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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Mondo


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I. Il termine. M. ha un significato multiplo, complesso e ambiguo. Esso, pertanto, è utilizzato per designare realtà dissimili e anche distanti tra loro. Ciò sia nell'ambito tecnico e culturale, sia in quello dell'esperienza religiosa. Così, con m. si può indicare un'entità astronomica, realtà storiche (m. romano, m. greco, ecc.), realtà socio-economiche (m. del lavoro, m. della finanza, ecc.), realtà culturali (m. dell'arte, m. della scienza, m. della letteratura, ecc.), realtà geografico-culturali (m. occidentale, m. orientale, ecc.), realtà psicologico-personali (m. interiore, ecc.).

M. è un termine che presenta tali caratteristiche perché, originariamente, risponde all'idea greca di un tutto - terra, cielo, animali, piante, uomini, dei, ecc. - ordinato e governato da un ordine universale che dà al tutto un'armonia. Tale unità è, però, risultata frantumata dall'esperienza umana, dall'evolversi del pensiero successivo e dal confronto tra cultura greca e altre culture, soprattutto nel m. moderno.

Nel linguaggio solenne attuale della Chiesa cattolica, il m. è " l'intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive " (GS 2); esso, pertanto, è inteso come " città terrena " (LG 36; GS 40); " città dell'uomo, da costruire a misura d'uomo " (G. Lazzati), distinta, con una sua relativa ma legittima autonomia, ma non per questo separata dalla " città celeste ", poiché " creata e conservata nell'esistenza dall'amore del Creatore " (GS 2).

II. Nella Scrittura. Il m. nella cultura veterotestamentaria non ha nessun termine che corrisponda al greco cosmos o al latino mundus. Ciò che nell'AT è detto " cielo e terra " (Gn 1,8; 14,19, ecc.) è altro rispetto alla divinità: è creazione e Dio non vi è immanente. La creazione è l'abitazione dell'uomo che qui incontra Dio.

Nel NT il m. è ancora il luogo, l'ambiente dell'uomo, ma ha una duplice valenza: negativa, poiché è l'insieme di persone, di strutture, di potenze che si oppongono a Dio (cf 1 Gv 2). E la desertificazione del giardino originario determinata dal peccato; positiva, poiché è la realtà che il Padre ama tanto da chiedere al Figlio di incarnarsi perché il m. sia salvo (cf Gv 3,16). E il deserto che, per la redenzione, è già il nuovo giardino messianico profetizzato da Isaia (cf Is 32,15; 35,1-7; 41,18-19; 43,19-20; 51,3), anche se non è ancora quello che aspetta " con ardente attesa, il battesimo cosmico dell'ultimo giorno quando sarà trasformato in un mondo nuovo (cf 2 Pt 3,13; Rm 8,18-25) ".1

La bivalenza del termine ha originato due diverse tendenze spirituali. Una, di gran lunga prevalente e di lunga durata, tesa a sottolineare un rapporto con Dio che esige la fuga o il contemptus del m., poiché esso risulta essere un " ostacolo al Dio totale ".2 Tale tendenza ha fatto sì che, nell'ambito cattolico in particolare, la stessa nozione di spiritualità venisse considerata non solo monopolio dei cristiani, ma di una categoria di essi: in particolare monaci ed eremiti,3 e che nelle maggiori opere dell'età contemporanea, come il Dictionnaire de spiritualité, ogni termine relativo al m. o alle realtà terrene non venisse preso in considerazione.

La seconda tendenza, che trova una sua manifestazione soprattutto in tempi recenti e sotto la spinta del movimento laicale, assume invece il m. nella sua valenza positiva e sottolinea come decisivo coniugare amore di Dio e amore del m., poiché esso è il regno dell'uomo, ma è, contemporaneamente, l'ambiente divino, l'ambiente in cui l'uomo incontra Dio (Teilhard de Chardin). Un incontro personale e totale, poiché il m. è " gravido di Dio " (Angela da Foligno). Così l'esperienza spirituale, ascetica o mistica che sia, viene sottratta al monopolio di una categoria di cristiani e a quella dei cristiani stessi, per aprirsi a ogni uomo.

III. M. e mistica. In entrambe le accennate tendenze spirituali è possibile individuare diverse esperienze mistiche, tutte di grande spessore, che hanno in comune un rapporto personale, intimo, senza intermediari tra uomo e Dio. Un rapporto che ha la sua immagine e il suo modello privilegiato nell'amore di tipo coniugale; che coinvolge, cioè, la totalità della persona: la sua interiorità, ma non meno la sua corporeità.

Ciò che distingue tali esperienze mistiche è che, in un caso, il m. si configura come ostacolo, come una realtà che tende a impedire l'unione amorosa; nell'altro caso, invece, il m. è il luogo, l'ambiente, la realtà che rende possibile l'unione totale.

