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Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Mistica dell'essenza


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Premessa. L'aggettivo " sopraessenziale " per indicare determinate esperienze mistiche deriva dal neoplatonismo cristiano e viene usato occasionalmente nella mistica tedesca, fino a che diviene di uso comune con Ruusbroec e i successivi continuatori della sua opera. Nel " periodo aureo " della mistica francese, questo termine (o un suo equivalente), svolge un ruolo importante soprattutto nelle controversie relative alla Regula perfectionis di Benedetto di Canfield.

Nell'interpretazione odierna, il significato dell'espressione dev'essere chiarito a tre livelli successivi, ma le caratteristiche teologiche ed esperienziali vanno valutate per ogni singolo autore.

I. Concentrazione dell'esperienza sul piano personale. Tutte le impressioni sensoriali ed anche le percezioni spirituali debbono cadere finché l'uomo " prova esperienza " ancora nel proprio " essere " e non più con questa o quella facoltà percettiva. La profondità esistenziale della persona così raggiunta (il " fondo " dell'anima) può essere così " essenziale " che la stessa parola " esperienza " ha ancora in sé un'eccessiva connotazione emozionale per poter cogliere questo intimo raggiungimento del sé, della persona.

II. Concentrazione sull'" essere " (natura) di Dio. A questo livello si oltrepassano tutte le proprietà concettualmente comprensibili o comunque definibili di Dio.

L'" esperienza " afferra il concetto di Dio sulla sua " pura " essenza, nel suo " fondamento ": " abbandonare Dio per amor di Dio " (Eckhart). A questo punto si pone la questione se non si debba superare anche l'" amore " (che include la dualità) come attributo divino, per arrivare all'" essere " (che è soltanto unità) o perfino al " nulla " di Dio (che non possiede alcuna proprietà esprimibile). La tensione verso Dio non dovrebbe forse essere abbandonata, in quanto atto precedente all'essere?

III. Confluenza del " fondamento " divino e di quello umano. Quando tutte le " qualità specifiche " vengono meno, viene meno anche la " differenziazione ". E ciò vale sia dal punto di vista del pensiero che da quello dell'esperienza e dell'essere: " C'è qualcosa nell'anima che non è creato né creabile... e ciò è la ragione " (Eckhart). Di qui l'accusa di quietismo radicale e di panteismo occulto. Ruusbroec disinnesca il pericolo insito nella mistica dell'essere, cioè quello di venire intesa in modo eretico, dando particolare risalto all'amore.

La ricerca accurata su Eckhart ha dimostrato come anche le sue affermazioni più radicali debbano essere intese in senso cristiano, cioè né quietistico né panteistico.

A causa delle difficoltà terminologiche, l'indagine odierna evita sempre più il termine " mistica dell'essere ", operando invece una distinzione fra la mistica " intellettiva " e quella " affettiva " (o dell'amore).

Tuttavia, il potenziale di esperienza che si coglie con le parole " mistica dell'essere ", nonostante il pericolo immanente di una errata interpretazione in senso panteistico o immanentistico, conduce a valutare la corrispondente mistica cristiana anche sotto il punto di vista dell'essere. Proprio qui va visto un punto di partenza per arrivare a un dialogo con le tradizioni mistiche dell'Oriente. In Eckhart o Benedetto di Canfield si nota, tuttavia, la legittimità cristiana delle corrispondenti " esperienze dell'unità ". Quello che a molti appare un habitus di linguaggio e cultura piuttosto estraneo, può costituire un importante collegamento con la mistica non cristiana, ma rende anche manifesta la ricchezza della tradizione della mistica cristiana.

Bibl. J. Alaerts, La terminologie " essentielle " dans l'Oeuvre de Jan van Ruusbroec 1293-1381, Lille 1973; A. Deblaere, Essentiel, in DSAM IV, 1346-1366; B. Fraling, s.v., in WMy, 519-520; G. Moioli, Mistica cristiana, in NDS, 985-1001.




Autore: J. Sudbrack
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)