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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Mistagogia


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I. Il termine è greco, composto dal nome mystes (mistero) che forse deriva dal verbo myo (chiudere le labbra, essere chiuso) e dal verbo ago (condurre). Etimologicamente significa l'azione d'introdurre una persona nella conoscenza di una verità occulta e nel rito significativo di questa. Chi introduceva, generalmente un sacerdote, era detto mistagogo; la persona iniziata era chiamata miste.

II. Nell'antichità. I culti greco-romani, nei quali era presente la m. erano vari: quello orfico, quello di Mitra, quello dionisiaco, quello eleusino di Demetra e Core, ecc. Erano forme religiose pagane di natura soteriologica. Quelle più antiche si riferivano, nei loro riti, alle forze generatrici della natura, specialmente a primavera. Quelle più recenti avevano riti che significavano un trasferimento delle forze della natura alla persona iniziata.

La m. comportava generalmente, oltre gli attori principali, il mistagogo, il miste e la divinità, una preliminare abluzione del corpo, segno, a volte, di una purificazione morale; includeva, inoltre, la persuasione che il miste entrasse in un gruppo religioso particolare, diverso da quello in cui era vissuto fino ad allora; esigeva l'esoterismo, ossia il patto interiore, il segreto nel quale si costituivano l'iniziazione al culto e l'appartenenza ad esso, nonché l'indottrinamento e il ritualismo che portavano il miste all'unione (quasi identificazione) con la divinità alla quale si offriva il culto e, infine, la proibizione di comunicare ad estranei le verità e le pratiche rituali affidate agli iniziati.

La m. non è assente nemmeno dalle religioni che, per contenuto di dottrina, si rifanno a una rivelazione soprannaturale. Esse propongono misteri, cioè verità incomprensibili alla ragione umana, che poi vengono, in qualche modo, espresse nel culto pubblico. Anzi si può affermare che quanto più una religione propone misteri di ordine sovrumano, con risvolti liturgici, tanto più gli adepti necessitano di m. perché il loro impatto con verità ineffabili, prima che comprensibili, possa essere dolce e graduale.

III. Nella religiosità ebraica il mistero era presente sia come disegno segreto di Dio, che vuol salvare Israele, sia come complesso di verità salvifiche rivelate agli umili. I rabbini insistevano molto sul concetto esoterico di mistero per enfatizzare la predilezione di JHWH per il popolo eletto. Sacerdoti, rabbini, responsabili di sinagoga iniziavano in particolare i circoncisi, trasmettendo e spiegando la Thorà o legge divina, e introducendoli al culto del tempio e dei riti sacrificali. Nella setta ebraica degli Esseni, a Qumram, il mistero messianico e quelli connessi ebbero un grande rilievo. Erano stati rivelati ai profeti, quindi agli israeliti, perché conoscessero e proclamassero la potenza e la sapienza di Dio. Venivano interpretati in seno alla comunità essenica dal maestro di giustizia al fine di orientare gli adepti al mistero messianico escatologico.

