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Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Vita


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Dio è vivente, Dio ci Chiama alla vita eterna. Da un capo all'altro della Bibbia, un senso profondo della vita in tutte le sue forme, ed un senso purissimo di Dio, ci rivelano nella vita, che l'uomo persegue con una speranza instancabile, un dono sacro in cui Dio fa risplendere il suo mistero e la sua generosità.

I. IL DIO VIVENTE

Invocare « il Dio vivente » (Gios 3, 10; Sal 42, 3...), presentarsi come « servo del Dio vivente » (Dan 6, 21; 1 Re 18, 10.15), giurare « per il Dio vivente » (Giud 8, 19; 1 Sam 19,6 ...), non significa soltanto proclamare che il Dio di Israele è un Dio potente ed attivo, significa dargli uno dei nomi ai quali egli tiene maggiormente (Num 14,21; Ger 22, 24; cfr. Ez 5, 11 ... ), significa evocare la sua vitalità straordiaria, il suo ardore divorante « che non si stanca e non si affanna » (Is 40, 28), « il re eterno... dall'ira insostenibile » (Ger 10, 10), colui « che rimane in eterno... Che salva e libera, opera segni e meraviglie in cielo e sulla terra » (Dan 6, 27 s). Il valore che la Bibbia annette a questo nome è il segno del valore che ha per essa la vita.

II. VALORE DELLA VITA

l. La vita è cosa preziosa. - La vita compare nelle ultime tappe della creazione, Come suo Coronamento. Nel quinto giorno nascono « i grandi Cetacei, gli esseri viventi che guizzano e pullullano nelle acque » (Gen l, 21) e gli uccelli. A sua volta la terra produce altri esseri viventi (1,24). Infine Dio crea, a sua immagine, il più perfetto dei viventi, l'uomo. E, per assicurare a questa vita nascente la continuità e la crescita, Dio le fa dono della sua benedizione (1, 22. 28). Perciò l'uomo, benché la vita sia un tempo di servizio penoso (Giob 7, 1), è pronto a sacrificare tutto per salvarla (2, 4). La sorte dell'anima negli inferi appare così lacrimevole Che desiderare la morte non può essere che il contraccolpo di una disgrazia inaudita e sconvolgente (Giob 7, 15; Giona 4, 3). L'ideale è di fruire a lungo dell'esistenza presente (cfr. Eccle 10, 7; 11, 8 s) sulla « terra dei viventi » (Sal 27,13) e di morire, Come Abramo, « in una vecchiaia felice, ricco di anni e sazio di giorni » (Gen 25, 8; 35, 29; Giob 42, 17). Se una posterità è ardentemente desiderata (cfr. Gen 15,1-6; 2 Re 4, 12-17), si è perché i figli sono il sostegno dei genitori (cfr. Sal 127; 128) e prolungano in qualche modo la loro vita. Si ama quindi vedere numerosi, sulle piazze pubbliche, i vegliardi di età avanzata ed i giovanetti (cfg. Zac 8, 4 s).

2. La vita è cosa fragile. - Tutti gli esseri viventi, e l'uomo stesso, non posseggono la vita che a titolo precario. Essi sono, per natura, soggetti alla morte. Questa vita di fatto è dipendente dal respiro, cioè da un soffio fragile, indipendente dalla volontà e Che un nulla basta a spegnere (cfr. spirito). Dono di Dio (Is 42, 5), questo soffio non Cessa di dipendere da lui (Sal 104, 28 ss), « che fa morire e che fa vivere » (Deut 32, 39). Effettivamente la vita è breve (Giob 14, 1; Sal. 37, 36), un semplice vapore (Sap 2, 2), un'ombra (Sal 144, 4), un nulla (Sal 39, 6). Sembra persino che essa non abbia cessato di diminuire dalle origini (cfr. Gen 47, 8 s). 120 o 100 anni, ed anche 70 od 80, sono diventati un massimo (cfr. Gen 6,3; Eccli 18, 9; Sal 90, 10).