In entrambe le esperienze, la tensione del mistico è giungere a un'intimità con Dio che lo faccia esclamare con Paolo: " Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me " (Gal 2,20). Meta, peraltro, mai raggiunta, poiché ogni esperienza mistica resta sempre un'intimità coniugale che è di unione totale, ma nella distinzione che persiste in un io e in un tu.

Si deve notare che nell'esperienza mistica, che non considera il m. un ostacolo all'unione sponsale creatura-Creatore, la creazione viene resa partecipe, a suo modo, di tale unione. Essa non è solo uno scenario che favorisce l'incontro e l'intimità più profonda e totale: è un elemento, un soggetto, di tale unione. In tal modo si ha una identità tra colui che vive tale esperienza e il sapiente biblico. E, cioè, un'esperienza d'amore non spiritualizzato, per cui " le esperienze del m. " e il m. stesso " sono sempre esperienze di Dio ".4

Si tratta di un'esperienza mistica che non esige né un particolare stato di vita, né la manifestazione di fenomeni che, tradizionalmente, si ritengono connessi a tale esperienza. Essa può essere vissuta nelle ordinarie condizioni di vita di ognuno che sia entrato sapienzialmente in rapporto con Dio e viva questo rapporto come autentico amore coniugale. Rapporto misterioso, certamente, ma si tratta d'un mistero per cui " i misteri del m. non hanno in ogni caso esistenza propria ", ma è in esso - nel mistero del m. - che " l'uomo non incontra che il mistero di Dio ".5 Il modello privilegiato di tale amore è quello sapienziale espresso nel Cantico dei Cantici, che è un testo che è stato " uno degli alimenti più costanti della pietà attraverso i secoli; ma contemporaneamente anche uno degli ispiratori di tutta la mistica occidentale ".6 È in questo senso che risulta legittimo dire che l'impegno e l'azione di promozione umana è un aspetto di esperienza mistica (G. Lazzati).

IV. Nell'età contemporanea. Invece di un'annunciata eclissi del sacro (S. Acquaviva), si manifesta una nuova religiosità, quasi come contraddizione della modernità (D. Hervieu-Léger), non estranea a un intrecciarsi di religiosità diverse che induce a considerare la mistica " una dimensione di qualsiasi esistenza umana, sia che si parta dalla prospettiva dell'analogia della relazione personale, per quanto riguarda l'aspetto affettivo, sia che prevalga la prospettiva del sentimento cosmico, per quanto concerne l'aspetto di assunzione attiva ".7 Nella nuova religiosità, il termine mistica è privilegiato rispetto a spiritualità, poiché si caratterizza per una diffusa ricerca di esperienze mistiche.8 Mistica intesa come via per giungere a un'unione con il divino, ma, nello stesso tempo, via per arrivare al profondo di sé e di unione con il cosmo, o con il m., che è percepito - sotto l'influsso di mistiche induiste, taoiste, buddiste - come organismo vivo. Il fine di questa via è quello di prender coscienza dell'unità e della reciproca relazione delle cose, di superare il concetto dell'Io individuale isolato e di identificarsi con l'" ultima realtà ".9 Via o esperienza mistica che, anziché collocarsi sul versante di un neopanteismo, sembra collocarsi su quello di un " panenteismo " (A.N. Terrin). Per tale via o esperienza, il m. è tutt'altro che un estraneo o un ostacolo per l'unione con il divino. Anzi, esso è elemento coinvolto nella ricerca; è esso stesso parte del divino.

V. La tendenza mistica che caratterizza, in qualche modo, la nuova religiosità trova espressione soprattutto tra i laici - in particolare tra le donne - ed è manifestazione di una nuova presa di coscienza della propria soggettualità. Si ha così una riedizione - peraltro assai differenziata - del risveglio di coscienza religiosa, particolarmente laicale, verificatosi in Occidente tra il XII il XIV secolo (M.-D. Chenu). Anche allora, tale risveglio " vede affermarsi tra i laici (...) una nuova religiosità, imperniata sul desiderio di fare da sé l'esperienza del divino, per "diventare per grazia quello che Dio è per natura", secondo la bella espressione di Maestro Eckhart ".10 E in quella nuova religiosità la componente femminile occupa un posto rilevante.11

Tra il risveglio di coscienza medievale e quello attuale vi è, però, una diversità profonda. Quello si è manifestato in una cultura profondamente religiosa e su una precisa struttura teologica cristiana. Quello di oggi si manifesta in una cultura secolarizzata e " parla il linguaggio di tutte le religioni, ma senza che gli sia essenziale nessuna religione ".12

È così necessario distinguere nella nuova religiosità - e particolarmente nella concezione di m. che in essa è presente - almeno due diverse esperienze mistiche. Esse, pur ricche di valori e contenuti, non possono essere ritenute identiche (K. Rahner). L'esperienza di unione con il divino, l'esperienza di sé e l'esperienza cosmica, che fa sperimentare l'essere parte di un tutto, dunque, l'esperienza del m. come organismo vivo e abitabile e, contemporaneamente, un'unità con il tutto, non sono la stessa cosa. Anzi, ritenere identiche tali esperienze è considerato " il punto debole fondamentale della "nuova religiosità". È vero che esse si aprono in direzione di Dio, che possono addirittura fondersi con l'esperienza di Dio, sino a formare un'unica esperienza. Solo però se si salvaguarda la loro differenza si riesce a scorgere la vera unità ".13

