Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Guigo II


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I. Vita e opere. Sono scarsi e solo indiretti i dati biografici ricostruibili per il certosino G., secondo con questo nome. Egli risulta monaco e procuratore della Grande Certosa nel 1173 e, l'anno seguente, ne è eletto priore. Conserva l'ufficio fino al 1180, allorché appare sostituito e si dichiara ormai in età avanzata. Gli storici concordano oggi nel datarne la morte al 1188.

Le opere attribuibili a G. sono due: la Lettera sulla vita contemplativa (o Scala dei monaci) e le Meditationes. Sono contenute in un gran numero di manoscritti, a testimonianza di una diffusione notevole e dell'influsso spirituale esercitato, ma sono giunte a noi per lo più anonime, non complete, o con attribuzioni diverse di paternità, che vanno da s. Bernardo a s. Agostino. Ciò indica anche la loro voluta collocazione nella spiritualità comune certosina. Il grande erudito dom A. Wilmart studia per primo criticamente la tradizione manoscritta delle due opere e stabilisce la loro attribuzione all'autore, aprendo la strada alla possibilità di darne un'edizione completa e critica ed una traduzione francese, apparsa nel 1970 nelle " Sources Chrétiennes ".

II. Dottrina spirituale. Il vero oggetto, di cui si tratta nella Lettera o Scala, ma anche nelle Meditationes, appare un'esposizione semplice ed essenziale dell'unione contemplativa, ove l'insegnamento classico in materia intende essere filtrato attraverso l'esperienza spirituale e la riflessione personale su di essa. Al destinatario Gervasio, verosimilmente un monaco che lo ha avviato alla vita monastica come maestro dei novizi, ma che non risiede più nella Certosa, G. propone " i pensieri che gli sono venuti a proposito della vita spirituale dei monaci ".

Il tema è svolto in consonanza con l'insegnamento del priore Guigo I circa la necessità della solitudine e della separazione dalla vita esterna, per costruirsi uno scenario proprio ove sviluppare la vita contemplativa e giungere all' unione con Dio; ma è presentato in uno stile penetrante e familiare, anzi sentimentale. Lettura, meditazione, preghiera, contemplazione sono indicate ed illustrate come i passaggi progressivi, ma tali da dover restare permanenti ed interagenti per nutrire la vita spirituale con il suo alimento divino. Il processo gli sembra analogo al masticare, al gustare, al digerire il cibo, con tre atti che non escludono i sensi, la volontà e la coscienza, per culminare nell'assimilazione del cibo, che si avverte invece solo nel benessere, nello stato di salute goduto dall'intero organismo. L'uso della ragione appare come sospeso e risolto, ma non contrastato né contraddetto, nell'atto vitale. Così un partecipato e totale rapporto d'amore umano fonde l'aspetto fisico e la sua consapevolezza psichica in un'irrepetibile esperienza unitaria di vita. Ma G. si affretta ad aggiungere alla basilare analogia mistica, un correttivo, nel suo moralismo, poco pertinente: " Tutte le dolcezze della carne finiscono in amarezza; sollevano un po' l'anima infelice, ma subito essa piomba gravemente al suolo " (Medit. XIII, 199).

Eppure l'analogia continua per le " inenarrabili tenerezze " e le intese misticamente vissute insieme ad uno Sposo, che poi si sottrae all'esperienza diretta ed intensa della sua presenza, optando per una lontananza ed una vicinanza segrete ed occulte, senza orari e scadenze prevedibili. Ciò serve a ricordare all'anima che la grazia dell'unione contemplativa è dono gratuito; che non esiste in questo mondo un possesso beato di tale amore, che la sposa deve custodire con fedeltà assoluta in un'attesa vigile, senza consumare o distrarre su altri oggetti il soprannaturale affetto di cui è stata fatta depositaria. Tale è, infatti, la persistente tendenza delle concupiscenze. " Nel cuore sono ancora calde le tracce del passaggio dello Sposo, e già si introducono desideri adulteri " (Lettera XI, 118-119): si è tentati, insomma, di piombare gravemente al suolo e l'esperienza dolce dell'unione tende a tradursi, senza vigilanza, in amarezza spirituale.

Il monaco, dunque, veglia da solo sulla propria fedeltà alla promessa d'amore, che ha avuto e sperimentato, con i quattro esercizi classici della tradizione monastica in genere, e occidentale in specie. La lettura è un esercizio esterno, la meditazione un atto dell'intelligenza interiore, la preghiera un desiderio, la contemplazione un superamento al di là di qualsiasi senso. La perfezione della vita beata è contenuta in questi quattro gradi. Una vibrante invocazione alla Vergine, modello e aiuto per l'impegno difficile in una ricerca sovrumana d'amore e di unione con Dio, è nelle Meditazioni VII e VIII (pp. 158-171).

Dalle prime edizioni della Scala, da quella latina apparsa a Milano nel 1475 a quella francese stampata a Tolosa del 1488, l'opera di G. ha conosciuto fino al nostro secolo una grande e costante fortuna nella letteratura devozionale e mistica.

Bibl. Opere: Guigues II le Chartreux, Lettre sur la vie contemplative (L'Echelle des moines) - Douze méditations, Intr. e testo critico di E. Colledge e J. Walsh, trad. di Un Chartreux, Paris 1970. Studi: E. Bertaud - A. Rayez, Échelle spirituelle, in DSAM IV, 60-86; H.D. Egan, Guigo II, in Id., I mistici e la mistica, Città del Vaticano 1995, 240-248; L. Hausherr, Solitude et vie contemplative d'après l'hésichasme, Étiolles 1962; M. Laporte, s.v., in DSAM VI, 1175-1176; J. Leclercq, Otia monastica. Études sur le vocabulaire de la contemplation au moyen age, Roma 1963; P.A. Nissen, s.v., in WMy, 210-211; A. Wilmart, Auteurs spirituels et textes dévots du moyen age latin, Paris 1932.




Autore: V. Peri
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)