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Sabato, 27 aprile 2024 - Santa Zita ( Letture di oggi)

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I. Il significato. Questo vocabolo è noto nell'ampio ambito filosofico e religioso. Il concetto del n. è presente, perciò, nel pensiero di alcuni filosofi antichi, medievali e moderni. Per i filosofi, generalmente, il n. è l'opposto dell'ente. Il suo significato, quindi, è da scoprire nella relazione del n. all'essere. Ma il n. non è un'inesistenza. " Esso ha un tratto di infinitudine; è qualcosa come un abisso infinito. Non vi si trova alcun limite né per quanto riguarda lo spazio e il tempo nè di nessun altro tipo. Non vi si trova né un fondo né una fine. Si tratta della profondità abissale in cui si può cadere e in cui si deve, infine, cadere senza giungere mai a una fine. Il n. non finisce mai. Esso rifiuta ogni limite, ogni limitazione e ogni determinazione " (B. Welte).

Questa citazione richiama il pensiero di B. Pascal: " Bruciamo dal desiderio di trovare un fondamento solido e una base ultima e duratura per costruirvi sopra una torre che s'innalzi fino all'infinito. Ma tutto il nostro fondamento crolla e la terra si apre fino agli abissi ".1

Di n. parla la mistica delle religioni d'Oriente, soprattutto il buddismo con la dottrina del " vero nulla " e del " vero vuoto " (nirvana). In genere, le religioni intendono con il n. l'esperienza del divino, ma anche la morte, l'aldilà, l'immortalità e l'eternità.

II. Nell'ambito religioso-spirituale. Pur accennando alla molteplicità dei significati del n. che incontriamo nelle esperienze e nel pensiero del passato e del presente, ci interessa il suo significato teologico-spirituale. Quanto all'ambito teologico-cristiano, il n., nel suo primo significato, richiama la creazione divina del mondo dal n. Successivamente, il n. significa che dobbiamo tacere su ciò intorno a cui non siamo in grado di esprimerci. Cioè, il n. può essere inteso come il segno caratteristico dell'essere creaturale in quanto incontra l'incomprensibile pienezza di Dio. Nella storia della teologia cristiana, a partire dai Padri, è stata sottolineata l'incomprensibilità di Dio. Per questo motivo, la patristica e il Medioevo svilupparono la theologia negativa per modum negationis et eminentiae. Accanto ai molti teologi come Tommaso d'Aquino e Nicola da Cusa ricordiamo l'affermazione del Concilio Vaticano I, secondo cui Dio è incomprensibile. E il modo per evidenziare Dio come Dio, distinto da ogni altra creatura. E una protesta contro una tendenza di voler impadronirsi di Dio in una dottrina sistematica.

III. Nell'esperienza mistica. L'incomprensibilità di Dio è un tema costante in tutti i mistici cristiani. Sulla scia di Dionigi l'Areopagita " gli stessi teologi hanno dato maggior valore al metodo negativo poiché esso affranca l'anima dagli oggetti che le sono familiari e, mediante queste divine intellezioni, inferiori a colui che trascende ogni nome, ogni intelligenza, ogni sapere, l'unisce infine a lui, nella misura almeno in cui l'uomo può accedere a una tale unione".2

Dionigi l'Areopagita, che fu una ricca fonte per il n. dei rappresentanti della mistica cristiana, disse di Dio che è un " n. ", un " puro n. ". La mistica tedesca sottolineò l'infinita trascendenza di Dio in rapporto alla creatura. Il nostro umano linguaggio, secondo loro, è inadeguato ad esprimere la trascendenza di Dio. Così si spiega come i mistici siano giunti a chiamare Dio il n.

Eckhart, il massimo rappresentante della mistica tedesca, sviluppa questo tema con una sovrabbondanza di negazioni insolite, evidenziando l'idea che Dio è senza nome perché nessuno può comprendere nulla di lui. D'altra parte, però, insiste sulla grandezza dell'uomo concessagli da Dio.

" Devi fare tutto ciò che puoi in tutte le tue opere unicamente a lode di Dio e devi essere così libero come è libero il n. che non è ancora né qua né là ".3

" Tu devi essere spoglio del n. Ci si domanda: che cosa brucia nell'inferno? I maestri dicono di solito che è la volontà personale. Io dico invece che ciò che brucia nell'inferno è il n. (...) Se Dio e tutti coloro che contemplano Dio hanno in sé, nella vera beatitudine, ciò che non hanno coloro che da Dio sono separati, questo n. tormenta le anime che sono nell'inferno più che la volontà propria o il fuoco (...). Nella misura in cui il n. è attaccato a te, altrettanto sei imperfetto. Se, dunque, volete essere perfetti, dovete essere spogli del n. ".4 " Tutte le cose sono create dal n., perciò la loro vera origine è il n. e in quanto questa nobile volontà si piega verso le creature, scorre insieme con le creature verso il n. ".5

Anche Ruusbroec sottolinea il contrasto tra la pochezza umana e la grandezza di Dio e dei suoi doni. Secondo lui, la grazia divina si manifesta, talvolta, con tanta forza che l'uomo si sente un n. Ottenebrato dalla chiarezza di questa luce si crede " perduto, vinto dall'amore immenso di Dio ". Il n. dell'uomo, secondo Ruusbroec, si fonda sulla positività di cui Dio dota le creature: " In ipsa unione semper creatura manemus ".

