Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Malattia


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Premessa. I Vangeli parlano spesso di malati guariti da Gesù e ne danno un'immagine complessiva quando raccontano che " al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li conducevano a lui ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva " (Lc 4,40).

Gesù viene a rivelare all'uomo la sua verità, la sua completezza. Pur essendo una creatura, limitata nello spazio e nel tempo, quindi " mortale ", l'uomo è " figlio " di Dio e come tale porta dentro di sé quella tensione di infinito e di eterno propria di Dio. La " salvezza " dell'uomo è sapere che dentro questa realtà limitata palpita qualcosa di illimitato, ed egli può realizzare questa verità.

La m. non è altro che il segno di questa " mortalità " che accompagna tutto il divenire dell'uomo e talvolta lo costringe in forme pesanti di disordine fisico, mentale e spirituale. La m. è per l'uomo il perenne interrogativo sul suo esistere, sul perché e sul come del suo divenire, e lo obbliga a cercare una risposta che non sia illusione o disperazione.

Lungo tutta la sua storia, l'uomo ha sempre cercato di superare i suoi limiti: scienza medica, pratiche magiche, tensione religiosa hanno accompagnato e segnato il ritmo di questa sua ricerca.

Se, però, si ha il coraggio di guardare a se stessi come creature accogliendo quella radice di infinito e di eterno che sappiamo di possedere, allora la m. diventa il continuo richiamo alla verità tutta intera del nostro essere umani.

I. La m. rivela la dipendenza da Dio. Scompare quell'orgoglio così radicato nell'uomo, quel medesimo orgoglio che fin dall'inizio lo ha condotto al tentativo di rifiutare la sua dipendenza da Dio, ed emerge la sua vera realtà, la sua " grandezza " iscritta nella sua debolezza.

La m. mette in luce la " miseria " umana, quando si è costretti a mettere da parte la propria privatezza, la propria autonomia e persino quel pudore e quella delicatezza che formano un po' la propria fisionomia personale.

Quando poi la m. distrugge a poco a poco l'esistenza stessa, e tutto comincia a disfarsi, quando ci si sente corrosi e svuotati, allora appare più reale la nostra vera essenza, appare la nostra personalità con la sua radice eterna e infinita.

Così, nel caso delle cosiddette " malattie mentali ", quando non si riesce nemmeno a capire dove si annida la radice del male e si resta impotenti e si diventa estranei, ancora una volta si va alla ricerca di ciò che sta sotto al mistero della persona. Anche la forma della menomazione, sia congenita che insorta per un incidente, conduce a scavare nell'uomo fino a raggiungere quella identità che lo rende ancora " grande " e con un senso e un valore per vivere.

E una grande maestra la m., con la debolezza, l'insorgere di momenti e tempi diversi dal solito ritmo dove ciascuno si sente padrone assoluto: essa insegna la verità completa del vivere umano e conduce alla scoperta del tesoro intoccabile che ciascuno porta con sé.

II. La m. come conversione e collaborazione alla salvezza. Ecco perché la storia di molte persone ha nel momento della m. l'occasione di un rivolgimento totale del proprio modo di esistere, la " conversione ": non è un cedere e affidarsi a qualcosa di ignoto o di illusorio, ma la scoperta positiva e gioiosa di ciò che veramente si è. S. Francesco d'Assisi, s. Ignazio ce lo ricordano chiaramente.

E anche vero che tutto ciò che l'umanità mette in opera per guarire o lenire il peso della m. può essere visto come un modo per collaborare a quella " salvezza " che Gesù ha annunciato " guarendo i malati ": la redenzione è un cammino per ritornare a quella immagine di uomo che Dio stesso ha pensato all'inizio e che Gesù è venuto a rivelare e a rendere possibile.

L'uomo non riuscirà mai a superare e a sconfiggere pienamente la m., ma almeno può e deve arrivare a renderla strumento di verità, occasione per una crescita globale che non viene vanificata dal disordine fisico o mentale che la m. produce.

Lungo i secoli, la fede cristiana, condotta dallo Spirito di Cristo, ha scoperto e inventato luoghi e modi per ritrovare un senso alla propria condizione di ammalato. Lourdes, ad esempio, è il luogo non dei miracoli sensazionali, ma del ritrovato gusto del vivere, della condivisione, dell'aiuto reciproco, della " grandezza " umana investita dalla presenza di Dio. E questa grandezza, che è consapevolezza della dipendenza da Dio, mentre converte l'uomo, gli permette di scoprirsi accomunato al Cristo sofferente e di sentire in sé la presenza di un Dio, amore totale, che si dona nel suo mistero di redenzione.

Bibl. G. Basadonna, Spazi di gioia, Milano 1995; Ch.-A. Bernard, Sofferenza, malattia, morte e vita cristiana, Cinisello Balsamo (MI) 1990; Y.M. Congar, Sul buon uso della malattia, Brescia 1968; J. Galot, Perché la sofferenza, Milano 1986; T. Goffi, s.v., in DES II, 1485-1489; I. Noye, s.v., in DSAM X, 137-152 (con ampia bibliografia).



Autore: G. Basadonna
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)