3. La vita è cosa sacra. - Ogni vita viene da Dio, ma il soffio dell'uomo ne viene in un modo tutto speciale: per fame un'anima vivente, Dio ha soffiato nelle sue narici un alito di vita (Gen 2, 7; Sap 15, 11) che ritira all'istante della morte (Giob 34, 14 s; Eccle 12, 7, dopo l'esitazione di 3, 19 ss). Perciò Dio prende sotto la sua protezione la vita dell'uomo e vieta l'uccisione (Gen 9, 5 s; Es 20, 13), anche quella di Caino (Gen 4, 11-15). Persino la vita dell'animale ha qualcosa di sacro; l'uomo si può nutrire della sua carne, a Condizione che ne sia stato fatto uscire tutto il sangue, perché « la vita della Carne è nel sangue » (Lev 17, 11), sede dell'anima vivente che respira (Gen 9, 4); e proprio mediante questo sangue l'uomo entra in contatto con Dio nei sacrifici.



III. LE PROMESSE DI VITA

l. La legge della vita. - Dio, « Che non si compiace nella morte di alcuno » (Ez 18, 32), non aveva creato l'uomo per lasciarlo morire, ma perché vivesse (Sap 1, 13 s; 2, 23); gli aveva quindi destinato il paradiso terrestre e l'albero della vita, il cui frutto doveva farlo « vivere per sempre » (Gen 3, 22).

Anche dopo aver dovuto vietare all'uomo peccatore, che pensava di trovarlo mediante le sue proprie vie, l'accesso all'albero della vita, Dio non rinunzia ad assicurare all'uomo la vita. In attesa di dargliela mediante la morte del suo Figlio, egli propone al suo popolo « le vie della vita » (Prov 2, 19 ...; Sal 16, 11; Deut 30,15; Ger 21,8). Queste vie sono « le leggi ed usanze » di Jahve; « chi le osserverà vi troverà la vita » (Lev 18, 5; Deut 4, l; cfr. Es 15, 26); vedrà « giungere a pienezza il numero dei suoi giorni » (Es 23, 26); troverà « lunghezza di giorni e di vita, luce degli occhi e pace » (Bar 3, 14). Infatti queste vie sono quelle della giustizia, e « la giustizia conduce alla vita » (Prov 11, 19; cfr. 2, 19 s...), « il giusto vivrà per la sua fedeltà » (Ab 2, 4), mentre gli empi saranno cancellati dal libro della vita (cfr. Sal 69, 29). Per lungo tempo nella speranza di Israele questa vita non è che una vita sulla terra, ma, poiché la sua terra è quella di Cui Jahve ha fatto dono al suo popolo, « la vita ed i lunghi giorni » che Dio gli riserva se è fedele (Deut 4, 40 ...; cfr. Es 20, 12) rappresentano una felicità unica al mondo, « superiore a quella di tutte le nazioni della terra » (Deut 28, 1).

2. Dio, fonte di vita. - D'altronde questa vita, benché sia vissuta tutta sulla terra, non trova nutrimento in primo luogo nei beni della terra, ma nell'attaccamento a Dio. Egli è « la fonte di acqua viva » (Gen 2, 13; 17, 13), « la fonte di vita » (Sal 36, 10; cfr. Prov 14, 27) ed « il suo amore val più della vita » (Sal 63, 4). I migliori quindi giungono a preferire ad ogni altro bene la felicità di abitare per tutta la vita nel suo tempio, dove un sol giorno trascorso dinanzi alla sua faccia e consacrato a Celebrarla « val più di mille » (Sal 84, 11; cfr. 23, 6; 27, 4). Per i profeti la vita è « cercare Jahve » (Am 5, 4 s; Os 6,1s).