Se, dunque, occorrono cautela e discernimento nel valutare le esperienze mistiche che attualmente si cercano o si sperimentano, resta il fatto che in esse vi è un'unità in cui il m. appare come elemento in qualche modo non complementare o accessorio, ma necessario per giungere a un'esperienza piena d'intimità con il divino. Ciò, in particolare, tra i laici che, almeno nel cattolicesimo (ma non solo), sono considerati chiamati da Dio a essere intimamente uniti a lui per operare nella creazione coltivandola e conservandola con lo stesso amore del Creatore. Un compito che, peculiare e primario per il laico, trova espressione nel santificare o " consacrare " il m.

Note: 1 J.-J. von Allmen, Deserto, in Vocabolario biblico, Roma 1969, 311; 2 L. Cognet, Introduzione ai mistici renano-fiamminghi, Cinisello Balsamo (MI) 1991, 98; 3 Cf S. De Fiores, Spiritualità contemporanea, in NDS, 1525; 4 A. Bonora, Cantico dei Cantici, in Aa.Vv., Il messaggio della salvezza, Torino 1985, 333; 5 Ibid.; 6 Cf O. Rousseau, Introduction, in Id., Origène, Homélies sur le Cantique, Paris 1966; 7 J.M. van

Cangh (cura di), La mistica, Bologna 1991, 6; 8 J. Sudbrack, La nuova religiosità, Brescia 1988, 177-199; 9 Cf F. Capra, Il Tao della fisica, Milano 1986; 10 A. Vauchez, Comparsa e affermazione di una religiosità laica (XII secolo-inizio XIV), in Aa.Vv., Storia dell'Italia religiosa, I: L'antichità e il Medioevo, Roma-Bari 1993, 425; 11 Id., I laici nel Medioevo, Milano 1989, 267-294; 12 G. van der Leeuw, La religion dans son essence et ses manifestation, Paris 1955, 494; 13 J. Sudbrack, La nuova... o.c., 302.

Bibl. S. Acquaviva, L'eclissi del sacro nella civiltà industriale, Milano 1961; Angela da Foligno, L'esperienza di Dio amore, Roma 1973; A. Bonora, Cantico dei Cantici, in Aa.Vv, Il messaggio della salvezza, V, Leumann (TO) 1985; F. Capra, Il Tao della fisica, Milano 1986; M.-D. Chenu, Il risveglio della coscienza nella civiltà medievale, Milano 1982; L. Cognet, Introduzione ai mistici renano-fiamminghi, Cinisello Balsamo (MI) 1991; S. De Fiores, Spiritualità contemporanea, in NDS, 1516-1543; P. Grelot - E. Pousset, s.v., in DSAM X, 1620-1646; D. Hervieu-Léger, Tendenze e contraddizioni della modernità europea, in Aa.Vv., La religione degli europei, Torino 1992, 1-9; G. Lazzati, Esperienza mistica e promozione umana, in Aa.Vv., Mistica e misticismo oggi, Roma 1979, 173-179; Id., La città dell'uomo. Costruire, da cristiani, la città dell'uomo a misura d'uomo, Roma 1984; S. Lyonnet, Perfezione del cristiano " animato dallo Spirito " e azione nel mondo secondo s. Paolo, in I. De La Potterie - S. Lyonnet, La vita secondo lo Spirito condizione del cristiano, Roma 1967, 285-312; G. Pozzi - C. Leonardi (cura di), Scrittrici mistiche italiane, Genova 1988; K. Rahner, Esperienza mistica e teologia mistica, in Id., Nuovi saggi, VI, Roma 1978; Id., Esperienza della trascendenza dal punto di vista dogmatico cattolico, in Id., Nuovi Saggi, VI, Roma 1981; G. Ravasi, Il Cantico dei Cantici, Bologna 1992; O. Rosseau, Introduction, in Id., Origène, Homélies sur le Cantique, Paris 1966; L.A. Schökel, Cantico dei Cantici. La dignità dell'amore, Casale Monferrato (AL) 1993; J. Sudbrack, La nuova religiosità. Una sfida per i cristiani, Brescia 1988; Teilhard de Chardin, L'ambiente divino, Milano 1968; A.N. Terrin, New Age, la religiosità del post-moderno, Bologna 1992; K.V. Truhlar, Sul mondo d'oggi, Brescia 1967; A. Vauchez, I laici nel Medioevo. Pratiche ed esperienze religiose, Milano 1989; Id., Comparsa e affermazione di una religiosità laica (XII secolo-inizio XIV), in Aa.Vv., Storia dell'Italia religiosa, I: L'antichità e il Medioevo, Roma-Bari 1993.




Autore: A. Oberti
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)