporto di continuità, in cui una (la r.) rappresenta come il primo gradino, il punto di partenza per la pienezza dell'incontro unitivo che si dà nella dimensione mistica. La tradizione agiografica e la storia della mistica cristiana insegnano, infatti, che tutti i grandi mistici erano anche grandi " devoti ", nella linea delle esperienze e pratiche di r., che erano proprie del loro contesto ecclesiale.

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Autore: M. Foralosso
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)