IV. Nel cristianesimo la m. acquista nuova importanza. Gesù stesso introduce i discepoli nel mistero del regno di Dio con simboli e parabole ricche di arcano. Egli è insieme mistero e mistagogo dei suoi seguaci (cf Mt 11,25-27). Singolarità del mistero cristiano è la esoterica essenza di fede e di rivelazione soprannaturale proposta alla coscienza d'ogni persona, e insieme una realtà esterna di adepti che pregano e celebrano riti sacri, restando separati dai non cristiani, in particolare quando spezzano il pane eucaristico (cf At 2,46; 5,13). Negli scritti di Paolo emerge il concetto di un grande mistero di dimensione soteriologica cosmica: Dio, fin dall'eternità ha, nella sua sapienza, preordinato la salvezza degli uomini (cf Rm 16,26) con un segreto piano operativo. Tutto ciò era rimasto nascosto a tutti (cf 1 Cor 2,8) e fu rivelato quando a Dio piacque, realizzandolo con modalità superiori ad ogni previsione umana. Di fatto, l'evento dell'Incarnazione, la preferenza di Cristo per i poveri e i peccatori, la follia della croce, la risurrezione di Gesù, la temporanea e parziale defezione d'Israele, la chiamata dei pagani nel nuovo popolo di Dio sono chiaramente fatti imprevedibili. La rivelazione del mistero cristiano è fatta in maniera mistagogica ai discepoli (cf Mc 4,11), mentre agli altri è offerta in modo enigmatico. Il mistero della chiamata dei pagani alla Chiesa è rivelato a Paolo che ne diviene il mistagogo per eccellenza. La rivelazione del mistero globale della salvezzza comprende la conoscenza e l'inizio della fruizione dei beni salvifici, già presenti in Cristo. Sono beni soteriologici ed escatologici, offerti da Dio a tutti, per conseguire la liberazione da satana, dal peccato, dalla morte eterna, per vivere la pace e la gioia di Gesù con amore a Dio e ai fratelli, ed entrare nella vita gloriosa di Dio, accanto a Cristo che siede alla destra del Padre.

V. Nella Chiesa primitiva ci fu l'esplosione pentecostale che lanciò pubblicamente sulle genti ebraiche e pagane il mistero cristiano, come un evento irresistibile, irrinunciabile, di salvezza per tutti. Il kerigma, annunciato con risolutezza (parresia), si dimostrò ben presto bisognoso di espressioni liturgiche, dato anche il forte simbolismo dei sacramenti del battesimo e dell'Eucaristia e dell'imposizione delle mani; riti comandati da Cristo per entrare nel regno di Dio ed avere la vita divina, in eterno. Nell'immersione battesimale, simbolo della morte e sepoltura di Cristo, è significata la morte del vecchio uomo peccatore, e nell'emersione, segno della risurrezione di Gesù, il battezzato è l'uomo nuovo di santità. La pregnanza misteriosa del battesimo conteneva altri valori: filiazione divina, configurazione a Cristo, dedicazione allo Spirito Santo, incorporazione alla Chiesa, missione evangelizzatrice, destino di risurrezione alla vita eterna. Parimenti, nell'Eucaristia i valori sono delicati e occulti: essa è nutrimento di grazia salvifica per ogni commensale; instaura l'unità con Cristo e dei fedeli tra loro; fa memoria della vita, passione, morte, risurrezione di Gesù; è caparra di eterna glorificazione in Dio. Nel rito della imposizione delle mani c'è il misterioso segno della discesa dello Spirito Santo, ipostasi divina, della elargizione dei suoi carismi, della carità, della testimonianza coraggiosa della fede, per conseguire così un favorevole giudizio del Cristo, giudice di tutti gli uomini. Analogamente, negli altri sacramenti e sacramentali sono presenti misteriosi valori. Pertanto, l'iniziazione seria, prolungata, scandita nel tempo del catecumenato e dei neofiti diviene indispensabile.

I Padri della Chiesa furono saggi iniziatori ai misteri cristiani che, durante i primi tre secoli, furono tenuti segreti, perché il paganesimo non profanasse riti e simboli, con i quali venivano espressi. Durante il catecumenato, la m. cristiana ebbe modo di affermarsi perché gli adulti provenienti dal paganesimo capissero e accettassero i valori mistici della salvezza di Cristo Uomo-Dio. Era una iniziazione che nel sec. IV veniva fatta in due tempi: il primo destinato a una lunga e seria istruzione circa le verità della fede; il secondo, più intenso e illuminante durante la quaresima e nella settimana santa, offriva la spiegazione dei riti sacramentali. Ottimi mistagogi furono: Cirillo di Gerusalemme, Teodoro di Mopsuestia ( 427), Ambrogio di Milano. L'istituto del catecumenato si attenuò nel sec. V, quando invalse l'uso di battezzare i bambini. Nei secoli seguenti fino al XVI si attenuò anche la catechesi, sicché l'iniziazione alla fede cristiana rimase approssimativa nel popolo e piuttosto riservata alle persone raccolte in associazioni pie o negli istituti monastici. Nel secolo del Concilio di Trento s'incominciò ad offrire alla massa dei fedeli un'informazione piena ed organica dei misteri cristiani mediante il catechismo tridentino. Seguiranno altri catechismi, tra cui quello di Pio V ( 1572). Per avere un'azione di autentica m. bisognerà attendere tempi più recenti, in cui si è promosso l'accordo tra la conoscenza teologica dei misteri cristiani e la pratica liturgica che questi misteri simboleggia e attua. Mantenendo la prassi del battesimo dei bambini, la m. negli anni della fanciullezza, dell'adolescenza e della giovinezza è la strada più diritta per una piena maturazione della fede-vita dei cristiani.

