Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Giovanni Evangelista


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Premessa. La tradizione cristiana identifica l'autore del quarto Vangelo con uno dei Dodici, G. il fratello di Giacomo, figlio di Zebedeo, menzionato indirettamente con l'espressione " il discepolo che Gesù amava ".1 A parte i problemi sull'identità dell'autore e sulle fasi della formazione del testo,2 il quarto Vangelo s'impone come un libro di altissimo livello dottrinale e contemplativo. I Padri della Chiesa, infatti, lo hanno considerato il Vangelo spirituale per eccellenza.3

I. Dalla storia al simbolo.4 G. propone un'interpretazione teologica e mistica, basata sui fatti e sulle parole del Gesù terreno. Il suo Vangelo mira non soltanto a trasmettere la fede, ma a provocare quella percezione che il credente può avere della sua unione intima con Cristo. Infatti, Gesù è presentato come il vero Rivelatore del Padre (cf Gv 1,18; 14,9-10) e la sua umanità è descritta come l'espressione dell'essere e dell'agire di Dio (cf 10,30). Per condurre il lettore alla sfera della contemplazione e dell'intimità con lui, il racconto evangelico adopera un linguaggio simbolico altamente significante attraverso i simboli archetipi come luce (cf 8,12; 9,5), acqua (cf 4,10.14), pane (cf 6,35.48.51-58); arricchisce alcune parole con un doppio senso: elevare = crocifissione e esaltazione (cf 3,14; 8,28; 12,32), ora = momento presente ed evento salvifico (cf 2,4; 4,21; 5,25; 12,23), l'uso di forme retoriche tra le quali il dialogo, (cf 14,5-11; 18,28-40), l'ironia (cf 8,56-59; 19,1-3), il malinteso (cf 3,3-5; 4,10; 20,14-16).

Per esprimere, inoltre, la pienezza di grazia e di verità presente in Cristo, G. evoca personaggi ed eventi veterotestamentari (cf 3,14; 4,12; 6,32; 8,58), insiste sulla celebrazione delle festività liturgiche d'Israele (cf 2,23; 5,1; 6,4; 10,22) e parla delle tradizioni giudaiche (cf 2,2.6; 19,31.40) come simboli dell'avvenimento nuovo che oltrapassa l'antica alleanza. I miracoli stessi di Gesù sono " segni " (semeia) che rivelano la sua " gloria divina " (doxa) (cf 2,12) e allo stesso tempo sono i simboli della salvezza che si attua mediante la fede sacramentale all'interno della nuova comunità, la Chiesa.5 Miracoli, gesti e parole di Gesù diventano per G. simboli della vera realtà, quella spirituale, trascendente, eterna, comunicata ormai agli uomini, simboli che debbono condurre il credente alla contemplazione di Cristo, Verbo eterno, all'esperienza di Dio e all'intimità di vita con lui (cf 10,4.9.14.15; 15,1-5). Ogni credente è chiamato all' unione mistica, a quella comunicazione interpersonale con il Signore che l'evangelista manifesta con espressioni di immanenza: " rimanere in " (6,56; 15,4.16), " dimorare presso " (14,23), " vederlo " (14,9), " conoscerlo " (10,4.14-15), " amarlo " (14,21-28), " essere con lui " (17,21).

II. Fede e conoscenza. " Credere ",6 infatti, tema chiave del Vangelo, esprime non soltanto l'adesione del discepolo alla parola di Cristo ma quel contatto esistenziale, quell'atteggiamento personale, dinamico, progressivo, non stabile né definitivo, ma che tende all'unione piena con il Signore. I personaggi del Vangelo (Natanaele, Nicodemo, la samaritana, Giuseppe d'Arimatea, Pietro, Marta, Maria, Maddalena, il discepolo amato...) esprimono, ciascuno a suo modo, varianti di quella fede che va da una prima accettazione di Gesù alla conoscenza per connaturalità e alla più intima unione con lui. Altri personaggi (i giudei, Pilato, Giuda) evocano atteggiamenti umani, anch'essi persistenti, nei confronti del Verbo di Dio fatto carne, il dubbio, la confusione, la superficialità e il tradimento. L'ideale del credere, dono di Dio, consiste quindi in un rapporto personale tra Cristo e il discepolo al punto da coinvolgere tutto il suo essere umano e richiedere una risposta che coinvolge tutte le sue facoltà: ascolto, obbedienza, fedeltà, amore. Il progredire nella fede conduce alla conoscenza (gnosis), a un più alto grado di unione con il Cristo. Conoscere è più che credere. Il modello della conoscenza è la fusione di quella gnosis sublime e di quell'amore che si stabilisce tra il Padre e il Figlio. Si tratta della partecipazione intima del credente alla vita divina. Il conoscere giovanneo si esprime anche con i verbi udire, vedere, intuire, che evocano la dimensione globale, sperimentale, esistenziale di questo tipo di conoscenza per sua natura ineffabile, legata intimamente all'amore (agape) e vincolata a una scelta radicale di vita. Il modello della fede-conoscenza giovannea è insito nella figura del discepolo prediletto: egli ha chinato il capo sul petto di Gesù, ha percepito nel sepolcro vuoto la sua risurrezione e nella pesca miracolosa ha detto: " E il Signore " (21,7). Pervenuto alla conoscenza per connaturalità, la sua testimonianza evangelica è veritiera. Il dono dello Spirito Paraclito mira a condurre tutti i credenti a questa conoscenza sperimentale di Cristo e di Dio che capovolge il senso della vita presente.