3. Vita oltre la morte. - Più che non della vita felice nella sua terra, Israele peccatore fa l'esperienza della morte, ma, dal seno stesso della morte, scopre che Dio persiste nel Chiamarlo alla vita. Dal fondo dell'esilio Ezechiele proclama Che Dio « non si compiace nella morte del malvagio », ma lo chiama a « Convertirsi ed a vivere » (Ez 33, 11); egli sa Che Israele è come un popolo di Cadaveri, ma annunzia Che, in queste ossa aride, Dio immetterà il suo spirito ed esse rivivranno (37, 11-14). Sempre dall'esilio il DeuteroIsaia contempla il servo di Jahve: « Tolto dalla terra dei viventi... per l'iniquità del suo popolo » (Is 53, 8), « egli offre la sua vita in sacrificio di espiazione » e, al di là della morte, « vede una discendenza e prolunga i suoi giorni » (53, 10). Sussiste quindi una frattura nell'associazione fatale peccato/morte: si può morire per i propri peccati, ed attendere ancora qualcosa dalla vita, si può morire per altra Cosa che i propri peccati e trovare, morendo, la vita. Le persecuzioni di Antioco Epifane vennero a confermare queste idee profetiche facendo vedere che si poteva morire per essere fedeli a Dio. Questa morte accettata per Dio non poteva separare da lui, non poteva por- tare che alla vita mediante la risurrezione: « Dio renderà loro lo spirito e la vita... essi bevono alla vita che non si esaurisce » (2 Mac 7, 23. 36). Dalla polvere in Cui dormono « essi si risveglieranno... brilleranno come lo splendore del firmamento », mentre i loro persecutori sprofonderanno « nell'orrore eterno » (Dan 12, 2 s). Nel libro della Sapienza questa speranza si amplia e trasforma tutta la vita dei giusti: mentre gli empi, « appena nati, cessano di essere » (Sap 5, 13), morti viventi, i giusti sono fin d'ora « nella mano di Dio » (3, 1) e riceveranno da essa « la vita eterna... la corona regale di gloria » (5, 15 s).



IV. GESÙ CRISTO: IO SONO LA VITA



Con la venuta del Salvatore, le promesse diventano realtà.
1. Gesù annunzia la vita. - Per Gesù, la vita è una cosa preziosa, « più del Cibo » (Mt 6, 25); « salvare una vita » è più importante anche del sabato (MC 3, 4 par.), perché « Dio non è un Dio di morti, ma di viventi » (MC 12, 27 par.). Egli stesso guarisce e restituisce la vita, Come se non potesse tollerare la presenza della morte: se egli fosse stato presente, Lazzaro non sarebbe morto (Gv 11, 15. 21). Questo potere di dare la vita è il segno che egli ha potere sul peccato (Mt 9, 6) e che apporta la vita che non muore, la « vita eterna » (19, 16 par.; 19, 29 par.). È la vera vita; si può persin dire, senz'altro, Che è « la vita » (7, 14; 18, 8 s par. ...). Per entrarvi e possederla bisogna quindi prendere la via stretta, sacrificare tutte le proprie ricchezze, persino le proprie membra e la vita presente (cfr. Mt 16, 25 s).

2. In Gesù è la vita. - Verbo eterno, Cristo possedeva da tutta l'eternità la vita (Gv l, 4). Incarnato, egli è « il Verbo di vita » (1 Gv 1, 1); dispone della vita con proprietà assoluta (Gv 5, 26) e la dona in sovrabbondanza (10, 10) a tutti coloro che il Padre suo gli ha dato (17, 2). Egli e « la via, la verità e la vita » (14, 6), « la risurrezione e la vita » (11, 25). « Luce della vita » (8, 12), egli dà un'acqua viva, che, in colui che la riceve, diventa « una fonte che zampilla per la vita eterna » (4, 14). « Pane di vita », egli dà a colui che mangia il suo corpo di vivere per mezzo suo, come egli vive per mezzo del Padre (6, 27-58). Ciò suppone la fede: « chi vive e crede in lui, non morrà » (11, 25 s), diversamente « non vedrà mai la vita » (3, 36); una fede che riceve le sue parole e le mette in pratica, com'egli stesso obbedisce al Padre suo, perché « il suo Comando è vita eterna » (12, 47-50).