Anche in Angelo Silesio troviamo il pensiero dell'infinita trascendenza di Dio: " Più conoscerai Dio e più riconoscerai che tu puoi sempre meno esprimere ciò che egli è ".

Pure s. Giovanni della Croce, chiamato anche dottore del n., parla di Dio in quanto radicale trascendenza. " Dove ti sei nascosto, Amato, che gemente mi hai lasciato? Come il cervo fuggisti, dopo avermi ferito; gridando t'inseguii, ma eri sparito ".6 Per raggiungerlo, occorre salire nelle tenebre - come dicono i titoli delle sue opere: Salita del Monte Carmelo e Notte oscura - camminare nel " n. del somigliante " al mondo creaturale, abbandonare i modi umani di comprendere e di amare.

Giovanni della Croce chiama " abisso della fede " l'esperienza di buio e di vuoto attraverso i quali l'anima è condotta all'unione con Dio.7 Nell'abisso della fede non si cade per legge di gravità, ma per grazia di Dio. Una vita teologale vissuta con impegno, prepara l'uomo che affida se stesso alla guida di Dio.

La fede, formalmente presa, è dedizione personale di sé da parte dell'uomo al Dio che gli si rivela e che lo interpella. E importante ricordare il concetto esatto di fede. Trattandosi di una relazione tra persone, la formula fondamentale di fede è " io ti credo "; " credo in te ", e non " credo in qualcosa ". La fede cristiana è un atto personale, un incontro dell'io umano col Tu divino. Nell'atto di fede l'uomo entra in rapporto personale con il Dio che si rivolge a lui. Col credere a Dio, l'uomo si fonda sulla veracità divina e, proprio per questo, si rimette e si abbandona fiduciosamente al Dio della verità.

L'uomo, nella sua creaturalità, sperimenta che continuamente Dio gli è presente in una maniera del tutto intima. Dio gli si dona non per la mediazione di segni creati, non in rappresentanza, ma con la sua presenza personale interior intimo meo. Il mistico, per esperienza, può dire di se stesso: per me Dio è interior intimo meo, perché Dio è in lui con la sua presenza personale. L'amore di Dio provoca l'intero uomo a sforzarsi di scoprire il contenuto nascosto del mistero e ad abbandonarsi fiduciosamente. " Perché si possa prestare questa fede sono necessari la grazia di Dio, che previene e soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia "a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità" " (DV 5).

L'uomo è in grado di stabilire e approfondire i legami personali con Dio che gli permettono di accettare l'amore offerto come tale. Il n. come esperienza spirituale è possibile nel contesto della fede dove la volontà di Dio viene accettata. E capace di n., in quanto esperienza spirituale, chi accetta l'amore donato e, allo stesso tempo, corrisponde con la donazione di se stesso.

Nel cristianesimo, il n. allude all'esperienza di Dio che chiamiamo mistica. L'esperienza mistica cristiana è tale perché è l'esperienza del " mistero " o di Dio-mistero che è l'Amore. Dio si accosta a noi come il mistero con tutta la sua incomprensibilità.

Le testimonianze dei mistici affermano che è possibile che, in un dato momento del cammino spirituale, Dio lasci intravedere all'uomo le dimensioni del suo mistero personale e della sua opera nel mondo. Non solo. Dio può far sperimentare questo mistero all'uomo. E allora che il credente proverà il peso di tanta luce, sì da sentirsi al buio.

Note: 1 Pensieri, Torino 1962, Frammento 72; 2 Nomi divini, 13,14,981b; 3 Intravit Jesus in templum; 4 In hoc apparuit caritas Dei; 5 In hoc apparuit caritas Dei; 6 Cantico spirituale str. I; 7 Salita del Monte Carmelo II, 4,1.

Bibl. A. Gouhier, s.v., in DSAM XI, 64-80; A. Haglof, Buddhism and the Nada of s. John of the Cross, in Carmelite Studies, 1 (1980), 183-203; K. Hemmerle, s.v., in K. Rahner (cura di), Sacramentum Mundi, V, Brescia 1976, 637-642; W. Strolz (cura di), Sein und Nichts in der abendländischen Mistik, Freiburg i. Br. 1984; C. Verhoeven, Dove va Dio? L'esperienza del vuoto ai confini della speranza, Brescia 1970; B. Welte, Luce del nulla. Sulla possibilità di una nuova esperienza religiosa, Brescia 1983.




Autore: J. Stru
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)