III. Escatologia realizzata e mistica. La conseguenza del credere e del conoscere giovannei si può riassumere nell'espressione " esistenza escatologica del credente ". Il discepolo vive nel mondo, ma non è del mondo. Per lui il " giudizio " ha avuto già luogo (3,18) ed è entrato nella vita. Ha conquistato la gioia al di là delle facoltà umane. Il credente possiede lo Spirito, il Paraclito, lo Spirito di verità (cf 14,17.25-26), cioè il dono escatologico che è principio di conoscenza e di intimità perché illumina la persona e l'opera di Gesù di Nazaret e permette di capirne il senso trascendente dell'essere e dell'agire (cf 14,26; 16,12-15). Il discepolo è liberato dalla morte, è passato dalle tenebre alla luce ed è ormai in possesso della vita eterna: " Questa è la vita eterna: che conoscano te... e colui che tu hai mandato " (17,3). Il Vangelo di G. è, in ultima analisi, una provocazione alla rilettura trascendente della persona e dell'opera di Gesù di Nazaret e a una interpretazione spirituale di tutte le realtà create. E un appello al rinnovamento, a una " rinascita " dell'essere umano che rimane sempre aperto a un'esistenza superiore che si realizza già in questo mondo, esistenza immersa nella conoscenza (gnosis) e nell'amore (agape) divini.

Note: 1 Sull'identità dell'autore e sulle fasi della formazione del testo, cf M.E. Boismard - A. Lamouille, L'Evangile de Jean, in Aa.Vv., Synopse des quatre évangiles en français, III, Paris 1977, 67-70; M.E. Boismard - E. Cothenet, La tradition johannique, in Introduction à la Bible. Edition nouvelle, in A. George - P. Grelot (edd.), Le Nouveau Testament, IV, Paris 1977, 269-292; R.E. Brown, La comunità del discepolo prediletto, Assisi (PG) 1982; R. Fabris, Giovanni, Roma 1992, 68-82; M. Hengel, The Johannine Question, London 1990; R. Schnackenburg, Der Jünger, den Jesus liebte, in Aa.Vv., EKK Vobereiten, Heft 2, Neukirchen 1970, 97-117; Id., Il discepolo che Gesù amava, in Aa.Vv., Il Vangelo di Giovanni, III, Excursus 18, Brescia 1980, 623-642; 2 Cf R. Fabris, Giovanni, o.c., 43-70, 71-82; 3 Cf Clemente Alessandrino, Hypotyposeon, n. 38; 4 Cf V. Mannucci, Giovanni, il Vangelo narrante, Bologna 1993, 97-133; 5 Cf O. Cullmann, I sacramenti nel Vangelo giovanneo, in Aa.Vv., La fede e il culto nella Chiesa primitiva, Roma 1974, 181-245; 6 Il quarto Vangelo non usa il sostantivo " fede "; usa invece novantotto volte il verbo " credere ". Per l'evangelista " credere " indica adesione alla parola e all'opera di Gesù, comprensione progressiva della sua dignità divina e della sua missione salvifica, intimità del credente con Cristo, amore e fedeltà verso di lui. Oltre che del verbo " credere ", il quarto Vangelo si serve di molte espressioni che significano la stessa nozione: " venire " verso Gesù (5,40; 6,35.37); " riceverlo " (1,12; 5,43); " bere " l'acqua offerta da lui (4,13-14); " mangiare " il suo pane (6,31-35); " seguirlo " (8,12; 10,5); " ascoltare " la sua voce (10,1-5); " accettare " la sua testimonianza (3,11); " vedere " (6,40; 12,44-45); " conoscere " (6,69; 8,31-32).

Bibl. Commenti patristici: Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, Roma 1968; Origene, Commento al Vangelo di Giovanni, a cura di E. Corsini, Torino 1968. Commentari moderni: M.E. Boismard, L'évangile de Jean. Commentaire: Synopse des quatre évangiles en français, III, Paris 1977; L. Bouyer, Il quarto Vangelo, Torino 1964; R.E. Brown, Giovanni. Commento al Vangelo spirituale, Assisi (PG) 1979; O. Cullmann, La fede e il culto della Chiesa primitiva, Roma 1974, 181-295; C.H. Dodd, L'interpretazione del quarto Vangelo, Brescia 1974; R. Fabris, Giovanni, Roma 1992; M. Figura, s.v., in WMy, 268-270; J. Huby, La mistica di s. Paolo e di s. Giovanni, Firenze 1950; M.J. Lagrange, Evangile selon Saint Jean, Paris 19484; X. Leon-Dufour, Lettura del Vangelo secondo Giovanni, 3 voll., Roma 1990-1993; B. Maggioni, La mistica di Giovanni evangelista, in La Mistica I, 223-252; D. Mollat, Giovanni maestro spirituale, Roma 1980; A. Omodeo, La mistica giovannea, Bari 1930; S.A. Panimolle, Lettura pastorale del Vangelo di Giovanni, 3 voll., Bologna 1978-1984; Id., L'evangelista Giovanni, Roma 1985; G. Ravasi, Il Vangelo di Giovanni, 2 voll., Bologna 1989; R. Schnackenburg, Il Vangelo di Giovanni. Commentario teologico del Nuovo Testamento Gv 1-4, 4 voll., Brescia 1973-1987; A. Wickenhauser, L'Evangelo secondo Giovanni, Brescia 1966.




Autore: P.R. Tragan
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)