3. Gesù Cristo, principe della vita. - Ciò che esige, Gesù lo fa per primo; ciò che annunzia, lo dà. Liberamente, per amore verso il Padre e verso i suoi, come il buon pastore per le sue pecore, « egli dà la sua vita » (= « la sua anima », Gv 10, 11. 15. 17 s; 1 Gv 3, 16). Ma lo fa « per riprenderla » (Gv 10, 17 s) e, dopo averla ripresa, divenuto « spirito vivificatore » (1 Cor 15, 45), far dono della vita a tutti Coloro che Credono in lui. Gesù Cristo, morto e risorto, è « il principe della vita » (Atti 3, 15), la Chiesa ha la missione « di annunziare arditamente al popolo-.. questa vita » (Atti 5, 20): tale è la prima esperienza cristiana.

4. Vivere in Cristo. - Questo passaggio dalla morte alla vita si ripete in colui che Crede in Cristo (Gv 5, 24) e, « battezzato nella sua morte » (Rom 6, 3), « risorto dalla morte » (6, 13), « vive ormai per Dio in Cristo Gesù » (6, 10 s). Egli ora conosce, di una conoscenza viva, il Padre ed il Figlio che egli ha mandato, e questo costituisce la vita eterna (Gv 17, 3; cfr. 10, 14). La sua « vita è nascosta con Cristo in Dio » (Col 3, 3), il Dio vivente di cui egli è il tempio (2 Cor 6, 16). Partecipa in tal modo alla vita di Dio, dalla quale un tempo era escluso (cfr. straniero) (cfr. Ef 4, 18), e quindi alla sua natura (2 Piet 1, 4). Avendo ricevuto da Cristo lo Spirito di Dio, il suo stesso spirito è vita (Rom 8, 10). Egli non è più soggetto alle costrizioni della carne; può passare indenne attraverso la morte e vivere per sempre (cfr. 8, 11. 38), non più per se stesso, « ma per Colui Che è morto e risorto per lui » (2 Cor 5, 15); per lui, « la vita è Cristo » (Fil 1, 21).

5. La morte assorbita dalla vita. - Già in questa terra il Cristiano, quanto più partecipa alla morte di Cristo e porta le sue sofferenze, tanto più manifesta la sua vita sin nel proprio corpo (2 Cor 4, 10). Di fatto bisogna Che ciò che è mortale sia assorbito dalla vita (2 Cor 5, 4); ciò che è corruttibíle deve rivestirsi dell'immortalità, cambiamento Che, per quasi tutti, suppone la morte corporale (cfr. 1 Cor 15, 35-55). Questa, lungi dall'indicare una sconfitta della vita, la rende stabile e la fa fiorire in Dio, ingoiando la morte nella sua vittoria (15, 54 s).

L'Apocalisse vede già le anime dei martiri in cielo (Apoc 6, 9) e Paolo desidera morire per « essere con Cristo » (Fil 1, 23; cfr. 2 Cor 5, 8). La vita con Cristo, Che si attende dalla risurrezione (cfr. 1 Tess 5, 10), è quindi possibile subito dopo la morte. Si può allora essere simili a Dio e vederlo com'egli è (1 Gv 3, 2), faccia a faccia (1 Cor 13, 12), il Che costituisce l'essenza della vita eterna. Tuttavia questa vita non avrà tutta la sua perfezione se non nel giorno in cui il corpo stesso, risuscitato e glorificato, vi avrà parte, quando si manifesterà « la nostra vita, Cristo » (Col 3, 4), nella Gerusalemme celeste, « dimora di Dio Con gli uomini » (Apoc 21, 3), dove scaturirà il fiume di vita, dove crescerà l'albero di vita (22, 1 s; 22, 14. 19). « Allora non Ci sarà più morte » (21, 4), essa sarà « gettata nel lago di fuoco » (20, 14). Tutto sarà pienamente soggetto a Dio, che « sarà tutto in tutti » (1 Cor 15, 28). Sarà un nuovo paradiso, dove i santi gusteranno per sempre la vita stessa di Dio, in Cristo Gesù.

Autore: A.A. VIARD e J. GUILLET
Fonte: Dizionario di Teologia Biblica