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Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Ineffabilità


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I. Significato. I mistici frequentemente affermano che il totalmente Altro è ineffabile, che ciò che hanno esperito durante l'estasi è indicibile, che le loro visioni sono inesprimibili. Alcuni dei più grandi studiosi del misticismo, da William James a Walter T. Stace, hanno indicato proprio nell'i. uno dei segni caratteristici dell'esperienza mistica. " Il più ovvio dei segni - ha scritto W. James - per cui io classifico come mistico uno stato mentale è un segno negativo. Colui che lo prova afferma immediatamente che questo stato non potrebbe trovare alcuna espressione, che non se ne può manifestare a parole il contenuto. Ne consegue che la sua qualità dev'essere direttamente sperimentata; non può essere comunicata né trasferita ad altri ".

In questi ultimi decenni, la tesi dell'i. è stata analizzata sia da un punto di vista logico, sia da un punto di vista epistemologico, sia, infine, da un punto di vista linguistico. Le conclusioni alle quali alcuni studiosi sono giunti consistono nel rifiutare la tesi dell'i. in quanto essa, per dirla con Keith E. Yandell, è " solo confusione e non senso ". Altri, come Peter C. Appleby, hanno cercato di mostrare che tale tesi è " falsa, anche se c'è più di un granello di verità nelle considerazioni addotte in favore della sua accettazione ". Altri ancora, come Michael Durrant, si sono chiesti se l'elemento centrale dell'esperienza religiosa sia inesprimibile di fatto o di principio, dichiarando poi di propendere per la prima delle due ipotesi.

Per Renford Bambrough, infine, il tema dell'i., che è una forma di scetticismo a livello linguistico, cela non poche trappole. Il rischio, egli afferma, è quello di descrivere " come una impossibilità ciò che è solo una difficoltà, come una barriera ciò che è solo una frontiera ".

Tra coloro che hanno espresso una valutazione più positiva dell'i. possiamo ricordare N. Smart, L. Hatab, P. Moore e J. Kellenberger. Alcuni di questi autori, soprattutto Moore, ma anche Kellenberger, si sono impegnati in analisi attente al fine di tracciare una fenomenologia dell'ineffabile, altri (Moore e Hatab) hanno finito con il ridimensionare il ruolo che l'i. giocherebbe effettivamente nelle produzioni verbali dei mistici.

Ninian Smart ha sostenuto che espressioni come ineffabile, indescrivibile, inesprimibile, indicibile, indefinibile e così via, che compaiono frequentemente nelle opere dei mistici non devono essere prese come se " escludessero completamente la descrivibilità ". Esse posseggono una buona dose di ambiguità, infatti " dire che Dio è incomprensibile può voler significare non che è totalmente incomprensibile, bensì che non è totalmente comprensibile ".

Per Lawrence J. Hatab nessuna forma di misticismo è, a rigor di termini, ineffabile. Se i mistici parlano di i. (ma " ineffabile " - egli afferma - non significa " non linguistico ") o di indescrivibilità vogliono solo ricordarci che la loro è un'esperienza straordinaria e che, quindi, il linguaggio ordinario è inappropriato e inadeguato per parlare di ciò che essi hanno esperito. La sola esperienza ineffabile è, a suo avviso, quella che costringe il mistico a scegliere il silenzio.

II. Nell'esperienza mistica. A conclusioni simili a quelle di Lawrence J. Hatab è giunto anche Peter Moore. A suo avviso, sui sentieri della mistica non ci si trova mai di fronte ad una i. radicale, assoluta, poiché vi sono sempre elementi dell'esperienza mistica che possono essere comunicati, quindi, si tratta in ultima analisi di una i., per così dire, debole. Un altro interessante contributo è stato fornito da J. Kellenberger, che ha cercato di delineare una tipologia degli oggetti che possono, di volta in volta, essere o non essere etichettati come ineffabili. " In primo luogo, ciò che viene presentato come ineffabile può essere Dio, la Divinità e Brahma, ecc. In secondo luogo, come per s. Giovanni della Croce, l'oggetto mistico può essere una "saggezza intima" o, come nell'Upanishad, una conoscenza suprema. In tal caso, l'oggetto mistico è una verità. In terzo luogo, l'oggetto mistico può essere l'io come nella tradizione indù o l'anima come per Meister Eckhart. E, infine, l'oggetto mistico può essere la stessa esperienza mistica ".

Bibl. M. Baldini, Il linguaggio dei mistici, Brescia 19902, 137-148; G. Marchesi, Parola e silenzio dinanzi al mistero di Dio, in CivCat 132 (1981)3, 372-387; R. Moretti, s.v., in DES II, 1309-1311.





Autore: M. Baldini
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)