Imperfezione
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I. Il concetto di i. può essere considerato in modi diversi. Il concetto generale potrebbe essere questo: concetto negativo, relativo e contrapposto al concetto di perfezione che può assumere valenze diverse a seconda degli aspetti di realtà cui si applica.
a. In senso metafisico: l'i. riguarda tutto quanto è in qualche modo finito e in divenire e si contrappone all'essere infinito assolutamente immobile, quindi, perfezione assoluta in quanto possiede tutto se stesso in un unico atto. Un essere si dice imperfetto perché non è l'essere, ma ha l'essere e in maniera limitata; un essere in divenire si dice imperfetto perché non avendo realizzato tutte le possibilità, in cui consisterebbe la sua perfezione, manca di qualcosa cui tende di continuo; e non si possiede totalmente e simultaneamente, ma in una successione di atti che si dispiegano nel tempo.
b. In senso estetico riguarda tutto quanto non è compiutamente realizzato secondo gli intenti dell'artista oppure secondo l'ideale di bellezza che l'opera dovrebbe incarnare in sé.
c. In senso morale-spirituale: è un difetto di ulteriore perfezione essenziale ad ogni atto umano; è la manifestazione della i. ontologica che la creatura porta in sé e dalla quale mai potrà completamente liberarsi: è la sua stessa essenza.
II. Senso-portata-implicazioni. Qualunque sia l'accezione o il significato che si voglia dare all'i., è ovvio che essa segna ed indica limiti, confini, difetti... costituzionali dell'essere e della creatura e, in questo senso, va pienamente e consapevolmente accettata, compresa e condivisa pena indebite colpevolizzazioni o arbitrari perfezionismi. E questo il punto nodale del concetto e del contenuto dell'i. Ed è su questo punto che va anche compreso e attuato l'imperativo evangelico della perfezione: come spinta critica a riformulare continuamente l'origine delle proprie scelte.
Bisogna, quindi, saper attentamente distinguere tra " l'io attuale ": quali caratteristiche, doti, sentimenti.... possiede attualmente una persona; e " l'io ideale ": ciò che essa ancora non è, ma intende diventare o è chiamata progettualmente a diventare, il mondo dei valori, degli ideali e a volte delle illusioni. " Io attuale " e " io ideale " insieme costituiscono l'identità, l'io totale della persona; l'insieme di ciò che è e di ciò che desidera diventare. Se quest'uomo fa riferimento a Cristo, è ovvio che nella formulazione del suo progetto deve trovare spazio il fatto che Cristo è morto e risorto per lui perché peccatore, non solo come acquisizione teorica, ma come elemento e valore che danno forma a tutto il mondo degli ideali.
E l'io totale, la persona - nella sua autentica identità e realtà imperfetta - che intuisce e progetta un valore e cerca di realizzarlo: è, quindi, un io che si trascende: si riferisce a qualcosa non ancora raggiunto, che egli non ha creato, ma che trova al di là e al di sopra. Si tratta di uno stato di divenire, di una perfezione a cui tendere di continuo e gradualmente. L'io ideale - la perfezione - rappresenta un'identità da conquistare.
Credere a Dio equivale ad accondiscendere a una dipendenza esistenziale la più radicale, una "i. costituzionale" che riguarda l'esistenza umana nelle sue radici e che coinvolge il suo futuro ultimo. " Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo " (2 Cor 12,9). I.: limite, ma anche punto di forza per una vita morale-spirituale armonica e serena, nonché come tensione verso la pienezza della perfezione divina.
Bibl. P. Barsi, Note storico-dottrinali sull'imperfezione morale, Roma 1961; L. Cortesi, L'obbligo del bene vitalmente proporzionato al soggetto, in RivAM 6 (1961), 87-114; C.V. Truhlar, Imperfezione positiva e carità, in Ibid., 204-213; B. Zomparelli, s.v., in DSAM VII, 1620-1630; Id., s.v., in DES II, 1276-1280; Id., Il problema dell'imperfezione morale e l'incontro personale con Dio, Roma 1970.
Autore: B. Zomparelli
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)