Più o meno blande forme di m. si stanno realizzando attraverso l'istituzione di catecumenati, raccomandati anche dal Concilio Vaticano II (cf SC 64; SG 14; AA 14). Una interessante esperienza è quella promossa nelle comunità neocatecumenali iniziata da Kiko Argüello.

BVI. Un aspetto particolare assume la m. nella esperienza mistica. La persona, innestata come tralcio alla vite-Cristo, può avere un divenire in crescendo di grazia salvifica. Cooperando con lo Spirito Santo può aumentare la sua luce di conoscenza delle verità soprannaturali, la sapienza dell'amore teandrico in queste evidenziato, la testimonianza apostolica. I doni dello Spirito Santo rendono feconda l'anima di frutti salvifici. Egli è il vero mistagogo dell'anima che coraggiosamente intraprende il cammino dietro a Cristo, sotto l'azione dello Spirito, per amare Dio sopra ogni cosa e i fratelli più di se stessa. Però, salvo casi eccezionali, nei primi tempi dell'esperienza di distacco dagli affetti alle cose terrene, dell'esercizio d' orazione contemplativa, di perfetto compimento del volere divino, la persona viene guidata dal padre spirituale che verifica l'autenticità del percorso, addita le migliori modalità di rapporto con Dio, riconosce momenti e passaggi della progressiva unione con Dio. S. Giovanni della Croce, cui fa eco s. Teresa d'Avila,1 esige che codesti padri o direttori o maestri spirituali o confessori posseggano scienza, discrezione, maturità, esperienza 2 dei più segreti meandri della vita mistica. In particolare rileva che il mistagogo, con tatto e pazienza, inizi la persona alla purificazione, all'orazione contemplativa, all'unione nuziale e alla trasformazione amorosa in Dio. Tutta la m. deve rilevare " le grazie tanto eccellenti e straordinarie " che Dio elargisce all'anima nell'esperienza d'unione d'amore. L'anima arriva a conoscere, in modo saporoso ed essenziale, che Dio nel suo essere è infinitamente tutte le cose, per cui le conosce nella luce della divinità e in pari tempo s'innamora di Dio, con forza e delicatezza divina e s'immerge " nei profondi abissi di Dio ".3

Note: 1 Cf Vita 23,6-18; Cammino di perfezione 3,5; 2 Fiamma viva d'amore III, 29-31; 3 Ibid. IV, 17.

Bibl. P. Adnès, Formation, in DSAM V, 696-699; É. Bertaud, Guides spirituels, in DSAM VI, 1154-1169; L. Borriello, Note sulla mistagogia o dell'introduzione all'esperienza di Dio, in EphCarm 32 (1981), 35-89; J. Castellano Cervera, Mistagogia spirituale e spiritualità, in Aa.Vv., La spiritualità. Ispirazione-ricerca-formazione, Roma 1984, 29-42; F. Ruiz Salvador, Mistica e mistagogia, in Aa.Vv., Vita cristiana ed esperienza mistica, Roma 1982, 277-296; B. Schreiber, La mistagogia, in La Mistica II, 363-384.




Autore: G.G. Pesenti
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)